Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie, è un saggista e sociologo italiano. - https://www.libreriasensibiliallefoglie.com
Vorrei iniziare leggendo due frammenti di due interviste uscite recentemente sui giornali internazionali e italiani; sono poche righe, ma penso che potranno ben introdurci al tema che cercheremo in qualche modo di raccontare.
La prima è di Leonard Kleinrock, un uomo importante nella storia di Internet, anzi si può dire il primo uomo: è stato quel ricercatore che nel 1969 è riuscito a mettere per la prima volta in contatto due computer. Per tanti anni ha poi lavorato ai progetti di nascita della rete ed è noto agli studenti di tutte le università perché è il fondatore dell’informatica come disciplina universitaria. A ottobre ha dichiarato:
“Il nostro Internet era etico, di fiducia, gratis, condiviso. Oggi è passato da risorsa digitale affidabile a moltiplicatore di dubbi, da mezzo di condivisione a strumento con un lato oscuro. Internet consente di arrivare a milioni di utenti a costo zero in maniera anonima, e per questo è perfetto per fare cose malvagie: spam, addio alla privacy, virus, furto d’identità, pornografia, pedofilia, fake news. Il problema è nato quando si è voluto monetizzarlo: si è trasformato un bene pubblico in qualcosa con scopi privati che non ha la stessa identità del passato”.
Kleinrock quindi afferma che ci sono due fasi: una prima in cui è nato Internet come progetto scientifico e di ricerca, che aveva comunque un’intenzione pubblica, e una seconda in cui qualcuno ha cominciato a monetizzarlo ed è diventato una cosa ‘malvagia’.
Edward Snowden, che conosciamo tutti, in un’altra intervista ha sintetizzato così il suo punto di vista:
“Alle origini Internet era il luogo in cui tutti erano uguali, un luogo dedicato alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.
Ben presto però Internet è stata colonizzata dai governi e dalle grandi aziende per trarne profitto e potere. Oggi Internet è americana sia per l’infrastruttura che per il software. Le principali aziende, Google, Facebook, Amazon, sono americane e quindi sono soggette alla legislazione americana. Il problema è che sono soggette a politiche segrete, politiche segrete americane, che permettono al governo statunitense di sorvegliare virtualmente ogni uomo, donna o bambino che abbia mai usato un computer o fatto una telefonata, e di tenere a memoria permanente, conservare cioè tutti i dati possibili, per più tempo possibile, anzi per l’eternità. Dopo l’11 settembre 2001 si è passati dalla tradizionale intercettazione mirata a obiettivi specifici a una vera e propria sorveglianza di massa. Oggi la sorveglianza di massa è un processo di censimento infinito. Sarebbe una tragedia se ci abituassimo all’idea di una sorveglianza costante e indiscriminata: orecchie che sentono tutto, occhi che vedono tutto, memoria vigile e permanente”.
Kleinrock e Snowden sono quindi d’accordo sul paradigma principale con cui presentare la storia di Internet: c’è stato un primo momento in cui tutto era bello, pulito, limpido, trasparente, pubblico, e un secondo momento in cui la monetizzazione, oppure le esigenze strategiche, hanno fatto sì che si passasse appunto a una monetizzazione e a un sistema di sorveglianza di massa. Chi sta seguendo il lavoro che sto facendo da qualche anno su questi temi sa che le critiche di Snowden e di Kleinrock sono sostanzialmente il percorso di ricerca che abbiamo sviluppato dal 2015, e fa piacere vedere che il fondatore di Internet oggi concorda con la critica più radicale che è stata portata. Tuttavia oggi la rete non è neanche la seconda fase, non è questo inferno che viene raccontato dopo un iniziale periodo di Eden. Oggi Internet ha fatto un passo qualitativo estremamente rilevante ed estremamente coperto; rilevante perché ha modificato la sua capacità di colonizzazione sia della rete che dell’immaginario dei cittadini, coperto perché una forte campagna per la costruzione di un’egemonia culturale si è sviluppata sulle grandi testate giornalistiche e nel campo dell’editoria, allo scopo di presentare il volto di Internet come il volto del futuro, del progresso, della scienza. Si è quindi iniziato a mettere in gioco un paradigma molto importante, quello del dominio del pensiero scientifico rispetto alle titubanze etiche che spingono molte persone ad avere delle incertezze nella valutazione e nel giudizio. Il lavoro che vi porto è una riflessione sui punti cardine di questo salto di qualità, riflessione che abbiamo fatto lo scorso anno in due cantieri a Roma e a Milano.
Questo passaggio qualitativo consiste in una innovazione tecnologica di forte portata dal punto di vista tecnico-scientifico: è legata all’invenzione di algoritmi predittivi, capaci di lavorare su grandi masse di dati per realizzare dei costrutti di realtà virtuale che riguardano apparentemente il futuro, ma che sono invece la condizione del presente. Mi spiego meglio.