martedì 19 gennaio 2016

ROSA L. - Margarethe Von Trotta (1986)




"L’immagine che di lei hanno avuto ed hanno i suoi avversari, di ieri e di oggi, è semplice abbastanza da poter essere sintetizzata in un’espressione efficace come “Rosa la sanguinaria”. Ma anche le immagini che di lei hanno dominato e dominano tra chi dovrebbe averne più a cuore la memoria – penso ai marxisti di questo secolo, e a un certo femminismo – sono a volte talmente semplificate da risultare ancora meno accettabili. Si prenda, per esempio, un articolo di Margarethe von Trotta, regista di un film su Rosa Luxemburg.

La regista tedesca sintetizzava l’eredità della rivoluzionaria polacca nell’amore, nell’incapacità di odiare, nel rifiuto della violenza. Non si potrebbe immaginare certo nulla di più lontano da “Rosa la sanguinaria”. Già nel film, peraltro, la Luxemburg vi appare come una pacifista, amante della natura, che patisce la divisione tra politica e sentimenti, precocemente oltre il femminismo nella convinzione di una maggiore positività delle relazioni femminili. Tutti tratti, si badi, che hanno un riscontro in momenti ed aspetti di questa donna cui è capitato di essere rivoluzionaria.

Ma se si assolutizzano questi lati mettendo tra parentesi la sua vita spesa nel lavoro teorico marxista, tra analisi dell’accumulazione e agire politico, la sua lucida coscienza della amara spietatezza delle leggi della storia e della lotta contro di esse, si finisce – magari contro le intenzioni – con il riproporre una divisione delle ragioni dalle passioni. Quello che nel film Rosa L. era utile e provocatorio, insomma, diviene nella formula troppo ellittica “l’amore era la sua guida” un appello generico ai sentimenti, ed infine una non innocente distorsione di questa figura, perché riproduce proprio quella scissione tra pensiero (un pensiero rivoluzionario, con quanto di “sporco” e irrisolto l’aggettivo comporta) e sentire (di un sentire caratterizzato da affezioni radicali e intransigenti, come era nella natura della Luxemburg) che si voleva combattere.

Della persona che ha scritto in uno dei suoi ultimi articoli su Rote Fahne, nel dicembre 1918, “Un mondo deve essere distrutto, ma ogni lacrima che scorra sul volto, per quanto asciugata, è un atto d’accusa” non si può, non si deve, perdere la tensione tra momento della lotta e momento della com-passione: non lo si può, non lo si deve perdere, perché è appunto nel legame tra “forza” della trasformazione sociale e “debolezza” che si riconosce in sé e cui si vuole dare spazio nel mondo che risiede quanto di più inquietante ed innovativo questa rivoluzionaria può dire a noi ancora oggi." (R. Bellofiore) 

http://www.unive.it/media/allegato/dep/n28-2015/7_Bellofiore.pdf

"Rosa sta dalla parte delle masse perché sono oppresse, e la funzione educatrice delle élite è per lei finalizzata alla loro rivolta, alla rivoluzione - non al potere delle stesse élites per conto delle masse, vicario del potere borghese e a esso speculare. E' una visione fino a oggi priva di sbocco politico, ma la sola dove la rivoluzione non sia destinata a divorare se stessa" (Edoarda Masi,"La persona Rosa, perché", p. 95).

"Se la talpa della storia è la verità che, celata al presente, si rivelerà nelle mutate condizioni del futuro, è in questo nostro tempo che si rovescia in rivincita tutto quanto era parso il risvolto negativo delle idee di Rosa e della sua sorte: puntare sulle masse - quando la rivoluzione d'ottobre, la sola vittoriosa, aveva seguito altra via; optare per la pace - quando la socialdemocrazia aveva scelto la guerra, e la guerra era venuta, seguita poi ancora da un'altra ancora più tremenda e universale; trovarsi dalla parte degli sconfitti - il peggiore dei torti secondo la ragion politica. Le vittorie di allora, se pure autentiche, non ci riguardano ormai, quando tutto è mutato e trascinato via dal tempo [...] Attuali e invincibili restano le idee degli sconfitti, perché rispondono ad un'esigenza insopprimibile degli esseri umani di questo secolo e ne rappresentano la nobiltà. Indipendentemente da se e fino a quando siano attuabili" (idem, pp. 98 e 95).

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