mercoledì 12 agosto 2020

Popper e la filosofia della scienza - Giulio Giorello

Da: GalileiLiceo - Giulio Giorello è stato un filosofo, matematico, accademico ed epistemologo italiano.
Vedi anche:    Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici - Paolo Ercolani 
                        La scienza tra dubbio e certezza - Giulio Giorello  
Leggi anche: LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 

                                                                             

lunedì 10 agosto 2020

I cambiamenti culturali della Confindustria - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. 
Vedi anche: Il videomessaggio di Urbano Cairo. Nonostante il Coronavirus, grandi opportunità per il business (https://www.youtube.com/watch?v=xo87Jevb4tI


Per governare le aziende nell’era digitale ci vuole un capo-carismatico e impegnato che motivi i lavoratori ad andare oltre il profitto.

Il 16 luglio scorso sul Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria, che si è distinta in questa fase per le pressioni sul governo per il proseguimento dell’attività produttiva anche non “essenziale”, è uscito un interessante inserto “guida Impresa Smart”, dedicato a come le aziende cambieranno in seguito alla massiccia introduzione del digitale. La guida è stata realizzata grazie alla collaborazione della School of Management del Politecnico di Milano (tutti gli anglicismi sono originali) e si pone come obiettivo quello di comprendere e di dirigere le opportunità offerte da queste rilevanti trasformazioni tecnologiche, pur ovviamente restando immutato l’obiettivo finale: il profitto, anzi magari facilitandone l’ottenimento e aumentandone l’entità. 

A mio parere la pubblicazione rivela un significativo cambio di paradigma, ovviamente ulteriormente antidemocratico, nella gestione delle aziende, che cercherò brevemente di illustrare, segnalando come questa virata sia sostenuta ideologicamente dal mondo accademico organico alla Confindustria.
Il problema fondamentale, indicato nell’articolo “Impegno e scopo le parole chiave per la leadership” di Antonio Dini, pubblicato nell’inserto, è quello del cambiamento delle persone, ossia di introiettare una sorta di nuova morale del lavoro, con il rischio che se questo processo fallisce le grandi trasformazioni tecnologiche risulteranno inefficaci.
Credo che proprio queste due parole “impegno e scopo” meritino una qualche riflessione, soprattutto dopo che per decenni si sono aspramente criticati i cosiddetti “intellettuali engagés” (impegnati), accusati di essere sottoposti a verità imposte dall’alto, estranei a un sano pragmatismo di matrice statunitense, che individui i mezzi adeguati a risolvere i problemi, senza interrogarsi sulla natura e sulla legittimità di della loro impostazione e senza prospettare progetti a lungo termine. Che in molti casi questa accusa si sia dimostrata del tutto inconsistente è evidenziato dalla vicenda politica e umana di Jean-Paul Sartre, icona dell’intellettuale impegnato ma indipendente, che nel 1964 giunse a rifiutare il premio Nobel per la letteratura, dopo aver rifiutato l’onorificenza della Legion d’onore e una cattedra al prestigioso Collège de France. 

sabato 8 agosto 2020

ESSERE MARXISTA, ESSERE COMUNISTA, ESSERE INTERNAZIONALISTA OGGI - Samir Amin

Da: http://www.rifondazione.it/formazione - [estratto dal libro di Samir Amin LA CRISI. Uscire dalla crisi del capitalismo o uscire dal capitalismo in crisi? Punto Rosso 2009]
Samir Amin è stato un economista, politologo, accademico e attivista politico egiziano naturalizzato francese.
Leggi anche: Il capitalismo entra nella sua fase senile. - Ruben Ramboer intervista Samir Amin 
                       Samir Amin: “La crisi” - Alessandro Visalli 
                       "Cina 2013" - Samir Amin 
                       La nozione di popolo in Marx, tra proletariato e nazione* - Isabelle Garo**

I

Io sono marxista. Per me vuol dire “partire da Marx”. Sono convinto che la critica che Marx ha messo nell’agenda del pensiero e dell’azione – la critica del capitalismo, la critica della sua rappresentazione centrale (l’economia politica del capitale), la critica della politica e del suo discorso – costituisce l’asse centrale e imprescindibile delle lotte per l’emancipazione dei lavoratori e dei popoli.

Io non sono “neo-marxista”. Per esserlo, bisogna confondere Marx e i marxismi storici, il che non è il mio caso. I “neo-marxisti” vogliono rompere con il marxismo storico e pensano che bisogna andare “oltre Marx”. Di fatto, essi si oppongono solo a quelli che io definisco “paleo-marxisti”, cioè ai seguaci acritici del marxismo storico, in particolare il “marxismo-leninismo” nelle sue diverse versioni. Essere marxista come intendo io non significa essere “marxiano” (che trova “interessante” una qualche “teoria” di Marx, isolata dal resto dell’opera), né essere “marxologo”.

Significa necessariamente essere comunista. 

Marx non dissocia teoria e prassi. Non si può seguire la scia di Marx se non ci si impegna nella lotta per l’emancipazione dei lavoratori e dei popoli. Essere comunista significa anche essere internazionalista. L’internazionalismo non è solo un’esigenza della ragione umanista. Non si cambierà mai il mondo se si dimentica l’immensa maggioranza dei popoli che lo costituiscono, quelli delle periferie. 

Questi popoli hanno la responsabilità del proprio avvenire. Non sono i popoli dei centri imperialisti opulenti che possono da soli “cambiare il mondo” (in meglio). La carità, gli aiuti, l’umanitarismo, che si vuole sostituire all’internazionalismo, inteso come solidarietà nelle lotte, contribuiscono solo a consolidare il mondo come è, o, peggio, ad avviarlo verso la costruzione di un apartheid su scala mondiale. 

Nel testo che segue, tento di esplicitare le conclusioni cui sono giunto oggi, rispetto alla critica del capitalismo e alle lotte intraprese dalle sue vittime. Non si tratta di “conclusioni definitive”, termine estraneo al mio pensiero (che, penso, si unisce qui a quello di Marx). Un buon numero delle tesi qui presentate hanno la loro storia nel percorso del mio lavoro. Da una prima formulazione alla seguente, ho evidentemente beneficiato di nuove letture – o riletture – ma ho anche tentato di tener conto dell’evoluzione del capitalismo e delle nuove lotte. Ho voluto che il testo restasse di facile lettura e per questo non ho fatto riferimento al percorso dei concetti e delle proposte in questione.

1. Conflitti politici, conflitti sociali. Realtà e rappresentazioni 

giovedì 6 agosto 2020

Il «Manifesto del Partito Comunista» - Angelo D'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo+D'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino.
Leggi anche: Il Manifesto del Partito Comunista*- Karl Marx e Friedrich Engels (1848) 
                       Introduzione al MANIFESTO - Stefano Garroni 
                      Introduzione al Manifesto del Partito Comunista*- David Harvey**
                      UNA RILETTURA TEORICA E POLITICA DEL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA - Riccardo Bellofiore
                       Il ruolo della borghesia nel Manifesto del partito comunista 
                       MARX E LA RIVOLUZIONE DEL 1848 - Irene Viparelli*
Vedi anche:   Marx e Engels: Il Manifesto del Partito Comunista - Antonio Gargano 
                      Il Manifesto Del Partito Comunista

La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. 
Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta. 

                                                                            

domenica 2 agosto 2020

Quella di Bologna fu strage fascista e di Stato, come le altre - Sergio Cararo

Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.
Leggi anche: https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/2020/07/29/strage-di-bologna-nuova-inchiesta-gelli-mandante
 COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SULLA LOGGIA MASSONICA P2 - RELAZIONE DI MAGGIORANZA dell'onorevole TINA ANSELMI

Il 2 agosto sono quaranta anni da quella strage alla stazione di Bologna che fermò il paese – spezzandolo in due – e il cuore di milioni di persone convinte che la stagione delle Stragi di Stato fosse ormai alle spalle. Il costo umano fu enorme, 85 morti e 200 feriti, solo poche settimane dopo la strage di Ustica in cui venne abbattuto un aereo civile dell’Itavia, anch’esso partito da Bologna. 

La strage della stazione di Bologna, da un lato, fu la continuazione della politica delle stragi di Stato tesa a condizionare nel profondo i rapporti politici e di classe nella società, nonché a confermare la collocazione dell’Italia nelle relazioni internazionali. Dall’altro materializzò agli occhi di tutti il significato di una guerra concepita e combattuto sul “fronte interno”, in cui i killer fascisti sono stati utilizzati come manovalanza per il lavoro sporco. 

In molti continuano a chiedersi che faccia e che logica possano avere i personaggi che collocano una bomba ad alto potenziale nella affollata sala d’attesa della principale stazione dell’Italia centrale, nei giorni della partenza per le vacanze (che allora, con un’altra organizzazione della produzione, avveniva in contemporanea quasi per tutti). 

E’ la stessa faccia di chi aveva collocato bombe in una banca nel giorno di maggiore affollamento, in una piazza riempita da una manifestazione sindacale antifascista, in un treno affollato d’agosto e negli anni successivi durante le feste natalizie. 

Li abbiamo denominati come gli esponenti della rete degli “uomini neri”. Non numerosissimi, ma operativi, pronti a fare il lavoro sporco per lo Stato; anzi per il deep state, quello secondo cui ci sono prezzi da pagare per un “fine superiore”, che può essere la stabilità o l’instabilità, a seconda delle fasi storiche e delle esigenze delle classi dominanti. 

A febbraio di quest’anno la Procura di Bologna ha chiuso le indagini sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Per gli inquirenti bolognesi i colpevoli che si aggiungono a quelli già condannati sono: Paolo Bellini fascista di Avanguardia nazionale, in qualità di esecutore; Licio Gelli, fascista fin dai tempi della guerra di Spagna e poi con Salò, capo della Loggia P2, in qualità di mandante e finanziatore; Umberto Ortolani banchiere e bancarottiere, in quanto finanziatore e mandante; Federico Umberto D’Amato, prefetto e capo dell’Ufficio Affari Riservati, legato alla CIA, in qualità di mandante e depistatore, e Mario Tedeschi, altro fascista della Repubblica di Salò, senatore del MSI e direttore del settimanale Il Borghese

I tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna sono stati numerosi, a cominciare dai neofascisti, così come avvenuto per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus. 

Quello perseguito con maggiore sfrontatezza e pervicacia è stato quello di cercare di addossare la strage alla resistenza palestinese. Un depistaggio che ha visto protagonisti non solo Cossiga, ma anche giornalisti “di sinistra” occhieggianti ai favori di Israele o di qualche cordata islamofobica e filo-Usa sempre attiva. 

Quale soluzione migliore che allontanare da sé la rabbia e le indagini? 

Per quaranta anni le autorità politiche del paese hanno cercato di tenere alla larga dallo “Stato” ogni responsabilità. Ma le sistematiche contestazioni di massa in Piazza Medaglie d’Oro hanno impedito, anno dopo anno, ogni autoassoluzione. Quest’anno non si faranno eccezioni. 

Noi, purtroppo e per fortuna, non dimentichiamo nulla. Abbiamo una memoria prodigiosa. 

sabato 25 luglio 2020

MAX WEBER. Una riflessione sul destino dell'Occidente e sui limiti del capitalismo contemporaneo - Francesco Fistetti

Da: Nuovo Quotidiano di Puglia (Brindisi) - https://www.facebook.com/francesco.fistetti.5 -francesco fistetti insegna Storia della Filosofia Contemporanea, Università di Bari.
Leggi anche: "Liberalismo" così la storia declina una idea in movimento. - Francesco Fistetti


Gabbie d'acciaio. Così in occidente l'uomo scopre tutti i suoi limiti.

Il 14 giugno 1920 moriva Max Weber, stroncato dalla spagnola, la prima delle pandemie influenzali del XX secolo che provocò milioni di vittime. Aveva appena finito di correggere le bozze dell’immane lavoro in cui aveva riformulato l’impianto dei “concetti fondamentali della sociologia”, e che costituisce il primo capitolo di quello straordinario testo fondativo della moderna sociologia che è Economia e società (pubbicato postumo). 

Poligrafo eccezionale, innovatore nei più diversi rami del sapere (dalla storia economica alla scienza politica, dalla filosofia del diritto alla teoria della conoscenza, dallo studio delle religioni all’indagine etica e antropologica sulle forme di vita), unisce in sé, in una sorta di ‘concordia discors’, la passione concretissima del ricercatore e una rara capacità di muoversi nel deserto di ghiaccio delle astrazioni filosofiche. 

Per avere un’idea approssimativa del personaggio, basterà richiamare quanto ebbe a dire di se stesso nel discorso pronunciato nel 1895 all’università di Friburgo:”Io sono un membro della classe borghese, mi sento tale e sono stato educato alla sua visione del mondo e ai suoi ideali”. Due anni dopo formulava la domanda fondamentale che attraverserà tutta la sua produzione culturale: che cosa ha realizzato l’èra del capitalismo? E la risposta resterà identica fino alla fine della sua vita: l’èra del capitalismo non ha portato né potrà portare la felicità al mondo, ma ha creato l’uomo occidentale moderno. 

Sulla messa in evidenza dei tratti morfologici dell’uomo occidentale, il cui “volto spirituale” è stato modellato dalla grande industria, fino al punto di non essere più riconoscibile, si arrovellerà gran parte della ricerca weberiana. Tutta L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904/1905) verterà sulla nascita di un tipo umano assolutamente inedito, proteso alla professione come vocazione (Beruf): si tratta del tipo umano che è una componente strutturale dello “spirito” capitalistico. 

lunedì 20 luglio 2020

Covid e la fine del sogno americano - Alessandro Carrera

Da: https://www.doppiozero.com - Alessandro Carrera è uno scrittore, saggista, traduttore e cantautore italiano, dirige dal 2001 il programma di italiano presso l'Università di Houston (Texas). Di Alessandro Carrera, doppiozero ha pubblicato l'ebook  Bob Dylan
Leggi anche: Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou 
                       Il fallimento dell’America - Cornell West 
                       Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze


 Houston, 16 luglio 2020    

L’ultimo giorno normale della mia vita è stato il 6 marzo 2020, l’ultima lezione che ho tenuto in classe. Ciò che ha salvato la mia università dalla pandemia, allora, è stato lo spring break, la vacanza di primavera che cominciava la settimana dopo. Tempo pochi giorni, e si è visto che tornare in classe non era più possibile. Io stavo insegnando un corso sulla biopolitica. Parlavamo e abbiamo continuato a parlare via Teams di Michel Foucault, Hannah Arendt, Giorgio Agamben, Roberto Esposito, Antonio Negri, Michael Hardt, Paolo Virno, Donna Haraway, Judith Butler, Anthony Kwame Appiah, Slavoj Žižek e altri ancora. Ancora prima che la pandemia raggiungesse il Texas, ogni settimana trovavo, senza neanche doverlo cercare troppo, qualche articolo di giornalismo investigativo che mettevo a disposizione degli studenti e sembrava scritto apposta per il mio corso. 

Se Achille Mbembe parlava di necropolitica e di necropotere, di schiavitù e di colonialismo come stati di eccezione permanente, e del modo in cui le popolazioni soggette potevano essere controllate verticalizzando il loro spazio (non entrerò in particolari perché non è questo il punto che voglio discutere, ma da qui devo partire), ecco che un articolo del New York Times veniva a puntino e riportava il discorso all’America. Se Warren Montag faceva partire la necroeconomia da Adam Smith (il tranquillo presupposto secondo il quale, in un mondo retto dalla “mano invisibile del mercato” – versione capitalista della Divina Provvidenza – qualcuno dovrà essere sacrificato, anzi molti, ma in ultima analisi lo faranno con gioia – sì, sto semplificando), ecco che trovavo subito tutte le informazioni che volevo su due casi di necroeconomia americana che tenevano banco prima dell’attuale pandemia. Il primo era il dilagare di decessi causati da oppioidi (180.000 morti nel corso di vari anni), prescritti da dottori che non sono sempre privi di scrupoli, no, semplicemente sanno che i loro pazienti non possono permettersi né cure costose né chirurgie, possono solo prendere oxycontin e un giorno o l’altro morire di overdose. Il secondo è il deterioramento dell’acqua potabile, sempre nelle zone più povere del paese, dovuto all’invecchiamento delle infrastrutture che nessuno rinnova, e che causano malattie dalle quali i poveri in questione non possono permettersi di guarire. Eravamo perfino arrivati a discutere il primo dei due tristemente famosi interventi di Agamben all’inizio della pandemia (“Vogliono imporci lo stato di eccezione!”), anzi gliel’avevo tradotto io prima ancora che uscisse in inglese. Non mi pareva il caso di dichiararmi né a favore né contro. Facevo solo notare che i media, se vogliono, possono terrorizzarci con qualunque cosa. Se ogni inverno la televisione dedicasse quattro ore su ventiquattro a chi in quella giornata è morto d’influenza, l’influenza sarebbe un problema nazionale, no? Sulle successive prese di posizione di Agamben (“Insegnare online è come sottoscrivere fedeltà al fascismo!”) al momento preferisco sorvolare.

sabato 18 luglio 2020

Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou

Da: http://www.sinistraineuropa.it - Intervista a Noam Chomsky a cura di CJ Polychroniou*- Truthout - La traduzione in italiano è stata curata da Giuseppe Volpe per Znetitaly - Questa intervista è stata leggermente revisionata a fini di chiarezza e lunghezza.
Leggi anche: Telesur intervista Noam Chomsky - Alessandra Ciattini 



L’epidemia globale di COVID-19 induce molti a pensare che un nuovo ordine economico e politico sia inevitabilmente in corso. Ma è così?
Negli Stati Uniti, la classe abbiente che ha prosperato sotto Donald Trump, non affonderà senza fare tutto il possibile per assicurare che le pressioni popolari per riforme radicali siano bloccate, dice l’intellettuale pubblico di fama mondiale Noam Chomsky. 

Chomsky ci ricorda anche che l’aperto razzismo si è intensificato sotto Trump e che la violenza della polizia è un sintomo del suprematismo bianco sottostante che piaga la società statunitense. Nel frattempo le politiche antiambientaliste di Trump e la sua demolizione dei trattati sul controllo delle armi stanno portando il mondo ancor più in prossimità di un olocausto ambientale e nucleare. 
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E’ stato sostenuto da molti, da diverse provenienze, che il COVID-19 ha segnato una svolta. Condividi questa idea o stiamo parlando di una situazione temporanea con un ritorno all’approccio da ‘ordinaria amministrazione’ come scenario più probabile una volta che la crisi sanitaria sia finita? 

venerdì 17 luglio 2020

La genealogia della catastrofe Italiana - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.
Collabora con: https://www.unigramsci.it/https://www.facebook.com/unigramscihttps://www.lacittafutura.it/


Quali sono le scelte politiche che ci hanno condotto all’attuale drammatica condizione?

Penso che un’azione politica importante da intraprendere sia quella di demistificare l’insistente discorso con cui l’ideologia dominante, trasmessa quotidianamente dai vari telegiornali, talk show etc., a cui purtroppo attinge la maggior parte della gente comune, ci fa credere che tutto è sotto controllo e che potremo tornare alla soddisfacente situazione prepandemia, se ci fideremo ciecamente dei nostri governanti.

Nulla di più falso, perché il prima era già di per sé catastrofico per una serie di fattori, riconosciuti da tutti anche se non adeguatamente collegati al presente, quali la disoccupazione di massa, la precarizzazione del lavoro, che non assicura ai precari una vita degna, lo sfascio delle infrastrutture (non solo il ponte di Genova), la polarizzazione delle classi sociali con relativo aumento delle disuguaglianze, la crisi di istituzioni importanti per la dinamica democratica come la scuola e l’università, lo svuotamento culturale della politica ridotta a miserevole opportunismo. Si pensi che dalle elezioni del 2018, 31 senatori hanno cambiato partito e non solo una volta, mentre 62 deputati hanno fatto lo stesso, in particolare al senato tre senatori del M5 stelle sono passati alla Lega, mostrando eufemisticamente di avere le idee molto confuse.

Tale svuotamento e tale confusione mentale, radicati nell’opportunistica convinzione che non ci sia più una destra e una sinistra, sta ad indicare sempre più che la vera politica si fa altrove e che i “rappresentanti del popolo” sono solo degli insignificanti fantocci, ma che taluno prende ancora sul serio come mostra lo spazio che la TV di Stato accorda loro. Non è un caso che taluno abbia definito Giuseppe Conte una specie di maggiordomo privo di qualsiasi forza di convinzione [1].

Naturalmente la catastrofe italiana, i cui aspetti indicherò in maniera sommaria, si inscrive nella dinamica complessiva del sistema capitalistico e la sua crisi esplosa nel 2007-2008 così descritta da Luciano Gallino: “Al fine di superare la stagnazione dell’accumulazione del capitale in America e in Europa, una situazione evidente già negli anni ‘70 del secolo scorso, i governi delle due sponde dell’Atlantico hanno favorito in ogni modo lo sviluppo senza limite delle attività finanziarie, compendiandosi nella produzione di denaro fittizio. Questo singolare processo produttivo ha il suo fondamento nella creazione del denaro dal nulla tramite il credito, vuoi per mezzo della gigantesca diffusione di titoli totalmente separati dall’economia reale, quali sono i “derivati”, a fronte dei quali…non prende corpo alcuna compravendita di beni e servizi…” (Il colpo di Stato di banche e governi, 2013: 3).

martedì 30 giugno 2020

Augusto e Costantino - Andrea Giardina

Da: LEZIONI DI STORIA - Andrea Giardina, Professore di Storia Romana alla Scuola Normale Superiore di Pisa.
Vedi anche: Augusto: la morale politica di un monarca repubblicano - Luciano Canfora

                                                                          

venerdì 26 giugno 2020

L’«Utopia» di Tommaso Moro - Angelo D'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo d'Orsi è uno storico italiano.               

                                                                         

giovedì 25 giugno 2020

Lenin e l'internazionale - Luigi Perelli (regia)

Da: Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico - https://www.aamod.it

                                                                             

Il film (1971) ripercorre gli avvenimenti della storia europea e mondiale in rapporto all'attività della III Internazionale e al ruolo che in essa ha avuto Lenin. Si tratta di un film di montaggio rielaborato nell'edizione italiana, che contiene documenti visivi e sonori di eccezionale importanza storica sull'epoca della rivoluzione d'ottobre fino alla scomparsa del suo grande leader. Un discorso di Lenin che rievoca la I e la II Internazionale apre il film. 

Le immagini documentano la situazione in Europa alla fine della prima guerra mondiale, con particolare riferimento alla Germania e all'Ungheria, all'intervento reazionario degli eserciti di questi paesi contro la giovane Repubblica sovietica, al tentativo rivoluzionario di Béla Kun in Ungheria. Segue la rievocazione del II congresso dell'internazionale comunista, nota anche con il nome di Comintern, avvenuto nel 1920 in Unione Sovietica, con la partecipazione di delegazioni comuniste di diversi paesi del mondo; quindi il III Congresso dell'Internazionale, a Mosca nel 1921, mentre nel mondo si va sviluppando un'ondata reazionaria, e in Italia il fascismo si avvicina al potere. Il film si conclude con le immagini relative al IV Congresso dell'Internazionale, nel 1922, e con il discorso che vi tenne Lenin. 

mercoledì 24 giugno 2020

"Cina 2013" - Samir Amin

Da: https://contropiano.org - Link all’articolo originale: https://monthlyreview.org/2013/03/01/china-2013/ - Introduzione a cura di Lorenzo Piccinini (Rete dei Comunisti).
Samir Amin è stato un economista, politologo, accademico e attivista politico egiziano naturalizzato francese.
Leggi anche:  Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 
                         Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 
                      Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 
                         Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 
                         Egemonia come direzione o come dominio? - Tian Shigang 
                         Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping 
                         Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin** 
                         - La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 
                         Il comunismo nella storia cinese: riflessioni su passato e futuro della Repubblica popolare cinese*- Maurice Meisner**
                         L’economia reale è sulla Via della seta - Pino Arlacchi
                         La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

Vedi anche:   LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci 

                    OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? 



Abbiamo tradotto il seguente articolo del compianto Samir Amin, pubblicato sulla rivista Monthly Review nel marzo del 2013 (Volume 64 numero 10).
Un articolo denso, che affronta con un occhio analitico tutta una serie di aspetti di quel percorso originale che sta seguendo la Repubblica Popolare Cinese dal 1950 ad oggi, e che merita una lettura attenta.
Samir Amin (SA d’ora in avanti) sin dalle prime righe affronta di petto l’annosa questione della definizione del sistema cinese, chiarendo fin da subito che non si può ridurre ad una domanda che abbia come risposta netta “socialismo” o “capitalismo”.
Una risposta adeguata non può che essere più complessa, e radicata in un’analisi concreta delle diverse fasi che la Cina ha attraversato negli ultimi decenni, nonché della dialettica delle contraddizioni che la attraversano, tanto quelle messe in moto dalle dinamiche interne al suo sviluppo quanto quelle derivanti dalla situazione globale.
L’impressione è che sin dal titolo “Cina 2013” si voglia mettere in chiaro come un giudizio non possa che essere inevitabilmente legato a quello che oggi possiamo dire, avendo studiato il passato e con un occhio verso le possibilità che riserva il futuro.
SA sostiene che la Cina stia seguendo un percorso originale, senza paragoni né tra le esperienze occidentali, né tra gli altri paesi cosiddetti “emergenti”, né nelle altre esperienze storiche di paesi guidati da partiti comunisti. Una tesi centrale del suo discorso è quella per cui questa originalità è la chiave e la ragione del suo successo attuale. 

Un corollario di questa tesi è che, qualora la Cina decidesse di abbandonare questo percorso originale per adeguarsi ad una via pienamente capitalista, il suo successo rischierebbe di venire meno.

lunedì 22 giugno 2020

Come sta andando il salario negli ultimi anni? - Maurizio Donato

Da; Ariano In Movimento - Maurizio Donato insegna Economia politica alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo. https://mrzodonato.wordpress.com
                       Salario minimo - Gianfranco Pala 
                       LA FORMA DI MERCE DELLA FORZA-LAVORO*- Gianfranco Pala
                       Salario sociale reale - Gianfranco Pala 

                                                                                
[...]
La nostra capacità di lavorare, la nostra forza-lavoro, si produce e riproduce grazie ad elementi materiali (cibo, acqua, riposo, cultura) che però a loro volta, in un ambiente dominato dalle forme capitalistiche, hanno bisogno di essere acquistati, dunque ci vuole denaro per sopravvivere e questo denaro i lavoratori se lo possono procurare legalmente solo vendendo a loro volta (a nostra volta se chi legge appartiene alla classe dei lavoratori) l’unica merce di solito in nostro possesso, la forza-lavoro.

Tale merce, specialissima, l’unica nel suo genere, non esaurisce la propria funzione con l’uso; anzi, usandola, cioè lavorando, è capace non solo di creare valore in generale, ma più valore di quanto non occorra a produrla a riprodurla. Questo, per Marx, l’elemento centrale della critica dell’economia politica, e – in quanto tale – un elemento che ha a che fare direttamente con la questione del cambiamento delle forme.

Per vivere o sopravvivere (elemento materiale) abbiamo bisogno del denaro (forma monetaria del valore) che ci procuriamo vendendo (scambiandola con denaro) la nostra forza-lavoro. Attraverso il lavoro cambiamo forma (fisica, materiale) al mondo, creando merci cha hanno un valore superiore a quello delle loro parti costitutive, forza-lavoro compresa. Tale valore comprensivo del plusvalore spetta al proprietario delle imprese; ai lavoratori spetta il corrispettivo in valore della forza-lavoro, il salario. Col salario (trasformazione monetaria del capitale variabile a disposizione del capitalista) i lavoratori possono acquistare merci (fisiche) che ci consentano di riprodurre la forza-lavoro e così di seguito.

Dal momento che la alieniamo, però, la forza-lavoro di cui siamo proprietari (è nostra, non vivendo in schiavitù) diventa – per alcune ore al giorno alcuni giorni la settimana per tot anni della nostra vita – di proprietà di chi ne acquista il diritto all’uso: il capitalista, che ne dispone a suo piacimento cercando di sfruttarla al massimo per poi, se riesce a vendere a prezzo pieno il prodotto del nostro lavoro (la merce), godere del plusvalore realizzato che a sua volta in parte trasforma in beni di lusso e in parte accumula come nuovo capitale, così che il ciclo continui all’infinito. O quasi...

domenica 21 giugno 2020

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Da: https://www.lacittafutura.it - Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies). -
Vedi anche:  "Violenza, classi e Stato nel capitalismo crepuscolare" - R.Fineschi, M.Casadio, A.Allegra.  
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Il razzismo non è un fenomeno solo statunitense ma è alla base del pensiero liberale. Aver abolito lo schiavismo non ha intaccato i meccanismi dello sfruttamento dei lavoratori.



1. Come spiega efficacemente Domenico Losurdo in vari suoi studi, la tradizione liberale da sempre ha combinato astratta uguaglianza e libertà con una teoria della classe dominante, secondo la quale esse valgono solo per un circolo di eletti. Credo efficace riportare qualche passo documentario della sua Controstoria del liberalismo dove la crudezza, la ferocia, la “banalità del male” ante litteram, appaiono in tutta la loro drammaticità:

“Proprio in questo ambito il processo di de-umanizzazione ha raggiunto punte difficilmente eguagliabili. In Giamaica, nel britannico impero liberale di metà Settecento, vediamo all’opera un tipo di punizione di per sé eloquente: «uno schiavo era obbligato a defecare nella bocca dello schiavo colpevole, che poi era cucita per quattro o cinque ore»”

Roba per stomaci forti, come la “cronaca” statunitense di inizio novecento che segue:

“Notizie dei linciaggi erano pubblicate sui fogli locali e carrozze supplementari erano aggiunte ai treni per spettatori, talvolta migliaia, provenienti da località a chilometri di distanza. Per assistere al linciaggio, i bambini delle scuole potevano avere un giorno libero. Lo spettacolo poteva includere la castrazione, lo scuoiamento, l’arrostimento, l’impiccagione, i colpi d’arma da fuoco. I souvenirs per acquirenti potevano includere le dita delle mani e dei piedi, i denti, le ossa e persino i genitali della vittima, così come cartoline illustrate dell’evento” (D. Losurdo, Controstoria del liberalismo, Roma-Bari, Laterza, 2005, pp. 333 s.).