*Da: http://www.controappuntoblog.org/2012/04/15/manifesto-del-partito-comunista/ https://www.marxists.org
II. Proletari
e Comunisti
In che rapporto sono i comunisti con i proletari in genere?
I comunisti non sono un partito particolare di fronte agli
altri partiti operai.
I comunisti non hanno interessi distinti dagli interessi di
tutto il proletariato.
I comunisti non pongono princìpi speciali sui quali vogliano
modellare il movimento proletario.
I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari
solo per il fatto che da una parte essi mettono in rilievo e fanno valere gli
interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell'intero proletariato,
nelle varie lotte nazionali dei proletari; e dall'altra per il fatto che
sostengono costantemente l'interesse del movimento complessivo, attraverso i
vari stadi di sviluppo percorsi dalla lotta fra proletariato e borghesia.
Quindi in pratica i comunisti sono la parte progressiva più
risoluta dei partiti operai di tutti i paesi, e quanto alla teoria essi hanno
il vantaggio sulla restante massa del proletariato, di comprendere le
condizioni, l'andamento e i risultati generali del movimento proletario.
Lo scopo immediato dei comunisti è lo stesso di tutti gli
altri proletari: formazione del proletariato in classe, abbattimento del
dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del
proletariato.
Le proposizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto
su idee, su princìpi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del
mondo.
Esse sono semplicemente espressioni generali di rapporti di
fatto di una esistente lotta di classi, cioè di un movimento storico che si
svolge sotto i nostri occhi. L'abolizione di rapporti di proprietà esistiti
fino a un dato momento non è qualcosa di distintivo peculiare del comunismo.
Tutti i rapporti di proprietà sono stati soggetti a continui
cambiamenti storici, a una continua alterazione storica.
Per esempio, la rivoluzione francese abolì la proprietà
feudale in favore di quella borghese.
Quel che contraddistingue il comunismo non è l'abolizione
della proprietà in generale, bensì l'abolizione della proprietà borghese.
Ma la proprietà privata borghese moderna è l'ultima e la più
perfetta espressione della produzione e dell'appropriazione dei prodotti che
poggia su antagonismi di classe, sullo sfruttamento degli uni da parte degli
altri.
In questo senso i comunisti possono riassumere la loro
teoria nella frase: abolizione della proprietà privata. Ci si è rinfacciato, a
noi comunisti che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente,
frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe il fondamento
di ogni libertà, attività e autonomia personale.
Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata
con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo
contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che
l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo
dell'industria.
O parlate della moderna proprietà privata borghese?
Ma il lavoro salariato, il lavoro del proletario, crea
proprietà a questo proletario? Affatto. Il lavoro del proletario crea il
capitale, cioè quella proprietà che sfrutta il lavoro salariato, che può
moltiplicarsi solo a condizione di generare nuovo lavoro salariato, per
sfruttarlo di nuovo. La proprietà nella sua forma attuale si muove entro l'antagonismo
fra capitale e lavoro salariato. Esaminiamo i due termini di questo
antagonismo. Essere capitalista significa occupare nella produzione non
soltanto una pura posizione personale, ma una posizione sociale.
Il capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in
moto solo mediante una attività comune di molti membri, anzi in ultima istanza
solo mediante l'attività comune di tutti i membri della società.
Dunque, il capitale non è una potenza personale; è una
potenza sociale.
Dunque, se il capitale viene trasformato in proprietà
collettiva, appartenente a tutti i membri della società, non c'è trasformazione
di proprietà personale in proprietà sociale. Si trasforma soltanto il carattere
sociale della proprietà. La proprietà perde il suo carattere di classe.
Veniamo al lavoro salariato.
Il prezzo medio del lavoro salariato è il minimo del salario
del lavoro, cioè è la somma dei mezzi di sussistenza che sono necessari per
mantenere in vita l'operaio in quanto operaio. Dunque, quello che l'operaio
salariato s'appropria mediante la sua attività è sufficiente soltanto per
riprodurre la sua nuda esistenza. Noi non vogliamo affatto abolire questa
appropriazione personale dei prodotti del lavoro per la riproduzione della
esistenza immediata, appropriazione che non lascia alcun residuo di profitto
netto tale da poter conferire potere sul lavoro altrui. Vogliamo eliminare
soltanto il carattere miserabile di questa appropriazione, nella quale
l'operaio vive solo allo scopo di accrescere il capitale, e vive solo quel tanto
che esige l'interesse della classe dominante.
Nella società borghese il lavoro vivo è soltanto un mezzo
per moltiplicare il lavoro accumulato. Nella società comunista il lavoro
accumulato è soltanto un mezzo per ampliare, per arricchire, per far progredire
il ritmo d'esistenza degli operai.
Dunque nella società borghese il passato domina sul
presente, nella società comunista il presente domina sul passato. Nella società
borghese il capitale è indipendente e personale, mentre l'individuo operante è
dipendente e impersonale.
E la borghesia chiama abolizione della personalità e della
libertà l'abolizione di questo rapporto! E a ragione: infatti, si tratta
dell'abolizione della personalità, della indipendenza e della libertà del
borghese.
Entro gli attuali rapporti di produzione borghesi per
libertà s'intende il libero commercio, la libera compravendita.
Ma scomparso il traffico, scompare anche il libero traffico.
Le frasi sul libero traffico, come tutte le altre bravate sulla libertà della
nostra borghesia, hanno senso, in genere, soltanto rispetto al traffico
vincolato, rispetto al cittadino asservito del medioevo; ma non hanno senso
rispetto alla abolizione comunista del traffico, dei rapporti borghesi di
produzione e della stessa borghesia.
Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata.
Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove
decimi dei suoi membri; la proprietà privata esiste proprio per il fatto che
per nove decimi non esiste. Dunque voi ci rimproverate di voler abolire una
proprietà che presuppone come condizione necessaria la privazione della
proprietà dell'enorme maggioranza della società.
In una parola, voi ci rimproverate di volere abolire la
vostra proprietà.
Certo, questo vogliamo.
Appena il lavoro non può più essere trasformato in capitale,
in denaro, in rendita fondiaria, insomma in una potenza sociale
monopolizzabile, cioè, appena la proprietà personale non può più convertirsi in
proprietà borghese, voi dichiarate che è abolita la persona.
Dunque confessate che per persona non intendete nient'altro
che il borghese, il proprietario borghese. Certo questa persona deve essere
abolita.
Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi
prodotti della società, toglie soltanto il potere di assoggettarsi il lavoro
altrui mediante tale appropriazione.
Si è obiettato che con l'abolizione della proprietà privata
cesserebbe ogni attività e prenderebbe piede una pigrizia generale.
Da questo punto di vista, già da molto tempo la società
borghese dovrebbe essere andata in rovina per pigrizia, poiché in essa coloro
che lavorano, non guadagnano, e quelli che guadagnano, non lavorano. Tutto lo
scrupolo sbocca nella tautologia che appena non c'è più capitale non c'è più
lavoro salariato.
Tutte le obiezioni che vengono mosse al sistema comunista di
appropriazione e di produzione dei prodotti materiali, sono state anche estese
alla appropriazione e alla produzione dei prodotti intellettuali, come il
cessare della proprietà di classe è per il borghese il cessare della produzione
stessa, così il cessare della cultura di classe è per lui identico alla fine
della cultura in genere.
Quella cultura la cui perdita egli rimpiange, è per la
enorme maggioranza la preparazione a diventar macchine.
Ma non discutete con noi misurando l'abolizione della
proprietà borghese sul modello delle vostre idee borghesi di libertà, cultura,
diritto e così via. Le vostre idee stesse sono prodotti dei rapporti borghesi
di produzione e di proprietà, come il vostro diritto è soltanto la volontà
della vostra classe elevata a legge, volontà il cui contenuto è dato nelle
condizioni materiali di esistenza della vostra classe.
Voi condividete con tutte le classi dominanti tramontate
quell'idea interessata mediante la quale trasformate in eterne leggi della
natura e della ragione, da rapporti storici quali sono, transeunti nel corso
della produzione, i vostri rapporti di produzione e di proprietà. Non vi è più
permesso di comprendere per la proprietà borghese quel che comprendete per la
proprietà antica e per la proprietà feudale.
Abolizione della famiglia! Anche i più estremisti si
riscaldano parlando di questa ignominiosa intenzione dei comunisti.
Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famiglia
borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente
sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento
nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione
pubblica.
La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di questo
suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale.
Ci rimproverate di voler abolire lo sfruttamento dei figli
da parte dei genitori? Confessiamo questo delitto. Ma voi dite che sostituendo
l'educazione sociale a quella familiare noi aboliamo i rapporti più cari.
E anche la vostra educazione, non è determinata dalla
società? Non è determinata dai rapporti sociali entro i quali voi educate,
dalla interferenza più o meno diretta o indiretta della società mediante la
scuola e così via? I comunisti non inventano l'influenza della società
sull'educazione, si limitano a cambiare il carattere di tale influenza, e
strappano l'educazione all'influenza della classe dominante.
La fraseologia borghese sulla famiglia e sull'educazione,
sull'affettuoso rapporto fra genitori e figli diventa tanto più nauseante,
quanto più, per effetto della grande industria, si lacerano per il proletario
tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articoli di
commercio e strumenti di lavoro.
Tutta la borghesia ci grida contro in coro: ma voi comunisti
volete introdurre la comunanza delle donne.
Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di
produzione. Sente dire che gli strumenti di produzione devono essere sfruttati
in comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non che la sorte
della comunanza colpirà anche le donne.
Non sospetta neppure che si tratta proprio di abolire la
posizione delle donne come semplici strumenti di produzione.
Del resto non c'è nulla di più ridicolo del moralissimo
orrore che i nostri borghesi provano per la pretesa comunanza ufficiale delle
donne fra i comunisti. I comunisti non hanno bisogno d'introdurre la comunanza
delle donne; essa è esistita quasi sempre.
I nostri borghesi, non paghi d'avere a disposizione le mogli
e le figlie dei proletari, per non parlare neppure della prostituzione
ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi
reciprocamente le loro mogli.
In realtà il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli.
Tutt'al, più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una
comunanza delle donne ufficiale e franca al posto di una comunanza delle donne
ipocritamente dissimulata. del resto è ovvio che, con l'abolizione dei rapporti
attuali di produzione, scompare anche quella comunanza delle donne che ne
deriva, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale.
Inoltre, si è rimproverato ai comunisti ch'essi vorrebbero
abolire la patria, la nazionalità.
Gli operai non hanno patria. Non si può togliere loro quello
che non hanno. Poiché la prima cosa che il proletario deve fare è di
conquistarsi il dominio politico, di elevarsi a classe nazionale, di costituire
se stesso in nazione, è anch'esso ancora nazionale, seppure non certo nel senso
della borghesia.
Le separazioni e gli antagonismi nazionali dei popoli vanno
scomparendo sempre più già con lo sviluppo della borghesia, con la libertà di
commercio, col mercato mondiale, con l'uniformità della produzione industriale
e delle corrispondenti condizioni d'esistenza.
Il dominio del proletariato li farà scomparire ancor di più.
Una delle prime condizioni della sua emancipazione è l'azione unita, per lo
meno dei paesi civili.
Lo sfruttamento di una nazione da parte di un'altra viene
abolito nella stessa misura che viene abolito lo sfruttamento di un individuo
da parte di un altro.
Con l'antagonismo delle classi all'interno delle nazioni
scompare la posizione di reciproca ostilità fra le nazioni.
Non meritano d'essere discusse in particolare le accuse che
si fanno al comunismo da punti di vista religiosi, filosofici e ideologici in
genere.
C'è bisogno di una profonda comprensione per capire che
anche le idee, le opinioni e i concetti, insomma, anche la coscienza degli
uomini, cambia col cambiare delle loro condizioni di vita, delle loro relazioni
sociali, della loro esistenza sociale?
Cos'altro dimostra la storia delle idee, se non che la
produzione intellettuale si trasforma assieme a quella materiale? Le idee
dominanti di un'epoca sono sempre state soltanto le idee della classe
dominante.
Si parla di idee che rivoluzionano un'intera società; con
queste parole si esprime semplicemente il fatto che entro la vecchia società si
sono formati gli elementi di una nuova, e che la dissoluzione delle vecchie
idee procede di pari passo con la dissoluzione dei vecchi rapporti d'esistenza.
Quando il mondo antico fu al tramonto, le antiche religioni
furono vinte dalla religione cristiana. Quando nel secolo XVIII le idee
cristiane soggiacquero alle idee dell'illuminismo, la società feudale dovette
combattere la sua ultima lotta con la borghesia allora rivoluzionaria. Le idee
della libertà di coscienza e della libertà di religione furono soltanto
l'espressione del dominio della libera concorrenza nel campo della coscienza.
Ma, si dirà, certo che nel corso dello svolgimento storico
le idee religiose, morali, filosofiche, politiche, giuridiche si sono
modificate. Però in questi cambiamenti la religione, la morale, al filosofia,
la politica, il diritto si sono sempre conservati.
Inoltre vi sono verità eterne, come la libertà, la giustizia
e così via, che sono comuni a tutti gli stati della società. Ma il comunismo
abolisce le verità eterne, abolisce la religione, la morale, invece di
trasformarle; quindi il comunismo si mette in contraddizione con tutti gli
svolgimenti storici avuti sinora.
A cosa si riduce quest'accusa? La storia di tutta quanta la
società che c'è stata fino ad oggi s'è mossa in contrasti di classe che hanno
avuto un aspetto differente a seconda delle differenti epoche.
Lo sfruttamento d'una parte della società per opera
dell'altra parte è dato di fatto comune a tutti i secoli passati, qualunque sia
la forma ch'esso abbia assunto. Quindi, non c'è da meravigliarsi che la
coscienza sociale di tutti i secoli si muova, nonostante ogni molteplicità e
differenza, in certe forme comuni: forme di coscienza, che si dissolvono
completamente soltanto con la completa scomparsa dell'antagonismo delle classi.
La rivoluzione comunista è la più radicale rottura con i
rapporti tradizionali di proprietà; nessuna meraviglia che nel corso del suo
sviluppo si rompa con le idee tradizionali nella maniera più radicale.
Ma lasciamo stare le obiezioni della borghesia contro il
comunismo.
Abbiamo già visto sopra che il primo passo sulla strada
della rivoluzione operaia consiste nel fatto che il proletariato s'eleva a
classe dominante, cioè nella conquista della democrazia.
Il proletariato adoprerà il suo dominio politico per
strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti
gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato
organizzato come classe dominante, e per moltiplicare al più presto possibile
la massa delle forze produttive.
Naturalmente, ciò può avvenire, in un primo momento, solo
mediante interventi despotici nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi
di produzione, cioè per mezzo di misure che appaiono insufficienti e poco
consistenti dal punto di vista dell'economia; ma che nel corso del movimento si
spingono al di là dei propri limiti e sono inevitabili come mezzi per il
rivolgimento dell'intero sistema di produzione.
Queste misure saranno naturalmente differenti a seconda dei
differenti paesi.
Tuttavia, nei paesi più progrediti potranno essere applicati
quasi generalmente i provvedimenti seguenti:
1.- Espropriazione della proprietà fondiaria ed impiego
della rendita fondiaria per le spese dello Stato.
2.- Imposta fortemente progressiva.
3.- Abolizione del diritto di successione.
4.- Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e
ribelli.
5.- Accentramento del credito in mano dello Stato mediante
una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo.
6.- Accentramento di tutti i mezzi di trasporto in mano allo
Stato.
7.- Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli
strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un
piano collettivo.
8.- Eguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di
eserciti industriali, specialmente per l'agricoltura.
9.- Unificazione dell'esercizio dell'agricoltura e della
industria, misure atte ad eliminare gradualmente l'antagonismo fra città e
campagna.
10.- Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli.
Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale.
Combinazione dell'istruzione con la produzione materiale e così via.
Quando le differenze di classe saranno scomparse nel corso
dell'evoluzione, e tutta la produzione sarà concentrata in mano agli individui
associati, il pubblico potere perderà il suo carattere politico. In senso
proprio, il potere politico è il potere di una classe organizzato per
opprimerne un'altra. Il proletariato, unendosi di necessità in classe nella
lotta contro la borghesia, facendosi classe dominante attraverso una
rivoluzione, ed abolendo con la forza, come classe dominante, gli antichi
rapporti di produzione, abolisce insieme a quei rapporti di produzione le
condizioni di esistenza dell'antagonismo di classe, cioè abolisce le condizioni
d'esistenza delle classi in genere, e così anche il suo proprio dominio in
quanto classe.
Alla vecchia società borghese con le sue classi e i suoi
antagonismi fra le classi subentra una associazione in cui il libero sviluppo
di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti.
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