La crisi non è un incidente, non è esogena, al contrario:
essa mostra una continuità o meglio una consequenzialità rispetto ad alcuni
trend di fondo.
L’innesco della crisi è rappresentato dal collasso del
modello di consumo degli Stati Uniti, basato sull’indebitamento privato, che
consentiva di mantenere consumi elevati nonostante stipendi in calo ormai da
decenni (per i dati relativi vedi V. Giacché, Titanic Europa, 2012, pp. 29-30).
Viene alla luce un “sistema bancario ombra”, che consentiva
di occultare una leva finanziaria elevatissima (rapporto attività/mezzi propri
pari o superiore a 30). In tal modo le perdite maturate in alcuni settori
(mutui subprime e obbligazioni basate su di essi) si estendono a macchia d’olio
agli altri, nel momento in cui le banche e le società finanziarie coinvolte sono
costrette a vendere in perdita gli assets finanziati a leva.
Il sistema finanziario è sconvolto dalla crisi e ne
amplifica gli effetti. Quando nel settembre 2008 la banca d’investimento Lehman
Brothers fallisce, la circolazione del capitale sembra per qualche tempo interrompersi
su scala mondiale, si verificano corse agli sportelli e fenomeni di
tesaurizzazione.
Crollano produzione e commercio internazionale.
Tra la fine del 2008 e la prima metà del 2009 la bancarotta
delle principali istituzioni finanziarie a livello mondiale, ma anche di molte
grandi imprese manifatturiere (si pensi al settore automobilistico
statunitense), fu sventata soltanto grazie a interventi pubblici di salvataggio
senza precedenti. Nel giugno 2009 la Bank of England rivelò che i sussidi e le
garanzie offerti dalle banche centrali e dai governi degli Stati Uniti, della
Gran Bretagna e dei paesi dell’Eurozona a sostegno del sistema bancario
ammontavano alla cifra di 14.000 miliardi di dollari.
Si trattava precisava lo stesso rapporto di una cifra
equivalente a circa il 50% del prodotto interno lordo di quei paesi (Bank of
England2009). Si ebbe in tal modo una gigantesca trasformazione di debito
privato in debito pubblico o, per essere più chiari, una gigantesca
socializzazione delle perdite.
La crisi iniziata nel 2007 ha distrutto capitale reale e
fittizio in enorme quantità (a conferma del carattere non ciclico della crisi).
Ma non è riuscita a rilanciare l'accumulazione di capitale su scala globale. Stati
Uniti, Giappone e Unione Europea (e più in particolare l'eurozona) si trovano
molto al di sotto della crescita potenziale stimata prima della crisi.
1. La narrazione standard della crisi fase 1: 2007-2009.
Finanza colpevole: una spiegazione convincente?
2. La narrazione standard della crisi fase 2: 2010-2014.
Debito pubblico eccessivo: una spiegazione convincente?
3. Alla ricerca di una spiegazione alternativa: la crisi
come effetto di una evoluzione strutturale
4. Le leve della crescita nei paesi a capitalismo maturo
dagli anni 1980: finanza e debito
5. Il ruolo dell’euro nella crisi europea
6. Il ruolo della Germania
7. Possibili prospettive
Leggi tutto: https://www.academia.edu/26313456/Il_ruolo_della_Germania_nella_crisi_europea_Treviglio_12_maggio_2016
Leggi tutto: https://www.academia.edu/26313456/Il_ruolo_della_Germania_nella_crisi_europea_Treviglio_12_maggio_2016
Nessun commento:
Posta un commento