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martedì 9 aprile 2024

Lenin, a cento anni dalla morte -


Jutta Scherrer m.13,47 - Luciano Canfora m.36,02 - Rita Di Leo m.50,57 - 
Etienne Balibar m.1,09,25 - Luciana Castellina m.1,34,13 - 
Giacomo Marramao m.2,03,41 - Stefano G. Azzarà m.2,24,51 -

                                                                          


domenica 17 marzo 2024

Hegel, la dialettica e il marxismo - Renato Caputo intervista Vladimiro Giacché

Da: la Città Futura - Vladimiro Giacché, è un filosofo e saggista italiano Si è occupato e si occupa principalmente di economia finanziaria e politica, storia dell'economia e della filosofia, con particolare riferimento all'idealismo tedesco e alla tradizione del marxismo. È Responsabile Studi e Marketing Strategico presso la Banca del Fucino (Gruppo Bancario Igea Banca) 
Leggi anche: Pensare con Hegel - Vladimiro Giacché 
“La contraddizione è ciò che muove il mondo” - Leo Essen intervista Vladimiro Giacché


Video-intervista a Vladimiro Giacché a partire dalla seconda edizione del suo libro: Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano. Nell’intervista si affronta l’attualità del pensiero di Hegel e della dialettica, il rapporto fra il marxismo e il pensiero hegeliano e la leggenda nera liberale che vuole liquidare Hegel come ideologo dell’assolutismo prussiano. 
Inauguriamo con questa video-intervista la collaborazione fra il settimanale comunista “La città futura”(lacittafutura.it) e il canale youtube Tracce di classe (Tracce Di Classe) con un podcast dedicato alla presentazione della seconda edizione riveduta e ampliata di uno degli ultimi libri di Vladimiro Giacché fra i più importanti e autorevoli intellettuali hegelo-marxisti. 
Nell’intervista Giacché ci spiega l’importanza di tornare al pensiero di Hegel e la sua attualità. Affronta in seguito la carica rivoluzionaria della dialettica hegeliana. Si passa quindi ad approfondire l’importanza della filosofia classica tedesca e del pensiero hegeliano, in particolare per il marxismo. Si conclude, dunque, con la confutazione della leggenda nera reazionaria liberale, che ha provato a liquidare il pensiero rivoluzionario di Hegel come opera di un cane morto, in quanto sarebbe espressione dell’assolutismo prussiano.
                                                                                                 

martedì 6 febbraio 2024

La dialettica di Hegel NON È tesi-antitesi-sintesi - Lucio Cortella

Da: Lucio CORTELLA - Lucio Cortella è attualmente Professore ordinario di Storia della Filosofia presso il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali dell'Università Ca' Foscari di Venezia. (https://www.unive.it/data/persone/5591041/curriculum



Che cos'è la dialettica di Hegel? Come funziona? Dov'è il luogo fondamentale in cui Hegel ne parla? Perché si è diffusa la concezione (falsa) che la dialettica hegeliana sia tesi-antitesi-sintesi? Che ruolo ha la contraddizione? L'unità degli opposti elimina la contraddizione?

                                                                         

martedì 30 gennaio 2024

Hegel: un ”cane morto” molto vivace. Intervista a Vladimiro Giacché - Luca Cangianti

Da: https://www.carmillaonline.com - Luca Cangianti si è laureato prima in Filosofia e poi in Sociologia. È autore del romanzo storico-fantastico Sangue e plusvalore e coautore della raccolta di saggi Immaginari alterati. Scrive sulla webzine letteraria “Carmilla”.

 Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa Ricerche (CER), è un filosofo ed economista italiano. Ha studiato a Pisa (Italia) e Bochum (Repubblica Federale di Germania) come allievo della Scuola Normale Superiore (laurea, diploma e dottorato cum laude).

Vedi anche: Pensare con Hegel - Vladimiro Giacché 

È la contraddizione che muove il mondo - Vladimiro Giacché 

Leggi anche: “La contraddizione è ciò che muove il mondo” - Leo Essen intervista Vladimiro Giacché 

NOTE SUI SIGNIFICATI DI “LIBERTÀ” nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel*- Vladimiro Giacché**

Quando le latrine saranno d’oro*- Luca Cangianti

Nel “Poscritto alla seconda edizione” del Capitale Marx stigmatizzava la generale disposizione a trattare Hegel da «cane morto», si professava suo discepolo ed evidenziava l’imprescindibile necessità della dialettica per afferrare il funzionamento del modo di produzione capitalistico. Tuttavia, se in Marx vediamo la dialettica al lavoro, rimane pur sempre aperta la questione di che cosa sia nello specifico. Certo, ci si può rivolgere direttamente a Hegel per togliersi la curiosità, ma il pensiero di questo filosofo è notoriamente esposto con un linguaggio spesso oscuro. Per accostarci a questo pensatore, quindi, un’opera come Hegel. La dialettica di Vladimiro Giacché (Diarkos, 2023, pp. 240, € 18,00) risulta di grande utilità. Nella nuova edizione (la prima era uscita nel 2020 in piena pandemia), l’autore ha ulteriormente semplificato il linguaggio (in verità già ampiamente chiaro), arricchito la parte antologica e aggiornato i riferimenti alle nuove edizioni critiche.

LC – Hegel viene considerato da molti il filosofo della reazione prussiana. Eppure da giovane scrive opere sovversive (che si guarda bene dal pubblicare), sostiene la necessità dell’abolizione dello stato e manda alle stampe testi politici anonimi. Poi, nel corso di tutta la vita, intreccia rapporti con rivoluzionari, liberali ed ebrei fino ad aiutare un prigioniero politico. Insomma, che tipo di filosofia è quella di Hegel? Ha ragione Marx a ritenerla rivoluzionaria o di contro Popper a sostenere che fosse reazionaria?

VG – Popper sicuramente non ha ragione. Di contro alle opere giovanili e a quanto contenuto nelle lettere, è vero che nei volumi pubblicati e specialmente nella Filosofia del diritto si avverte un adeguamento alla situazione politica vigente. Ma il tema va affrontato in termini più filosofici che politici. Il problema è come interpretiamo il rapporto tra razionale e reale. Come noto, per Hegel «ciò che è reale è razionale”. Ma questo non significa affatto che tutto ciò che esiste, per il fatto stesso di esistere, sia razionale. Uno stato cattivo può ben esistere, ma per Hegel è “non-vero”, cioè inadeguato, imperfetto. Inoltre – Engels lo ha spiegato molto bene – il nesso realtà-razionalità in Hegel non può esser considerato in termini statici: in questo senso si può dire che era razionale il feudalesimo, ma anche il capitalismo che l’ha sostituito. La filosofia di Hegel è basata sulla processualità delle cose e sulla realtà della contraddizione. Questa non è un fallimento del pensiero, ma una sfida per il pensiero, che deve essere capace di comprenderla. Una filosofia del genere non si presta a giustificare un ordine economico e giuridico immutabile. Alla base del pensiero hegeliano c’è l’inquietudine.

giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.

sabato 24 giugno 2023

A lezione di Geopolitica con Alberto Bradanini

Da: COMITATOLIBERAZIONENAZIONALE CLN - Alberto Bradanini laureato in Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma, entra in carriera diplomatica nel 1975. Dopo aver ricoperto diversi incarichi, dal 2008 al gennaio 2013 è Ambasciatore d'Italia in Iran, e da allora al maggio 2015 Ambasciatore d'Italia in Cina. 

                                                                           

venerdì 17 marzo 2023

La riforma del MES



Iniziativa politica sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità MES e le sue ricadute sociali. 
Interventi di Emiliano Brancaccio, Gianmario Cesarini e Marco Veronese Passarella
Introduzione di Pasquale Vecchiarelli. 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

venerdì 16 dicembre 2022

Il XX congresso decide di potenziare la Democrazia popolare e consultiva in Cina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura.

Leggi anche: Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini 


Quali sono i volti della democrazia? Come funzionano le democrazie popolari e consultive? 


La riconferma di XI Jinping al potere dovrebbe essere dovuta al fatto che il PCC vuole mantenere una continuità politica in una fase di instabilità internazionale, di rallentamento economico, che riguarda persino la Cina rispetto ai decenni precedenti, allo scontento per la politica Covid zero sia interno che sia esterno, perché danneggia chi commercia con il paese, alla politica aggressiva dell'imperialismo statunitense per mettere in crisi lo sviluppo tecnologico endogeno. Collocato nel contesto dell’incerta situazione mondiale, con la pandemia, la guerra di Ucraina, in una fase che sembra ripetere il momento delle crisi, delle guerre e delle ipotetiche rivoluzioni, segnalato a suo tempo da Lenin, anche lo status quo interno della Cina potrebbe ricevere pericolosi contraccolpi, se si pensa in particolare alla questione Taiwan.

Xi Jinping è riuscito a contornarsi dei suoi alleati grazie alla battaglia contro la corruzione, ai pensionamenti di coloro che hanno raggiunto i 68 anni; il 65% dei 270 membri del Comitato Centrale sono stati sostituiti dal 2017, il 66% dei 25 membri del Comitato Permanente del Politburó è stato rinnovato.

Vorrei riflettere sulla forme della democrazia popolare cinese, dando per scontato che il confronto con la cosiddetta democrazia liberale che, come dimostra il suo forte processo di degenerazione degli ultimi decenni, non può pretendere di essere migliore di quella cinese, mentre il confronto con “l’autogoverno dei produttori”, non rinnegato né dai comunisti né dai cinesi, i quali appunto non hanno abbandonato il progetto comunista, può presentare qualche problematicità; problematicità che sarà certamente affrontata dato che, come dicono gli stessi dirigenti cinesi, il paese si trova nella fase primaria del socialismo e che deve far partecipare alla vita politica un miliardo e 400 milioni di persone. Del resto, essi stessi e Xi riconoscono che il progetto comunista non vuol dire solo l’incremento delle forze produttive, ma anche creazione di una nuova forma di società, in cui lo sviluppo complessivo sia la condizione per lo sviluppo di tutti. Qui il mio pensiero va alla tematica dell’uomo nuovo, presente sin da Marx nella tradizione marxista, ma ampiamente ripresa da Ernesto Che Guevara, il quale è stato tra i primi a riconoscere quanto sia faticoso e lungo nel tempo costruire una società pienamente socialista.

Secondo le cifre pubblicate dal giornale cinese People Daily un terzo dei delegati al congresso veniva dalla base, il 27% di questa erano donne, un aumento de 2,9% rispetto al precedente congresso celebrato nel 2017, il 3,7% contadini, il 8,4 % erano operai e l’ 11,6 erano professionali e tecnici, mentre 264 delegati rappresentavano 40 minoranze etniche. I quasi 3.000 delegati hanno scelto i componenti della Commissione centrale di disciplina e ispezione e il Comitato centrale, che nei prossimi 5 anni costituirà il più importante organo di direzione del partito, che potrà approvare le risoluzioni, le nomine e i piani quinquennali del Politburó.

giovedì 13 ottobre 2022

L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ - (pubblicato il 23 settembre sul quotidiano cinese “Guangming”) - 

Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura

Leggi anche: Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Economia socialista e mercato in Cina - Vladimiro Giacché


Molto si parla dell’eradicazione della povertà estrema in Cina, ma come è stato concretamente possibile?

Da decenni si è sviluppato un denso dibattito sulla natura socialista o ibrida della società cinese di cui ovviamente non si può dar conto brevemente in questa sede. Mi limiterò a ricordare che per gli studiosi cinesi essa si trova attualmente “nella fase primaria del socialismo”, nella quale lo Stato dà impulso a un’educazione patriottica, collettivista, internazionalista e comunista (articolo 24 della Costituzione del 1982) di tutta la popolazione. Inoltre, secondo lo studioso Zhang Boying, importante esponente del marxismo cinese, il comunismo è il risultato di un processo molto lungo, che può anche subire regressioni, ma che resta “un ideale che l’umanità persegue” ancora oggi (Il Socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona?, 2014: 66).

Meno discussioni e divergenze si sono registrate a proposito dell’eradicazione della povertà estrema nel grande Paese asiatico. Infatti, nell’ottobre del 2021 il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterrez, ha lodato la Cina per il processo di avanzamento nell’eradicazione della povertà ed ha invitato la comunità internazionale a fare fronte comune per risolvere ed affrontare i problemi del nostro tempo, in primis la pandemia. Guterres ha ringraziato la Cina per il ruolo da lei giocato nel delineare e nell’implementare gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, rimarcando inoltre che il Paese asiatico si distingue per l’impegno messo nell’emancipare gli esseri umani da tutte le forme di povertà; fenomeno che costituisce una delle prime missioni del mondo attuale.

Questa affermazione è del tutto condivisibile se, per esempio, prendiamo in considerazione le parole con cui David Harvey, grande marxista britannico, descrive l’imposizione al mondo del cosiddetto neoliberalismo come il risultato della restaurazione del potere di classe ai danni dei lavoratori, che nei Trenta anni gloriosi avevano conquistato molti diritti e migliorato le loro condizioni di vita. Per combattere l’inflazione, la stagnazione dei tassi di profitto, alla fine degli anni Sessanta le élite globali sono intervenute sul costo del lavoro, abbassando i salari, aumentando lo sfruttamento, combattendo le organizzazioni sindacali, precarizzando i lavoratori (Breve storia del neoliberalismo, il Saggiatore, Milano 2007). Ovviamente, dopo la rottura del patto tra lavoro e capitale realizzato nel secondo dopoguerra, evidente per esempio nella Costituzione italiana del 1948, questa svolta ha fatto crescere a dismisura le disuguaglianze e la povertà sia nei Paesi a capitalismo avanzato, secondo Fidel Castro sotto-sviluppanti, sia in quelli sottosviluppati. 

venerdì 17 giugno 2022

L’industria della menzogna quale parte integrante della macchina di guerra dell’imperialismo - Domenico Losurdo (2013)

Da: https://www.voltairenet.org - Domenico Losurdo è stato un filosofo, saggista e storico italiano. - http://domenicolosurdo.blogspot.com/

Leggi anche: L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente [1] - Domenico Losurdo

La fabbrica della “russofobia” in Occidente - Sergio Cararo

Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

La fabbrica del falso Strategie della menzogna nella politica contemporanea - Vladimiro Giacché



Nella storia dell’industria della menzogna quale parte integrante dell’apparato industriale-militare dell’imperialismo il 1989 è un anno di svolta. Nicolae Ceausescu è ancora al potere in Romania. Come rovesciarlo? I mass media occidentali diffondono in modo massiccio tra la popolazione romena le informazioni e le immagini del «genocidio» consumato a Timisoara dalla polizia per l’appunto di Ceausescu.

Cos’era avvenuto in realtà? Avvalendosi dell’analisi di Debord relativa alla «società dello spettacolo», un illustre filosofo italiano (Giorgio Agamben) ha sintetizzato in modo magistrale la vicenda di cui qui si tratta:

«Per la prima volta nella storia dell’umanità, dei cadaveri appena sepolti o allineati sui tavoli delle morgues [degli obitori] sono stati dissepolti in fretta e torturati per simulare davanti alle telecamere il genocidio che doveva legittimare il nuovo regime. Ciò che tutto il mondo vedeva in diretta come la verità vera sugli schermi televisivi, era l’assoluta non-verità; e, benché la falsificazione fosse a tratti evidente, essa era tuttavia autentificata come vera dal sistema mondiale dei media, perché fosse chiaro che il vero non era ormai che un momento del movimento necessario del falso. Così verità e falsità diventavano indiscernibili e lo spettacolo si legittimava unicamente mediante lo spettacolo.
Timisoara è, in questo senso, l’Auschwitz della società dello spettacolo: e come è stato detto che, dopo Auschwitz, è impossibile scrivere e pensare come prima, così, dopo Timisoara, non sarà più possibile guardare uno schermo televisivo nello stesso modo» (Agamben 1996, p. 67).

Il 1989 è l’anno in cui il passaggio dalla società dello spettacolo allo spettacolo come tecnica di guerra si manifestava su scala planetaria. Alcune settimane prima del colpo di Stato ovvero della «rivoluzione da Cinecittà» in Romania (Fejtö 1994, p. 263), il 17 novembre 1989 la «rivoluzione di velluto» trionfava a Praga agitando una parola d’ordine gandhiana: «Amore e Verità». In realtà, un ruolo decisivo svolgeva la diffusione della notizia falsa secondo cui uno studente era stato «brutalmente ucciso» dalla polizia. A vent’anni di distanza lo rivela, compiaciuto, «un giornalista e leader della dissidenza, Jan Urban», protagonista della manipolazione: la sua «menzogna» aveva avuto il merito di suscitare l’indignazione di massa e il crollo di un regime già pericolante (Bilefsky 2009).

martedì 8 marzo 2022

La fabbrica del falso Strategie della menzogna nella politica contemporanea - Vladimiro Giacché

Da: https://www.facebook.com/vladimiro.giacche -  Vladimiro Giacché, è un filosofo e saggista italiano Si è occupato e si occupa principalmente di economia finanziaria e politica, storia dell'economia e della filosofia, con particolare riferimento all'idealismo tedesco e alla tradizione del marxismo. È Responsabile Studi e Marketing Strategico presso la Banca del Fucino (Gruppo Bancario Igea Banca) 


"Ho deciso di mettere online La fabbrica del falso. I motivi sono più d'uno. Il primo: il libro, di cui ho riacquistato i diritti un paio d'anni fa, è esaurito da tempo ed essendo già arrivato alla terza edizione non ho intenzione di farne una quarta. Perché i libri hanno una loro vita e perché - come mi si fa notare - oggi dovrei scrivere un tomo di 10.000 pagine vista la valanga di menzogne che si è rovesciata su di noi in questi ultimi anni - e in questi giorni. 

E vengo al secondo e più importante motivo. Sono francamente nauseato da quanto sta accadendo intorno a noi in questi giorni. E' vero che la prima vittima della guerra è la verità (e questo vale ovviamente per entrambe le parti in conflitto). Ma qui, almeno per quanto riguarda quello che succede da queste parti, stiamo esagerando anche per gli standard ormai piuttosto bassi vigenti in quelle che furono le democrazie liberali per eccellenza. 


Ho deciso di mettere online questo libro dopo aver ascoltato un giornalista del TG2 giustificare la messa in onda DI UN VIDEOGIOCO spacciandolo per riprese della guerra durante un TG con la "disinformazione russa", e dopo aver letto che uno speculatore di borsa che qualcuno si ostina a considerare un filantropo ha paragonato gli ucraini di oggi con gli eroici combattenti che resistettero ai russi a Budapest nel 1944 (cioè le SS naziste e qualche seguace locale che aveva attivamente cooperato a sterminare la folta comunità ebraica ungherese - ed è sicuramente un paragone che inorgoglirebbe il battaglione Azov, se in questo momento non avesse cose più importanti di cui occuparsi). 

Si comincia a intravedere anche qualche bastonatura (per ora solo mediatica) di dissenzienti, ovviamente accusati di "intelligenza con il nemico". Nonché la censura delle agenzie di informazione del "nemico". 

Mi sembra che si stia davvero oltrepassando una linea rossa, e forse più d'una. 

Cosa può fare un libro del genere contro tutto questo? Ben poco ovviamente. E' solo un libro, in fondo.
Per di più, un libro che NON si occupa della guerra in atto. Ma credo sia comunque utile. Perché ha fotografato il momento (dopo l'11/9) in cui - continuo a credere - è iniziato un salto di qualità nella modalità di somministrazione della menzogna nei nostri paesi. E perché descrive METODI di manipolazione e mistificazione dei fatti. 
Per ciascuno di questi metodi il libro reca molti esempi, ma gli esempi (su cui in qualche caso il lettore dissentirà, come pure su qualche tesi enunciata in modo troppo tranchant) non sono importanti quanto i pattern, i modelli che si descrivono. Decisivo, in questi giorni, quello della "verità mutilata". 

La prima parte del libro (Guerra alla verità, capp. 1-7) tratta di questi modelli, come pure dell'uso mistificatorio di alcune parole chiave (Democrazia, Sicurezza, Mercato, Totalitarismo, Terrorismo). 
La seconda parte (La verità del falso, capp. 8-10) è la parte in cui indago le radici di questo ricorso alla menzogna nella realtà sociale del nostro tempo e in alcuni meccanismi di esperienza mediata tipici del contemporaneo. 
La terza parte (Strategie di resistenza, capp. 11-15) cerca di individuare alcune modalità di smascheramento della menzogna. 

E' un libro composito, che contiene molte cose. Credo che oggi possa essere in qualche modo utile come manuale di autodifesa." 

Qui il testo: 

sabato 15 gennaio 2022

È la contraddizione che muove il mondo - Vladimiro Giacché

Da: a/simmetrie - https://asimmetrie.org - Testo della lectio al convegno Euro, mercati, democrazia e… conformismo EMD 2020, svoltosi a Montesilvano (PE) nei giorni 17 e 18 ottobre 2020. - Vladimiro Giacché, è un filosofo e saggista italiano Si è occupato e si occupa principalmente di economia finanziaria e politica, storia dell'economia e della filosofia, con particolare riferimento all'idealismo tedesco e alla tradizione del marxismo. È Responsabile Studi e Marketing Strategico presso la Banca del Fucino (Gruppo Bancario Igea Banca)

Su Hegel politico. - Stefano Garroni -

Hegel e noi - Norberto Bobbio

Due paragrafi da Hegel*- Paolo Di Remigio 

Critica, capitale e totalità - Roberto Finelli

Vedi anche: " Hegel "- Vittorio Hosle 

"La fenomenologia dello spirito nel pensiero si Hegel" - Francesco Valentini (https://www.teche.rai.it/1990/06/la-fenomenologia-dello-spirito-nel-pensiero-hegel/


                                                                              


1. Una fine e un inizio

«La fine di qualcosa»: così il grande pianista canadese Glenn Gould, rivolgendosi al pubblico prima dell’inizio di uno dei suoi più straordinari concerti, definì la musica di Bach. Il pensiero di Hegel rappresenta l’ultimo grande tentativo sistematico della storia della filosofia, un’ambizione che già la generazione di filosofi successiva abbandonò. Da questo punto di vista la filosofia hegeliana è davvero anch’essa «la fine di qualcosa». Ma d’altra parte è innegabile che il pensiero di Hegel abbia esercitato un’enorme influenza sui filosofi successivi. Alcuni aspetti della sua filosofia hanno esercitato un potente influsso sulla storia – non soltanto del pensiero – sino ai giorni nostri.  La filosofia di Hegel è quindi sia una fine che un inizio. Per questo motivo, e per un motivo più importante: perché, come vedremo più avanti, nel suo pensiero la fedeltà alla tradizione filosofica, la continuità rispetto a essa, si unisce a un forte elemento di rottura, nientemeno che rispetto a un principio cardine della tradizione filosofica quale quello di identità.

Il pensiero di Hegel, al pari di quello di tutti i grandi pensatori, fa parte del patrimonio culturale dell’umanità. Allo stesso modo di un monumento storico, di un dipinto, di un brano musicale. In quanto tale, fa parte di una storia. Ma il suo significato non si esaurisce in essa, eccede ogni interpretazione – e proprio per questo è in grado di parlare a generazioni diverse, di divenire alimento di un nuovo pensiero. Il pensiero di Hegel fa parte anche di noi, perché è inserito nella tradizione culturale in cui noi stessi pensiamo. Talvolta ridotto a frammenti, a singoli concetti, a frasi isolate, ma comunque già presente in noi inconsapevolmente anche prima dell’inizio di ogni lavoro interpretativo. Del resto proprio Hegel, che pur negava che un singolo enunciato fosse in grado di esprimere una verità filosofica, aveva una spiccata capacità – sconosciuta ad altri filosofi – di condensare pensieri in brevi sentenze. Frasi come «Tutto ciò che è reale è razionale», «Il vero è il tutto», sono familiari anche a chi non abbia studiato approfonditamente il suo pensiero. Qui però ci soccorre un altro celebre detto hegeliano: «ciò che è noto, per ciò stesso non è conosciuto». Non possiamo dire di conoscere il significato di quegli enunciati se non siamo in grado di capire che cosa Hegel intendesse per «realtà», «razionalità», «verità» e «totalità». Anzi, proprio l’apparente familiarità con questi (e altri) concetti può essere fuorviante, non meno di quanto accada con certe parole straniere che hanno un suono simile alle nostre, ma un significato del tutto diverso. I traduttori chiamano queste parole «i falsi amici». Anche in filosofia dobbiamo guardarci dai «falsi amici».

Gli usi possibili di Hegel sono molti: nel suo pensiero si possono ricercare tanto l’istanza sistematica (ossia una lettura unitaria del mondo) quanto concetti utili per la comprensione della storia, tanto un’interpretazione delle scoperte scientifiche del suo tempo quanto una teoria dello Stato e della società. Ma una grande filosofia fa qualcosa di molto più importante di tutto questo: ridisegna il mondo, riconfigura il mondo, cambia il nostro modo di vederlo. Anche quando si parla degli strumenti per pensare che una filosofia ci pone a disposizione (quasi che si potesse usare il pensiero di un filosofo come si adopera un utensile), in fondo, se si parla seriamente, si parla di questo.

Su quali linee ridisegna il mondo Hegel? Quali sono le caratteristiche, i tratti caratterizzanti del suo pensiero?

venerdì 7 gennaio 2022

Le parole del signor Putin - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

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Il mito della riunificazione tedesca - Vladimiro Giacché -

Vedi anche: La caduta del Muro di Berlino. Intervista a Vladimiro Giacché 

ANSCHLUSS. La lezione dell'unificazione tedesca | Vladimiro Giacchè (https://www.youtube.com/watch?v=BFPdxf1m4fs)



È opportuno che l’Ucraina entri nella Nato e che la situazione del nostro continente si faccia più tesa?


Il 25 dicembre del 1991 si verificò la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che aveva dominato parti importanti del mondo per 74 anni; dissoluzione sancita dall’annuncio fatto alla televisione dall’allora segretario del Partito Comunista Mikhail Gorbačëv, non molto amato dai vecchi russi. Iniziò così una nuova fase nella storia dell’umanità, che ebbe conseguenze nefaste anche sugli altri popoli del mondo, e che fu marcata dalla sostituzione sul Cremlino della bandiera rossa con il tricolore della Federazione Russa. “RT” ha ricordato questa ricorrenza soffermandosi sugli avanzamenti della seconda superpotenza e senza menzionare Stalin, non rinnegando quel glorioso passato che segnò un eccezionale avanzamento sociale, economico e culturale e sottolineando la straordinaria e sanguinosa sconfitta del nazismo compiuta dall’Urss. Addirittura nel programma si è rivendicato l’appoggio dato ai movimenti anticoloniali e prosocialisti. Alcuni russi intervistati, soprattutto anziani, hanno ricordato la stabilità, la pace sociale, i diritti garantiti dall’antico regime, non nascondendo una certa nostalgia per i tempi passati. Evidentemente, la Russia, che si riaffaccia allo scenario mondiale conflittuale, non solo non può rinnegare il suo passato, ma ha anche bisogno di ricordare la sua cultura millenaria seminata in uno spazio che l’espansione della Nato ha già messo in questione.

Ma cosa è successo allo spazio sovietico dopo la fine dell’Urss? Nessuno dica che si è affermata la democrazia perché è un falso. Secondo il Centro per la Riforma Europea, il Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) costituiscono oggi il principale alleato commerciale della Germania per la sua integrazione nelle catene di valore tedesche. Inoltre tra il 20 e il 30% degli scambi internazionali delle economie dell’Europa orientale centrale sono con la Germania. Come scrive Vladimiro Giacchè (Anchluss. L’annessione: l’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa, 2013), la Repubblica democratica tedesca fu annessa sbrigativamente alla Repubblica Federale, la sua economia distrutta, la sua infrastruttura produttiva svenduta per qualche spicciolo ai grandi capitalisti dell’Ovest e al popolo di quella regione non fu dato un marco, benché fosse il proprietario legale di tutto quel patrimonio.

sabato 11 settembre 2021

Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale - Lenin

Da: Lenin, Opere Complete, vol. 33, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 385-397 - Pravda n. 258, 15 novembre 1922 - https://www.marx21.it

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Cooperazione - Vladimir Lenin (1923) 

Better Fewer, But Better*- Vladimir Lenin (1923) 

Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

RICERCHE MARXISTE - Momenti del dibattito sulla Nep - Stefano Garroni 


Relazione al IV congresso dell’Internazionale comunista, 13 novembre 1922


Compagni! Sono iscritto nell’elenco degli oratori come relatore principale, ma voi comprenderete che dopo la mia lunga malattia non posso fare un grande rapporto. Non posso che limitarmi a un’introduzióne alle questioni più importanti. Il mio tema sarà molto limitato. Il tema: Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale è troppo vasto e grandioso perché, in generale, un solo oratore, in un solo discorso, possa esaurirlo. Perciò mi limiterò a trattare soltanto una piccola parte di questo tema, cioè la questione della «nuova politica economica». Scelgo di proposito soltanto questa piccola parte del tema per informarvi su di un problema che oggi ha la massima importanza, almeno per me che ci lavoro attorno in questo momento.

Vi dirò perciò come abbiamo dato inizio alla nuova politica economica e quali risultati abbiamo ottenuto per mezzo di questa politica. Se mi limito a questo problema, riuscirò forse a farne un esame generale e a darne un’idea generale.

Per incominciare dal modo come siamo giunti alla nuova politica economica, devo richiamarmi a un articolo che io scrissi nel 1918 (101). Al princìpio del 1918, in una breve polemica, sfiorai, per l’appunto, la questione dell’atteggiamento che dovevamo assumere verso il capitalismo di Stato. Scrivevo allora:

«II capitalismo di Stato rappresenterebbe un passo avanti rispetto allo stato attuale delle cose (cioè, relativamente alla situazione di allora) nella nostra Repubblica sovietica. Se, per esempio, tra sei mesi si instaurasse da noi il capitalismo di Stato, ciò sarebbe un enorme successo e rappresenterebbe la più sicura garanzia che tra un anno il socialismo sarebbe da noi definitivamente consolidato e reso invincibile».

Dicevo questo, s’intende, in un periodo nel quale eravamo più inesperti di adesso, ma non tanto inesperti da non poter esaminare simili questioni.