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giovedì 30 giugno 2022

Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro

Da: la Città Futura - https://www.lacittafutura.it - Domenico Moro è laureato in sociologia ed è ricercatore presso l'Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. Collabora con quotidiani e riviste nazionali ed è autore di diversi volumi di carattere economico, politico e militare. Negli ultimi anni ha pubblicato il Nuovo Compendio del Capitale.

Come va l’economia? Ne parliamo con Domenico Moro

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro 


La Prof. Alessandra Ciattini intervista per https://www.lacittafutura.it Domenico Moro, economista: 
                                                                         

domenica 2 aprile 2023

LA CINA E LA FORMAZIONE DI UN FRONTE DEL SUD GLOBALE INCRINANO L’EGEMONIA USA - Domenico Moro

 Da: http://www.laboratorio-21.it - Domenico Moro è ricercatore presso l’Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati.

Vedi anche: Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro


La guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a livello globale tra la Russia e l’Occidente, cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del Giappone. All’interno di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina, che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale. La competizione si gioca su diversi ambiti: la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti sempre più stretti con Cina e Russia. Quest’ultimo aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli equilibri mondiali. Ovviamente tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti. Così è stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto sta accadendo in Ucraina. Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti. Apparentemente si tratta di un numero piccolo in confronto a quello dell’insieme degli stati mondiali. In realtà questi 35 Paesi, insieme a quelli che hanno votato contro la risoluzione, rappresentano un po’ più della metà della popolazione mondiale, comprendendo giganti come la Cina, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, l’Etiopia, il Vietnam e l’Iran che da soli arrivano a quasi 3,6 miliardi di abitanti. È da notare che tra i 35 astenuti ci sono 17 Paesi africani, che altri 8 paesi del continente sono stati assenti durante la votazione e che l’Eritrea ha votato contro. Di recente, alla votazione della fine di febbraio 2023, che chiedeva il ritiro delle Forze armate della Russia dall’Ucraina, gli astenuti sono stati 32, e i contrari 7, tra cui per la prima volta lo stato africano del Mali.

lunedì 11 gennaio 2021

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro

 Da: https://www.lordinenuovo.it - DOMENICO MORO è ricercatore presso l’Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati.

Leggi anche: Come va l’economia? Ne parliamo con Domenico Moro

L’esplosione del debito pubblico senza un prestatore di ultima istanza - Domenico Moro

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio

La Modern Monetary Theory - Intervista a Marco Veronese Passarella

INTERVISTA A VLADIMIRO GIACCHÉ - Bollettino Culturale

L’impatto della crisi su povertà e disuguaglianze* - Francesco Schettino

Cosa significa socialismo nel XXI secolo e cos'è lo Stato socialista? - Stefano G. Azzarà

Vedi anche: INTERVISTA A RICCARDO BELLOFIORE - Bollettino Culturale 


La crisi del Covid-19 ci pone davanti ad un aumento della disoccupazione di massa. Secondo l’Istat nel III trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, gli occupati sono diminuiti di 622mila unità (-2,6%), fra questi i dipendenti sono diminuiti di 403mila unità e gli indipendenti di 218mila unità. I disoccupati[1] sono invece aumentati di 202mila unità (+8,6%) raggiungendo la cifra di 2milioni 486mila. Anche gli inattivi – cioè quelli che comprendono i cosiddetti “scoraggiati” che neanche provano a cercare lavoro – sono cresciuti di 265mila unità (+2%)[2]. Bisogna, inoltre, aggiungere che l’aumento dei disoccupati e degli inattivi avviene in un contesto di blocco dei licenziamenti. Ad essere state colpite dall’aumento della disoccupazione sono state, fino ad ora, le figure precarie dei lavoratori a tempo determinato. Secondo alcune stime[3], l’eliminazione del blocco dei licenziamenti potrebbe generare un milione di disoccupati in più, portando il loro numero totale a oltre 3,5 milioni, una cifra impressionante, che metterebbe a dura prova non solo la tenuta del welfare ma anche la tenuta sociale e politica del sistema.

Comunque, la situazione occupazionale italiana era tutt’altro che rosea anche prima del Covid-19. L’economia italiana è stata una delle più lente nella Ue a recuperare dalla crisi precedente. Nel 2019, il numero degli occupati (22milioni 687mila) era ancora leggermente inferiore al picco pre-crisi, registrato nel 2008 (22milioni 698mila)[4]Anche nel confronto con il resto della Ue la situazione italiana è tra le peggiori: il tasso di occupazione (15-64 anni) in Italia nel 2019 era del 59%, mentre era del 68,4% nella Ue a 27 e del 68% nell’area euro, con la Germania al 76,7%, la Francia al 65,5%, e la Spagna al 63,3%[5].

Di fronte a questi dati appare chiaro quanto il tema della disoccupazione sia fondamentale nello scenario politico italiano. Per questo è importante avere una chiara visione teorica della disoccupazione e delle sue cause. A tale scopo partiamo dalla teoria borghese mainstream che individua come causa principale della disoccupazione la rigidità del mercato del lavoro, ossia la difficoltà a ridurre il costo del lavoro e i salari.

I neoclassici e la critica keynesiana 

martedì 15 settembre 2020

Come va l’economia? Ne parliamo con Domenico Moro

Da: https://www.lacittafutura.it - Con questa a Domenico Moro, iniziamo una serie di interviste rivolte a quadri di lavoratori comunisti ed economisti. Domenico Moro è ricercatore presso l'Istat ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. È autore di diversi volumi di carattere economico, politico e militare. Abbina al lavoro scientifico la militanza politica. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)


La pandemia sta modificando gli equilibri e le strategia e livello internazionale. In Europa sarà un pretesto per ulteriori tagli ai salari e ai diritti sociali. Il Mes e il Recovery Fund sono inadeguati e l’uscita dall’Unine Europea è una condizione necessaria per la realizzazione del socialismo.

Domanda. La pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Secondo noi, però, la pandemia è intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale per cui non può essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?
Risposta. Al momento dello scoppio della pandemia, l’economia mondiale e quelle dei principali Paesi, con poche eccezioni, erano già nella fase fase discendente del ciclo economico, essendo la crescita del Pil in rallentamento nel 2018 e ancor di più nel 2019. Secondo i dati dell’Unctad, l’economia mondiale è passata da una crescita del 3,31% nel 2017 a una crescita del 2,52% nel 2019. La crescita della Ue è scesa dal 2,58 all’1,46%, in particolare la Germania è passata dal 2,47% allo 0,56% e l’Italia dall’1,72% allo 0,30%. Persino la Cina era in rallentamento, essendo passata dal 6,76% al 6,10%. Di fatto alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, erano già in recessione.
Inoltre, bisogna considerare che la Pandemia si è inserita in un quadro mondiale già segnato negativamente dallo scontro commerciale tra Usa, Cina e Ue, che ha visto l’innalzamento di numerose barriere protezioniste. In questo senso, la pandemia accentua la tendenza a un certo rallentamento della globalizzazione e dello scambio internazionale di merci. Secondo Eurostat, tra gennaio e giugno 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, le esportazioni dell'Ue verso il resto del mondo sono diminuite del 12,4% e le importazioni sono calate del 12,6%, entrambe contrazioni senza precedenti. Di fatto, quando la crisi pandemica è scoppiata, il mondo capitalista, soprattutto la triade composta da Usa, Ue e Giappone, non si era ancora del tutto ripreso dalla crisi del 2008-2009.

mercoledì 17 ottobre 2018

L’esplosione del debito pubblico senza un prestatore di ultima istanza - Domenico Moro

Da: https://www.economiaepolitica.it - domenico-moro è ricercatore presso l’Istat.





I trattati europei e l’euro, imponendo austerità e inibendo l’implementazione di politiche economiche su misura per le necessità dei singoli Paesi, hanno ottenuto il risultato opposto a quello previsto dai decisori politici e dalla dirigenza della Banca d’Italia negli anni’80 e ’90: il debito pubblico italiano è aumentato.


Il debito pubblico è in Italia uno dei temi principali, se non il principale, attorno al quale ruotano il dibattito economico e le scelte politiche. Il debito pubblico, giudicato eccessivo, è stata una delle motivazioni per l’adesione all’euro e ai trattati europei, allo scopo di costringere governi e parlamenti a una maggiore disciplina di bilancio, incidendo anche oggi sulle scelte di spesa e di politica economica. La maggior parte del debito pubblico attuale si è formata tra l’inizio degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, raddoppiando dal 59,9% sul Pil del 1981 al 124,9% del 1994. Nonostante i vincoli europei alla spesa pubblica, oggi il debito risulta superiore ai livelli dei primi anni ’90, raggiungendo il 131,8% sul Pil contro il 75,7% della media Ue e il 79% della media dell’area euro, ed essendo inferiore in Europa al solo debito greco.
L’obiettivo del presente articolo è capire perché il debito è raddoppiato tra 1981 e 1994 e perché successivamente non si è riusciti a ridurlo in modo significativo e duraturo.

martedì 8 giugno 2021

Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)



IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA
Ciclo di lezioni aperte al pubblico del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca




Quarta lezione - Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore: 

                                                                         
Leggi anche:

Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione. - Sulla (dis)continuità Marx-Hegel. - Riccardo Bellofiore -

La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore -

Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore

Marx e la fondazione macro-monetaria della microeconomia - Riccardo Bellofiore

Crisi capitalistica, socializzazione degli investimenti e lotta all’impoverimento - Riccardo Bellofiore, Laura Pennacchi

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore -

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

CHE COS'È IL VALORE? - Giorgio Gattei* 

Vedi anche: Il Capitale dopo 150 anni. C'è vita su Marx? - Riccardo Bellofiore 

Sulla “Nuova lettura di Marx”*- Riccardo Bellofiore 


mercoledì 14 ottobre 2020

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Da: https://www.lacittafutura.it 

Leggi anche: Il disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del profitto. - Alan Freeman

Dopo l’intervista a Domenico Moro, continuiamo con Alan Freeman, che ringraziamo per la disponibilità, le nostre interviste a economisti e lavoratori militanti sulla situazione che si va affermando a seguito della pandemia che ha investito il modo e soprattutto i paesi a conduzione liberista, molto più impreparati ad affrontare l’emergenza sanitaria. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)

Alan Freeman, uno dei principali economisti della Greater London Authority ai tempi di Ken Livingstone, è stato docente universitario ed è uno dei massimi esponenti della scuola del Temporary Single System Interpretation (TSSI). Ha pubblicato, come autore e curatore, diversi libri sulla teoria del valore di Marx. Attualmente è condirettore del Geopolitical Economy Research Group e anche in tale veste è autore di diversi libri sui cambiamenti che stanno intervenendo a livello geopolitico. Le sue pubblicazioni si possono trovare qui


La crisi del capitalismo ha come cause la questione ecologica, la natura dell’accumulazione capitalistica e le crescenti diseguaglianze fra nazioni. L’immissione di liquidità non può risolvere questi problemi. Serve il ritorno del protagonismo delle classi lavoratrici e una politica estera indipendente.



Domanda (D). Alan, la pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Noi riteniamo però che essa sia intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale e che pertanto non possa essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?

Risposta (R). Tutte le crisi sono la conseguenza di una combinazione di cause. Il problema non è di utilizzare questo fatto ovvio in una maniera facile e superficiale per evitare decisioni difficili, come fanno molti commentatori, ma, per poter agire, di identificare in ciascuna crisi particolare quali cause particolari operano.

La crisi attuale nasce da tre processi interagenti tra di loro, che fino ad ora si sono evoluti in maniera semi autonoma e ora si sono combinati in un unico evento storico, portando al culmine la tendenza alla crisi che era già intrinseca a ciascuno di loro (cioè una sospensione incontrollata e insolitamente rapida della normalità). Con ciò è giunta a termine l'autonomia dei tre processi, con la conseguenza che anche la loro soluzione è interconnessa; vale a dire che non è più praticabile risolverne qualcuno indipendentemente dagli altri, sia pure per un periodo piuttosto breve.

Questi processi sono: la conseguenza ecologica del rapporto tra la società umana e le risorse naturali da cui essa dipende, la relazione tra accumulazione monetaria e produzione umana e le conseguenze dell'ordine politico mondiale postcoloniale, ma pur sempre imperialista.

L'erosione delle fondamenta su cui poggia ciascuno di questi processi è in atto dalla fine degli anni cinquanta, ma in tutti e tre in maniera combinata si è ormai raggiunto un "punto critico"; e questa è la natura della crisi attuale.

Cominciamo con il primo, cioè il rapporto ecologico tra natura ed esseri umani. Nelle circostanze immediatamente scaturite dalla pandemia da COVID, esso si è agevolmente imposto su tutte le altre questioni; quindi metterlo al secondo o al terzo posto equivarrebbe a comportarsi come il proverbiale struzzo.

martedì 16 febbraio 2021

CAPITALE SENZA RIVOLUZIONE? - Riccardo Bellofiore

 Da: http://www.palermo-grad.com - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info

Leggi anche: H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

Introduzione a "Scritti politici di Rosa Luxemburg". La Rivoluzione - Lelio Basso

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

Cosa significa socialismo nel XXI secolo e cos'è lo Stato socialista? - Stefano G. Azzarà



Pubblichiamo la relazione di Riccardo Bellofiore alla conferenza sul centenario della rivoluzione d’ottobre tenuta a Roma il 18-22 gennaio 2017 e organizzata dall’associazione e rete C17. L’intervento è stato trascritto e pubblicato in Comunismo necessario – Manifesto a più voci per il XXI secolo, a cura di C17 (Mimesis, 2019). Qui di seguito troverete le domande poste da C17 e subito dopo la relazione di Riccardo Bellofiore.




C17:
Cos’è diventato il Capitale nel XXI secolo? Come intendere la “singolarità” del capitalismo neoliberale? Si tratterà per un verso di qualificare – su scala globale – la nuova composizione del lavoro e dello sfruttamento. Ma anche, chiaramente, la composizione del Capitale stesso, tra estrazione del valore e finanza. Per l’altro di percorrere gli antagonismi e la produzione di soggettività (ambivalente) che segnano das Kapital contemporaneo.


1. Aggiornare la critica
Condizione e finalità della critica dell’economia politica borghese è, per Marx, l’esistenza delle classi e la loro incessante lotta: attraverso la «scoperta» dello sfruttamento, la critica marxiana rende visibile la società divisa in luogo dell’individuo isolato e la storia in luogo dell’eternità delle categorie dell’economia politica. Tuttavia, il nuovo paradigma economico-politico «borghese» oggi dominante ha radicalmente modificato il suo oggetto e le forme attraverso cui mistifica il conflitto di classe: alle classi sociali è stato sostituito l’individuo proprietario, alla legge del valore-lavoro quella del valore-utilità, fondando l’origine dell’economia sullo scambio di mercato anziché sulla produzione. In che modo una critica dell’economia politica adeguata al tempo presente deve confrontarsi con queste modifiche nell’oggetto della scienza economica? 

domenica 18 ottobre 2020

Come cambia l’economia dopo la pandemia? Ne parliamo con F. Schettino

Francesco Schettino  è un economista, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e all’Università Popolare Antonio Gramsci di Roma. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato uno dei maggiori collaboratori della pregevole rivista marxista La Contraddizione (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). Anche questo giornale ha ospitato alcuni suoi articoli. Dopo quelle rivolte a Domenico Moro e Alan Freeman, anche a lui, che ringraziamo per la disponibilità, rivolgiamo alcune domande in merito alla fase che si va sviluppando a seguito della pandemia. ( Federico Giusti per https://www.lacittafutura.it

Ascolta anche: https://www.spreaker.com/episode/41433464


Il capitalismo cerca di recuperare i margini di profitto sottraendo al salario sociale anche il meccanismo del debito pubblico. Lo Stato è ostaggio del suo maggiore azionista, i creditori. Occorre un audit del debito e il rilancio della pianificazione del sistema economico.


Domanda (D). La pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Per noi, però, la pandemia è intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale per cui essa non può essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?

Risposta (R). Senza ombra di dubbio non si tratta di una nuova crisi. In altre parole, la Covid-19 ha agito da amplificatore della crisi da sovrapproduzione che già nel 2008 era esplosa in tutta la sua violenza - pur traendo origine almeno all'inizio degli anni 70. Del resto sarebbe sufficiente leggere i rapporti delle istituzioni internazionali - FMI in primis - che tra la fine del 2019 e l'inizio dell'anno in corso, vedevano il 2020 come l'annus horribilis considerando gli spaventosi passaggi a vuoto già avvenuti sui mercati finanziari statunitensi - e dunque mondiali - alla fine di settembre 2019.

D. La pandemia ha messo in evidenza alcuni grandi limiti della produzione snella e dell’internazionalizzazione dei processi produttivi. Pensi che questa crisi possa indurre le grandi aziende ed i loro governi a rivedere questo modello?

R. Molto improbabile. Il mercato è mondiale e la tendenza al monopolio è amplificata in momenti di crisi. È naturale che i piccoli produttori soccombano dinanzi alla marcia inarrestabile dei too big to fail (Troppo grande per fallire). L'internazionalizzazione non è più una scelta strategica ma uno stato di cose dettato proprio dallo sviluppo del capitale mondiale nella fase imperialistica attuale.

venerdì 27 novembre 2020

Il FMI visita l’Argentina - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni") insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: Sul debito pubblico - Karl Marx

L'annullamento del debito nell'antichità*- Eric Toussaint

L’esplosione del debito pubblico senza un prestatore di ultima istanza - Domenico Moro

Vedi anche: PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani

Ascolta anche: Radio Quarantena, Oltre Confine: tassazione internazionale dello smartworking e Argentina https://www.spreaker.com/user/11689128/201118-oltre-confine 


L’Argentina pagherà un debito illegittimo e odioso scaricando i suoi costi sulla parte più debole della popolazione.


Nel febbraio 2020 il FMI aveva riconosciuto che il debito di 100 miliardi di dollari consistente in obbligazioni detenute da investitori privati, contratto dall’Argentina, non era sostenibile e pertanto aveva invitato questi ultimi ad accettare un taglio significativo del dovuto. Naturalmente Alberto Fernández, attuale presidente, si era dichiarato soddisfatto e aveva auspicato che l’Argentina potesse ricominciare a crescere e a “onorare” così i suoi debiti, i quali all’epoca del governo Macri hanno permesso una rilevante fuga di capitali.

Successivamente il FMI, la cui direttrice è ora la bulgara Kristalina Giorgeva (la compañera Kristalina, come qualcuno l’ha chiamata), ha visitato in due occasioni il paese, l’ultima a partire dallo scorso 10 novembre con lo scopo dichiarato di cominciare a trattare per formulare un nuovo programma che sostenga il piano economico del governo e di stabilizzare l’economia argentina, di modo che si apra un futuro roseo per il popolo del paese sudamericano.

Secondo “Il Sole 24 Ore” ora il debito argentino in totale ammonta a 200 miliardi di dollari, la metà è costituita da debito estero, l’altra metà è composta da 57 miliardi di dollari da restituire al FMI e da 43 miliardi di debiti locali in pesos.

martedì 5 luglio 2022

Le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it -

Leggi anche: Il nuovo scenario Russia/Ucraina - Alessandra Ciattini

Sanzionati e sanzionatori - Alessandra Ciattini

L’importanza dell’Eurasia - Alessandra Ciattini

Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Preparativi di un nuovo mondo: circa la “trasformazione strutturale” dell’economia Russa - Alessandro Visalli

COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa 

Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros 

Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro


Nonostante tutti i tentativi l’Unione Europea non riesce a rendersi indipendente dalle risorse energetiche russe e tutte le conseguenze negative delle sue scelte nefaste ricadono su noi lavoratori.


Se disinformare oggi vuol dire affermare qualcosa che i media dominanti non rendono noto, stiamo facendo disinformazione, ne siamo perfettamente consapevoli e ce ne assumiamo tutte le responsabilità. Arriviamo addirittura a citare, tra le altre, fonti russe, anche se questo non significa automaticamente che apprezziamo la Russia attuale, così come si è strutturata con la dissoluzione dell’Urss, le cui straordinarie risorse hanno sollecitato gli appetiti degli imperialisti, che pensavano di potersene approfittare senza colpo ferire. E Infatti hanno guidato la mano dei cosiddetti oligarchi a far man bassa delle proprietà collettive, appropriandosene di una parte consistente, frazionata in pacchetti azionari, e controllando direttamente il rilevante apparato militare ex sovietico. Purtroppo per loro questo processo distruttivo ha avuto termine, la Russia ha ripreso nelle proprie mani il suo destino e si è riaffacciata sullo scenario internazionale facendo presenti i suoi interessi, come fanno tutte le grandi potenze, anche se li nascondono dietro la retorica dei valori e degli ideali, la cui consistenza è più fragile della neve al sole.

Naturalmente non ci richiameremo solo a fonti russe, ma faremo dei parallelismi per verificarne l’attendibilità. Invitiamo “i guardiani della verità” a rispondere con degli argomenti ai nostri argomenti, anche per evitare di fare la figura pietosa della Sarzanini, che non è stata capace di rispondere alle semplici domande postele da Giorgio Bianchi e Manlio Dinucci sulla loro “attività disinformativa”. Sappiamo bene che l’invito è inutile, ma la buona creanza e la logica ci ispirano; sappiamo anche che i suddetti guardiani hanno ragione solo perché hanno dalla loro parte la forza, ossia lo straordinario apparato mediatico, che però comincia a convincere sempre meno persone. Siamo convinti anche di avere i loro stessi diritti di esprimerci e di convincere con argomenti, ma come ci ha insegnato Marx “tra due diritti uguali vince la forza”. Non ci resta quindi che acquisire maggiore forza, portando dalla nostra parte la maggior parte di quelli che sono colpiti dalle scelte paradossali e ipocrite dei cosiddetti “padroni del vapore” e dei loro portavoce, ossia i lavoratori.

giovedì 2 maggio 2013

Voto di classe e sopravvalutazione del voto utile alle ultime elezioni - Domenico Moro - .

"Anche Grillo deve buona parte della sua notevole performance al suo <<euroscetticismo>>, tanto che Goldman Sachs, dopo una prima dichiarazione, scambiata da alcuni per una sorta di legittimazione, ha affermato che il vero pericolo per l’Europa e l’euro non è Cipro ma l’ascesa di Grillo in Italia"                                                   http://www.marx21.it/documenti/moro_analisidelvoto2013.pdf
                                

martedì 5 novembre 2024

La categoria di imperialismo è ancora attuale e quali sono i paesi imperialisti? - Domenico Moro

Da: https://giuliochinappi.wordpress.com - Domenico Moro è sociologo e ricercatore presso l'Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. Collabora con quotidiani e riviste nazionali ed è autore di diversi volumi di carattere economico, politico e militare. Negli ultimi anni ha pubblicato il Nuovo Compendio del Capitale. 

Vedi anche: Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro  

IL COLONIALISMO di ieri e di oggi. USA, RUSSIA, e CINA: quali sono realmente i PAESI IMPERIALISTI? - Alessandra Ciattini

Leggi anche: L'imperialismo. Fase suprema del capitalismo*- Vladimir Lenin (1916)  

Il capitale finanziario (estratti dal capitolo XXII, 1910) - Rudolf Hilferding 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo 

Dal primo dopoguerra al Secondo conflitto mondiale (passando per la grande crisi del ’29) - Mauro Rota e Francesco Schettino 

Sviluppo capitalistico e Guerra. Un testo illuminante di Gianfranco Pala 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin - Renfrey Clarke, Roger Annis 

IMPERIALISMO E SOCIALISMO IN ITALIA - Vladimir Lenin (1915)

L’imperialismo nel XXI secolo - John Smith 



Dalla fine dell’Ottocento, l’imperialismo moderno si sviluppa come sistema di dominio economico e politico delle potenze capitaliste occidentali. Oggi, nonostante la decolonizzazione, persistono dinamiche imperialiste che si manifestano tramite il controllo finanziario e geopolitico esercitato da Stati e multinazionali. 


Il termine di imperialismo è associato ai più importanti imperi del passato come quello romano o quello persiano. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento il termine di imperialismo è stato ripreso per descrivere la nuova realtà mondiale, caratterizzata dalla formazione di diversi imperi facenti riferimento soprattutto agli stati dell’Europa occidentale. Per questo il periodo tra la seconda metà dell’Ottocento e il 1945, quando inizia la decolonizzazione, è stato definito l’età degli imperi. L’impero più vasto era quello britannico, seguito da quello francese, spagnolo, portoghese e olandese, che erano gli imperi più antichi. Tra gli ultimi Paesi a partecipare alla corsa alle colonie ci furono gli Stati Uniti, il Giappone, la Germania, il Belgio e l’Italia.

L’imperialismo moderno si differenzia da quello antico perché non rappresenta soltanto un espansionismo militare bensì un espansionismo in primo luogo economico, basato sulla conquista di territori da sfruttare e utilizzare economicamente, le colonie. L’imperialismo è una fase dello sviluppo del capitalismo, caratterizzando in modo peculiare l’economia dei Paesi imperialisti. Dal punto di vista globale l’imperialismo è un sistema basato sulla divisione tra un centro metropolitano, i Paesi imperialisti, e una periferia e una semiperiferia, entrambe sfruttate e oppresse dal centro.

Dal momento che dopo il 1945 è iniziato il processo di decolonizzazione e le ex colonie sono divenute stati indipendenti, si può parlare dell’esistenza di un imperialismo ancora oggi? Riteniamo di sì, ma con delle differenze. Quella di imperialismo rimane, quindi, una delle più importanti categorie di interpretazione della realtà. Per analizzare l’imperialismo attuale e definire le novità rispetto a quello della prima metà del Novecento dobbiamo partire da un testo che fu fondamentale nell’interpretazione dell’età degli imperi, “L’imperialismo. Fase suprema del capitalismo” di Lenin.