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disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del
profitto. - Alan Freeman
Dopo l’intervista a Domenico Moro, continuiamo con Alan Freeman, che ringraziamo per la disponibilità, le nostre interviste a economisti e lavoratori militanti sulla situazione che si va affermando a seguito della pandemia che ha investito il modo e soprattutto i paesi a conduzione liberista, molto più impreparati ad affrontare l’emergenza sanitaria. (Ascanio
Bernardeschi
per
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Alan Freeman, uno dei principali economisti della Greater London Authority ai tempi di Ken Livingstone, è stato docente universitario ed è uno dei massimi esponenti della scuola del Temporary Single System Interpretation (TSSI). Ha pubblicato, come autore e curatore, diversi libri sulla teoria del valore di Marx. Attualmente è condirettore del Geopolitical Economy Research Group e anche in tale veste è autore di diversi libri sui cambiamenti che stanno intervenendo a livello geopolitico. Le sue pubblicazioni si possono trovare qui.
La crisi del capitalismo ha come cause la questione ecologica, la natura dell’accumulazione capitalistica e le crescenti diseguaglianze fra nazioni. L’immissione di liquidità non può risolvere questi problemi. Serve il ritorno del protagonismo delle classi lavoratrici e una politica estera indipendente.
Domanda (D). Alan, la pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Noi riteniamo però che essa sia intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale e che pertanto non possa essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?Risposta (R). Tutte le crisi sono la conseguenza di una combinazione di cause. Il problema non è di utilizzare questo fatto ovvio in una maniera facile e superficiale per evitare decisioni difficili, come fanno molti commentatori, ma, per poter agire, di identificare in ciascuna crisi particolare quali cause particolari operano.
La crisi attuale nasce da tre processi interagenti tra di loro, che fino ad ora si sono evoluti in maniera semi autonoma e ora si sono combinati in un unico evento storico, portando al culmine la tendenza alla crisi che era già intrinseca a ciascuno di loro (cioè una sospensione incontrollata e insolitamente rapida della normalità). Con ciò è giunta a termine l'autonomia dei tre processi, con la conseguenza che anche la loro soluzione è interconnessa; vale a dire che non è più praticabile risolverne qualcuno indipendentemente dagli altri, sia pure per un periodo piuttosto breve.
Questi processi sono: la conseguenza ecologica del rapporto tra la società umana e le risorse naturali da cui essa dipende, la relazione tra accumulazione monetaria e produzione umana e le conseguenze dell'ordine politico mondiale postcoloniale, ma pur sempre imperialista.
L'erosione delle fondamenta su cui poggia ciascuno di questi processi è in atto dalla fine degli anni cinquanta, ma in tutti e tre in maniera combinata si è ormai raggiunto un "punto critico"; e questa è la natura della crisi attuale.
Cominciamo con il primo, cioè il
rapporto ecologico tra natura ed esseri umani. Nelle circostanze immediatamente scaturite dalla pandemia da COVID, esso si è agevolmente imposto su tutte le altre questioni; quindi metterlo al secondo o al terzo posto equivarrebbe a comportarsi come il proverbiale struzzo.