Da: "https://www.dialetticaefilosofia.it/" dedicato a Il marxismo italiano nella crisi degli anni Settanta, a cura di C. M. Fabiani. - Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!).
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L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala
La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni
La missione morale del Partito comunista - György Lukács
Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.
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sullo scritto di Ernesto Che Guevara "L'uomo e il socialismo a Cuba" - Alessandra Ciattini
Premessa
La prima difficoltà nell’affrontare il tema proposto nasce dalla articolata definizione della stessa
categoria di marxismo. Nel dibattito corrente si tende a distinguere tra (i) Marx come fondatore di
una teoria della storia che nasce dall’esperienza pratica e che è capace di conseguenze pratiche, (ii) il
marxismo, in generale, come tentativo di applicarla alla realtà con intenti trasformativi e (iii) i
marxismi, al plurale, come diversificate modalità attraverso le quali quel tentativo viene
concretizzato1
. Si discute anche di quanto i vari marxismi siano stati coerenti con l’impianto generale
della teoria di Marx, oggi in particolare alla luce delle novità emerse con la pubblicazione della nuova
edizione storico-critica2
. In via preliminare mi atterrò a questa articolazione, declinando quindi il tema
a partire da una possibile individuazione di quale fosse il peculiare marxismo che entrò in crisi negli
anni Settanta; poiché tuttavia caposaldo di questa impostazione è la mediata dialettica di teoria e
prassi, di movimento reale e sua trasposizione politica, ritengo necessaria una premessa storico-reale
e non meramente teorica. Le riflessioni qui proposte sono di carattere preliminare e da verificare in
studi più approfonditi.
§1. Il marxismo-leninismo del PCI e la sua evoluzione negli anni Settanta
Credo si debba partire dall'individuazione dei tratti caratterizzanti il marxismo-leninismo del PCI,
forma egemone di organizzazione pratica e politica in Italia, adattamento togliattiano di ispirazione
gramsciana della tradizione sovietica sul modello del Partito nuovo3. Procedendo in maniera
estremamente schematica e approssimativa, ritengo si possano individuare alcuni punti chiave:
1) la classe operaia come soggetto antagonista. L’idea della tendenziale polarizzazione sociale in
operai contro capitalisti;
2) l’alleanza con i contadini per la formazione del blocco storico;
3) il partito come soggetto organizzativo con una sua struttura centrale forte e una sua capillare
diffusione nella produzione e nella società civile;
4) proprietà e gestione statale della produzione come obiettivo di lungo termine in cui consisteva
la realizzazione del socialismo, più o meno sulla falsariga del modello sovietico; il concetto di
egemonia per la progressiva formazione di un senso comune comunista che andasse di pari passo
con le modifiche di struttura;
5) l’idea che la questione strutturale fosse risolta, nel senso che, come sostiene Gramsci nei
Quaderni, le premesse materiali fossero già poste. Da questo punto di vista la questione della
rivoluzione diventava squisitamente – o esclusivamente – sovrastrutturale.
Se questa sommaria schematizzazione può costituire un primo punto di partenza, che cosa ne resta
dopo i cambiamenti avvenuti nella dinamica del modo di produzione capitalistico dalla prima fase
del dopoguerra ad oggi?4