Da: https://ilgiornaledelriccio.com - Art. originale da CounterPounch - traduzione di Elena Dardano -
Andre Vltchek (29 dicembre 1963-22 settembre 2020) è stato un analista politico, giornalista e regista americano di origine sovietica. Vltchek è nato a Leningrado, ma in seguito è diventato cittadino americano naturalizzato dopo aver ottenuto asilo lì a vent'anni. Ha vissuto negli Stati Uniti, Cile, Perù, Messico, Vietnam, Samoa e Indonesia. Vltchek ha coperto i conflitti armati in Perù, Kashmir, Messico, Bosnia, Sri Lanka, Congo, India, Sud Africa, Timor orientale, Indonesia, Turchia e Medio Oriente. Ha viaggiato in più di 140 paesi, e ha scritto articoli per Der Spiegel , quotidiano giapponese The Asahi Shimbun , The Guardian , ABC News e il quotidiano della Repubblica Ceca Lidové novizio. Dal 2004, Vltchek ha lavorato come senior fellow presso l' Oakland Institute.
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Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.
Il primo: non si può schiavizzare un intero gruppo o un’intera etnia, almeno non per sempre. È impossibile spezzare l’ardente desiderio di esercitare le propria libertà e i propri diritti, non importa quanto brutalmente e frequentemente il colonialismo, l’imperialismo, il razzismo e il terrore religioso provano a farlo.
Il secondo messaggio ugualmente importante è che i bianchi e i cristiani (e ancora di più i cristiani bianchi) per secoli, ovunque nel mondo, si sono comportati come orde di bestie selvagge e maniaci genocidi.
A fine Aprile 2016, a bordo del jet della Cubana de Aviacion, che mi stava portando da Parigi a L’Avana, non ho resistito alla tentazione di accendere il computer e guardare di nuovo, forse per la decima volta in vita mia, La Ultima Cena.
Con Gutiérrez nello schermo, Granma Internacional (il giornale ufficiale cubano chiamato così dalla nave che portò Fidel, il Che e altri rivoluzionari a Cuba per dare l’avvio alla rivoluzione) e un bicchiere di autentico e puro rum sul tavolino, mi sentivo a casa, al sicuro e raggiante di felicità. Dopo diversi giorni tristemente trascorsi a Parigi, mi stavo finalmente lasciando alle spalle la grigia, sempre più deprimente, dispotica e auto compiacente Europa.
L’America Latina mi aspettava. Stava affrontando degli attacchi terribili organizzati dall’Occidente. Il suo futuro era ancora una volta incerto. “I nostri governi” stavano sanguinando, alcuni di loro collassando. Quello terrificante dell’ala di estrema destra guidato da Mauricio Macri in Argentina era completamente impegnato nello smantellare lo stato sociale. Il Brasile soffriva per il colpo di stato ad opera dei corrotti legislatori di destra. La rivoluzione bolivariana del Venezuela combatteva strenuamente per la propria sopravvivenza. Le forze sovversive conservatrici stavano affrontando sia l’Ecuador che la Bolivia.
Mi chiesero di andare. Mi dissero: “L’America Latina ha bisogno di te. Stiamo combattendo per la nostra sopravvivenza”. Ed eccomi lì, a bordo del Cubana, mentre andavo a casa, in quella parte del mondo che mi è sempre stata cara e mi ha modellato in quello che sono ora, un uomo e uno scrittore.
Andavo a casa perché lo volevo, ma anche perché era un mio dovere. E cavolo, io ci credo davvero nei doveri!
Dopotutto, non sono un anarchico, ma un Comunista, “istruito” e temprato in America Latina.
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Ma cosa intendo dire con “sono un Comunista”?
Sono un Leninista, Maoista, Trotskista? Appoggio il modello cinese o sovietico?
Sinceramente, non ne ho la minima idea! A dire la verità, queste sottigliezze non mi interessano molto.
Per come la vedo io, un vero Comunista è uno che combatte contro l’imperialismo, il razzismo, “l’eccezionalismo occidentale”, il colonialismo e il neo-colonialismo. Lui o lei è un convinto internazionalista, una persona che crede nell’uguaglianza e nella giustizia sociale per tutti i popoli della terra.
Lascio le questioni teoriche a chi ha tanto tempo a disposizione. Mai e poi mai rileggerei l’intero Das Kapital. É troppo lungo. Lo lessi a 16 anni. Penso che leggerlo una volta basti. Non è l’unico pilastro del Comunismo, né una sacra scrittura da citare costantemente.
Più che dal Das Kapital, sono stato influenzato da quello che ho visto in Africa, in Medio Oriente, in Asia e America Latina. Ho girato il mondo, sono stato in circa 160 Paesi. Ho vissuto in tutti i continenti. Ovunque andavo, ero testimone delle orribili razzie fatte dall’Occidente a danno del Pianeta e ancora in atto.
Ho visto l’Impero forzare gli Stati a delle bestiali guerre civili, innescate per far sì che le multinazionali potessero tranquillamente saccheggiare. Ho visto milioni di rifugiati provenienti da Paesi una volta orgogliosi e benestanti (almeno potenzialmente) rovinati dall’Occidente: rifugiati congolesi, rifugiati somali, rifugiati libanesi e siriani, rifugiati dall’Afghanistan. Ho visto condizioni disumane in fabbriche simili a inferni; ho visto mostruose aziende di sfruttamento, miniere e terre simili a villaggi feudali. Ho visto borgate e città di soli neri i cui abitanti si erano estinti, morti per la fame, la malattia o per entrambi.
Ho passato giorni e giorni ad ascoltare le scioccanti testimonianze di vittime torturate. Ho parlato a madri che avevano perso i loro bambini, a mogli che avevano perso i loro mariti, a mariti che avevano visto le proprie mogli e figlie stuprate davanti ai loro occhi.
E più vedevo cose, più ero testimone, più le storie che ascoltavo erano scioccanti; più mi sentivo obbligato a schierarmi, a combattere per quello che credo potrebbe essere un mondo migliore.
Ho scritto due libri riassuntivi di centinaia di storie di terrore commesse dall’Occidente: “Exposing Lies Of The Empire” e “Fighting Against Western Imperialism”.
Non mi preoccupa quanto sia stato sprezzante l’Impero nel ritrarre popoli ancora fedeli ai loro ideali e pronti a sacrificare tutto o quasi per combattere strenuamente in nome della giustizia.
Non ho paura di essere ridicolo. Ma sono terrorizzato all’idea di poter sprecare la mia vita se solo ponessi su un piedistallo l’egoismo, elevandolo al di sopra dei valori più alti in termini umanitari.
Credo che uno scrittore non possa essere “neutrale” o apolitico. Se lo è, è un codardo. O un bugiardo. Non per niente, alcuni tra i più grandi scrittori moderni erano comunisti: José Saramago, Eduardo Galeano, Pablo Neruda, Mo Yan, Gabriel García Márquez, per nominarne alcuni. Niente male come compagnia, niente affatto!
E credo anche che vivere e combattere per gli altri sia molto più soddisfacente che vivere solo per il proprio egoistico interesse e piacere.
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Ammiro Cuba per quello che ha fatto a favore dell’ umanità in circa sei decadi di rivoluzionaria esistenza. L’internazionalismo cubano è quello che ritengo sia il “mio comunismo”.
Cuba ha cuore, e fegato. Sa come combattere, come accogliere, come cantare e danzare, come non tradire i propri ideali.
É un modello? É perfetta? No, certo che non lo è. Ma non cerco la perfezione nei Paesi o nei popoli, né nelle rivoluzioni, se è per questo. La mia stessa vita è stata tutt’altro che perfetta. Ognuno di noi commette errori e prende decisioni sbagliate: Paesi, popoli, e anche rivoluzioni.
A dirla tutta, la perfezione mi inorridisce. É fredda, sterile, auto compiacente. Ascetica, puritana, quindi non umana, direi perversa. Non credo nei santi. E mi sento a disagio quando qualcuno pretende di esserlo. Sono queste piccole sviste e imperfezioni a rendere i popoli e i paesi così calorosi, così amabili, cosi umani.
L’intero corso della rivoluzione cubana non è stato mai perfetto, ma si è sempre basato sulle più profonde ed essenziali radici umane. E perfino quando Cuba stette per un po’ di tempo sola o quasi (come ho scritto io e come lo stesso Fidel ha da poco confermato nelle sue Riflessioni, fu la Cina che alla fine porse la sua poderosa mano fraterna), lei sanguinò, soffrì e tremò dal dolore provocato dagli innumerevoli tradimenti, ma mai si allontanò dalla sua strada, si mise in ginocchio, implorò o si arrese!
Ecco perché penso che i popoli e i Paesi vivranno. Non baratteranno i loro ideali con gingilli, l’amore con la sicurezza e i vantaggi, la dignità con ricompense ciniche e sporche di sangue. Patria no se vende, dicono a Cuba. Tradotto a grandi linee: “La madrepatria non si vende”. E anche io credo che l’umanità non dovrebbe mai essere messa in vendita, né tantomeno l’amore.
Ed ecco perché sono comunista!
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Tradire quello che noi esseri umani siamo realmente, o tradire i più poveri tra i poveri e i più vulnerabili tra di noi, credo sia molto più spaventoso che il suicidio, o la morte.
Una persona, una patria o una cultura che prospera basandosi sulla sofferenza degli altri è morta, e fortemente immorale.
L’Occidente ha fatto esattamente questo, per decadi e secoli. Si è mantenuto in vita ed è cresciuto tramite l’asservimento degli altri e l’usurpazione di tutto ciò che era sulla faccia della terra e nel suo interno.
Ha corrotto, moralmente e finanziariamente, milioni di persone nelle colonie e negli Stati sottomessi, trasformandoli in collaboratori sfacciati e rammolliti. Ha istruito, indottrinato e organizzato enormi eserciti di traditori per tutti i continenti, in quasi tutti gli angoli del mondo.
Il tradimento è l’arma più potente dell’Impero Occidentale, oltre all’oblio. L’Occidente trasforma gli esseri umani in prostitute e macellai e chi si oppone in prigionieri, schiavi e martiri. Pianifica bene l’addestramento: avvelena i sogni e getta nel fango gli ideali. Non lascia vivo niente di puro.
Le persone possono sognare solo attraverso gli hardware: gli iphone e i tablet, le macchine e le televisioni. Ma i messaggi sono vuoti, pieni di nichilismo, ripetitivi, futili. Le macchine oggi sono sempre più veloci, ma non c’è niente di così essenziale ad aspettare alla fine del viaggio. I telefoni hanno centinaia di funzioni e applicazioni, ma trasmettono sempre di più messaggi vacui. Le televisioni rigurgitano pubblicità negativa e intrattenimento intellettualmente tossico.
Tutto porta profitto alle grandi società. Tutto garantisce obbedienza. Tutto rafforza il regime. Ma per molti versi l’umanità sta diventando sempre più povera, mentre il pianeta è quasi ormai del tutto in sfacelo.
La bellezza è sostituta con immagini piene di sangue. La conoscenza è disprezzata, sostituita da pop primitivo. O confusa con quelle lauree o quei timbri di accettazione così apparentemente ufficiali rilasciati da quei centri di indottrinamento chiamati università: “Laureato: pronto a servire l’Impero!”.
È sparita la poesia, dalle librerie e dalla vita.
L’amore è modellato su immagini di cultura popolare, è ancorato a vecchi, soffocanti e datati dogmi cristiani.
È evidente che solo il comunismo è stato forte abbastanza a lungo nello sfidare la forza più potente e distruttiva del nostro pianeta: il colonialismo/imperialismo occidentale, serrato in un disgustoso e incestuoso matrimonio con la propria prole, le crudeli, feudali, capitaliste e religiose gang di elite locali, al fine di conquistare e rovinare tutti i Paesi del mondo.
Sia l’Impero sia i suoi schiavi stanno tradendo l’umanità. Stanno rovinando il pianeta, conducendolo a forza in uno stadio in cui tutto potrebbe diventare inabitabile. O dove la vita stessa potrebbe perdere il suo significato.
Per me, essere un vero comunista significa questo: essere impegnato in una lotta costante contro l’incessante stupro dell’intelligenza umana, dei corpi, della dignità, contro il saccheggio di risorse e della natura, contro l’egoismo e la conseguente vacuità intellettuale ed emotiva. Non mi importa sotto quale bandiera questo viene fatto: rossa con la falce e il martello o rossa con le stelle gialle. Mi vanno bene tutte, purché coloro che sventolano questi vessilli siano onesti e preoccupati del destino dell’uomo e del pianeta.
E fino a quando le persone continuano a chiamarsi comunisti, significa che sanno ancora sognare.
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La propaganda occidentale ci chiede: “Mostrateci una società comunista perfetta”.
Io rispondo: “Non esiste una società così. Gli esseri umani, abbiamo scoperto, sono incapaci di creare qualcosa di veramente perfetto. Per fortuna!”
Solo i fanatici religiosi aspirano alla “perfezione”. Gli uomini morirebbero di noia in un mondo perfetto.
La rivoluzione, quella comunista, è un viaggio, un processo. È un enorme, eroico tentativo di costruire un mondo migliore con le menti degli uomini, i muscoli, i cuori, la poesia, il coraggio. È un processo continuo, dove le persone danno più di quello che prendono e dove non c’è sacrificio, solo l’adempimento del proprio dovere nei confronti dell’essere umano.
Che Guevara disse: “I sacrifici non devono essere mostrati come una carta di identità. Non sono altro che l’adempimento dei propri impegni.”
Forse in Occidente è troppo tardi affinché questi concetti fioriscano. L’egoismo, il cinismo, l’avidità e l’indifferenza sono stati inculcati nel sub-inconscio della maggior parte delle persone. Forse è per questo che, nonostante i loro privilegi materiali e sociali, gli abitanti dell’Europa e del Nord America (ma anche del Giappone), sembrano essere così demoralizzati e avviliti. Vivono solo per se stessi, a spese degli altri. Vogliono sempre di più beni materiali e privilegi. Hanno perso la capacità di spiegare la propria condizione ma, probabilmente, nel profondo, sentono un vuoto, percependo intuitivamente che qualcosa è terribilmente sbagliato.
Ed è per questo che odiano il comunismo. È per questo che restano ancora attaccati alle menzogne auto compiacenti, agli imbrogli e ai dogmi a loro dispensati dalla propaganda di regime. Se i comunisti hanno ragione di conseguenza loro hanno torto. E loro sospettano di avere torto. Il comunismo rappresenta la loro cattiva coscienza e gli fa temere che un giorno l’insieme di menzogne possa essere rivelato.
La maggior parte delle persone in Occidente, anche coloro che sostengono di essere di sinistra, desiderano che il comunismo sparisca. Vogliono denigrarlo, coprirlo di fango, portarlo “al loro livello”. Vogliono imbavagliarlo. Stanno disperatamente cercando di convincere se stessi che il comunismo sbaglia. Altrimenti, la responsabilità di centinaia di milioni di vite li perseguiterà incessantemente. Altrimenti, dovranno ascoltare e forse accettare che i privilegi degli Europei e dei Nord Americani sono stati costruiti su crimini spaventosi a danno dell’umanità. Altrimenti, dovranno essere forzati, a livello morale, a smantellare i loro benefici (qualcosa di veramente impensabile data la mentalità della cultura occidentale).
Le recenti prese di posizione della maggior parte degli Europei contro i rifugiati provenienti da quei paesi destabilizzati dall’Occidente, mostrano chiaramente quanto esso sia morto moralmente. È incapace di formulare i giudizi etici basilari. La sua capacità di pensare razionalmente è ormai collassata.
Ma l’Occidente continua a governare il mondo. O più precisamente, gli taglia le braccia, portandolo verso il disastro.
La logica dell’imperialismo occidentale è semplice: “Saccheggiamo e deprediamo solo perché, se non lo facessimo, altri ci penserebbero! Siamo tutti uguali. Non possiamo evitarlo. Quello che facciamo è essenziale per la natura umana”.
Non è vero. Sono tutte fesserie. Ho visto persone comportarsi meglio, molto meglio di così, quasi ovunque al di fuori del mondo occidentale e delle sue colonie. Perfino quando riescono a liberarsi per qualche anno dalle torture e dalle prigioni (dell’Impero), si comportano molto meglio. Ma di solito non gli è permesso sgattaiolare troppo a lungo. L’Impero punisce con forza quelli che si permettono di anelare alla libertà. Organizza colpi di stato contro i governi ribelli, destabilizza l’economia, sostiene l’opposizione o invade direttamente questi Paesi.
È chiaro a tutti coloro ancora capaci e disposti a vedere che, se il malvagio Impero Occidentale collassasse, gli uomini vorrebbero e sarebbero capaci di costruire delle grandi società egualitarie e compassionevoli.
Credo che questa non sia la fine. Le persone si stanno svegliando dall’indottrinamento e dall’oblio. Si stanno creando delle nuove alleanze anti-imperialiste. Il 2016 non è il 1996, quando era caduta ogni speranza.
Si è avviata una battaglia, quella per la sopravvivenza della specie umana.
Non è una tipica guerra fatta di pallottole e missili. È una guerra di energie e ideali, sogni e informazione.
Prima di morire, il grande scrittore e rivoluzionario uruguaiano Eduardo Galeano mi disse: “Presto arriverà il momento, e il mondo sventolerà di nuovo i vecchi vessilli!”.
Sta succedendo ora! In America Latina, in Africa, in Asia, in quasi tutte le parti dell’ex Unione Sovietica, in Cina, le persone chiedono più comunismo, non meno. Non sempre lo chiamano con il suo nome, ma desiderano ardentemente ciò che rappresenta: libertà, solidarietà, passione, fervore, coraggio nel cambiare il mondo, uguaglianza, giustizia, internazionalismo.
Non ho dubbi sul fatto che vinceremo. Sospetto però che prima di riuscire a farlo, l’Impero annegherà tutti i continenti con il sangue. Il desiderio degli occidentali di governare e controllare è patologico. Sono pronti ad uccidere milioni di coloro che non sono disposti a cadere ai loro piedi. Hanno già ucciso milioni di persone lungo i secoli. E ne sacrificheranno altrettanto.
Ma questa volta verranno fermati.
Io ci credo, e spalla a spalla con gli altri, lavoro giorno e notte affinché questo accada.
Perché è un mio dovere.
Perché io sono comunista!
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