sabato 14 agosto 2021

Agamben e Cacciari sul green pass. Tu chiamale se vuoi "argomentazioni" - Giovanni Boniolo

Da: https://www.scienzainrete.it - Giovanni Boniolo (laurea in Fisica e in Filosofia) ha la cattedra di Filosofia della scienza e Medical Humanities (Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione, Università di Ferrara).

Leggi anche: Il filosofo democratico - José Luis Villacañas


Il filosofo Giovanni Boniolo si diverte a scrivere una "nota" all'ormai famosa "nota" che Massimo Cacciari e Giorgio Agamben (a sinistra e a destra nella foto) hanno scritto a proposito del Green Pass, in cui si adombra l'avanzare di una pericolosissima dittatura sanitaria. Ma lo stesso allora si potrebbe dire per la patente, e per l'infinità di altri documenti. che ci portiamo appresso per accedere a un serie di servizi. 


Ho letto, con atteggiamento poco atarassico – devo ammetterlo –, nel sito dell’Istituto italiano per gli Studi Filosofici la nota del 26 luglio sul decreto “green pass” scritta da due noti intellettuali italiani: uno, Giorgio Agamben, con un seguito anche internazionale; l’altro, Massimo Cacciari, molto più italico. Li apprezzo entrambi. Agamben – lo ammetto – mi crea qualche difficoltà di lettura (più di quando ho studiato e lavorato sulla kantiana deduzione trascendentale o sugli spazi di Hilbert della meccanica quantistica), abituato come sono a cercare passaggi inferenziali fra due enunciati. Tuttavia, alla fine (e tralasciando per carità interpretativa la tradizione “secunda Petri”) un’idea me la faccio di che vuol dire. Cacciari l’ho sempre letto con piacere, soprattutto per questo suo vezzo di impreziosire il testo con termini tedeschi. L’ho letto con piacere a partire da quel suo libro divulgativo di storia della filosofia che era Krisis. Un testo interessante, seppur avulso dal dibattito internazionale dell’epoca e con qualche amenità di troppo su Wittgenstein e la matematica. Ma questa era l’Italia.

Veniamo alla mia nota sulla loro nota (non esattamente nel senso di “nota notae est nota rei ipsius”). Che è, quest’ultima? Un’invettiva, una presa di posizione polemica, un voler esemplificare come non si fa filosofia, altro? Loro si dicono, e sono detti, filosofi e/o storici della filosofia e questo genera in me la precomprensione ermeneutica che scrivano come tali, ossia che portino argomenti corretti e non fallacie, ma – soprattutto – che parlino di ciò che sanno (come non solo i filosofi dovrebbero fare, ovviamente).

giovedì 12 agosto 2021

Il filosofo democratico - José Luis Villacañas

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico) - Questo testo è stato pubblicato in spagnolo sul quotidiano “Levante” il 23 marzo 2020. La traduzione italiana è di Alessandro Volpi. - José Luis Villacañas (Universidad Complutense de Madrid) è un professore, filosofo politico, storico della filosofia e storico delle idee politiche, concetti e mentalità spagnola.
Epidemie, storia, capitalismo. Passi indietro e passi avanti. - Roberto Fineschi
I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani 
Lo Stato, il Pubblico, il Comune: tre concetti alla prova della crisi sanitaria - Etienne Balibar


Nella rete si rincorrono le critiche: dove sono i filosofi? I giornali titolano: “una crisi priva di bussola”, come se fossimo senza una rotta perché i filosofi non riescono a tracciarla. Questi ammonimenti devono aver infastidito qualcuno,  che  quindi  si è  lanciato in  diagnosi  e  pronostici.  Complessivamente, tanto gli uni come gli altri sono autoaffermativi. I filosofi sono troppo raffinati per assumere un atteggiamento paternalistico e proclamare “ve lo avevo detto”. Ma, anche se in una maniera più raffinata, ognuno ci vuole far pensare che la realtà gli dà ragione. È una forma speciale di godimento. Per molti anni, in solitudine, hanno assemblatole proprie costruzioni mentali. Ora si tratta di una cosa diversa. La realtà, finalmente, si piega davanti all’onnipotenza del loro pensiero. 

E qui prende avvio un moto circolare. Così come ciò che uno ha pensato lungo  quaranta  anni  deve  inevitabilmente  essere  eterodosso,  e  presumibilmente strampalato, ancor di più lo sarà questo momento glorioso, in cui qualcuno  crede che la realtà gli stia dando ragione. Così che i loro  interventi di fronte alla  crisi,  dettati  da  questa  attitudine,  non  possono  coincidere  con l’esperienza generale, né con il senso comune. Le loro dichiarazioni sono quindi necessariamente accolte dalla maggioranza dei lettori con un intenso scetticismo. E dato che, inoltre, saranno propensi ad approfittare della situazione per rinnovare antiche polemiche con altri colleghi, subito si invischieranno in dibattiti che saranno comprensibili solo ai più prossimi. 

Di solito, quando la situazione è normale, le loro trovate ci fanno evadere dalla noia e i loro complessi ragionamenti soddisfano la necessità del nostro permanente attivismo neuronale. Ma quando la realtà si impone, e reclama la nostra attenzione, cioè quando non ci stiamo annoiando, l’invito ad introdurci nell’intricato mondo dei loro giochi ingegnosi viene di solito ricevuto con un giustificato disprezzo che può arrivare fino alla noia e all’avversione. 

martedì 10 agosto 2021

Per una storia della nozione di “sostanza” - Filippo Mignini

Da: AccademiaIISF - Filippo Mignini è professore emerito di Storia della filosofia nell'Università di Macerata. Studioso della filosofia moderna, con particolare riferimento al periodo che va da Cusano a Leibniz, è noto per i suoi studi su Spinoza.
 
 Prima parte - Cusano, Bruno, Cartesio, Spinoza:
                                                                               

Seconda parte - Telesio, Campanella, Bacone, Hobbes. https://www.youtube.com/watch?v=l6fq9ULf9qw 

Terza parte - Leibniz, Locke, Hume, Kant. https://www.youtube.com/watch?v=6JfoY0QjNwE 

sabato 7 agosto 2021

"La psicoanalisi e la guerra" (Sigmund Freud - Franco Fornari) - Antonio Gargano

Da: AccademiaIISF - Antonio Gargano è un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor Orsola Benincasa", Scienze della Formazione. 



                                                                              

giovedì 5 agosto 2021

Una recensione del libro di Bellofiore "Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica" - Giorgio Rodano

Da: https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17521 

Giorgio Rodano, Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma "La Sapienza", dove è stato titolare dell'insegnamento di Economia Politica e ha l'affidamento dell'insegnamento di Politica Monetaria. Dal 2009 è titolare degli insegnamenti di Istituzioni di Economia e di Macroeconomia presso il Corso di Laurea di Ingegneria gestionale della Facoltà di Ingegneria dell'informazione dell'università "Sapienza" di Roma. È socio della Società Italiana degli economisti e della American Economic Association. È consulente scientifico per i libri di economia per le case editrici Laterza e Carocci.

Vedi anche: Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore 

Quale attualità di Claudio Napoleoni: il contributo di Politica Economica

Leggi anche: Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

Pensare il proprio tempo. Ateismo positivo e uscita dal capitalismo in Claudio Napoleoni e Franco Rodano. - Riccardo Bellofiore - 



Bellofiore R. (2020), Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Torino: Rosenberg & Sellier


Complimenti a Moneta & credito, e a Carlo D'Ippoliti, che hanno scelto Giorgio Rodano come recensore del mio ultimo libro. Non avevo proprio idea di come lo avrebbe "letto", e ne ero proprio curioso.

Giorgio recensì nel 1992 il mio primo libro (*La passione della ragione. Scienza economica e teoria critica in Claudio Napoleoni*, Unicopli, Milano 1991, libro che costruì nei due anni precedenti perché me lo chiese Marzio Zanantoni) [1]. La sua recensione di quel libro - che uscì su Economia e politica, nell'agosto 1992 - sta per me nella Top 3 con quelle di Marcelo Messori e Roberto Finelli, entrambe davvero molto attente. Erano due autori che conoscevano bene il mio percorso: con Marcello avevo condiviso quasi tutto sino al 1985, e da Roberto passavo regolarmente a discutere, ospitato in via del Paradiso per tutto quel decennio.

Ma, per dirla tutta, quella di Giorgio stava al primo posto, forse proprio perché era scritta da più "distante" - e continuo a pensare che "sopprimere la distanza uccide". Il perché mi piacesse molto lo si capisce appunto dalle righe finali, queste:

«La ricostruzione di Bellofiore [delle varie fasi del pensiero di Napoleoni] è accurata, documentata e spesso illuminante, anche se è chiaro che non sempre la sua interpretazione mi convince. Bellofiore ha le sue idee, ed è inevitabile che esse ne influenzino la ricostruzione del pensiero di Napoleoni. Oltretutto, in più di un punto esse non collimano con quelle del suo maestro. Perciò non si limita a ricostruirne il pensiero; lo sottopone anche a una attenta riflessione critica. Tuttavia Bellofiore ha cura di distinguere chiaramente, in ogni capitolo, le parti in cui ricostruisce il pensiero di Napoleoni da quelle in cui presenta il suo pensiero al riguardo. E anche questa è una qualità che rende decisamente apprezzabile il suo lavoro.»

È uno stile a cui ho cercato di restare fedele, chiunque fosse l'autore o la corrente di cui scrivevo, anche quando in fondo parlavo di me. Credo che questo (il fare teoria quando si faceva storia) si applichi anche a Napoleoni, con meno attenzione forse alla distanza nel suo caso (il che rischia di creare cortocircuiti). E dovrebbe stare, a me pare, nell'abc del metodo di fare "storia a ritroso".

Questa volta, quasi trent'anni dopo (quando siamo ormai *quasi* coetanei), Giorgio chiude la sua lunga recensione così:

domenica 1 agosto 2021

Cuba resiste - Frei Betto

Da: http://www.cubadebate.cu - Carlos Alberto Libânio Christo. Conosciuto come Frei Betto. frate domenicano. conosciuto a livello internazionale come teologo della liberazione.

Leggi anche: "ORA BASTA" - Gianni Minà

INTERROGATIVI SULLA TRANSIZIONE CUBANA - Alessandra Ciattini



Pochi ignorano la mia solidarietà alla Rivoluzione cubana. Da 40 anni visito spesso l'isola per impegni di lavoro e inviti ad eventi. Per lungo tempo ho mediato nella ripresa del dialogo tra i vescovi cattolici e il governo cubano, come descritto nei miei libri 'Fidel e la religione' (Fontanar / Companhia das Letras) e 'Lost Paradise - Viajes al mundo socialista' ( Rocco).

Conosco in dettaglio la vita quotidiana cubana, comprese le difficoltà incontrate dalla popolazione, le sfide alla Rivoluzione, le critiche degli intellettuali e degli artisti del paese. Ho visitato le carceri, ho parlato con gli oppositori della Rivoluzione, ho vissuto con preti cubani e laici contrari al socialismo.

Quando mi dicono, (da) brasiliano, che a Cuba non c'è democrazia, scendo dall'astrazione delle parole alla realtà.

Quante foto o notizie si sono viste o si vedono di cubani in miseria, mendicanti sparsi sui marciapiedi, bambini abbandonati per strada, famiglie sotto i viadotti? Qualcosa di simile alla cracolândia, alle milizie, alle lunghe file di pazienti che aspettano anni per essere curati in un ospedale?

Avverto amici: se siete ricchi in Brasile e andate a vivere a Cuba, conoscerete l'inferno. Non potrai cambiare auto ogni anno, acquistare abiti firmati, viaggiare spesso in vacanza all'estero.

E, soprattutto, non potrai sfruttare il lavoro degli altri, tenere nell'ignoranza i dipendenti, essere 'orgoglioso' di María, la tua cuoca da 20 anni, e negarle l'accesso alla propria casa, alla scuola e alla salute.

Se appartieni alla classe media, preparati a vivere il purgatorio. Nonostante Cuba non sia più un'azienda statale, la burocrazia persiste, bisogna avere pazienza nelle code dei mercati, molti prodotti disponibili questo mese potrebbero non essere trovati il ​​mese prossimo a causa dell'incongruenza delle importazioni.

venerdì 30 luglio 2021

"La fine dell'uomo eurocentrico e delle sue immagini ideali" - Carlo Sini

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Carlo Sini è un filosofo italiano. Laureatosi in Filosofia, dopo aver conseguito l’abilitazione inizia ad insegnare all'Università degli Studi dell'Aquila per poi ricoprire la cattedra di Filosofia teoretica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, dove ha anche svolto per un triennio la funzione di Preside di facoltà.

Leggi anche: Il significato dell’uomo in Marx e in Husserl - Enzo Paci 

Danaro, lavoro, macchine in Hegel - Remo Bodei


                                                                             

mercoledì 28 luglio 2021

"Avete reso l'Università un'azienda...". Il discorso di tre neodiplomate alla Scuola Normale di Pisa



                                                                         

9 Luglio 2021, durante la cerimonia di consegna dei diplomi alla Scuola Normale di Pisa, tre studentesse (Virginia Magnaghi, Virginia Grossi, Valeria Spacciante) contestano "la retorica dell’eccellenza e della meritocrazia". 

"Di università e precarietà Abbiamo scritto il nostro testo in dieci, su per giù, e abbiamo provato a metterci tutti i nostri pensieri, buttandoli giù, ordinandoli, sistemandoli, riscrivendoli per l'ennesima volta. Non ci aspettavamo l'eco di questi giorni, ma soprattutto non ci aspettavamo il numero incredibile di storie che ci sono arrivate: a volte incoraggianti, a volte commoventi, a volte dolorose. Noi siamo solo pochi fortunati, che hanno avuto un palco privilegiato, ma le voci sono molte di più. Continuiamo a parlarne!"  

"Entrare alla Scuola Normale è stata senza dubbio la più grande fortuna dei miei anni fin qui, e se oggi sono una persona che si piace solo un pochino di più è per merito di quello che mi hanno insegnato le compagne e i compagni che ho incontrato. Un tratto del percorso è finito in questo modo, con questi quindici minuti: in questo testo ci siamo messi dentro tutti noi — al primo posto, ben evidente e dichiarato, ciò che ci fa paura e ciò che ci fa orrore. Scriverlo tutte e tutti insieme è stata solo la più recente lezione che ho imparato da loro; leggerlo con Valeria e Virginia il più recente regalo". 

"Pensieri su dove e come abbiamo studiato, vissuto, interagito, su quello che vogliamo e quello che non vogliamo per l'Università, per i nostri mestieri, per le nostre vite personali. Dopo 7 anni, ci stava. Lavorare a tante mani, a tante menti per mettere ordine in tutto questo è stata una bellissima appendice a questi anni pisani". 

martedì 27 luglio 2021

ANTONIO LABRIOLA, primo strappo in direzione del marxismo. - Aldo Garzia

Da: www.ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/aldo.garzia. - Aldo Garzia, giornalista, ha lavorato tra l’altro nelle redazioni di "Pace e guerra" e "il manifesto". Ha diretto le riviste "Aprile" e "Palomar". Ha fatto parte dell'Associazione stampa parlamentare e ha collaborato con l'agenzia Askanews. Ha pubblicato numerosi volumi su Cuba, dove è stato corrispondente per alcune agenzie alla fine degli anni 80. I suoi ultimi libri sono: "Zapatero. Il socialismo dei cittadini" (Feltrinelli, 2006), "Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo" (Editori Riuniti, 2007); "Ingmar Bergman, The Genius" (Editori Riuniti, 2011) 

Leggi anche: Da Labriola a Gramsci, quel marxismo che ha saputo essere originale. - Marcello Mustè

Del materialismo storico - Antonio Labriola -

CENNI STORICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA - Stefano Garroni -

Vedi anche: MARX dopo MARX, da Engels a Labriola.* - Renato Caputo 



ANTONIO LABRIOLA, IL CAPOSTIPITE DEL MARXISMO ITALIANO. 

Delle idee e degli scritti di Antonio Labriola (1843-1903) si discute attualmente poco. Non è stato sempre così. Basti citare saggi e libri di Eugenio Garin, Nicola Badaloni e Cesare Luporini, tre studiosi storici della sinistra italiana del dopoguerra (fanno scuola l’introduzione del primo all’edizione di La concezione materialistica della storia e il volume di Badaloni Antonio Labriola nella cultura europea dell’ottocento, editi entrambi da Laterza). Nel 2018, la ricerca l’ha riproposta Marcello Musté in Marxismo e filosofia della prassi: da Labriola a Gramsci (Viella). 

Del resto non poteva che essere così in quanto Labriola rappresenta il primo strappo in direzione marxista nella cultura italiana. A lui si deve infatti l’introduzione in Italia non dell’ispirazione politica socialista (il Partito socialista era stato fondato nel 1892), bensì del marxismo come metodo e riferimento teorici. È lui che opera la prima rottura nella tradizione idealista e storicista italiana. È sempre a lui si deve la prima traduzione in italiano de Il Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels. Il ruolo di capostipite del marxismo italiano glielo riconoscono anche Croce, che fu allievo di Labriola frequentando i suoi corsi di Filosofia morale all’università di Roma, e Antonio Gramsci. 



È una bella sorpresa la versione critica e accuratissima di Del materialismo storico dilucidazione preliminare di Antonio Labriola (a cura di Davide Bondi e Luigi Punzo, pp. 267, euro 40), per Bibliopolis, editore napoletano di filosofia e scienza che dal 2004 si sta occupando della riedizione delle opere dell’autore per permetterne la rilettura. 

Pubblicazione accuratissima perché alla prima stesura seguono filologicamente le altre con introduzioni, note e correzioni diverse fino all’ultima. Il che dà la possibilità al lettore e allo studioso di analizzare lo sviluppo conseguente del pensiero di Labriola.

domenica 25 luglio 2021

Il “nuovo” Marx di Roberto Fineschi - Giovanni Sgrò

 Da: https://www.marxismo-oggi.it -  Giovanni Sgro'  è professore associato di “Storia della filosofia” presso l’Università eCampus di Novedrate.

Vedi anche: Per un nuovo Marx - Giovanni Sgrò, Roberto Fineschi

Leggi anche: Sul cosiddetto «Capitolo sesto inedito» di Karl Marx. Appunti di lettura e considerazioni critiche*- Giovanni Sgrò 

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi


Il profilo di biografia intellettuale di Marx a firma di Roberto Fineschi (Marx, Brescia, Scholé, 2021, 183 pp., ISBN 978-88-284-0296-1) si presenta esteriormente come un volumetto agile e “leggero” ma, già a una prima lettura, si rivela essere una miniera di spunti critici e di proposte ermeneutiche, in cui si condensa un confronto più che ventennale con l’opera di Marx e con la relativa letteratura critica.

    Alla base di questo così come di tutti gli altri lavori di Fineschi vi è quel «fondamentale passaggio storico-esegetico» (p. 13) rappresentato dalla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels in lingua tedesca, la Marx-Engels-Gesamtausgabe, di cui Fineschi stesso è stato ed è in Italia uno dei maggiori conoscitori e “divulgatori”.

       In quel «corpus vasto e multiforme» che è l’opera di Marx, caratterizzata da «fasi, stili e intenti molto diversi», Fineschi ha individuato ‒ correttamente ‒ uno «snodo fondamentale» (p. 13) nell’anno 1857, vero e proprio “punto di non ritorno” nella produzione teorica marxiana, anno in cui Marx incomincia per la prima volta a esporre in modo autonomo e organico quel progetto di critica dell’economia politica che lo ha impegnato ‒ tra letture, estratti, manoscritti, tentativi di pubblicazione ed edizioni a stampa ‒ per tutta la vita.

    A partire dall’assunto del 1857 come “punto di svolta” nella parabola intellettuale di Marx, Fineschi articola la sua esposizione in due parti: un primo capitolo dedicato alla formazione teorica di Marx fino alla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento (pp. 15-46) e un secondo ampio capitolo dedicato alla «costruzione della teoria del capitale» (pp. 47-112), in cui, dopo aver brevemente presentato lo “stato delle fonti”, ovvero tutti i manoscritti “economici” e le edizioni a stampa di cui disponiamo (pp. 47-54), analizza dettagliatamente ‒ anche se non in misura uniforme ‒ i tre libri de Il capitale (pp. 55-112). Completano il volume una sezione (pp. 113-146) dedicata all’approfondimento teorico di alcuni concetti chiave (materialismo storico/materialismo dialettico, lotta di classe/rivoluzione, comunismo, metodo dialettico, alienazione e feticismo della merce, valore-lavoro e trasformazione) e una breve storia della ricezione dell’opera di Marx nel Novecento (pp. 147-170).

giovedì 22 luglio 2021

Spazi virtuali - Juan Carlos De Martin

Da: AccademiaIISF - Juan Carlos De Martin è professore ordinario di ingegneria informatica al Politecnico di Torino e Vice Rettore per la cultura e la comunicazione. È titolare del corso "Tecnologie digitali e società" e co-dirige, con Marco Ricolfi (Università di Torino), il Centro Nexa su Internet e Società. Dal 2011 è associato al Berkman Klein Center della Harvard University. E' membro del consiglio scientifico dell’Enciclopedia Treccani e del comitato d'indirizzo di Biennale Democrazia. Dal 2014 al 2018 è stato membro della Commissione per i diritti e i doveri in internet istituita dalla Presidente della Camera dei Deputati. E' membro dell'IEEE - Institute of Electrical and Electronic Engineers ed è autore di oltre 120 articoli scientifici, capitoli di libri e brevetti internazionali. De Martin è stato - insieme a Luca De Biase - il curatore scientifico del Festival della Tecnologia del 2019 e della prima edizione di Biennale Tecnologia (2020). E' autore del libro Università futura – tra democrazia e bit e ha curato, insieme a Dulong de Rosnay, il libro The Digital Public Domain: Foundations for an Open Culture. 


Primo incontro: 

                                                                            



lunedì 19 luglio 2021

SULLA RIVOLTA PALESTINESE - Cinzia Nachira

Da: http://rproject.it - CINZIA NACHIRA, è un membro dell'organizzazione italiana Sinistra Critica e un'attivista di lunga data del movimento di solidarietà con la Palestina. 

Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini
Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri
PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
La definizione di antisemitismo dell’IHRA - Ugo Giannangeli
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
RELIGIONE, FONDAMENTALISMI, VIOLENZA* - Alessandra Ciattini
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi 


Lo scoppio della nuova ondata di rivolta in Palestina/Israele negli ultimi dieci giorni dello scorso aprile è qualcosa di diverso da ciò cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.

Questa volta la rivolta rimette al centro dell’attenzione il cuore stesso del problema palestinese: l’espulsione dei palestinesi. Dal quartiere di Sheikh Jarrah alla Spianata delle Moschee e non viceversa è la strada percorsa. Questo è il vero elemento di novità e di speranza. Da molte settimane prima che noi ce ne accorgessimo nelle città miste di Israele bande scatenate di ebrei israeliani ultraortodossi e ultraconservatori si rendevano protagoniste di vere e proprie spedizioni punitive nelle zone delle città abitate dai palestinesi israeliani al grido di “Morte agli arabi!” a cui questi ultimi rispondevano con altrettanti attacchi; producendo un livello di scontro inedito per l’intensità.

In pochi giorni il groviglio di discriminazione e spoliazione in cui vivono i palestinesi israeliani è venuto al pettine svelando una elementare verità: il “conflitto” israeliano palestinese non è religioso, ma territoriale. Gerusalemme è al centro di questo non solo come cuore religioso dell’Islam ma come città la cui origine araba e palestinese non può che essere negata dal sionismo che come progetto coloniale si è potuto realizzare esclusivamente grazie all’espulsione di massa degli abitanti autoctoni. Questi ultimi, come diceva Maxime Rodinson, quando il sionismo si affermava come movimento colonialista di stampo occidentale alla fine del XIX, facevano in qualche modo parte del panorama delle terre di conquista, ma restavano per i colonizzatori sullo sfondo: ostacoli facilmente eliminabili sulla via della conquista.

giovedì 15 luglio 2021

"ORA BASTA" - Gianni Minà

Da: http://www.giannimina.it - Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.

Leggi anche: A DIEGO - Gianni Minà 

INTERROGATIVI SULLA TRANSIZIONE CUBANA - Alessandra Ciattini

Sessant’anni e 12 presidenti fa, scattava l’embargo nordamericano a Cuba. Obama, nel dicembre 2014, dichiarò: “Abbiamo fallito, non abbiamo piegato Cuba. E’ ora di cambiare”.

I cubani avevano dimostrato, in tutti questi anni, dopo aggressioni subite, contrarietà e sacrifici, di voler rimanere fedeli ai loro ideali di indipendenza e giustizia sociale, secondo un modello economico socialista. Cuba non solo non è collassata, ma ha dimostrato come l’embargo economico a un popolo è una delle forme di pressione “diplomatica” tra le più crudeli mai conosciute.

Cuba è sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale, sia a quello del neoliberismo reale, le cui storture, la miseria, la violenza sono state risparmiate a questo popolo, nonostante le difficoltà oggettive di chi vive sempre più asserragliato e praticamente alla fame.

I cubani in tutto questo tempo hanno dimostrato che non hanno vissuto in un “gulag tropicale” come i media hanno sempre voluto descrivere questa piccola isola in maniera capziosa: non si sopravvive alla crudezza del periodo speciale, con turisti che vanno e vengono, senza un consenso di massa che non è basato sulla repressione.

Né gli Usa hanno mai voluto riconoscere la Rivoluzione e il suo corso storico.

La diplomazia nordamericana è costruita anche di termini usati come bastoni: per loro dittatura è tutto ciò che è diverso dalla loro ideologia neoliberale, il concetto guevariano dell’hombre nuevo, dell’uomo al centro, una forma diversa dello Stato e soprattutto il concetto di democrazia e di autodeterminazione sono quasi spazzate via dall’odio verso tutto ciò che “puzza” di comunismo.

Gli Stati Uniti hanno sempre tentato di gettare fango sulla reputazione di questa piccola Isola che non ha nessuna ricchezza, né materie prime su cui fare affidamento, ma solo la potenza della propria cultura e delle proprie idee: un prestigio “morale” che tutte le nazioni povere, tutti i popoli del Terzo Mondo riconoscono a Cuba.

lunedì 12 luglio 2021

Lo smart working sopravviverà alla pandemia? - Domenico Laise

https://www.lacittafutura.it - Domenico Laise è stato Professore Associato di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Collabora con https://www.unigramsci.it 

Cos’è lo smart working? È una formula organizzativa che i capitalisti utilizzano per accrescere lo sfruttamento dei lavoratori (plusvalore). È la finalizzazione dello smart working allo sfruttamento del lavoro che va combattuta e non la formula dello smart working in quanto tale.



In questa nota si sosterrà che ci sono validi motivi per ritenere che lo smart working sopravvivrà oltre il tempo della pandemia. Esso, è, infatti, uno strumento a disposizione dei capitalisti per “destrutturare, frammentare e atomizzare” la residua  resistenza della classe dei lavoratori proletari, nella lotta per la difesa delle conquiste che essi hanno realizzato nel passato [1].

La pandemia, dovuta al virus Covid-19, ha incentivato il ricorso allo smart working. Ciò, come è noto, è dipeso, principalmente, dal fatto che lo smart working può essere svolto senza vincoli stringenti di spazio e di tempo, permettendo il distanziamento richiesto per ridurre il rischio di contagio. 

Ora, all’interno della disputa sui vantaggi e gli svantaggi dello smart working ci si domanda: “dopo la fine della pandemia lo smart working continuerà a svilupparsi oppure ritornerà ad essere un fenomeno relativamente marginale come nel passato?”

Per dare una risposta a questo quesito, bisogna analizzare nel dettaglio la natura dello smart working [2].

giovedì 8 luglio 2021

Hegel e il capitalismo - Costanzo Preve

Da: Diego Fusaro - Costanzo Preve è stato un filosofo, saggista, insegnante e politologo italiano.


                                                   Prima parte:
                                                                           

A seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=PC97Vql5yI4 

mercoledì 7 luglio 2021

Salute mentale, turbolenze a nord-est - Federica Sgorbissa

 Da: https://www.lescienze.it 

Le modalità e l'esito di un concorso per la direzione del Centro di salute mentale di Trieste che fu già di Franco Basaglia, il “padre" della legge 180 che portò alla chiusura dei manicomi, hanno scatenato un'aspra polemica. C’è chi teme un attacco al modello che dirige la gestione della salute mentale in Italia e che rappresenta un punto di riferimento globale. 


Se in questi giorni vi è capitato di vedere citato con toni allarmanti il capoluogo del Friuli-Venezia Giulia, Trieste, addirittura sulle pagine di qualche quotidiano britannico (An unfolding nightmare, un incubo che si svela, titola “The Independent”) vi sarete chiesti che cosa stia capitando in questo lembo periferico del nostro paese. No, la bora non c’entra, questa volta la protagonista è un’altra specialità triestina: la salute mentale.

La vicenda in breve. Siamo alla fine di maggio: al concorso per la nomina del direttore del Centro di salute mentale (CSM) 1 di Trieste (noto ai locali come quello di “Barcola”, forse questo nome vi risuona) la prova orale ribalta l’iniziale graduatoria per curriculum dei tre candidati finali, mandando all’ultimo posto quello che era il primo e viceversa. Il 9 giugno viene confermata la nomina del primo in graduatoria, il medico Pierfranco Trincas, proveniente dai servizi di salute mentale di Cagliari, psichiatra con una specializzazione in ambito criminologico (così nel suo curriculum), che supera gli altri due candidati, ovvero Fabio Lucchi, che ha lavorato agli Spedali civili di Brescia, e Mario Colucci, da trent’anni al servizio del Dipartimento di salute mentale (DSM) di Trieste, un basagliano doc, per così dire.

Per la prima volta negli ultimi quarant’anni questa posizione sarà occupata da un medico che non fa capo alla tradizione triestina, quella inaugurata dallo psichiatra veneziano Franco Basaglia, autore della legge 180, che dal 1979 regola e dirige la gestione della salute mentale italiana. Subito divampa un'aspra polemica che si condensa in una lettera pubblicata (a più riprese) sulle pagine del quotidiano locale, “Il Piccolo”, firmata da alcuni ex direttori del DSM del Friuli-Venezia Giulia e da un gran numero di medici e personalità, nazionali e internazionali, in cui si denuncia un attacco al sistema della gestione della salute mentale. Da questa azione scaturisce anche una petizione internazionale on line da titolo “Save Trieste’s mental health system”. La vicenda approda anche fra le news del "British Medical Journal" (BMJ), oltre che, come già detto, su “The Independent”, complice il grande numero di medici e psichiatri britannici fra i firmatari della petizione.

Perché tanto sconcerto, preoccupazione e opposizione per questa nomina? Perché a quella che sembrerebbe una vicenda squisitamente locale si interessano addirittura personalità internazionali?

martedì 6 luglio 2021

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Ascanio Bernardeschi collabora con La Città futura. 

Roberto Fineschi, Marx, Morcelliana/Scholé, Brescia, pp. 192, € 16,00.


Una pregevole iniziativa editoriale: è uscito nel maggio scorso un libro per l’università di Roberto Fineschi interamente dedicato a Marx. Si copre così un vuoto clamoroso. 

L’opera di Karl Marx, e soprattutto la sua critica dell’economia politica, per quanto dimostratasi di grande attualità nel contesto della terribile crisi che sta attraversando l’economia mondiale e per quanto studiata in ogni parte del mondo, ha una collocazione marginale nella nostra università. Questa marginalizzazione costituisce una conferma del nesso fra scienza e ideologia e della giustezza dell’asserzione marxiana secondo cui chi detiene i mezzi di produzione detiene anche quelli di produzione delle idee.

Bisogna risalire a un’altra era per trovare testi per le università italiane dedicati esclusivamente a Marx, a parte un recente testo di Petrucciani per Carocci, che però non dà conto sufficientemente delle nuove evidenze testuali e delle ricerche filologiche connesse alla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la seconda Marx-Engels-Gesamtaugabe (MEGA2). È noto infatti che molte opere di Marx rimasero inedite lui vivente e vennero pubblicate successivamente con modifiche editoriali più o meno congrue, condizionandone la ricezione. La nuova MEGA2 presenta invece tutti i manoscritti nella loro forma originale rendendo Marx, per molti aspetti, “un autore nuovo”.

Roberto Fineschi, un filosofo profondo conoscitore di quella monumentale operazione editoriale e del dibattito a essa connesso, con la pubblicazione del suo Marx per i tipi di Morcelliana/Scholé – acquistabile anche con la carta del docente – copre così un vuoto che era inammissibile.

Il libro, per la semplicità del linguaggio utilizzato, non è destinato solo agli studenti universitari, ma si presta anche alla formazione di quadri militanti e a un primo approccio con il fecondo pensiero marxiano.

Questo suo carattere, che lo rende un buono strumento divulgativo, non è a discapito della serietà della ricostruzione del lascito del Moro e della trattazione puntuale dei più importanti problemi connessi alla recezione di Marx e al dibattito intorno ad alcune questioni chiave.

lunedì 5 luglio 2021

Lo spauracchio dell’inflazione sulla “prossima crisi globale” - Michael Roberts

Da: https://contropiano.org - https://sinistrainrete.info - Traduzione da: Inflation, interest rates and debt

Michael Roberts ha lavorato nella City di Londra come economista per oltre 40 anni. Ha osservato da vicino le macchinazioni del capitalismo globale dall’interno della tana del drago. Allo stesso tempo, è stato un attivista politico nel movimento operaio per decenni. Da quando è andato in pensione, ha scritto diversi libri.  

Leggi anche: MMT, Minsky, Marx e il feticcio del denaro - Michael Roberts


L’inflazione dei prezzi di beni e servizi è una buona o cattiva notizia a seconda del vostro rapporto con i mezzi di produzione. Per il lavoro, che non possiede i mezzi di produzione e si guadagna da vivere solo vendendo la sua forza lavoro, l’inflazione non è una buona notizia, perché divora i redditi reali aumentando i prezzi dei beni di prima necessità.

Attualmente, mentre le maggiori economie si affacciano fuori dal crollo pandemico, i datori di lavoro sempre più si lamentano di non riuscire a far tornare i lavoratori ai loro posti mal pagati, soprattutto nei servizi. Sono costretti ad alzare i salari per attirare persone in posti di lavoro poco soddisfacenti, senza sindacati, senza indennità di malattia, o ferie, etc.

La prospettiva di salari più alti suona come una buona notizia per le fasce di lavoratori che in precedenza godevano un salario minimo, o addirittura inferiore. Ma i salari più alti sono un’illusione monetaria se allo stesso tempo i prezzi del cibo e di altri beni di prima necessità cominciano a salire bruscamente.

E questo sta succedendo. Il tasso ufficiale d’inflazione degli Stati Uniti ha raggiunto il 5% anno su anno a maggio. Questa è il dato più alto dall’agosto del 2008. Stessa storia nel Regno Unito e in Europa. Anche se il livello di inflazione è solo del 2% circa all’anno, lì questo tasso è comunque il più alto da oltre sette anni.

Il tasso è in parte il risultato di “effetti base”, cioè il tasso è sceso bruscamente durante il crollo della pandemia e i prezzi sono rimbalzati solo negli ultimi mesi. Ma è anche il risultato di forti aumenti dei prezzi delle materie prime (prodotti agricoli, metalli ed energia) guidati da un lento ritorno alla produzione di questi beni a livello globale e anche da una parziale rottura della catena di approvvigionamento internazionale, causata da lockdown e restrizioni alla circolazione. In effetti, ci sono “colli di bottiglia” nell’offerta che rendono difficile soddisfare la crescente domanda dei consumatori e dei produttori. Questo fa salire il tasso d’inflazione dei prezzi.