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Fewer, But Better*- Vladimir Lenin (1923)
lI concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin (1)
Dopo sei mesi di rivoluzione socialista coloro che ragionano solo
sulla base dei libri non capiscono nulla.
LENIN, 5 luglio 1918 (2)
1. 1917-1918. Il capitalismo di Stato come «passo avanti»
Le prime occorrenze significative del concetto di capitalismo di Stato
negli scritti di Lenin del periodo postrivoluzionario risalgono alla
primavera del 1918, e si situano nel contesto della dura
contrapposizione ai «comunisti di sinistra», l’opposizione interna al
Partito comunista allora guidata da Nikolaj Bucharin. Lo scontro,
inizialmente infuriato sulla firma del trattato di pace con la Germania,
non era meno duro sul terreno economico. Esso riguardava ora la
gestione delle imprese e il rafforzamento della disciplina del lavoro al
loro interno: alla necessità di questo rafforzamento, su cui Lenin
insisteva, i «comunisti di sinistra» contrapponevano la gestione
collettiva delle imprese, che finiva in pratica per tradursi nella paralisi e
nell’ingovernabilità delle imprese nazionalizzate. Ma il tema centrale era un altro ancora: il ritmo e la direzione della trasformazione economica.
In quei mesi Oppokov proponeva di «dichiarare la proprietà privata
inammissibile sia nella città che nelle campagne», mentre un altro
«comunista di sinistra», Osinskij, parlava di «liquidazione totale della
proprietà privata» e di «immediata transizione al socialismo»(3).
Per Lenin le priorità sono diverse: «la ricostituzione delle forze
produttive distrutte dalla guerra e dal malgoverno della borghesia; il
risanamento delle ferite inferte dalla guerra, dalla sconfitta, dalla
speculazione e dai tentativi della borghesia di restaurare il potere
abbattuto degli sfruttatori; la ripresa economica del paese; la sicura
tutela dell’ordine più elementare»(4) . Diventano quindi decisive da un
lato «l’organizzazione di un inventario e di un controllo popolare
rigorosissimo sulla produzione e sulla distribuzione dei prodotti»,
dall’altro «l’aumento su scala nazionale della produttività del lavoro». A
questo fine, bisogna arrestare l’offensiva contro il capitale e «spostare il
centro di gravità» della propria iniziativa: «Finora sono stati in primo
piano i provvedimenti di immediata espropriazione degli espropriatori.
Ora passa in primo piano l’organizzazione dell’inventario e del
controllo nelle aziende in cui i capitalisti sono già stati espropriati».
Ancora più chiaramente: «se volessimo ora continuare ad espropriare il
capitale con lo stesso ritmo di prima, certamente subiremmo una
sconfitta»(5) . Il passaggio al socialismo non è un salto ma una transizione.
«Il problema fondamentale di creare un regime sociale superiore al
capitalismo» consiste nell’«aumentare la produttività del lavoro, e in
relazione con questo (e a questo scopo) creare una superiore
organizzazione del lavoro»: e «se ci si può impadronire in pochi giorni
di un potere statale centrale, […] una soluzione durevole del problema
di elevare la produttività del lavoro richiede in ogni caso (e soprattutto
dopo una guerra straordinariamente dolorosa e devastatrice), parecchi
anni»(6).