Da: Bertolt Brecht, Me-ti
- Libro delle svolte, Einaudi,
Torino, 1979 - Traduzione di Cesare
Cases - http://www.contraddizione.it -
Nel paese di Tsen imperversava un’aspra lotta tra molti gruppi l’un contro l’altro armati. Mi-en-leh si schierò dalla parte dei fabbri d’aratri, poiché credeva che solo costoro potessero far progredire il paese. Da essi ci si poteva aspettare i massimi sforzi, e i loro sforzi massimamente giovavano a tutti gli altri uomini.
Egli
diceva: Se sono soltanto i contadini a raddoppiare i loro sforzi, il
raccolto sarà poco più grande. Se invece si forniscono aratri in
numero sufficiente, si otterrà molto. Vi erano infatti a quel tempo
due sorte di aratri. Gli uni erano fatti di legno, secondo
l’antico costume, gli altri invece, più moderni, di ferro, e
li si fabbricava in grandi officine che appartenevano a potenti
signori. Ma di siffatti aratri di ferro ve n’erano relativamente
pochi. Erano costosi e potevano essere vantaggiosamente
utilizzati solo per grandi estensioni di terreno, e trainati da
cavalli. Invece i semplici aratri di legno potevano essere
fabbricati e usati dai contadini stessi. Il suolo lo incidevano assai
poco profondamente. Questi aratri venivano usati dai contadini
poveri. I quali avevano per di più tanto poca terra che non bastava
a dar loro il cibo di un campicello.
Spesso
dovevano lavorare anche nei grandi poderi, contro mercede. Molti
figli di contadini migravano nelle città e chiedevano lavoro nelle
fucine dei fabbri e in altre officine. Ma solo una parte di
coloro che la campagna non nutriva erano nutriti dalle città.
Il commercio degli aratri era contenuto in ristretti limiti. In primo
luogo il numero dei grandi poderi era piccolo, e in secondo
luogo i padroni delle fucine dovevano tenere alti i prezzi degli
aratri. Il loro guadagno essi non l’aumentavano
aumentando le vendite di aratri, ma principalmente aumentando
l’oppressione degli operai. Per la continua fuga dalle
campagne dei figli dei contadini poveri gli operai delle fucine
si trovavano sempre a buon mercato. Essi versavano in grande miseria.
Con
l’aiuto di Mi-en-leh i fabbri di aratri cacciarono i padroni delle
fucine e conquistarono il potere.
I
contadini poveri avevano appoggiato i fabbri nell’espellere i
padroni delle fucine, e ora i fabbri li aiutarono ad espellere i
padroni della terra. I contadini poveri suddivisero subito tra
loro la terra così conquistata.
Prima
di giungere al potere Mi-en-leh aveva insegnato che prima di tutto
bisognava provvedere tutto il paese di aratri di ferro. E molti
avevano inteso che volesse subito sopprimere interamente i piccoli
poderi. Ma quando egli assunse il potere insieme ai fabbri di aratri,
fece il contrario. Egli lasciò la terra ai contadini poveri,
come le officine agli operai, e più precisamente a ognuno tanta
terra quanta poteva coltivarne con le proprie forze. In tal modo
egli perfino aumentò il numero dei campicelli, che erano troppo
piccoli per gli aratri di ferro. Solo pochi grandi poderi li
amministrò lui stesso insieme ai suoi scolari.
Il
filosofo Sa biasimò fortemente Mi-en-leh, dicendo: Mi-en-leh è come
tutti gli altri. Il potere indebolisce la memoria. E aggiunse:
Chi è arrivato alla mèta, dimentica molte cose.
Mi-enleh
rispose: Io ho insegnato, ora essi imparano. Essi hanno ascoltato,
ora fanno esperienza.
Mi-en-leh
rise di tutti coloro che credevano che in un sol giorno si potesse
por fine con dei decreti ad una miseria millenaria, e proseguì
nel suo cammino.
Presto
si delineò la seguente situazione. I fabbri d’aratri, dopo
aver cacciato i loro oppressori, fabbricavano più aratri di ferro
che potevano, senza chiedersi quale prezzo ne avrebbero ricavato. I
padroni della terra erano stati parimenti cacciati e la loro terra
l’amministrava ora lo stato, oppure gli innumerevoli piccoli
contadini indipendenti. Tra i contadini ve n’erano di quelli
che di terra ne avevano quanto bastava, e avevano anche i cavalli per
tirare gli aratri. Per loro non valeva la pena di comprare
aratri di ferro, perché la loro terra era troppo poca. I contadini
più poveri non avevano cavalli e soffrivano la fame. Essi dovevano
rivolgersi di nuovo a quelli più benestanti e compiere lavoro a
mercede o lavoro per ottenere in prestito i cavalli. Presto si
trovarono ad essere assai malcontenti. Il loro odio si indirizzò
verso i contadini benestanti
Mi-en-leh
non fece nulla contro questo odio, anzi l’attizzò. I fabbri di
aratri inviarono nei villaggi persone che facevano propaganda
per gli aratri di ferro. Essi consigliavano ai contadini poveri
di riunirsi in gruppi più numerosi che potessero e di mettere
insieme più terra che potessero, onde valesse la pena di usare
un aratro di ferro. A coloro che li seguivano essi inviavano
aratri di ferro a credito. Invece ai contadini benestanti non davano
credito e inviavano gli aratri solo dopo molto tempo.
Dicevano tranquillamente: Noi e i contadini poveri stiamo bene
insieme, noi fabbri di aratri non possediamo neanche noi ognuno la
sua propria morsa, ché in questo modo non si potrebbero
fabbricare aratri.
La
parola d’ordine di Mi-en-leh fu: Voi volevate la terra per il
grano; ora datela via per il grano! Il che voleva dire: Se
voi darete via i vostri piccoli appezzamenti di terreno, avrete più
grano. Questa era la verità.
Presto
si formarono gigantesche fattorie, più grandi delle fattorie
padronali che c’erano prima. Dopo qualche tempo anche i contadini
più benestanti dovettero entrare a far parte di queste fattorie,
perché non si trovarono più lavoratori a mercede e i loro campi
davano poco grano, perché i vecchi aratri di legno incidevano troppo
poco il terreno. Così Mi-en-leh aveva attuato il suo programma
facendo la propria parte e lasciando che la natura facesse la sua.
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