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martedì 17 dicembre 2019

"Hegel e i Greci"

Da: AccademiaIISF


Prima giornata - Sessione I - Presiede Fiorinda Li Vigni.
Paolo Vinci: “Gigantomachia” intorno all’Uno. Hegel e Platone.Massimiliano Biscuso: Hegel e lo scetticismo antico.

                                                                            


Prima giornata - Sessione II - Presiede Dario Giugliano. - https://www.youtube.com/watch?v=m9-llcjC6rw 
Francesca Iannelli: L’estraneo più proprio. Hegel, i Greci e noi. - Paolo D’Angelo Hegel di fronte all’arte greca. 


Seconda giornata - Sessione I - Presiede Gianluca Garelli. - https://www.youtube.com/watch?v=HVsMA7WdbJk 
Enrico Berti: Hegel e il libro Lambda della Metafisica di Aristotele. - Alfredo Ferrarin: Hegel e Aristotele sul pensare.

Seconda giornata - Sessione II - Presiede Dario Giugliano. - https://www.youtube.com/watch?v=ZVmp9SFP_NI
Giuseppe Cantillo: Il giovane Hegel e il mondo greco.

martedì 6 febbraio 2024

La dialettica di Hegel NON È tesi-antitesi-sintesi - Lucio Cortella

Da: Lucio CORTELLA - Lucio Cortella è attualmente Professore ordinario di Storia della Filosofia presso il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali dell'Università Ca' Foscari di Venezia. (https://www.unive.it/data/persone/5591041/curriculum



Che cos'è la dialettica di Hegel? Come funziona? Dov'è il luogo fondamentale in cui Hegel ne parla? Perché si è diffusa la concezione (falsa) che la dialettica hegeliana sia tesi-antitesi-sintesi? Che ruolo ha la contraddizione? L'unità degli opposti elimina la contraddizione?

                                                                         

lunedì 28 settembre 2015

Astrazione determinata - Paolo Vinci

«È nella pratica che l’uomo deve provare la verità e cioè la realtà del suo pensiero» (K. Marx) 


 Direi che il vero significato della astrazione determinata è questo: l’astrazione determinata è ciò che accade ogni giorno nella società capitalistica. Tale astrazione non è deformazione dello sguardo, ma è appunto ciò che effettivamente accade nello scambio delle merci, dove il valore viene assunto come una proprietà stessa delle cose. Marx chiama ciò apparenza, perché esso corrisponde solo ad un lato della realtà: il fatto che le cose abbiano qualità sociali occulta, il fatto che ciò dipende dal loro esser state prodotte dal lavoro umano e sempre sotto determinati rapporti sociali. Decifrare questa apparenza significa essere in grado di compiere un’inversione, ovvero mostrare che la forma fenomenica del valore nasconde un contenuto: il lavoro che si compie sempre in base a rapporti sociali storicamente determinati.

 L’astrazione non è dunque un prodotto mentale per Marx: l’apparenza non è l’errore, ma il manifestarsi di qualche cosa che occulta nel risultato il processo che vi è dietro. L’apparenza è l’indipendenza di qualche cosa, che in realtà non è indipendente, ma che si pone come tale negando ciò da cui dipende. Questo è quello che Marx chiama forma, parlando di forma merce, forma denaro, per indicare questa dimensione per cui nella forma fenomenica si occulta il processo che lo ha generato. L’apparenza, l’astrazione determinata è un’oggettività spettrale, poiché essa consiste in una esistenza sociale in cui ciò che è materiale subisce una strana vicissitudine.

 Tutta la teoria di Marx ruota intorno a questa oggettività spettrale che presuppone che qualcosa sia separato, che le relazioni sociali si siano rese indipendenti dai loro veri soggetti. Questo elemento soggettivo è importante, poiché è ciò che chiede un superamento della scissione, la riappropriazione da parte del soggetto delle sue relazioni sociali.

 La dialetticità sta proprio nella capacità di tener conto di questa contrapposizione tra il lato fisico naturale e quello sociale, assumendo la loro simultanea presenza a partire dalla opposizione tra valore d’uso e valore di scambio. Quindi il movimento di contenuto e forma che vi ho accennato, riferendomi al passaggio dalla merce al denaro, è un movimento per contraddizione. La teoria di Marx vuole essere una ricostruzione di questo processo per farci vedere che ciò che accade nel capitalismo è esattamente l’irrigidimento dell’opposizione presente nella merce fra il corpo naturale sempre particolare e il valore universale.

 L’irrigidimento consiste in una cancellazione della particolarità; ma ciò accade esclusivamente nella dimensione sociale, non in quella immediatamente naturale. In questo senso abbiamo quella separazione che dà vita a un movimento dialettico, dove funzionano nello stesso tempo due principi opposti. Per questo possiamo dire che l’astrazione che si manifesta nello scambio non è un atto mentale quanto piuttosto il modo di funzionare del modo di produzione capitalistico. Il fatto che il processo reale sia un processo dove si attua una negazione e un’astrazione è direttamente collegato al dominio del capitale, che è un dominio dell’universale astratto sul particolare concreto. Si tratta di non subire gli effetti incontrollati di una contraddizione dialettica non dominata: di ribellarsi a una unilaterale affermazione della universalità del valore di contro soggettività concreta degli individui.

 La «soluzione» nella sua forma più generale, la prospettiva del comunismo che, ad esempio, troviamo accennata nei Grundrisse coincide con l’affermazione del controllo cosciente degli individui sulle loro relazioni sociali.

 Attraverso il comunismo Marx più che una soluzione ci consegna una domanda: come muovendo dall’istanza di autorealizzazione di ogni individuo possa prodursi un nesso sociale unitario e non una forma di dominio separata. E’ possibile un legame sociale che nasca proprio dall’agire degli stessi individui? E’ possibile superare l’individualismo garantendo la libertà di tutti e di ciascuno? 


venerdì 4 giugno 2021

Hegel, la storia universale della libertà - Salvatore Natoli

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Salvatore Natoli Ha insegnato logica alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università Ca' Foscari di Venezia e Filosofia della politica alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano. Attualmente è professore ordinario di Filosofia teoretica presso la Facoltà di scienze della formazione dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca

                                                                           


Vedi anche: 
Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci 

LA LEGGE LA LIBERTA' LA GRAZIA - Remo Bodei, Antonio Delogu

Hegel: lo Stato perfetto (e la spina di Marx) FILOSOFIA E VITA PUBBLICA - Fulvio Papi 

"La fenomenologia dello spirito nel pensiero si Hegel" - Francesco Valentini (https://www.teche.rai.it/1990/06/la-fenomenologia-dello-spirito-nel-pensiero-hegel/)

Leggi anche: SULLA VORREDE HEGELIANA - Stefano Garroni 

Alexandre Kojéve, Introduzione alla lettura di Hegel (Fenomenologia dello Spirito) - Silvio Vitellaro 

Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani

Il lato inquieto dello spirito. Osservazioni su alcuni momenti della filosofia dello spirito jenese di Hegel [1] - Carla Maria Fabiani

CRITICA” TRA HEGEL E MARX - Roberto Fineschi

NOTE SUI SIGNIFICATI DI “LIBERTÀ” nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel*- Vladimiro Giacché**

HEGEL - IL SISTEMA - Antonio Gargano

Danaro, lavoro, macchine in Hegel - Remo Bodei

venerdì 29 maggio 2020

Appunti su “la Distruzione della Ragione”, di György Lukács -

Da: https://sigma.altervista.org - https://revolucionvoxpopuli.wordpress.com - https://sinistrainrete.info -
Gyorgy Lukacs è stato un filosofo, sociologo, politologo, storico della letteratura e critico letterario ungherese. 

Vedi anche: "Il pensiero di Marx come ontologia dell’essere sociale – rileggendo Lukàcs" - Paolo Vinci 


Una lettura significativa degli ultimi tempi è stata “La distruzione della ragione”, pubblicata nel 1954 e scritta da György Lukács.
In questo libro, l’autore sostiene che le filosofie irrazionalistiche sono una parte molto importante (seppur non l’unica) del fondamento ideologico delle politiche reazionarie. Nel seguente articolo proveremo a riassumere quanto osservato dall’autore, espandendo poi il discorso al fine di trarre qualche conclusione iniziale, che ci sarà estremamente utile per il futuro.
INTRODUZIONE E BREVE RIASSUNTO
Il libro è stato completato nel 1954, durante il primo periodo “caldo” della Guerra Fredda. In questo periodo, Lukács era un intellettuale emarginato e dissidente a causa del suo forte marxismo hegeliano, contrapposto al “piatto” ed economicistico “marxismo” staliniano. Egli, come altri intellettuali del tempo (ad esempio Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, Hannah Arendt) dovette rendere conto di come fosse stata possibile la barbarie nazista. Allora la sua ricerca si orientò verso il fondamento ideologico-filosofico del nazismo: l’irrazionalità.
I pensatori affrontati sono soprattutto tedeschi per motivi storici e sociali, ma l’autore fa notare a più riprese come il movimento irrazionalistico (ad esempio quello della “filosofia della vita” di Bergson, Dilthey e James) assuma portata internazionale, riflettendo una vera e propria epoca storica che coincise con le difficoltà di accumulazione del capitale, poco prima del suo “scatenamento imperialistico” nella Prima Guerra Mondiale e successiva “ricaduta” della Seconda Guerra Mondiale.
La tradizione irrazionalistica ha origini relativamente lontane, formandosi in modo coerente a partire dagli “idealisti soggettivi” del primo 1800 (l’autore definisce così gli irrazionalisti in generale), in primis Schelling. A partire dalla filosofia irrazionalistica “feudale” di Schelling, seguiamo l’evoluzione, le differenze e talvolta i contrasti tra pensatori irrazionalisti, pur accomunati dalla sfiducia verso la ragione. Lukács si occupa di pensatori di grande importanza (e attualità) come Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Simmel, Weber, Heidegger e Schmitt, oltre ad altri autori dei loro ambiti. Come è evidente, l’autore non si occupa esclusivamente di filosofi, bensì considera anche il campo della sociologia (dedicando anche un paio di capitoli alla “teoria della razza”), per evidenziare la portata multidisciplinare e la pervasività sociale del fenomeno irrazionalistico.
Essendo l’ideologia la forma politica della coscienza, e non semplice “astrazione” o “formalizzazione” dei rapporti sociali, essa influisce sulla società, attecchendo in modo più o meno fecondo nella coscienza delle persone e, di conseguenza, influenzandone i comportamenti come la prassi politica. Esaminiamo ora gli aspetti principali per cui l’irrazionalismo sarebbe, secondo Lukács, reazionario.

mercoledì 3 aprile 2019

Scienza e politica in Kant e Hegel - Stefano Garroni

Da: Stefano GarroniDialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini(Dialettica riproposta - Stefano Garroni - lacittadelsole).Stefano Garroni  è stato un filosofo italiano. 



    Indice:


Nota dell’editore











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È facile comprendere come, quali che siano le tesi, che vengono sostenute a proposito del rapporto scienza – politica, a loro fondamento ci debba essere un certo modo di pensare il rapporto ragione – comportamento pratico. Sappiamo, anche, che la storia filosofica presenta tesi diverse e perfino incompatibili in proposito. Probabilmente è vero anche, però, che, in epoca moderna (dunque, in questo ambito, mi disinteresso del pensiero classico), le due posizioni possibili ed auto-esclusive, circa il rapporto ragione – comportamento pratico, sono state assunte e sviluppate rispettivamente da Kant e da Hegel.

Chiunque, dunque, voglia (o abbia voluto) porsi il primo problema (del rapporto scienza – politica), sul piano logico, deve aver affrontato dapprima l’altra questione, quella del rapporto fra ragione e comportamento pratico: lo scopo di questo scritto è esattamente ricostruire – assai schematicamente in vero – il pensiero in proposito dei due classici citati, che sono ancora una volta Kant ed Hegel.

I – Una curiosa contraddizione in cui viviamo (ma, forse, curiosa non è l’aggettivo esatto, dati i guasti che ne derivano dal punto di vista sia politico, che morale), è quella di scambiare ciò che è nuovo per noi, – nel senso che capita per la prima volta nella nostra esperienza, con ciò che è oggettivamente nuovo, – nel senso che si presenta per la prima volta (nella misura in cui ciò sia di fatto possibile) all’esperienza storica o obiettiva.

La medicina contro tale errore, la terapia contro l’ideologia del novismo, ovviamente è lo studio della storia, attraverso cui possiamo scoprire la piena attualità di certi testi, scritti secoli addietro.

Dico “attualità”, nel senso che quei testi sanno chiarirci i termini di problemi odierni molto meglio di quanto non faccia tanta parte della letteratura contemporanea (che generalmente non è scientifica, ma sì ideologica). Veniamo al punto. 

mercoledì 20 marzo 2019

Critica alla religione e realizzazione della filosofia, nella tradizione dialettica. Stefano Garroni

Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, (Dialettica riproposta - Stefano Garroni - lacittadelsole).
Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. 



    Indice:


Nota dell’editore 












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Lo scopo di questo mio intervento è mostrare, sia pure rapidamente, come la critica, che il Marx giovane muove alla religione, faccia intimamente corpo con un altro motivo – quello della realizzazione della filosofia-, anch’esso espresso in epoca giovanile, ma che ha costituito un orientamento costante per l’intera vita di Marx. Mi interessa, inoltre, suggerire le radici certamente hegeliane di entrambi i temi, i quali contemporaneamente (e nonostante una consolidata tradizione di lettura) allontanano Marx dalla prospettiva feuerbachiana1.

1)
Come sappiamo, la concezione sistematica, che Hegel ha della storia, è, per così dire, legata al rispetto di due condizioni:
(a) mostrare la necessità logico-storica del passaggio da un momento all’altro dell’«insieme»;
(b) mostrare l’intima relazione tra essenza/Wesen ed apparenza/Erscheinung.

Ciò naturalmente significa che l’«insieme» hegeliano (dialettico) è una totalità, che non si contrappone alle parti, sì piuttosto che in tanto esiste, in quanto si articola in parti. Da ciò deriva, anche, il significato specifico che, nel linguaggio hegeliano o dialettico, acquistano un termine come «esteriore» ed il suo correlato «apparente».

Esteriore, ad es., è il rapporto fra A e B, quando questi due semplicemente stanno l’uno accanto all’altro, senza che risulti evidente la necessità (logico-storica) e, dunque, l’intimità della loro relazione.

Si badi, tuttavia: – che A e B stiano l’uno con l’altro in una relazione di esteriorità implica una difficoltà non solo logica, ma anche reale, la cui soluzione sollecita, almeno, ad uno sviluppo ulteriore, che conduca a rapporti non più esteriori tra A e B. Non è pre-determinato che ciò di fatto avvenga, ma post festum (dunque, una volta che sia avvenuto) sarà possibile mostrare la necessità del passaggio dall’esteriorità all’interiorità nella relazione tra A e B.

Una breve pagina hegeliana, citata quasi letteralmente, ci aiuterà a capire. 

domenica 23 dicembre 2018

Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni

Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, la città del sole. Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.



    Indice:


Nota dell’editore 










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Convegno sulla dialettica, organizzato dall’Istituto di studi filosofici di La Habana 24-26 ottobre 2000. 

Suddivido questo intervento in due parti. Nella prima, mi soffermo a riflettere su alcuni temi, presenti – anche se con qualche contraddizione – in scritti di filosofi cubani, che mi paiono interessanti come aperture verso una tematizzazione nuova della dialettica. Nella seconda tento, nel limite ovviamente del mio punto di vista, di chiarire un lato di quella nuova tematizzazione, oggi possibile e necessaria.



Così scrive la studiosa cubana Lourdes Rensoli Laliga: «El método de critica a Mach y su escuela se apoya en la constante actualización de la historia. No se trata de conferir valor permanente a las soluciones concretas de los problemas filosóficos surgidos en épocas pasadas, a la luz de circustancias sociales y cognoscitivas por entero diferentes. El valor de las ideas filósoficas de estas épocas se extiende hacia la nuestra, no en virtud de una quimérica absolutización de sus resultados y estructuras, sino de su sentido, el qual debe buscarse tanto en la formulación original como en su proyección histórica»1.

Qui interessa sottolineare la distinzione tra «formulación original» e «proyección histórica», perché da essa deriva un utile strumento contro lo scolasticismo e la dogmatizzazione. Quella distinzione, infatti, sta a dire che il significato di una teoria non coincide con la sua formulación original, ma si estende invece a comprenderne le proyecciónes históricas. In altri termini, il significato di una teoria è quel permanente che, però, esiste solo dandosi, in circostanze storiche diverse, forme ed espressioni
altrettanto diverse; ciò, naturalmente, all’interno di un certo, circoscritto sostanzialmente, margine di variazioni, che definisce la portata o possibilità storica di quella teoria appunto.

E, allora, l‘interpretazione di una teoria non si ridurrà a mero filologismo, ma comporterà sempre un lavoro di ambientazione storica, di contestualizzazione (dunque, filologismo sì, ma rigoroso, non astrattamente erudito), allo scopo di accertare la capacità o meno di quella certa teoria di riformularsi in termini tali, da poter avere senso, importanza ed efficacia propulsiva, in ambiti storicamente mutati. 

mercoledì 28 aprile 2021

Il significato dell’uomo in Marx e in Husserl - Enzo Paci

Da: http://www.rifondazione.it/formazione - Enzo Paci è stato un filosofo e accademico italiano, tra i più espressivi rappresentanti della fenomenologia e dell'esistenzialismo in Italia.

Vedi anche: "Husserl e la Lebenswelt" - Carlo Sini

"Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"- Paolo Vinci

Stefano Bancalari - Edmund Husserl, "La crisi delle scienze europee" https://www.youtube.com/watch?v=226l_CRUMrM

"La frattura fenomenologica e la nuova antropologia"- Aldo Masullo


Si sa che uno dei temi fondamentali del marxismo è la lotta contro la riduzione della forza lavoro a merce. Questa lotta è anche lotta contro la divisione del lavoro feticizzata.1 «La forma capitalistica della produzione» scrive Marx nel primo volume del Capitale «è diametralmente antitetica a quei fermenti di rivoluzione di cui la meta è l’abolizione della vecchia divisione del lavoro.»2

Il lavoro nella società capitalistica – secondo l’espressione di Engels – riduce l’uomo a un accessorio della macchina. L’uomo è costretto a essere «uomo parziale» mentre il comunismo vuol realizzare per l’uomo la possibilità di diventare «un individuo totalmente sviluppato». Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx aveva già chiarito molto bene questo punto. Il capitalismo costringe il lavoratore, che è un uomo concreto, che non è uomo soltanto nel tempo del lavoro, ma in tutte le ore della sua vita, e resta uomo concreto anche quando lavora, a vivere come se fosse un lavoratore astratto. L’economia capitalistica ha bisogno di considerare l’uomo come un’astrazione.

Ma l’economia non è per Marx una scienza indipendente dallo sviluppo storico della società. Perciò quello che avviene in una società data non è qualcosa di definitivo e di scientificamente necessario. In una situazione storica diversa, mutando l’organizzazione della società e costituendosi una società nella quale il lavoratore non è più contrapposto alla società stessa – nella quale dunque società e individui sono veramente integrati – mutano, insieme alla società, anche le leggi dell’economia. 

È per questo che Marx ha intrapreso il suo lavoro di critica dell’economia politica: per far vedere che dietro le pretese leggi eterne dell’economia capitalistica si nascondeva la struttura della società borghese. 

Tutti noi sappiamo che il sottotitolo del Capitale è Critica dell’economia politica.

Questa critica è necessaria, e sempre di nuovo necessaria alla praxis, al movimento di emancipazione del proletariato, di tutte le società umane che in modi e gradi diversi sono asservite al capitale. In queste società gli uomini non sono uomini concreti, non possono realizzare se stessi come uomini concreti.