L’astrazione non è dunque un prodotto mentale per Marx:
l’apparenza non è l’errore, ma il manifestarsi di qualche cosa che occulta nel
risultato il processo che vi è dietro. L’apparenza è l’indipendenza di qualche
cosa, che in realtà non è indipendente, ma che si pone come tale negando ciò da
cui dipende. Questo è quello che Marx chiama forma, parlando di forma merce,
forma denaro, per indicare questa dimensione per cui nella forma fenomenica si
occulta il processo che lo ha generato. L’apparenza, l’astrazione determinata è
un’oggettività spettrale, poiché essa consiste in una esistenza sociale in cui
ciò che è materiale subisce una strana vicissitudine.
Tutta la teoria di Marx ruota intorno a questa oggettività
spettrale che presuppone che qualcosa sia separato, che le relazioni sociali si
siano rese indipendenti dai loro veri soggetti. Questo elemento soggettivo è
importante, poiché è ciò che chiede un superamento della scissione, la
riappropriazione da parte del soggetto delle sue relazioni sociali.
La dialetticità sta proprio nella capacità di tener conto di
questa contrapposizione tra il lato fisico naturale e quello sociale, assumendo
la loro simultanea presenza a partire dalla opposizione tra valore d’uso e
valore di scambio. Quindi il movimento di contenuto e forma che vi ho
accennato, riferendomi al passaggio dalla merce al denaro, è un movimento per
contraddizione. La teoria di Marx vuole essere una ricostruzione di questo processo
per farci vedere che ciò che accade nel capitalismo è esattamente
l’irrigidimento dell’opposizione presente nella merce fra il corpo naturale
sempre particolare e il valore universale.
L’irrigidimento consiste in una cancellazione della
particolarità; ma ciò accade esclusivamente nella dimensione sociale, non in
quella immediatamente naturale. In questo senso abbiamo quella separazione che
dà vita a un movimento dialettico, dove funzionano nello stesso tempo due
principi opposti. Per questo possiamo dire che l’astrazione che si manifesta
nello scambio non è un atto mentale quanto piuttosto il modo di funzionare del
modo di produzione capitalistico. Il fatto che il processo reale sia un
processo dove si attua una negazione e un’astrazione è direttamente collegato
al dominio del capitale, che è un dominio dell’universale astratto sul
particolare concreto. Si tratta di non subire gli effetti incontrollati di una
contraddizione dialettica non dominata: di ribellarsi a una unilaterale
affermazione della universalità del valore di contro soggettività concreta degli
individui.
La «soluzione» nella sua forma più generale, la prospettiva
del comunismo che, ad esempio, troviamo accennata nei Grundrisse coincide con
l’affermazione del controllo cosciente degli individui sulle loro relazioni
sociali.
Attraverso il comunismo Marx più che una soluzione ci
consegna una domanda: come muovendo dall’istanza di autorealizzazione di ogni
individuo possa prodursi un nesso sociale unitario e non una forma di dominio
separata. E’ possibile un legame sociale che nasca proprio dall’agire degli
stessi individui? E’ possibile superare l’individualismo garantendo la libertà
di tutti e di ciascuno?
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