domenica 27 settembre 2015

Psicologia delle Folle (1895, prima parte) - Gustav Le Bon

 "Il punto di vista di Le Bon è caratterizzato da una pessimistica arrendevolezza verso le proprietà della folla, quali si danno immediatamente. Questo è l'atteggiamento di Le Bon: il modello positivo d'individuo a cui è fedele, non può che portarlo a rifiutare in blocco la realtà massa.

 Con Lenin la faccenda sta in tutt'altro modo. Lenin non parla della massa in generale, ma secondo un'ottica precisa, che nel suo caso è quella politica ovviamente. Già con questo, Lenin è in condizione di dare una prima delimitazione al proprio oggetto: la sua analisi si volgerà a quegli aspetti della vita della massa, che son politicamente significativi o, comunque, valuterà il comportamento delle masse solo per quanto ha di politicamente rilevante ...  Il suo atteggiamento è quello di chi, fin dall'inizio, concepisce il dato come 'materia prima'. La conseguenza necessaria è che la sua analisi mette in evidenza del comportamento della massa quanto vi è di manipolabile, di ulteriormente organizzabile: il fatto che un certo progetto da realizzare stia a monte dell'analisi - questo voglio dire - fa sì che la stessa materia dell'analisi assuma un volto (quello della trasformabilità) e non un altro.

 Avveniva lo stesso con Le Bon. La differenza era che egli non mirava ad una più alta organizzazione delle masse, sì invece a trattenerle, contenerle, per assicurare al meglio il privilegio individuale. Tuttavia, nonostante questa differenza anche per lui il progetto da realizzare  predeterminava i caratteri del dato da analizzare." [S. Garroni, Su Freud e la morale (L'uomo e la società),http://ilcomunista23.blogspot.it/2015/01/freud-e-la-massenpsychologie-stefano.html ]

Parte prima
CAPITOLO I.
Caratteristiche generali delle folle - Legge psicologica della loro unità mentale.

Come è costituita una folla dal punto di vista psicologico. - Un agglomeramento numeroso di individui non basta a formare una folla. - Speciali caratteri delle folle psicologiche.-Orientamento fisso delle idee e dei sentimenti negli individui che le compongono e scomparsa della loro personalità. - La folla è sempre dominata dall'incosciente. - Scomparsa della vita cerebrale e predominio della vita nervosa. - Abbassamento dell'intelligenza e trasformazione completa dei sentimenti. - I sentimenti trasformati possono essere migliori o peggiori di quelli degli individui di cui la folla è composta. - La folla è facilmente eroica quanto criminale.

Nel senso consueto, la parola folla rappresenta una riunione di individui qualsiasi, qualunque sia la loro nazionalità, la professione e il sesso, qualunque siano i casi che li riuniscano.
Dal punto di vista psicologico, l'espressione "folla" assume un significato ben diverso. In
talune circostanze prestabilite, e soltanto in tali circostanze, un agglomeramento di uomini
possiede caratteri nuovi, molto diversi da quelli degli individui di cui esso si compone. La
personalità cosciente svanisce, i sentimenti e le idee di tutte le unità sono orientate in una
stessa direzione. Si forma un'anima collettiva, senza dubbio passeggera, ma che presenta ben precisi caratteri. 
La collettività diventa allora ciò che, per mancanza di una migliore espressione - io chiamerei una folla organizzata, o, se lo preferite, una folla psicologica. 
Essa forma un solo essere e si trova sottomessa alla legge dell'unità mentale delle folle.
Il fatto che molti individui si trovino accidentalmente gomito a gomito non conferisce loro il carattere di una folla organizzata. 
Mille individui riuniti per caso su una pubblica piazza senza alcuno scopo determinato, non costituiscono affatto una folla psicologica. 
Perché acquistino un particolare carattere, occorre l'influenza di alcuni stimolanti dei quali determineremo la natura.
L'assottigliamento della personalità cosciente e l'orientamento dei sentimenti e dei pensieri in un medesimo senso, primi elementi di una folla in via di organizzarsi, non sempre implicano la presenza simultanea di parecchi individui in un solo punto. 
Migliaia di individui separati, in un dato momento, sotto l'influenza di violente emozioni - un grande avvenimento nazionale per esempio - possono acquistare i caratteri di una folla psicologica. 
Un qualunque caso che li riunisca basterà allora perché la loro condotta subito rivesta la forma particolare agli atti delle folle. In certe ore della storia, una mezza dozzina di uomini possono costituire una folla psicologica, mentre centinaia di individui riuniti accidentalmente potranno non costituirla. 
D'altra parte, un intero popolo, senza che vi sia agglomerazione visibile, diventa talvolta folla sotto l'azione di questa o quella influenza.
Non appena la folla psicologica é formata, acquista caratteristiche generali provvisorie, ma precisabili. 
A queste caratteristiche generali si aggiungono caratteristiche particolari che variano a seconda degli elementi di cui la folla si compone e che possono modificare la struttura mentale.
Le folle psicologiche sono perciò suscettibili di una classificazione. 
Lo studio di questa classificazione ci mostrerà che una folla eterogenea, composta di elementi dissimili, presenta con le folle omogenee, composte di elementi più o meno simili (sette, caste e classi) dei caratteri comuni, e, accanto a tali comuni caratteri, delle particolarità che permettono di differenziarle.
Prima di occuparci delle diverse categorie delle folle, esaminiamo anzitutto i caratteri comuni a tutte. 
Noi operiamo come il naturalista, cominciando a determinare i caratteri generali degli individui di una famiglia, poi i caratteri particolari che differenziano i generi e le specie compresi in tale famiglia.
L'anima delle folle non é facile a descriversi, perché la sua organizzazione varia non solo secondo la razza e la composizione delle collettività, ma anche secondo la natura e il grado degli stimoli che esse subiscono. 
Del resto la stessa difficoltà si presenta per lo studio psicologico di un essere qualunque. Nei romanzi, gli individui si manifestano con un carattere costante, ma non nella vita reale. Soltanto l'uniformità degli ambienti crea l'uniformità apparente dei caratteri. Del resto ho mostrato altrove che tutte le costituzioni mentali contengono possibilità di caratteri potendo esse rivelarsi sotto l'influenza di un improvviso cambiamento di ambiente. E così, che tra i più feroci membri della Convenzione si trovano inoffensivi borghesi, che, in circostanze ordinarie, sarebbero stati pacifici notai o virtuosi magistrati. Passato l'uragano, essi ripresero il loro normale carattere. Napoleone incontrò fra loro i più docili servitori.
Non potendo studiare qui tutte le tappe della formazione delle folle, le esamineremo
specialmente nella fase della loro completa organizzazione. Vedremo così ciò che esse
possono diventare, ma non come sempre esse sono. Solamente in questa fase avanzata di
organizzazione, sul fondo immutabile e dominante della razza, si sovrappongono certi
caratteri nuovi e speciali, producendo l'orientamento di tutti i sentimenti e i pensieri della
collettività in una identica direzione. Allora soltanto si manifesta ciò che ho nominato più
sopra, la legge psicologica dell'unità mentale delle folle. Parecchi caratteri psicologici delle
folle sono comuni a quelli di individui isolati; altri, invece, non si riscontrano che nelle
collettività. Noi ci accingeremo intanto a studiare questi speciali caratteri per ben mostrarne
l'importanza.
Il fatto più saliente manifestato da una folla psicologica é il seguente: quali si siano gli
individui che la compongono, simile o dissimile sia il loro genere di vita, le loro occupazioni, il loro carattere o la loro intelligenza, il solo fatto che essi sono trasformati in folla, li fa partecipi di un'anima collettiva. 
Quest'anima li fa sentire, pensare e agire in un modo completamente diverso da come sentirebbero, penserebbero e opererebbero isolatamente.
Certe idee, certi sentimenti non sorgono o non si trasformano in atti se non negli individui che costituiscono folla. 
La folla psicologica é un essere provvisorio, composto di elementi eterogenei per un istante uniti fra loro, proprio come le cellule di un corpo vivente che con la loro unione formano un essere umano il quale manifesta caratteri assai diversi da quelli che ognuna di quelle cellule possiede.
Contrariamente a un'opinione, che con stupore si nota in un filosofo così acuto come Erberto Spencer, nell'aggregato che costituisce una folla, non esiste somma o media di elementi, ma combinazione e creazione di nuovi caratteri, come nei fenomeni chimici.
Certi elementi, messi accanto gli uni agli altri, - ad esempio le basi e gli acidi - si combinano
per formare un nuovo corpo dotato di proprietà differenti da quelle dei corpi che hanno
servito a comporlo. E' facile constatare come l'individuo che fa parte della folla differisca
dall'individuo isolato; ma di una simile differenza le cause sono meno facili a scoprirsi. Per
giungere ad intravederle, bisogna ricordare prima di tutto questa osservazione della
psicologia moderna : che non solo nella vita organica, ma anche nel funzionamento
dell'intelligenza, i fenomeni incoscienti hanno una parte preponderante. La vita cosciente
dello spirito non rappresenta che una piccolissima parte in confronto alla sua vita incosciente.
L'analizzatore più sottile, l'osservatore più penetrante non arriva a scoprire che un ben
piccolo numero di moventi incoscienti che guidano lo spirito. 
I nostri atti incoscienti derivano da un substrato incosciente formato specialmente da influenze ereditarie. 
Questo substrato racchiude gli innumerevoli residui atavici che costituiscono l'anima della razza. 
Dietro le cause palesi dei nostri atti, si trovano cause segrete, ignorate da noi. 
La maggior parte delle nostre azioni quotidiane sono effetto dei moventi nascosti che ci sfuggono.
Specialmente per gli elementi incoscienti che compongono l'anima di una razza, tutti gli individui di questa razza si assomigliano. 
Per gli elementi coscienti, frutto dell'educazione, ma soprattutto di un'eredità eccezionale, essi differiscono. 
Gli uomini più dissimili per intelligenza hanno istinti, passioni, sentimenti a volte identici. In tutto ciò che é materia di sentimento: religione, politica, morale, affezioni, antipatie, ecc., gli uomini più eminenti non superano che assai raramente il livello degli individui comuni. 
Tra un celebre matematico e il suo calzolaio può esistere un abisso sotto il rapporto intellettuale, ma dal punto di vista del carattere e delle credenze la differenza é spesso nulla o lievissima.
Ora, queste qualità generiche del carattere, guidate dall'incosciente e possedute press'a poco
allo stesso grado dalla maggior parte degli individui normali di una razza, sono precisamente quelle che, nelle folle, si trovano messe in comune. 
Nell'anima collettiva, le attitudini intellettuali degli uomini, e per conseguenza la loro individualità, si cancellano.
L'eterogeneo si sommerge nell'omogeneo, e le qualità incoscienti dominano.
Questa comunanza delle qualità consuete ci spiega perché le folle non saprebbero compiere
atti che esigano un'intelligenza elevata. Le decisioni di interesse generale prese da
un'assemblea di uomini scelti, ma di diverse attitudini, non sono sensibilmente superiori alle decisioni che prenderebbe una riunione di imbecilli. Difatti essi possono soltanto associare quelle qualità mediocri che tutti posseggono. Le folle accumulano non l'intelligenza, ma la mediocrità. Non é tutto il mondo messo assieme, come si usa ripetere, che ha più spirito di Voltaire. Voltaire ha certamente più spirito di tutto il mondo, se « tutto il mondo » rappresenta la folla.
Ma se gli individui costituiti in folla si limitano a fondere le loro qualità comuni, vi sarebbe
semplicemente media, e non, come abbiamo detto, creazione di caratteri nuovi. In qual modo si formano questi caratteri ? Facciamone ora la ricerca.
Diverse cause determinano l'apparizione dei caratteri particolari alle folle. La prima consiste
nel conferire agli individui di una folla, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile che permette loro di cedere agli istinti, che individui isolati avrebbero saputo frenare. L'individuo cederà tanto più volontieri inquantoché nella folla, essendo essa
anonima, e di conseguenza irresponsabile, il sentimento della responsabilità che sempre
trattiene gli individui, scompare completamente.
Una seconda causa, il contagio mentale, interviene ugualmente per determinare nelle folle la
manifestazione di caratteri speciali e nello stesso tempo il loro orientamento. Il contagio é un fenomeno facile a constatarsi, ma non ancora spiegato, e che bisogna ricollegare ai fenomeni di ordine ipnotico che noi fra poco studieremo. In una folla, ogni sentimento, ogni atto é contagioso, e contagioso a tal punto che l'individuo sacrifica il suo interesse personale all'interesse collettivo. 
E questa un'attitudine contraria alla sua natura, e di cui l'uomo non diventa affatto capace se non allorquando fa parte di una folla.
Una terza causa, e assai più importante, determina negli individui in folla dei caratteri
speciali a volte intensamente opposti a quelli dell'individuo isolato. Voglio dire della
suggestionabilità, il cui contagio, sopra menzionato, non é del resto che un effetto.
Per capire questo fenomeno, bisogna aver presenti allo spirito certe scoperte recenti della
fisiologia. Noi oggi sappiamo che un individuo può essere posto in uno stato tale, che avendo
perduto la sua personalità cosciente, obbedisce a tutte le suggestioni dell'operatore che
gliel'ha fatta perdere, e commette gli atti più contrari al suo carattere e alle sue abitudini.
Delle attente osservazioni sembrano provare che l'individuo, tuffato da qualche tempo in seno ad una folla in fermento, cade in breve in seguito agli effluvi che ne sprigionano, o per altra causa ancora ignorata - in uno stato particolare, simile assai allo stato di fascinazione
dell'ipnotizzato tra le mani del suo ipnotizzatore. Essendo, nell'ipnotizzato, paralizzata la vita del cervello, egli diventa lo schiavo di tutte le attività incoscienti che l'ipnotizzatore dirige a suo talento. La personalità cosciente é svanita, la volontà e il discernimento aboliti.
Sentimenti e pensieri sono allora orientati nel senso determinato dall'ipnotizzatore.
Questo é all'incirca lo stato dell'individuo che fa parte della folla. Egli non é più cosciente dei
suoi atti. In lui, come nell'ipnotizzato, mentre certe facoltà sono distrutte, altre possono
essere condotte a un grado estremo di esaltazione. L'influenza di una suggestione lo lancerà
con una imperiosità irresistibile verso il compimento di certi atti. Impetuosità più irresistibile ancora nelle folle che nei soggetti ipnotizzati, poiché la suggestione, essendo la stessa per tutti gli individui, straripa diventando reciproca. Le unità di una folla che posseggono una personalità abbastanza forte per resistere alla suggestione, sono in numero troppo esiguo e la corrente le trascina. Tutt'al più esse potranno tentare una diversione per una diversa suggestione. Una parola felice, una immagine evocata hanno a volte sviato la folla dagli atti più sanguinari.
Dunque, annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità incosciente, orientamento per via della suggestione e di contagio dei sentimenti e delle idee in un medesimo senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite: tali sono i principali caratteri dell'individuo nella folla. Egli non é più sé stesso, ma un automa diventato impotente a guidare la propria volontà.
Per il solo fatto di far parte di una folla, l'uomo discende di parecchi gradi la scala della civiltà.
Isolato, sarebbe forse un individuo colto, nella folla è un istintivo, per conseguenza un
barbaro. Egli ha la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi. Si fa simile ad essi anche per la sua facilità a lasciarsi impressionare da parole, immagini, e guidare ad atti che ledono i suoi interessi più evidenti. 
L'individuo della folla é un granello di sabbia in mezzo ad altri granelli di sabbia che il vento solleva a suo capriccio.
Ed é così che si vedono dei giurì emettere verdetti che ogni giurato, individualmente,
disapproverebbe, delle assemblee parlamentari adottare leggi e provvedimenti che ognuno
dei membri che le compongono, in particolare riproverebbe. Presi separatamente, gli uomini
della Convenzione erano dei borghesi, dalle pacifiche abitudini. Riuniti in folla, sotto
l'influenza di qualche caporione, non esitavano a mandare alla ghigliottina gli individui più
chiaramente innocenti, e contrariamente a tutti i loro interessi, essi rinunciavano alla loro
inviolabilità e si decimavano tra loro.
Non solo per gli atti l'individuo della folla differisce dal suo io normale. Ancor prima di aver
perduto ogni indipendenza, le sue idee e i suoi sentimenti si sono trasformati a tal segno da
cambiare l'avaro in prodigo, lo scettico in credente, l'onesto in delinquente, il codardo in eroe.
La rinuncia a tutti i suoi privilegi votata dalla nobiltà in un momento di entusiasmo nella
famosa notte del 4 agosto 1789, non sarebbe stata certamente mai accettata da nessuno dei
suoi membri preso isolatamente.
Dalle osservazioni precedenti, si conclude che la folla é sempre intellettualmente inferiore
all'uomo isolato. Ma dal punto di vista dei sentimenti e degli atti che questi sentimenti
determinano, essa può, seguendo le circostanze, essere peggiore o migliore. Tutto dipende dal modo col quale essa é suggestionata. Questo é quanto hanno misconosciuto gli scrittori che hanno studiato le folle solo dal punto di vista criminale. Certo, spesso esse sono criminali, ma di frequente anche eroiche. Facilmente sono condotte a farsi uccidere per il trionfo di una fede, di un'idea; vengono entusiasmate per la gloria e l'onore, si conducono quasi senza pane e senz'armi come nelle Crociate, per liberare dagli infedeli la tomba di un Dio, o, come nel 93, per difendere il suolo della patria.
Eroismi evidentemente un po' incoscienti; ma é con tali eroismi che si fa la storia. Se si
dovessero mettere all'attivo dei popoli soltanto le grandi azioni freddamente ragionate, gli annali del mondo ne registrerebbero ben poche. 

 CAPITOLO II
Sentímenti e moralità delle folle

1. Impulsività, mobilità e irritabilità delle folle. - La folla é il trastullo di tutte le eccitazioni esteriori e ne riflette le incessanti variazioni. - Gli impulsi che esse subiscono sono abbastanza imperiosi perché l'interesse personale scompaia. - Nulla é premeditato nelle folle. - Azione della razza - 
2. Suggestionabilità e credulità delle folle. - Loro obbedienza alle suggestioni. - Le immagini evocate nel loro spirito, sono da esse considerate come realtà. - Come queste immagini siano simili per tutti gli individui che compongono una folla. Comune livello dello scienziato e dell'imbecille in una folla. - Diversi esempi di illusioni alle quali tutti gli individui di una folla sono soggetti. -Impossibilità di accordare fiducia alla testimonianza di una folla. L'unanimità di numerosi testimoni é una delle prove più cattive a cui ci si possa appellare per stabilire un fatto. - Scarso valore dei libri di storia.-
3. Esagerazione e semplicismo dei sentimenti delle folle. - Le folle non conoscono né il dubbio né l'incertezza e vanno sempre agli estremi. - I loro sentimenti sono sempre eccessivi. - 
4. Intolleranza, autoritarisimo e opinioni conservatrici delle folle. - Ragioni di questi sentimenti. - Servilità della folla dinanzi a una forte autorità. - Gli istinti rivoluzionari momentanei della folla non le impediscono d'essere estremamente conservatrice. - La folla é ostile, ai cambiamenti e al progresso. - 
5. Moralità della folla. - La moralità d'una folla, seguendo le suggestioni, può essere molto più bassa o molto più alta di quella degli individui che la compongono. - Spiegazioni ed esempi. - La folla raramente ha per stimolo l'interesse, che è, quasi sempre, il movente dell'individuo isolato. - Funzione moralizzatrice della folla.

Dopo aver indicato in modo molto generale i principali caratteri di una folla, li studieremo
particolarmente.
Parecchi caratteri speciali della folla, come l'impulsività, l'irritabilità, l'incapacità di
ragionare, l'assenza di giudizio e di spirito critico, l'esagerazione dei sentimenti e altro ancora
si possono osservare anche negli esseri appartenenti a forme inferiori di evoluzione, come il
selvaggio e il bambino. E una analogia che noto soltanto di sfuggita. La sua dimostrazione
uscirebbe dalla trama di quest'opera. E, d'altra parte, sarebbe inutile per le persone che
conoscono la psicologia dei primitivi, e convincerebbe poco quelli che l'ignorano.
Ora prendo in esame, uno dopo l'altro, i diversi caratteri facili a osservarsi nella maggior
parte delle folle.

1. - Impulsività, mobilità e irritabilità delle folle.
La folla, come abbiamo detto studiando i suoi caratteri fondamentali, é guidata quasi
esclusivamente dall'istinto. I suoi atti subiscono molto più l'influenza del midollo spinale che
quella del cervello. Le azioni compiute da una folla possono essere perfette nella loro
esecuzione ma, siccome il cervello non le dirige, l'individuo agisce seguendo l'impulso
dell'eccitazione. La folla, alla mercé di tutti gli stimoli esterni, ne riflette le continue
variazioni. Dunque é schiava degli impulsi che riceve. L'individuo isolato può subire gli stessi
eccitamenti dell'uomo in folla; ma la ragione gli fa vedere gli inconvenienti che ne
deriverebbero se vi cedesse, quindi egli non piega. Si può fisiologicamente definire questo
fenomeno dicendo che l'individuo isolato possiede l'attitudine a dominare i suoi riflessi,
mentre la folla ne é priva.
I diversi impulsi a cui può obbedire una folla possono essere, secondo le eccitazioni, generosi
o crudeli, eroici o pusillanimi, ma saranno sempre così imperiosi che persino l'istinto di
conservazione sparirà dinanzi ad essi. Essendo molto svariati i motivi capaci di suggestionare
una folla, e siccome questa vi obbedisce sempre, essa é estremamente volubile. In un
momento passa dalla ferocia più sanguinaria alla generosità o all'eroismo più assoluti. La
folla diventa molto facilmente carnefice, ma non meno facilmente martire. Dal suo seno
colano i torrenti di sangue che il trionfo d'ogni idea esige. E inutile risalire alle età eroiche per
vedere di che cosa é capace la folla. Essa non mercanteggia mai la sua vita in una sommossa, e
pochi anni fa, un generale, diventato popolare in un momento, trovò facilmente centomila
uomini pronti a farsi uccidere per la sua causa. Nulla, dunque, potrebbe essere premeditato
da una folla. Essa può passare successivamente attraverso la gamma dei sentimenti più
contrari sotto l'influenza dell'eccitazione del momento. La folla è simile alle foglie che il
turbine solleva, disperde in tutti i sensi, e poi lascia ricadere. Lo studio di certe folle
rivoluzionarie, ci fornirà qualche esempio della mutevolezza dei loro sentimenti. Questa
mutevolezza rende le folle difficilissime nel guidarle, specie quando una parte dei pubblici
poteri è caduta nelle loro mani. Se le necessità della vita quotidiana non costituissero una
specie di regolatore invisibile degli avvenimenti, i democratici non potrebbero affatto
sussistere. Ma le folle che distruggono le cose con frenesia, non le distruggono a lungo. Esse
sono incapaci di durevole volontà e di tenacia di pensiero. La folla non é soltanto impulsiva e
mutevole. Come il selvaggio, essa non ammette ostacolo tra il suo desiderio e l'avverarsi di
questo desiderio, e tanto meno quando il numero le dà il sentimento di una potenza
irresistibile. Per l'individuo della folla, la nozione della impulsività scompare. L'uomo isolato,
sa bene che non potrebbe incendiare un palazzo, saccheggiare un negozio; la tentazione non
gli si affaccia neanche alla mente. Quando fa parte di una folla, egli acquista coscienza della
possanza che il numero gli conferisce, e alla prima suggestione di assassinio o di saccheggio,
cederà immediatamente. L'ostacolo inatteso sarà infranto con frenesia. Se l'organismo umano
permettesse la eternità del furore, si potrebbe dire che lo stato normale della folla eccitata è il
furore.
Nella irritabilità delle folle, la impulsività e la mutevolezza, come in tutti i sentimenti del
popolo che noi studieremo, intervengono sempre i caratteri fondamentali della razza. Essi
costituiscono il terreno immutabile sul quale germinano i nostri sentimenti. Le folle sono,
senza dubbio, irritabili e impulsive, ma con grandi variazioni di intensità. La differenza tra
una folla latina e una folla anglo-sassone, è, ad esempio, enorme. I recenti fatti della nostra
storia gettano una viva luce su questo punto. Nel 1870, la pubblicazione di un semplice
telegramma che riferì un supposto insulto bastò a determinare un'esplosione di furore da cui
trasse immediatamente origine una guerra terribile. Qualche anno dopo, l'annunzio
telegrafico di uno scacco a Langson provocò una nuova esplosione che condusse al
rovesciamento fulmineo del governo. Nel tempo stesso, lo scacco molto più grave di una
spedizione inglese davanti a Kartum non produsse in Inghilterra che una lieve emozione, e
nessun ministro fu cambiato. Le folle sono dappertutto femminili, ma le più femminili di
tutte sono le folle latine.
Chi si appoggia su di esse può salire assai in alto e in breve tempo, ma camminando sempre
sull'orlo della rupe Tarpea e con la certezza di esserne un giorno precipitato.

2. - Suggestionabilità e credulità delle folle.
Abbiamo detto che uno dei caratteri generali delle folle é una eccessiva suggestionabilità, e
mostrato come, fra tutti gli agglomeramenti umani, una suggestione é contagiosa; ciò che
spiega il rapido orientamento dei sentimenti in una determinata direzione.
La folla, per quanto neutra la si supponga, si trova spesso in uno stato di attenzione
aspettante favorevole alla suggestione. La prima suggestione formulata s'impone, per
contagio, a tutti i cervelli, e stabilisce subito l'orientamento. Negli esseri suggestionati, l'idea
fissa tende a trasformarsi in azione. Si tratti di incendiare un palazzo o di compiere un'opera
di devozione, la folla vi si presta con la stessa facilità. Tutto dipenderà dal carattere
dell'impulso, e non più, come nell'individuo isolato, dai rapporti esistenti fra l'azione
suggerita e le ragioni che si possono opporre alla sua realizzazione.
Di modo che, sfiorando sempre i confini dell'incoscienza, subentrando tutte le suggestioni,
animata dalla violenza dei sentimenti propri degli esseri che non possono fare appello a
influenze razionali, priva di spirito critico, la folla non può che essere d'una credulità
eccessiva. Per essa non esiste l'inverosimile, e bisogna ricordarselo per capire la facilità con la
quale si creano e si propagano le leggende e i racconti più stravaganti (*)
(*) Le persone che hanno assistito all'assedio di Parigi, hanno visto numerosi esempi di
questa credulità delle folle per cose assolutamente inverosimili. Una candela accesa al piano
superiore d'una casa era subito considerata come un segnale fatto agli assedianti. E
tuttavia due secondi di riflessione avrebbero dimostrato che era assolutamente impossibile
scorgere la luce della candela da parecchie leghe di distanza.
La creazione delle leggende che si propagano così facilmente tra le folle, non é soltanto il
risultato d'una completa credulità, ma anche delle deformazioni prodigiose che gli
avvenimenti subiscono nell'immaginazione degli individui riuniti. Il fatto più semplice visto
dalla folla, diventa subito un avvenimento alterato. La folla pensa per immagini, e l'immagine
evocata ne evoca essa stessa molte altre che non hanno nessun nesso logico con la prima. Si
capisce facilmente questo stato pensando alle bizzarre successioni d'idee a cui ci porta
qualche volta l'evocazione di un fatto qualsiasi. La ragione ci fa vedere l'incoerenza di simili
immagini, ma la folla non la vede; e confonderà con l'avvenimento stesso tutto quello che la
sua immaginazione vi aggiunge, deformandolo. Incapace di separare il soggettivo
dall'obiettivo, la folla ammette come reali le immagini evocate nel suo spirito, e che, il più
delle volte, non hanno nessuna parentela col fatto osservato.
A tutta prima, parrebbe che le alterazioni che una folla fa subire a un fatto qualsiasi di cui é
testimone, dovrebbero essere innumerevoli e diverse fra loro, poiché gli uomini che la
compongono hanno temperamenti svariatissimi. Ma non é vero. Per effetto del contagio, le
alterazioni sono della stessa natura e uguali per tutti gli individui della collettività. La prima
alterazione concepita da uno di essi forma il modo della suggestione contagiosa. San Giorgio,
prima di apparire a tutti i crociati sui muri di Gerusalemme, fu certamente visto da uno solo.
Per via di suggestione e di contagio, il miracolo segnalato fu immediatamente accettato da
tutti.
Questo é il meccanismo di quelle allucinazioni collettive così frequenti nella storia, e che pare
abbiano tutti i caratteri classici della autenticità, poiché si tratta di fenomeni constatati da
migliaia di persone.
La qualità mentale degli individui di cui si compone la folla non smentisce questo principio.
Questa qualità non ha importanza. Dal momento che sono in folla, l'ignorante e il dotto
diventano egualmente incapaci di fare osservazioni.
La tesi può sembrare paradossale. Per dimostrarla bisognerebbe riportare numerosi fatti
storici, e non basterebbero parecchi volumi. Tuttavia, non volendo lasciare il lettore sotto
l'impressione di asserzioni senza prove, gli darò qualche esempio preso a caso fra tutti quelli
che si potrebbero citare.
Il fatto seguente é uno dei più tipici perché é scelto fra le allucinazioni collettive che agiscono
su una folla in cui si trovano individui d'ogni specie, incolti e istruiti. È riportato
incidentalmente dal luogotenente di vascello Julien Félix, nel suo libro sulle correnti marine.
La fregata Belle-Poule perlustrava il mare per ritrovare la corvetta Berceau da cui un violento
uragano l'aveva separata. Si era in piena luce e in pieno sole. A un tratto la vedetta segnala
una imbarcazione disattrezzata. L'equipaggio dirige i suoi sguardi verso il punto indicato, e
tutti, ufficiali e marinai, scorgono nettamente una zattera carica di uomini, rimorchiata da
imbarcazioni sulle quali si agitano segnali che invocano aiuto. L'ammiraglio Desfossé fece
armare una imbarcazione per correre in aiuto dei naufraghi. Avvicinandosi, marinai e ufficiali
vedevano « masse di uomini agitarsi, tendere le mani e udivano il sordo e confuso brusio di
un gran numero di voci. Giunti vicino al preteso battello, si trovarono in faccia a qualche
ramo d'albero coperto di foglie, strappato alla costa vicina. Dinanzi a una così tangibile
evidenza, l'allucinazione svanì.
Questo esempio svela assai chiaramente il meccanismo dell'allucinazione collettiva, come noi
lo abbiamo spiegato. Da una parte una folla in istato d'attesa; dall'altra la suggestione operata
dalla vedetta che segnala un bastimento disattrezzato, suggestione accettata per contagio, da
tutti i presenti, ufficiali e marinai. Una folla non ha bisogno di essere numerosa perché la sua
facoltà di vedere correttamente sia distrutta, e i fatti reali sostituiti da allucinazioni senza
legame con essi. Pochi individui riuniti costituiscono una folla, e se anche fossero dei gran
sapienti, essi rivestono tutti i caratteri delle folle comuni. La facoltà d'osservazione e lo spirito
critico posseduto da ciascuno di essi, svanisce.
Uno psicologo ingegnoso, Davey, ce ne dà un assai curioso esempio, riportato dagli Annali
delle scienze psichiche, e che merita d'esser qui riferito. Avendo Davey convocato una
riunione di eminenti osservatori, tra i quali uno dei primi scienziati d'Inghilterra - Wallace -
eseguì dinanzi ad essi, e dopo aver loro fatto esaminare degli oggetti e porre dei sigilli ove essi
volevano, tutti i fenomeni classici di spiritismo: materializzazione degli spiriti, scrittura su
lavagne, ecc. Avendo poi ottenuto da quegli spettatori illustri rapporti scritti che affermavano
come i fenomeni osservati non potevano essere ottenuti che con mezzi soprannaturali, rivelò
loro che essi erano il risultato di semplicissimi inganni.
« Il fatto che più stupisce in queste investigazioni di Davey, scrive l'autore della relazione, non
é la meraviglia del trucco di per se stesso, ma l'estrema debolezza dei rapporti che ne hanno
fatto i testimoni non iniziati. Dunque, egli dice, i testimoni possono fare numerosi e positivi
racconti completamente erronei, ma il cui risultato é che, se si accettano le loro descrizioni
come esatte, i fenomeni descritti sono inispiegabili come gherminelle. I metodi ideati dal
signor Davey erano così semplici, che si é stupiti come abbia avuto l'ardire di impiegarli; ma
egli aveva un tale potere sugli spiriti della folla, da persuaderla a vedere quel che essa non
vedeva. »
Si tratta sempre del potere dell'ipnotizzatore riguardo a quello dell'ipnotizzato. Ma quando lo
si vede esercitato su degli spiriti superiori, messi già in stato di diffidenza, si capisce con quale
facilità si possano illudere le folle ordinarie.
Simili esempi sono innumerevoli. Qualche anno fa i giornali riprodussero la storia di due
bambine annegate e ripescate nella Senna. Quelle bambine furono senz'altro riconosciute nel
modo più categorico da una "dozzina di testimoni". Dinanzi ad affermazioni così concordi,
nessun dubbio era rimasto nella mente del giudice istruttore. Egli permise di redigere l'atto di
morte. Ma nel momento in cui si stava per procedere alla inumazione, il caso permise di
scoprire che le supposte vittime erano perfettamente vive e non avevano, del resto, che una
lontana rassomiglianza con le piccole annegate. Come in parecchi degli esempi citati
precedentemente, l'affermazione del primo testimonio, vittima di una illusione, era bastata a
suggestionare tutti gli altri.
In casi simili, il punto di partenza della suggestione deriva sempre dall'illusione prodotta in
un individuo da reminiscenze più o meno incerte, poi dal contagio di questa prima illusione.
Se il primo osservatore é molto impressionabile, basterà che il cadavere che egli crede
riconoscere presenti - all'infuori d'ogni reale rassomiglianza - qualche particolarità, una
cicatrice o un particolare del vestito, capace di evocare in lui l'idea di un'altra persona. Questa
idea evocata diventa allora il nucleo di una specie di cristallizzazione che invade il campo
dell'intelligenza e paralizza ogni facoltà critica. Ciò che allora l'osservatore vede, non é più
l'oggetto stesso, ma l'immagine evocata nel suo spirito. In questo modo si spiegano i
riconoscimenti erronei di cadaveri di fanciulli dalla loro stessa madre, come nel caso
seguente, già antico, e in cui si vedono manifestarsi precisamente i due ordini di suggestione
di cui ho ora indicato il meccanismo.
« Il ragazzo fu riconosciuto da un altro ragazzo che si ingannava. Allora fu un susseguirsi di
riconoscimenti inesatti. E si vide una cosa straordinaria. L'indomani del giorno in cui uno
scolaro l'aveva riconosciuto, una donna esclamò : « Ah ! Dio mio, é mio figlio ».
Fu portata vicino al cadavere; ella osserva i vestiti, constata una cicatrice in fronte. « È
proprio mio figlio, perduto dal luglio scorso. Me lo avranno rapito e poi ucciso ».
La donna era portinaia in Rue du Four e si chiamava Chavandret. Fu fatto venire suo cognato,
che senza esitazione disse: « Ecco il piccolo Filiberto ». Parecchi abitanti della via
riconobbero nel fanciullo Filiberto Chavandret; lo riconobbe anche il suo maestro di scuola
per il quale la medaglia era un indizio.
Ebbene: i vicini, il cognato, il maestro di scuola e la madre si ingannavano. Sei settimane
dopo, l'identità del fanciullo fu stabilita. Era un ragazzo di Bordeaux, ucciso a Bordeaux e
dalla diligenza postale portato a Parigi. (Eclair del 21 aprile 1895).
Notiamo che questi riconoscimenti si verificano generalmente in donne e fanciulli, vale a dire
negli esseri più impressionabili. Essi dimostrano quel che possano valere di fronte alla
giustizia simili testimonianze. Specie le affermazioni dei ragazzi non dovrebbero essere mai
invocate. I magistrati ripetono come un luogo comune che a quell'età non si mentisce. Una
cultura psicologica un po' meno sommaria farebbe loro conoscere che invece a quell'età si
mentisce quasi sempre. Senza dubbio la menzogna é innocente, ma non per questo essa non é
menzogna. Sarebbe meglio giocare a testa o croce (affidarsi al caso) piuttosto di decidere -
come tante volte si é fatto - la condanna di un accusato, in seguito alla testimonianza di un
ragazzo.
Per tornare alle osservazioni fatte dalle folle, concluderemo che le osservazioni collettive sono
le più erronee di tutte e rappresentano di solito la semplice illusione di un individuo che ha,
per contagio, suggestionato gli altri.
Innumerevoli fatti provano la completa diffidenza che bisogna avere della testimonianza delle
folle. Migliaia di uomini assisterono alla celebre-carica di cavalleria della battaglia di Sédan, e
tuttavia é impossibile, in presenza a testimonianze oculari contradittorie, sapere da chi essa
fu comandata. In un recente libro, il generale inglese Wolseley ha provato che fino ad oggi
erano stati commessi i più gravi errori sui più considerevoli fatti della battaglia di Waterloo,
fatti attestati tuttavia da centinaia di testimoni (*).
(*) Sappiamo, a proposito di una sola battaglia, come essa si é esattamente svolta ? Ne
dubito assai. Noi sappiamo chi furono i vincitori e i vinti, ma probabilmente niente di più.
Quel che il d'Harcourt, partecipe e testimonio, riferisce della battaglia di Solferino, può
applicarsi a tutte le battaglie: "I generali (edotti naturalmente da centinaia di testimoni)
trasmettono i loro rapporti ufficiali; gli ufficiali incaricati di portare gli ordini modificano
quei documenti e redigono il rapporto definitivo; il capo di stato maggiore lo contesta e lo
rifà con nuove frasi. Viene portato al maresciallo, il quale esclama: «Voi vi ingannate
assolutamente ! » ed egli sostituisce una nuova redazione. Del primo rapporto non resta
quasi niente ». Il d'Harcourt riferisce questo fatto come una prova dell'impossibilità di
stabilire la verità sugli avvenimenti più impressionanti e fra i meglio osservati.
Tutti questi esempi mostrano, lo ripeto, quel che vale la testimonianza delle folle. I trattati di
logica includono l'unanimità delle testimonianze numerose nella categoria delle prove più
certe sull'esattezza di un fatto. Ma ciò che noi sappiamo della psicologia delle folle mostra
come essi si illudano a tal riguardo. I fatti di cui si deve maggiormente dubitare sono
certamente quelli che sono stati osservati dal più gran numero di persone. Dire che un fatto é
stato simultaneamente constatato da migliaia di testimoni, é come dire che il fatto é, in
generale, molto diverso dalla versione accertata. Da ciò che si é detto, si deduce che i libri di
storia vanno considerati come opere di pura immaginazione. Sono racconti fantastici di fatti
mal osservati, accompagnati da spiegazioni inventate a cose fatte. Se il passato non ci avesse
trasmesso le sue opere letterarie, artistiche e monumentali, non conosceremmo nulla di vero.
Sappiamo forse una sola parola veritiera sulla vita dei grandi uomini che occuparono un
posto importante nell'umanità come Ercole, Budda, Gesù o Maometto ? Molto probabilmente
no.
D'altra parte, la loro vita esatta ci importa poco. Coloro cha hanno impressionato la folla
furono eroi leggendari, e non eroi reali.
Sfortunatamente la leggende non hanno nessuna consistenza. L'immaginazione della folla la
trasforma continuamente secondo i tempi, a soprattutto secondo la razza. Ci corre molto dal
Jehova sanguinario della Bibbia al Dio d'amore di Santa Teresa; e il Budda adorato in Cina
non ha nulla di comune con quello venerato nell'India.
Non c'é neppure bisogno cha siano passati dei secoli sugli eroi perché la leggende siano
trasformate dall'immaginazione della folla. Qualche volta la trasformazione si compie in
qualche anno. Ai nostri tempi, abbiamo visto la leggenda d'uno dai più grandi eroi storici
modificarsi parecchie volte in meno di cinquant'anni. Sotto i Borboni, Napoleone diventò una
specie di personaggio idillico, filantropico, e liberale, amico dagli umili, che, secondo i poeti,
dovevano serbare il suo ricordo sotto la paglia per lungo tempo. Trent'anni dopo, il mite eroe
era diventato un despota sanguinario, usurpatore del potere a dalla libertà, che aveva
sacrificato alla sua ambizione tre milioni di uomini. Ora la leggenda si trasforma ancora.
Quando saranno passati qualche decina di secoli, i dotti dell'avvenire, davanti a questi
racconti che si contraddicono, dubiteranno forse dell'esistenza dell'eroe, come noi qualche
volta dubitiamo di quella di Budda, e in lui non vedranno che qualche mito solare o uno
sviluppo della leggenda di Ercole. Si consoleranno facilmente di questa incertezza, poiché,
conoscendo meglio di quanto non si conosca oggi la psicologia delle folle, sapranno che la
storia non può eternare che dei miti.

3.° - Esagerazione e semplicismo dei sentimenti delle folle.
I sentimenti, buoni o cattivi, manifestati da una folla, presentano questo duplice carattere : di
essere semplicissimi e assai esagerati. Su questo punto, come su tanti altri, l'individuo della
folla si avvicina agli esseri primitivi. Inaccessibile alle gradazioni, egli vede le cose
nell'insieme e non conosce transizioni. Nella folla, l'esagerazione di un sentimento è
fortificato dal fatto che propagandosi assai celermente per contagio e suggestione,
l'approvazione di cui diventa oggetto, accresce notevolmente la sua forza.
La semplicità e l'esagerazione dei sentimenti delle folle le preservano dal dubbio e
dall'incertezza. Come le donne, esse vanno subito agli estremi. La supposizione si trasforma
senz'altro in evidenza indiscutibile. Un principio di antipatia e di disapprovazione, che
nell'individuo isolato rimarrebbe poco accentuato, diventa subito un odio feroce
nell'individuo della folla.
Anche la violenza dei sentimenti delle folle é esagerata, specie nelle folle miste, per l'assenza
di responsabilità. La certezza dell'impunità, tanto più forte quanto più la folla é numerosa, e
la nozione di un potere momentaneo considerevole dovuto al numero, rendono possibili alla
collettività dei sentimenti e degli atti impossibili all'individuo isolato. Nelle folle, l'imbecille,
l'ignorante e l'invidioso sono liberati dal sentimento della loro nullità e impotenza, che é
sostituita dalla nozione di una forza brutale, passeggera, ma immensa.
Nelle folle l'esagerazione porta spesso sfortunatamente a cattivi sentimenti, rimasuglio degli
istinti dell'uomo primitivo, sentimenti che, per tema del castigo, l'individuo isolato e
responsabile frena. In tal modo si spiega la facilità delle folle a lasciarsi andare agli eccessi
peggiori.
Abilmente suggestionate, le folle diventano capaci di eroismo e di devozione. Di ciò sono
ancor più capaci che non l'individuo isolato. Avremo ben presto occasione di tornare su
questo punto studiando la moralità delle folle.
Non essendo la folla impressionata che da sentimenti eccessivi, l'oratore che vuole sedurla
deve abusare delle affermazioni violente.
Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento,
sono i procedimenti di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari.
La folla esige anche la stessa esagerazione nei sentimenti dei suoi eroi. Le loro qualità e le loro
virtù apparenti devono sempre essere ingrandite. In teatro, la folla esige dall'eroe della
commedia delle virtù, un coraggio, una moralità, che non sono mai praticamente nella vita.
Si é parlato con ragione dell'ottica del teatro. Ce n'é una, certamente, ma le sue regole
spessissimo non hanno nulla di comune col buon senso e la logica. L'arte di parlare alle folle é
inferiore, non esige attitudini tutte speciali. Leggendo certe commedie non sappiamo
spiegarci come mai abbiano avuto successo. Gli stessi direttori di teatri, quando ricevono una
commedia, sono generalmente molto incerti sulla sua riuscita, poiché, per giudicare,
bisognerebbe che si trasformassero in folla (*).
(*) Ciò spiega come certe commedie rifiutate da tutti i direttori di teatri ottengano un gran
successo quando, per caso, vengono recitate. Si conosce il successo della commedia di
Coppée, "Per la corona", rifiutata per dieci anni dai direttori dei primi teatri, nonostante il
nome dell'autore. "La madrina di Charley", messa in scena a spese d'un agente di cambio,
dopo numerosi rifiuti, ebbe duecento rappresentazioni in Francia e più di mille in
Inghilterra. Senza la spiegazione data più sopra sull'impossibilità in cui si trovano i
direttori di teatro di sostituirsi mentalmente alla folla, sarebbero incomprensibili tali
aberrazioni di giudizio da parte di persone competenti e piene di interesse a non
commettere tali errori.
Se ci potessimo dilungare, sarebbe facile dimostrare anche l'influenza preponderante della
razza. La commedia che entusiasma la folla in un paese, qualche volta non ha successo in un
altro o non ottiene che un successo di stima e convenzionale, perché non ha le risorse capaci
di sollevare il suo nuovo pubblico.
E' inutile aggiungere che l'esagerazione delle folle si basa soltanto sui sentimenti, e in nessum
modo sull'intelligenza. Per il solo fatto d'essere folla, il livello intellettuale dell'individuo - l'ho
già dimostrato - si abbassa considerevolmente. Il signor Tarde l'ha constatato facendo le sue
ricerche sui delitti delle folle. Dunque é soltanto nel campo sentimentale che le folle possono
salire molto in alto, o, al contrario, discendere molto in basso.

4.° - Intolleranza, autoritarismo e conservatorismo delle folle.
Le folle, non conoscendo che i sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco
le opinioni, le idee, le credenze che vengono suggerite loro, e le considerano come verità
assolute o come errori non meno assoluti. Quante sono le credenze nate dalla suggestione,
invece d'essere state generate dal ragionamento! Tutti sanno quanto siano intolleranti le
credenze religiose, e che impero dispotico esercitino sulle anime.
La folla, non avendo nessun dubbio su ciò che per lei é verità o errore, e avendo d'altra parte
la nozione chiara della propria forza, é autoritaria quanto intollerante. L'individuo può
accettare la contraddizione e la discussione, ma la folla non le ammette mai. Nelle riunioni
pubbliche, la più piccola contraddizione da parte di un oratore é accolta con urli di collera e
violenti invettive, seguite ben presto da vie di fatto e dall'espulsione se l'oratore insiste un
poco. Se non fossero presenti gli agenti dell'autorità, il contraddittore sarebbe spesso linciato.
L'autoritarismo e l'intolleranza sono caratteristiche di tutti i generi di folle, ma vi si trovano in
gradi diversi, e qui ancora riappare l'importanza fondamentale della razza, dominatrice dei
sentimenti e dei pensieri umani. L'autoritarismo e l'intolleranza sono più forti nelle folle
latine. E lo sono al punto di aver distrutto quel sentimento di indipendenza individuale così
potente negli Anglo-Sassoni. Le folle latine sono sensibili soltanto all'indipendenza collettiva
della loro setta, e la caratteristica di questa indipendenza é il bisogno di asservire alle loro
credenze, immediatamente e violentemente, tutti i dissidenti. Presso i popoli latini, i
Giacobini di tutte le età, da quelli dell'Inquisizione, non hanno mai avuto un'altra concezione
della libertà.
L'autoritarismo e l'intolleranza sono per le folle sentimenti molto chiari, che esse sostengono
tanto facilmente quanto facilmente li praticano. Le folle rispettano la forza e sono
mediocremente impressionate dalla bontà, che é facilmente considerata come una forma di
debolezza.
Le loro simpatie non sono mai state per i padroni miti, bensì per i tiranni, che le hanno
dominate con energia. Ad essi vengono innalzate le statue più imponenti. Se esse volentieri
calpestano il despota detronizzato, si é perché avendo questi perduto la sua forza, rientra
nella categoria dei deboli che si disprezzano e non si temono. Il tipo dell'eroe caro alle folle
avrà sempre la struttura di un Cesare. Il suo pennacchio le seduce, la sua autorità si impone e
la sua sciabola fa loro paura. Sempre pronta a sollevarsi contro un'autorità debole, la folla si
curva servilmente dinanzi a un'autorità forte. Se l'azione dell'autorità é intermittente, la folla,
ubbidendo sempre ai suoi sentimenti estremi, passa alternativamente dall'anarchia alla
servitù, e dalla servitù all'anarchia. Credere al predominio degli istinti rivoluzionari nelle
folle, significherebbe del resto disconoscere la loro psicologia. Le loro violenze ci illudono a
tal riguardo. Le esplosioni di rivolta e di distruzione sono sempre effimere. Troppo esse sono
guidate dall'incosciente, e per conseguenza troppo sottomesse all'influenza di eredità secolari,
per non mostrarsi estremamente conservatrici. Abbandonate a se stesse, le si vedono ben
presto, stanche dei loro disordini dirigersi di istinto verso il servilismo. I più orgogliosi e
intrattabili Giacobini acclamarono energicamente Bonaparte quando soppresse tutte le
libertà e fece duramente sentire la sua mano di ferro.
La storia delle rivoluzioni popolari é quasi incomprensibile se si disconoscono gli istinti
profondamente conservatori delle folle. Esse vogliono bensì cambiare i nomi delle loro
istituzioni, e a volte compiono perfino violente rivolte per ottenere questi cambiamenti; ma il
fondo di queste istituzioni é troppo l'espressione dei bisogni ereditari della razza perché esse
non si ricredano. La loro incessante mobilità non si basa che sulle cose superficiali. Infatti
esse hanno istinti conservatori irriducibili e, come tutti i primitivi, un rispetto feticista per le
tradizioni, un orrore incosciente per le novità capaci di modificare le loro condizioni reali di
vita. Se l'attuale potenza delle democrazie fosse esistita all'epoca in cui furono inventati i telai
meccanici, il vapore e le strade ferrate, la realizzazione di queste invenzioni sarebbe stata
impossibile, o soltanto ottenuta a costo di molteplici rivolte. Fortunatamente per il progresso
della civiltà, la supremazia delle folle non si é sviluppata se non quando le grandi scoperte
della scienza e dell'industria erano già compiute.

5. - Moralità delle folle.
Se annettiamo al termine moralità il senso di rispetto costante di certe convenzioni sociali e di
permanente repressione degli impulsi egoistici, é assai evidente che le folle sono troppo
impulsive e troppo mutevoli per essere suscettibili di moralità. Ma se in questo termine
facciamo entrare l'apparizione momentanea di certe qualità come l'abnegazione, l'affezione, il
disinteresse, il sacrificio di se stessi, il bisogno di equità, possiamo dire che le folle sono
invece suscettibili a volte di una moralità elevatissima.
I rari psicologi che le hanno studiate non lo fecero che dal punto di vista dei loro atti
criminali; e riscontrando tali atti frequenti, hanno assegnato alle folle un livello morale
bassissimo.
Senza dubbio di frequente ne danno prova: ma perché ? Semplicemente perché gli istinti di
ferocia distruttrice sono residui di età primitive che dormono nel fondo di ognuno di noi.
Pericoloso sarebbe all'individuo isolato il soddisfarli, mentre l'essere egli assorbito in una
folla irresponsabile, ove l'impunità é assicurata, gli dà ogni libertà per seguirli. Non potendo
abitualmente esercitare questi istinti distruttivi sui nostri simili, ci limitiamo a estrinsecarli
sugli animali. Da una medesima sorgente derivano la passione per la caccia e la ferocia delle
folle. La folla, accanendosi lentamente su una vittima senza difesa, dà prova di una crudeltà
vilissima; ma é parente assai prossima, per il filosofo, a quella dei cacciatori che si riuniscono
a dozzine per avere il piacere di assistere allo sventramento di un disgraziato cervo da parte
dei loro cani.
Se la folla é capace di assassinare, di incendiare e di ogni specie di delitti, essa é ugualmente
capace di atti di sacrificio e di disinteresse più elevati di quelli di cui é suscettibile l'individuo
isolato. Specie sull'individuo che fa parte della folla si riesce ad agire, invocando sentimenti di
gloria, di onore, di religione e di patria.
La storia é piena di esempi simili a quello delle Crociate e dei volontari del '93. Soltanto le
collettività sono capaci di grandi sacrifici e di grandi atti di disinteresse. Quante folle si sono
fatte eroicamente massacrare per fedi e idee che esse appena comprendevano ! Le folle che si
mettono in sciopero, fanno ciò più per obbedire a una parola d'ordine che per ottenere un
aumento di salario. Di raro l'interesse personale é nelle folle una causa potente, mentre esso
costituisce il movente quasi esclusivo dell'individuo isolato.
Non fu certo l'interesse che guidò le folle in tutte le guerre, di frequente incomprensibili alla
loro intelligenza, e in cui esse si lasciavano massacrare facilmente quanto le allodole
ipnotizzate dallo specchio del cacciatore.
Anche i furfanti più perfetti, per il solo fatto di essere riuniti in folla, acquistano talvolta dei
principi rigidissimi di moralità. Taine fa notare che i massacratori del Settembre deponevano
sul tavolo dei comitati i portafogli e le gioie trovate sulle loro vittime, così facili a derubarsi.
La follo urlante, brulicante e miserevole che invase le Tuileries durante la Rivoluzione del
1848, non si impadronì di alcuno degli oggetti preziosi e di cui uno solo rappresentavo il pane
per molti giorni.
La moralizzazione dell'individuo per mezzo della folla, non é certamente una regola costante,
ma si osserva di frequente e anche in circostanze meno gravi di quelle che ho citate. In teatro,
l'ho già detto, la folla esige dall'eroe della commedia delle virtù esagerate; un pubblico, anche
composto d'elementi bassi, é molte volte assai morigerato. Il gaudente di professione, il
lenone, il mascalzone motteggiatore mormorano davanti a uno scena un po' spinta o a una
frase maliziosa, pur essendo meno volgari delle loro solite conversazioni.
Dunque, le folle, che spesso si abbandonano ai più bassi istinti, danno anche esempi di atti
d'alta moralità. Se il disinteresse, la rassegnazione, la devozione assoluta a un ideale
chimerico o reale, sono virtù morali, si può dire che le folle, qualche volta, posseggono queste
virtù a un grado che i più saggi filosofi hanno raramente raggiunto.
Le praticano, certamente, con incoscienza, ma non importa. Se le folle avessero ragionato
spesso e riflettuto sul loro interesse immediato, nessuno civiltà si sarebbe forse sviluppata
sullo superficie del nostro pianeta, e sicuramente l'umanità non avrebbe storia.

CAPITOLO III
Idee, ragionamenti e immaginazione delle folle

1.° Le idee delle folle. - Le idee fondamentali e le idee accessorie. - Come possono sussistere contemporaneamente idee contraddittorie. - Trasformazione che devono subire le idee
superiori per essere accessibili alle folle. - La funzione sociale delle idee é indipendente dalla parte di verità che possono contenere. - 
2.° I ragionamenti delle folle. - Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. - I ragionamenti delle folle sono sempre d'ordine molto basso. - Le idee che le folle associano tra loro hanno soltanto un'apparenza d'analogia e di successione. -
3.° L'immaginazione delle folle. - Potenza dell'immaginazione delle folle. - Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. - Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi é di meraviglioso nelle cose. - Il meraviglioso e il leggendario sono i veri sostegni delle civiltà. - L'immaginazione popolare é sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato. - Come si presentano i fatti capaci di colpire l'immaginazione delle folle.

1.° - Le idee delle folle.
Studiando in un'opera precedente la parte che hanno le idee sull'evoluzione dei popoli,
abbiamo dimostrato che ogni civiltà deriva da un piccolo numero di idee fondamentali che
raramente si rinnovano. Abbiamo spiegato come queste idee si radicano nell'anima delle
folle; con quale difficoltà vi penetrino, e il potere che hanno quando vi sono penetrate.
Abbiamo anche dimostrato che le grandi perturbazioni storiche derivano, il più delle volte,
dal mutamento subìto da queste idee fondamentali.
Avendo già trattato sufficientemente questo argomento, non mi dilungherò ancora, e mi
limiterò a dire qualche parola delle idee accessibili alle folle e sotto quale forma quest'ultime
le concepiscono.
Si possono dividere in due classi. In una metteremo le idee accidentali e passeggere nate sotto
l'influenza momentanea; il fanatismo per un individuo o una dottrina, per esempio. Nell'altra
metteremo le idee fondamentali che, dato il modo come si ricevono, - l'eredità - sono molto
stabili : come le idee religiose un tempo, e le idee democratiche e sociali oggi.
Le idee fondamentali potrebbero essere rappresentate dalla massa delle acque d'un fiume che
svolge lentamente il suo corso; le idee passeggere dalle piccole onde, sempre mutevoli, che
agitano la sua superficie e che, sebbene non abbiano una reale importanza, sono più visibili
del cammino stesso del fiume.
Ai giorni nostri, le grandi idee fondamentali in cui hanno vissuto i nostri padri, sembrano
sempre più vacillanti, e le istituzioni che s'appoggiano ad esse si sono trovate profondamente
scosse. Presentemente si formano molte di quelle piccole idee transitorie di cui ho parlato or
ora; ma fra queste, sembra che ben poche possano acquistare un'influenza preponderante.
Qualunque siano le idee suggerite alle folle, esse non possono diventare dominanti che alla
condizione di rivestire una forma semplicissima e di essere rappresentate nel loro spirito
sotto l'aspetto di un'immagine. Siccome queste idee-immagini non sono unite da nessun
legame logico d'analogia o di successione, possono sostituirsi una all'altra come le lastre della
lanterna magica che l'operatore leva dalla scatola dove stavano sovrapposte.
Dunque, si può vedere nelle folle una successione d'idee disparatissime.
Secondo i casi, la folla sarà posta sotto l'influenza di una delle diverse idee immagazzinate
nella sua mente, e di conseguenza commetterà gli atti più dissimili. La completa assenza di
spirito critico non le permette di vederne la contraddizione. Questo, d'altronde, non é un
fenomeno che si nota soltanto nelle folle. Si può constatarlo in molti individui isolati, non solo
fra gli esseri primitivi, ma in tutti quelli che per una tendenza dello spirito (i seguaci d'una
fede religiosa, ad esempio) si avvicinano ai primitivi. Io l'ho osservato, ad esempio, in alcuni
Indù colti, che avevano frequentato università europee e avevano ottenuto tutti i diplomi. Sul
loro fondo immutabile di idee religiose-sociali-ereditarie, s'era sovrapposto, senza alterarle,
uno strato di idee occidentali che non avevano nulla di comune con le prime. Secondo i casi,
figuravano le une o le altre, e lo stesso individuo cadeva nelle più tangibili contraddizioni.
Contraddizioni più apparenti che reali, poiché soltanto le idee ereditarie, nell'individuo
isolato, hanno il potere di diventare una regola di condotta quando, per degli incroci, l'uomo é
spinto da impulsi di eredità diverse, e le sue azioni possono essere da un
momento all'altro completamente contrastanti. E' inutile insistere qui su questi fenomeni,
benché la loro importanza psicologica sia capitale. Credo che ci vogliano almeno dieci anni di
viaggi e di osservazioni per arrivare a comprenderli.
Le idee, non essendo accessibili alle folle che dopo aver rivestito una forma assai semplice,
devono, per diventare popolari, subire spesso le più complete trasformazione. Quando si
tratta di idee filosofiche o scientifiche un po' elevate, si può constatare la profondità delle
modificazioni che sono loro necessarie per discendere di mano in mano al livello delle folle.
Queste modificazioni dipendono soprattutto dalla razza alla quale le folle appartengono; ma
esse sono sempre avvilenti e semplicistiche. In tal modo non esiste affatto, in realtà, dal punto
di vista sociale, una gerarchia delle idee, vale a dire di idee più o meno elevate. Per il solo fatto
che un'idea perviene alle folle e può commuoverle, essa é spogliata di tutto ciò che costituiva
la sua grandezza e la sua altezza.
Il valore gerarchico di un'idea é, del resto, senza importanza. Bisogna soltanto considerare gli
effetti che essa produce. Le idee cristiane del Medioevo, le idee democratiche del secolo
scorso, le idee sociali d'oggi, non sono certamente elevatissime. Filosoficamente si può
considerarle come ben poveri errori. Tuttavia la loro funzione é stata e sarà immensa, e a
lungo conteranno fra i più essenziali fattori della condotta degli Stati.
Anche quando l'idea ha subito delle modificazioni che la rendono accessibile alle folle, non
opera che momento in cui, per diversi processi che saranno studiati altrove, essa penetra
nell'incosciente e diventa un sentimento. Questa trasformazione é generalmente assai lunga
nel tempo. Del resto non é necessario credere che solo quando la giustezza di un'idea é
dimostrata, essa possa produrre i suoi effetti, anche tra gli spiriti più colti. E ce ne rendiamo
conto vedendo come la più chiara dimostrazione ha scarsa influenza sulla maggioranza degli
uomini. L'evidenza lampante potrà essere riconosciuta da un uditorio colto; ma esso sarà
sempre ricondotto dalla sua incoscienza alle sue concezioni primitive. Vedetelo un po' in capo
a qualche giorno, e vi servirà di nuovo i suoi antichi argomenti, esattamente negli stessi
termini. Ciò accade proprio sotto l'influenza di idee anteriori diventate dei sentimenti; ora
soltanto quelle idee operano sui moventi profondi dei nostri atti e dei nostri discorsi.
Allorché, in seguito a processi diversi, un'idea ha finito per attecchire nell'anima delle folle,
essa acquista una potenza irresistibile e svolge tutta una serie di conseguenze. Le idee
filosofiche che sfociarono nella Rivoluzione francese, impiegarono assai tempo per radicarsi
nell'anima popolare. E' nota la loro irresistibile forza, allorché esse vi fecero presa. Lo slancio
di tutto un popolo verso la conquista dell'uguaglianza sociale, verso la realizzazione di diritti
astratti e di libertà ideali fece vacillare tutti i troni e sconvolse profondamente tutto il mondo
occidentale. Per venti anni i popoli si precipitarono gli uni sugli altri, e l'Europa conobbe
ecatombi paragonabili a quelle di Gengiskan e di Tamertano. Mai era apparso tanto
chiaramente quel che può produrre lo scaternarsi di idee capaci di cambiare l'orientamento
dei sentimenti.
Se assai tempo occorre alle idee per stabilirsi nell'anima delle folle, un tempo non meno
considerevole é necessario per uscirne. Di modo che le folle sono sempre, dal punto di vista
delle idee, in ritardo di parecchie generazioni rispetto ai sapienti e ai filosofi. Tutti gli uomini
di Stato sanno oggi quel che di erroneo contengono le idee fondamentali or ora citate, ma
essendo la loro influenza ancora potentissima, sono costretti a governare seguendo principi
alla cui verità essi hanno cessato di credere.

2.° - I ragionamenti delle folle.
Si può dire in modo assoluto che le folle non sono influenzabili con ragionamenti. Ma gli
argomenti che esse impiegano e quelli che agiscono su di esse appariscono, dal punto di vista
logico, di un ordine talmente inferiore che solo per via di analogia si può qualificarli come
ragionamenti. I ragionamenti inferiori delle folle sono, come i ragionamenti elevati, basati su
associazioni: ma le idee associate delle folle non hanno tra di loro che legami apparenti di
rassomiglianza e di successione. E si legano nello stesso modo di quelle di un Eschimese il
quale, sapendo per esperienza che il ghiaccio, corpo trasparente, si fonde in bocca, ne
conclude che il vetro, corpo ugualmente trasparente, deve anch'esso fondersi in bocca; o di
quelle di un selvaggio ii quale immagina che mangiando il cuore di un nemico coraggioso egli
acquista il suo coraggio; o ancora di quelle dell'operaio che, sfruttato da un padrone, ne
conclude che tutti i padroni sono sfruttatori. Associazione di cose dissimili, non avendo tra di
esse che rapporti apparenti, e generalizzazione immediata di casi particolari : tali sono i
caratteri della logica collettiva. Gli oratori che sanno maneggiare le folle, presentano sempre
loro associazioni di questo genere che sole possono influenzarle. Una serie di ragionamenti
stringati, sarebbe totalmente incomprensibile alle folle, e perciò é permesso dire che esse non
ragionano o fanno ragionamenti falsi, e non sono influenzabili con un ragionamento. La
leggerezza di certi discorsi che hanno esercitato un'influenza enorme sugli uditori, talvolta
stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare delle collettività, e
non per essere letti da filosofi. L'oratore, in intima comunione con la folla, sa evocare le
immagini che la seducono. Se egli riesce, il suo scopo é stato raggiunto; e un volume di
arringhe non vale le poche frasi che sono riuscite a sedurre gli animi che bisognava
convincere.
Inutile aggiungere che l'importanza delle folle a ragionare giustamente le priva di ogni spirito
critico, vale a dire dell'attitudine di discernere la verità dall'errore, e a formulare un giudizio
preciso. I giudizi che esse accettano non sono che quelli imposti e mai quelli discussi. Sotto
questo punto di vista, numerosi sono gli individui che non si elevano sopra le folle. La facilità
con la quale certe opinioni diventano generali deriva specialmente dalla impossibilità della
gran parte degli uomini di formarsi un'opinione particolare basata sui propri ragionamenti.

3.° - L'immaginazione delle folle.
L'immaginazione delle folle, come quella di tutti gli esseri in cui non interviene il
ragionamento, è suscettibile di profonde impressioni. Le immagini evocate nel loro spirito da
un personaggio, un fatto, un incidente, hanno quasi la vivezza delle cose reali. Le folle sono
un po' come un dormiente, in cui la ragione é momentaneamente annullata, e vede sorgere
nel suo spirito delle immagini d'una intensità estrema, ma che si dissipano subito appena
vengono a contatto con la riflessione. Le folle, essendo incapaci di riflettere e di ragionare,
non conoscono l'inverosimile; ora, le cose più inverosimili sono generalmente quelle che
colpiscono di più.
Per questo le folle sono impressionate maggiormente da ciò che c'é di meraviglioso e di
leggendario negli avvenimenti. Il meraviglioso e il leggendario sono in realtà i veri sostegni
delle civiltà. Nella storia l'apparenza ha sempre avuto più importanza della realtà. L'irreale
predomina sul reale.
Le folle, non potendo pensare che per immagini, non si lasciano impressionare che dalle
immagini. Soltanto quest'ultime le spaventano o le entusiasmano e regolano i loro atti.
Questa é la ragione per cui le rappresentazioni teatrali, che danno l'immagine sotto la forma
più precisa, hanno sempre un'enorme influenza sulle folle. Pane e spettacoli costituivano, un
tempo, per la plebe romana l'ideale di felicità. Durante il succedersi delle età, questo ideale ha
subito poche variazioni. Non c'é nulla che colpisca l'immaginazione popolare come una
rappresentazione teatrale. Tutta la sala prova nello stesso momento le stesse emozioni, e
quest'ultime non si trasformano subito in azioni, soltanto perché anche lo spettatore più
incosciente non può ignorare d'essere vittima di illusioni, e d'aver riso o pianto per avventure
immaginarie.
Tuttavia, qualche volta i sentimenti suggeriti dalle immagini sono abbastanza forti da tendere
- come le suggestioni solite - a trasformarsi in azioni. Si é spesso raccontato di quel teatro
popolare drammatico costretto a far proteggere all'uscita l'attore che rappresentava il
traditore, per sottrarlo alle violenze degli spettatori indignati dei suoi delitti immaginari. Io
credo che sia qui uno dei più notevoli indizi dello stato mentale delle folle, e soprattutto della
facilità con cui si suggestionano. Ai loro occhi l'irreale ha quasi la stessa importanza della
realtà. Le folle hanno una evidente tendenza a non differenziarli.
La potenza dei conquistatori e la forza degli Stati é fondata sull'immaginazione popolare.
Tutti i grandi fatti storici, la creazione del Buddismo, del Cristianesimo, dell'Islamismo, la
Riforma, la Rivoluzione e ai nostri tempi la minacciosa invasione del Socialismo, sono le
conseguenze dirette e lontane di forti impressioni prodotte sull'immaginazione delle folle.
Tutti i grandi uomini di Stato di tutte le età e di tutti i paesi, compresi i despoti più assoluti,
hanno considerato l'immaginazione popolare come il sostegno della loro potenza. Non hanno
mai cercato di governare contrariandola. «Facendomi cattolico, diceva Napoleone al
Consiglio di Stato, ho terminato la guerra della Vandea; facendomi mussulmano mi sono
insediato in Egitto, facendomi oltramontano ho conquistato i preti in Italia. Se avessi
governato un popolo di Giudei, avrei ristabilito il tempio di Salomone. » Mai, forse, dopo
Alessandro e Cesare, un altro uomo ha meglio compreso come l'immaginazione delle folle
deve essere impressionata. La sua costante preoccupazione fu di colpirla. Cercava di farlo
nelle vittorie, nelle arringhe, nei discorsi, in tutti i suoi atti. Nel suo letto di morte vi pensava
ancora.
In che modo impressionare l'immaginazione delle folle ? Lo vedremo subito. Diciamo fin
d'ora che dimostrazioni destinate a influire sull'intelligenza e la ragione non potrebbero
raggiungere questo scopo. Antonio non ebbe bisogno d'una retorica dotta per sollevare il
popolo contro gli assassini di Cesare. Gli lesse il suo testamento e gli mostrò il suo cadavere.
Tutto ciò che colpisce l'immaginazione delle folle si presenta sotto forma di un'immagine
impressionante e precisa, libera da ogni interpretazione accessoria, o non avente per
compagno che qualche fatto meraviglioso: una grande vittoria, un grande miracolo, un grave
delitto, una grande speranza.
L'importante é di presentare le cose in blocco e senza mai indicarne la genesi. Cento piccoli
delitti o cento piccoli incidenti non colpiranno mai l'immaginazione delle folle; mentre un
solo delitto notevole, una sola catastrofe, le colpiranno profondamente, e con dei risultati
infinitamente meno micidiali dei cento piccoli accidenti riuniti. La grande epidemia
d'influenza che uccise a Parigi 5000 persone in poche settimane, colpì poco l'immaginazione
popolare. Infatti quella vera ecatombe non si esprimeva con immagini visibili, ma soltanto
con le indicazioni ebdomadarie delle statistiche. Un incidente in cui fossero perite, invece
delle 5000 persone, soltanto 500, lo stesso giorno, su una pubblica piazza, per mezzo di un
fatto visibile - la caduta della torre Eiffel, ad esempio - avrebbe prodotto sull'immaginazione
un'impressione immensa. Ora, le statistiche ufficiali indicano che in un solo anno sono andati
perduti un migliaio di bastimenti. Di questi incidenti successivi, molto più importanti per
perdite di uomini e di mercanzie, le folle non si preoccuparono neanche per un momento.
Dunque non sono i fatti in sé che colpiscono l'immaginazione popolare, bensì il modo come si
presentano. Questi fatti devono condensarsi, se posso esprimermi così, in modo da produrre
un'immagine impressionante che occupi e opprima lo spirito. Conoscere l'arte di
impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle.

CAPITOLO IV
Forme religiose che tutte le convinzioni delle folle rivestono.

Ciò che costituisce il sentimento religioso. - Esso è indipendente dall'adorazione di una
divinità. - Sue caratteristiche. - Potenza delle convinzioni che rivestono forma religiosa. -
Esempi diversi. - Gli dei popolari non sono mai scomparsi. Nuove forme sotto cui rinascono. -
Forme religiose dell'ateismo. - Importanza di queste nozioni dal punto di vista storico. - 

La Riforma, le notti di S. Bartolomeo, il Terrore e tutti gli avvenimenti analoghi, sono la
conseguenza dei sentimenti religiosi delle folle, e non della volontà dell'individuo isolato.
Abbiamo visto che le folle non ragionano, che accettano o rifiutano le idee in blocco, non
ammettono nè discussioni, nè contraddizioni, che le suggestioni che agiscono su di esse
invadono completamente il campo del loro intelletto e tendono a trasformarsi subito in
azioni. Abbiamo dimostrato che le folle suggestionate sono pronte a sacrificarsi per l'ideale
che è stato suggerito loro. Abbiamo visto inoltre che le folle conoscono soltanto i sentimenti
violenti ed estremi. In loro la simpatia diventa presto adorazione, e l'antipatia appena nata si
trasforma in odio. Questi sono gli indizi che permettono di presentire il carattere delle loro
convinzioni.
Esaminando da vicino le convinzioni delle folle, tanto nei movimenti religiosi quanto nei
sollevamenti politici, come quelli dell'ultimo secolo, si può constatare che queste convinzioni
presentano sempre una forma speciale, che non possono determinarsi meglio di così : dando
loro il nome di sentimento religioso.
Questo sentimento ha delle caratteristiche semplicissime: adorazione di un essere ritenuto
superiore, timore del potere che gli si attribuisce, sottomissione cieca ai suoi comandi,
impossibilità di discutere i suoi dogmi, desiderio di divulgarli, tendenza a considerare come
nemici tutti quelli che rifiutano di accettarli. Che un tale sentimento sia rivolto a un Dio
invisibile, a un idolo di pietra, a un eroe o a un'idea politica, resta sempre essenzialmente
religioso. Il soprannaturale e il miracoloso vi si riscontrano sempre. Le folle rivestono dello
stesso potere misterioso la formula politica o il capo vittorioso che le affascina
momentaneamente.
Non si é religiosi soltanto quando si adora una divinità, ma anche quando si mettono tutte le
risorse dei proprio spirito, tutte le sottomissioni della volontà, tutti gli ardori del fanatismo, al
servizio d'una causa o d'un uomo diventato lo scopo e la guida dei sentimenti e degli atti.
L'intolleranza e il fanatismo accompagnano, di solito, il sentimento religioso. Sono inevitabili
in coloro che credono possedere il segreto della felicità terrestre o eterna. Questi due
sentimenti si riscontrano in tutti gli uomini riuniti in gruppo, quando si sollevano per una
qualsiasi convinzione. I Giacobini del Terrore, erano sostanzialmente religiosi come i cattolici
dell'Inquisizione, e il loro crudele ardore aveva la stessa sorgente.
Le convinzioni delle folle hanno quei caratteri di sottomissione cieca, di intolleranza feroce, di
bisogno di propaganda violenta inerenti al sentimento religioso; si può quindi dire che tutte le
loro credenze hanno una forma religiosa. L'eroe acclamato dalla folla é, per essa, un vero dio.
Napoleone lo fu per quindici anni, e non vi fu mai divinità che potesse contare adoratori così
entusiasti. Nessuno mai mandò così facilmente gli uomini alla morte. Gli dei del paganesimo
e del cristianesimo non esercitarono mai un impero così completo sulle anime.
I fondatori delle credenze religiose o politiche le hanno fondate sapendo imporre alle folle
quei sentimenti di fanatismo religioso che all'uomo fanno trovare la felicità nell'adorazione, e
lo spingono a sacrificare la sua vita per l'idolo. Ce ne sono stati sempre, in ogni tempo. Nel
suo bel libro sulla Gallia romana, Fustel de Coulanges, fa giustamente notare che l'Impero
romano non si mantenne con la forza, bensì con l'ammirazione religiosa che ispirava. «
Resterà senza esempio nella storia del mondo, egli dice con ragione, che un regime detestato
dal popolo sia durato cinque secoli... Non si spiegherebbe come le trenta legioni dell'Impero
avessero potuto costringere cento milioni d'uomini a obbedire. » Essi obbedivano perché
l'imperatore, personificando la grandezza romana, era unanimemente adorato come una
divinità. Anche nelle più piccole borgate dell'Impero, l'imperatore aveva degli altari. « In quei
tempi, si vide nascere da un capo all'altro dell'Impero, una religione nuova che ebbe per
divinità gli imperatori stessi. Qualche anno prima dell'era cristiana, la Gallia intera,
rappresentata da sessanta città, innalzò un tempio ad Augusto, vicino alla città di Lione... I
suoi sacerdoti, eletti dalle città galliche di comune accordo, erano i personaggi più importanti
del loro paese... E impossibile attribuire tutto questo al timore e alla servilità. Popoli interi
non possono essere servili, e non lo sono per ben tre secoli. Non erano i cortigiani che
adoravano il principe, era tutta Roma. E non era Roma soltanto, era tutta la Gallia, la Spagna,
la Grecia e l'Asia. »
Oggi la maggior parte dei conquistatori d'anime non hanno più altari, ma hanno statue o
immagini, e il culto che si ha per loro non é molto diverso da quello di un tempo. Non si può
comprendere un po' la filosofia della storia se prima non si é ben capito questo punto
fondamentale della psicologia delle folle : per esse bisogna essere dei o nulla.
Non sono queste superstizioni d'altri tempi, annullate definitivamente dalla ragione. Il
sentimento nella lotta eterna per la ragione non é mai stato vinto. Le folle non vogliono
sentire le parole divinità e religione, che le hanno dominate così a lungo; ma in nessun tempo
hanno innalzato tante statue come da un secolo in qua. Il movimento popolare conosciuto
sotto il nome di boulangismo dimostrò con quanta facilità gli istinti religiosi delle folle siano
pronti a rinascere. Non c'é albergo di paese che non possegga il ritratto dell'eroe. Gli si
attribuiva il potere di rimediare a tutte le ingiustizie, a tutti i mali, e migliaia di uomini
avrebbero data la vita per lui. Che posto avrebbe conquistato nella storia se il suo carattere
avesse potuto sostenere la leggenda!
E un'inutile banalità ripetere che alle folle é necessaria una religione. Le credenze politiche,
divine e sociali si radicano nelle folle soltanto quando rivestono forma religiosa, che le mette
al sicuro da ogni discussione. L'ateismo, se fosse possibile farlo accettare alle folle, avrebbe
tutto l'ardore intollerante di un sentimento religioso, e, nelle sue forme esteriori,
diventerebbe presto un culto. L'evoluzione della piccola setta positiva ce ne fornì una prova
curiosa. Rassomiglia a quel nichilista di cui il profondo Dostoievski ci narra la storia.
Un giorno, illuminato dalla luce della ragione, strappò le immagini delle divinità e dei santi
che adornavano l'altare della sua piccola cappella, spense i ceri, e, senza perder tempo,
sostituì le immagini distrutte con le opere di filosofi atei; e poi riaccese devotamente i ceri.
L'oggetto della sua fede religiosa era cambiato, ma si può egualmente dire che erano cambiati
i suoi sentimenti religiosi?
Non si possono ben capire, lo ripeto, certi avvenimenti storici - e precisamente i più
importanti - se non ci si è reso conto della forma religiosa che sempre rivestono le opinioni
delle folle. Molti fenomeni sociali dovrebbero essere studiati da uno psicologo invece che da
un naturalista. Il grande storico Taine ha esaminato la Rivoluzione soltanto da naturalista, di
modo che la genesi degli avvenimenti, spesso gli è sfuggita. Egli ha osservato con esattezza i
fatti, ma, non conoscendo bene la psicologia delle folle, il celebre scrittore non ha sempre
saputo risalire alle cause. Essendo rimasto spaventato dal lato sanguinario, anarchico e feroce
dei fatti, non ha visto negli eroi della grande epopea che un'orda di selvaggi epilettici
abbandonati senza ritegno ai loro istinti.
Le violenze della Rivoluzione, i suoi massacri, il suo bisogno di propaganda, le sue
dichiarazioni di guerra a tutti i re, si spiegano soltanto se si considera che la Rivoluzione fu
l'insediamento di una nuova credenza religiosa nelle anime delle folle. La Riforma, la notte di
San Bartolommeo, le guerre di religione, l'Inquisizione, il Terrore, sono fenomeni d'identico
ordine, nati sotto la suggestione di quei sentimenti religiosi che conducono necessariamente a
estirpare, col ferro e col fuoco, tutto quello che si oppone al propagarsi della nuova fede. I
metodi dell'Inquisizione e del Terrore sono quelli adoperati dai veri convinti. Non sarebbero
convinti se ne avessero adoperati altri.
Gli sconvolgimenti simili a quelli che ho citato sono possibili soltanto quando l'anima delle
folle li provoca. I più prepotenti despoti sarebbero incapaci di scatenarli. Gli storici i quali
dicono che la notte di S. Bartolommeo è opera di un re, non conoscono la psicologia delle folle
e neanche quella dei re. Simili manifestazioni non possono uscire che dall'anima popolare. Il
potere più assoluto del più dispotico monarca non può che ritardarne o avvicinarne il
momento. I re non hanno fatto la notte di S. Bartolommeo, né le guerre di religione; e né
Robespierre, nè Danton, nè Saint-Just fecero il Terrore. Dietro a simili avvenimenti c'é

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