«Sei anni sono passati
dallo scoppio della Crisi Globale e la ripresa non è ancora soddisfacente. I
livelli di prodotto interno lordo sono stati superati, ma poche economie
avanzate sono tornate ai tassi di crescita pre-crisi nonostante anni di tassi
d’interesse praticamente a zero. Inoltre, cosa preoccupante, la crescita
recente ha un vago sentore di nuove bolle finanziarie. La lunga durata della
Grande Recessione, e le misure straordinarie necessarie per combatterla, hanno
originato una diffusa sensazione, non meglio definita, che qualcosa sia
cambiato. A questa sensazione ha dato un nome a fine 2013 Laurence Summers,
reintroducendo il concetto di ‘stagnazione secolare’». (Secular stagnation: Facts, Causes and Cures,
a cura di C. TEULINGS E R. BALDWIN)
Secondo Marx la società capitalistica è caratterizzata da
una tendenza di lungo periodo alla diminuzione della profittabilità del
capitale, ossia alla caduta del saggio di profitto. Tale tendenza è basata
sulla teoria del valore-lavoro. Per Marx il valore di una merce è dato dal
lavoro in essa incorporato. Soltanto il lavoro umano può creare valore e al
tempo stesso conservare e sfruttare il valore già incluso nei macchinari (che
altrimenti, se nessun lavoratore li facesse funzionare, non soltanto non
creerebbero nuovo valore, ma perderebbero anche il valore che possiedono). È il
lavoro umano in atto (il lavoro vivo) a procurare al capitalista i suoi
profitti, fornendogli lavoro non pagato (pluslavoro), cioè lavoro
supplementare rispetto a quello necessario per riprodurre la forza lavoro
(lavoro necessario): questo pluslavoro produce infatti un valore supplementare,
un plusvalore, rispetto al valore della forza-lavoro affittata dal capitalista
all’inizio del processo di produzione.
Proprio a motivo di questa peculiarità del lavoro umano di creare nuovo valore, Marx definisce il capitale impiegato per comprare l’uso della forza lavoro capitale variabile e quello adoperato per acquistare macchinari e mezzi di lavoro capitale costante. Ora, il problema è che con lo sviluppo del modo di produzione capitalistico aumenta la proporzione del capitale investito in macchinari rispetto a quello investito in forza-lavoro: si verifica, in altri termini, «una diminuzione relativa del capitale variabile in rapporto al capitale costante e quindi in rapporto al capitale complessivo messo in movimento». Marx definisce questo processo anche come una progressiva crescita della «composizione organica del capitale». Si tratta di «un’altra espressione dello sviluppo progressivo della forza produttiva sociale del lavoro, che si manifesta proprio in ciò, che in generale, per mezzo del crescente uso di macchinari, capitale fisso, più materie prime e ausiliarie vengono trasformate in prodotti nello stesso tempo, ossia con meno lavoro». La diminuzione relativa del capitale variabile in rapporto al capitale costante fa sì che a parità di condizioni il saggio di profitto - ossia il rapporto tra il plusvalore e il capitale complessivo investito nella produzione (la somma di capitale variabile e capitale costante) - diminuisca .
Questa la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. È quindi la crescente produttività del lavoro sociale a far calare il saggio di profitto. E questo calo per Marx ostacola a sua volta lo sviluppo del processo capitalistico di produzione e favorisce il prodursi delle crisi:
«nella misura in cui
il saggio di profitto, il saggio di valorizzazione del capitale complessivo è
il pungolo della produzione capitalistica, così come la valorizzazione del
capitale è il suo unico scopo, la sua caduta rallenta la formazione di nuovi
capitali indipendenti e appare come una minaccia per lo sviluppo del processo
di produzione capitalistico. (Questa stessa caduta favorisce sovrapproduzione,
speculazione, crisi, capitale in eccesso accanto alla forza-lavoro in eccesso o
sovrappopolazione relativa)». (K. MARX, Il capitalismo e la crisi. Scritti scelti)
Per Marx la crisi è da un lato parte integrante del
funzionamento normale del modo di produzione capitalistico, è più precisamente
il modo attraverso cui, periodicamente, il capitalismo risolve i suoi problemi.
Per ciò stesso, la crisi secondo Marx è però d’altra parte anche qualcosa di
diverso, e cioè un sintomo:
«nelle
contraddizioni, crisi e convulsioni acute si manifesta la crescente
inadeguatezza dello sviluppo produttivo della società rispetto ai rapporti di
produzione che ha avuto finora. La distruzione violenta di capitale, non in
seguito a circostanze esterne a esso, ma come condizione della sua
autoconservazione, è la forma più evidente in cui gli si rende noto che ha
fatto il proprio tempo e che deve far posto a un livello superiore di
produzione sociale» . (K. Marx,
Gundrisse)
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