*Da QUADERNO
FREUDIANO, Stefano Garroni, Ed. BIBLIOPOLIS
Un complesso di credenze morali - e di comportamenti ed istituzioni da quelle
ispirati -, secondo J. S. Mill, rimanda ad un equivoco linguistico, ad un vizio
di ragionamento: nel contesto "legge di natura", un termine -
"legge" - è usato ambiguamente, in senso descrittivo, ma anche in
senso prescrittivo.
Siccome le due accezioni del termine sono contemporaneamente
presenti, allora quanto appare come il normale corso delle cose, immediatamente
si trasvaluta nel suo significato, assumendo il senso di un accadere secondo
quanto deve accadere: che le cose
stiano così e così non è più, solo, l'accertamento di uno stato di fatto, ma
quasi l'espressione di una volontà superiore che così ha statuito e che,
dunque, obbliga ad un tipo di comportamento. L'ambiguo uso del termine
"legge" ha immediati effetti emozionali: quanto si presenta come
legge di natura, subito si sacralizza acquistando, così, imperatività al limite
del ricattatorio.
Ma tutto avviene perché la portata logico-semantica del
termine "legge" non viene chiarita, la sua ambiguità è mantenuta e,
quindi, resta celata la scorrettezza logica dell'intera espressione "legge
di natura".
Ci sono credenze dalla vasta portata pratica, alla cui base
si cela un argomento scorretto; si tratta di credenze che vanno combattute
mostrandone, appunto, il vizio logico [si pensi, per es. alla
giustapposizione: modo di produzione capitalista = legge di natura. N.d."il comunista"].
"se l'idea
denotata da questa parola (Natura) fosse stata assoggettata alla sua (del
socratico metodo elenchistico) analisi rigorosa, e se i soliti luoghi comuni in
cui essa compare fossero stati sottoposti al controllo della sua potente
dialettica, i successori non si sarebbero precipitati, come subito fecero, in
modi di pensare e di ragionare la cui pietra angolare era formata proprio
dall'uso sbagliato di essa (...)" (J. S. Mill)
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