sabato 19 settembre 2015

La psicanalisi - Gabriella Giudici


   Il termine psicanalisi compare per la prima volta in uno scritto del 1896, L’ereditarietà e l’eziologia della nevrosi, in cui Freud lo utilizza al posto di altri usati in precedenza per illustrare i suoi metodi osservativi e terapeutici di alcuni disturbi psichici. Un anno prima, il medico viennese aveva iniziato ad elaborare una spiegazione simbolica dei sogni, lavorando su un suo sogno personale elaborato nella notte tra il 23 e il 24 luglio 1895 e noto come «il sogno dell’iniezione di Irma».

  Si trattava dell’inizio dell’elaborazione di una nuova visione dell’inconscio e dell’analisi della psiche, il cui primo passo maturo è rappresentato, appunto, dall’Interpretazione dei sogni (1900) e dai Tre saggi sulla sessualità (1905). Con L’interpretazione dei sogni Freud, infatti, offre un’illustrazione del rapporto tra coscienza e inconscio, evidenzia la natura simbolica dei sogni ed adotta il metodo terapeutico delle “libere associazioni”, abbandonando l’ipnosi, mentre nel testo del 1905 indica nelle pulsioni sessuali e nel loro ruolo nella vita umana, la spiegazione principale della nevrosi.

   Ciononostante, Freud non si attribuì la paternità della psicanalisi, dichiarando invece il proprio debito verso lo psichiatra viennese Joseph Breuer [Prima conferenza sulla psicanalisi, Boston 1909].

   Sulla base delle sue osservazioni di psicopatologie di diversa gravità – dall’isteria, alla nevrosi ossessiva, alle fobie, i tic, ed altre ancora – la psicologia freudiana saldò progressivamente le interpretazioni dei fenomeni psicopatologici con quelli dei processi psichici normali, estendendo la propria attenzione a diversi campi dell’attività umana, quali la creazione artistica, la linguistica, l’antropologia, ecc., costruendo un modello esplicativo unitario.


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