martedì 1 settembre 2015

Sul metodo del Capitale - Roman Rosdolsky




  «Non si può capire completamente il I capitolo del Capitale se non si è studiata e capita tutta la Logica di Hegel. Si può quindi affermare che da mezzo secolo a questa parte nessun marxista ha capito Marx». (V. I. Lenin, Quaderni filosofici, 1915)


  


Contrariamente a quella degli economisti classici, tutta l'azione teorica di Marx tendeva a «scoprire le leggi particolari che dominano, da una parte, la nascita, l'esistenza, lo sviluppo e la morte di un dato organismo sociale, e dall'altro la sua sostituzione con un altro organismo superiore». A questo punto, si pone il problema di sapere in che misura la teoria della conoscenza delle leggi particolari possa aspirare ad una validità puramente storica e quale sia il suo rapporto con le leggi economiche applicabili a ogni epoca sociale. Infatti «tutte le epoche della produzione hanno determinati aspetti comuni», per il solo fatto che «in tutte le epoche, il soggetto, l'umanità, e l'oggetto, la natura, sono i medesimi». Ma, dice Marx, non c'è nulla di più facile che mettere in evidenza questi punti comuni, «in modo da cancellare o confondere tutte le differenze storiche, formulando delle leggi che concernono l'uomo in generale». Ecco perché «se le lingue più sviluppate hanno leggi e determinazioni comuni con quelle meno sviluppate, allora bisogna isolare proprio ciò che costituisce il loro sviluppo, ossia la differenza rispetto a questo elemento generale». Alla stessa maniera, la teoria economica dovrà soprattutto svincolare dall'epoca capitalistica le leggi di sviluppo, in modo che l'identità esistente fra le categorie di questa epoca e quelle delle altre non faccia dimenticare le differenze fondamentali.

  Cosa rappresenta infatti lo sviluppo nella sfera dell'economia? Si sa che esprime appunto dei caratteri sociali specifici. Leggiamo nel Capitale: «Nella misura in cui il processo lavorativo non è altro che un semplice processo che si svolge fra l'uomo e la natura, i suoi elementi sono semplici e restano comuni a tutte le forme sociali dello sviluppo». Ma ogni livello storico determinato «sviluppa ulteriormente le sue basi materiali e le sue forme sociali». Quello che importa, quindi, sono precisamente queste forme che si distinguono dal contenuto fornito dalla natura. Sono infatti queste forme specifiche che caratterizzano ogni livello particolare di società e di economia. È quindi evidente che, in tutte le società classiste, il plusprodotto creato dai produttori immediati viene appropriato dalla classe dominante. Ma quello che importa sapere, è se è creato da una forma schiavistica di lavoro, o da una forma servile o salariale, dato che ognuna di queste forme caratterizza tale o talaltra epoca economica.

  l'economia di Marx altro non è che una storia delle forme che «il capitale in processo» assume o depone lungo tutte le successive fasi del suo sviluppo.

  Secondo il concetto dialettico di Marx il «contenuto» e la «forma» che è inizialmente derivata, hanno un'azione e un'influenza reciproche, dato che la forma modella il contenuto in una lotta permanente: il contenuto si spoglia costantemente della sua forma, e quest'ultima trasforma il contenuto.

  bisogna distinguere, con tutta evidenza, tra le forme primarie e le forme secondarie, le forme fondamentali e le forme puramente apparenti. A questo proposito, Marx dice che «ogni scienza sarebbe superflua se la forma fenomenica e l'essenza coincidessero direttamente». Ma, dato che non è affatto il caso, la ricerca scientifica non si deve accontentare, in nessun momento, di comprendere i «fenomeni superficiali». Al contrario, deve progredire dalle «forme fenomenali» verso l'«essere interno», verso il «nocciolo» o la «struttura» interna dei processi economici, in modo da scoprire la «legge dei fenomeni», mettendo in rilievo la necessità della forma fenomenica stessa.

  nei Lineamenti fondamentali si legge: «L'intervento di numerosi capitali reali non deve perturbare la nostra analisi. Al contrario, il rapporto fra i numerosi capitali diventerà chiaro solo quando avremo messo in evidenza quello che tutti hanno in comune, ossia che sono capitale».

  Il capitale si distingue dal valore semplice o dal denaro in quanto è un «valore creatore di plusvalore», in quanto cioè implica un rapporto sociale specifico e storicamente determinato: il rapporto del lavoro salariato.

  «Bisogna sviluppare precisamente il concetto di capitale, poiché esso costituisce la nozione fondamentale dell'economia moderna e la struttura stessa del capitale, la cui immagine astratta si ritrova nella società borghese. Se si è ben capito quali sono le condizioni preliminari del rapporto capitalistico, dobbiamo essere in grado di dedurne tutte le contraddizioni della produzione borghese come pure tutti i limiti che tende incessantemente a superare». (Marx)

  L'analisi implica dunque, in primo luogo, il processo di produzione capitalistico, che rivela come il denaro «tende a superare la sua semplice determinazione monetaria» e a diventare capitale, come il consumo del lavoro umano gli permetta di creare il plusvalore, e come, finalmente, la produzione di plusvalore porti con sé la riproduzione allargata del capitale e dell'intero rapporto capitalistico.
«la condizione fondamentale del rapporto capitalistico» (il rapporto fra capitale e lavoro salariato, come pure il ruolo del plusvalore, vero e proprio motore della produzione capitalistica) «non può essere capita partendo dai molti capitali reali, ma dal capitale che è il capitale dell'intera società»: in altri termini, dal «capitale in generale». È soltanto così che si può analizzare veramente il reale sviluppo del capitale.

  Affinché il capitale si possa riprodurre, il prodotto del capitale stesso – plusprodotto compreso – deve infatti trasformarsi in denaro, che a sua volta deve essere convertito nelle condizioni di una nuova produzione (lavoro, materie prime, macchine). La fase del processo di produzione viene dunque completata dal processo di circolazione. Il movimento del capitale forma così una sorta di cerchio, o di spirale, in cui si sviluppano forme nuove (capitale fisso e circolante) che, da forme passeggere dell'esistenza del capitale, si cristallizzano in forme d'esistenza particolari di questo. Tali forme devono essere considerate distinzioni all'interno del «capitale in generale»

  La circolazione costa infatti tempo, e durante questo tempo il capitale non può produrre plusvalore. Quindi la sua valorizzazione non dipende soltanto dal tempo in cui esso produce valori, ma anche dal tempo di circolazione durante il quale realizza questi valori. Ecco perché il plusvalore non si misura più soltanto «secondo la sua reale misura che è il rapporto fra il pluslavoro e il lavoro necessario», ma anche secondo il volume del capitale stesso: «Un capitale di un determinato valore produce, in un dato lasso di tempo, un determinato plusvalore».

  secondo lo stesso Marx, i Libri I e II del Capitale – così come i Lineamenti fondamentali – contengono soltanto «l'analisi astratta del fenomeno della formazione del capitale», o del processo di riproduzione e di circolazione nella sua «forma fondamentale», insomma del «capitale in generale». Il metodo cambia effettivamente soltanto col Libro III.

  la cosa che gli interessa più di tutte è di comprendere «l'organizzazione interna del modo di produzione capitalistico nella sua media ideale», e che la vera e propria teoria della concorrenza «si trova al di fuori del progetto della nostra opera» e ne rappresenta un «eventuale seguito».

  Questi sono dunque i problemi che Marx ha lasciato in sospeso per un «eventuale seguito», e che ha trattato nel Capitale solo in maniera frammentaria o in rapporto ad altri temi. Ci sembra che i problemi più importanti siano quelli relativi al mercato mondiale, alle crisi economiche e al «reale movimento dei prezzi correnti» (che Marx dichiarò esplicitamente di voler collegare «a una particolare ricerca sulla concorrenza»).


  la teoria deve – per usare l'espressione di Marx – elaborarsi nel «fermento delle contraddizioni», se vuole prendere in considerazione i nuovi elementi che presenta la viva realtà. La nostra teoria questo lo può fare perfettamente, se volta le spalle ad ogni dogmatismo e se sa applicare correttamente il fertilissimo metodo del Capitale; in altri termini, se sa scoprire le mediazioni che collegano i teoremi astratti di questo lavoro alla viva realtà di oggi. Il compito essenziale dell'economia marxista contemporanea sembra essere questo. 

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