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lunedì 15 luglio 2013

Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore -


Sweezy è nato a New York, nel 1910, rampollo della alta borghesia degli Stati Uniti, figlio di un vicepresidente della First National Bank. I suoi primi scritti compaiono sull’«American Economic Review», la più prestigiosa rivista di economia, prima ancora di aver esaurito il primo ciclo degli studi universitari. Studia alla Philips Exeter Academy e alla Harvard University, dove si laurea nel 1931. Nel 1932-33 va alla London School of Economics, dove fu influenzato dal pensiero di Laski, e dove ebbe un primo contatto col marxismo. Tornato ad Harvard nel 1939 per il dottorato, divenne assistente di Schumpeter: per lui curò, oltre ai rapporti con gli studenti, una serie di seminari. Importante fu quello di un gruppo molto ristretto, cui partecipavano solo 4-5 persone: tra loro Elizabeth Boody, storica economica, futura moglie dell’economista austriaco; e Samuelson, futuro Premio Nobel per l’economia. Allievo di Sweezy fu pure un altro premio Nobel, Robert Solow, che partecipò al corso sull’economia del socialismo. In una bella intervista a Savran e Tonak, tradotta da L’ospite ingrato, Sweezy ricorda come Solow fosse al tempo uno dei giovani economisti più radicalmente orientati a sinistra (non si poteva dire lo stesso, osserva, di Samuelson). Ottenuta una posizione di ruolo, continua Sweezy, il radicalismo di Solow impallidì alquanto.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Paul Mattick. Nato nel 1904, giovanissimo operaio diviene spartachista, e partecipa alla fallita rivoluzione tedesca. Nei primi anni Venti, comunista «consiliare» e parte dell’opposizione di sinistra al bolscevismo leninista, abbandona il Partito comunista di Germania per entrare nel Partito comunista operaio diGermania. Emigra nel 1926 negli Stati Uniti, dove contribuì a redigere il Programma degli Industrial Workers of the World a Chicago nel 1933.
Mattick è stato «uno dei tre» del comunismo dei consigli, insieme a Karl Korsch e Anton Pannekoek. Denunciando i limiti e l’involuzione del partito leninista, Mattick ha invece sostenuto l’importanza della nuova forma organizzativa emersa spontaneamente durante la rivoluzione russa del 1905: i consigli operai. Tornati sulla scena con maggior forza nel febbraio 1917, determinarono la natura del processo rivoluzionario, ispirando la formazione di analoghe organizzazioni spontanee nella rivoluzione tedesca del 1918, e poi un pò dappertutto fino ai giorni nostri. Secondo Mattick, con il sistema consiliare nasceva una forma organizzativa capace di coordinare in piena indipendenza le autonome attività di masse molto vaste. Oltre ai saggi di critica dell’economia, ha pubblicato dal 1934 una rivista vicina al movimento dei consigli, l’ «International Council Correspondence», divenuta «Living Marxism» nel 1938, per cambiare ancora nome nel 1942 col titolo di «New Essays». Nel1936 scrisse per la «Zeitschrift für Sozialforschung» di Horkheimer un saggio sul movimento dei disoccupati dopo il 1929: aveva partecipato alle organizzazioni spontanee per l’occupazione di case, per l’uso proletario del gas e dell’elettricità, per le grandi manifestazioni che la polizia non riusciva più a contenere.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           ... È soltanto su questo sfondo che si può intendere quello che viene dopo, la nuova grande crisi che stiamo vivendo: a partire da Sweezy e Mattick, ma andando oltre Sweezy e Mattick.  La risposta del capitale alla crisi degli anni Settanta si è mossa su due gambe. Da un lato, la frantumazione del lavoro, cioè la precarizzazione nel mercato e nel processo di lavoro, la concorrenza aggressiva dei global player che determina sovra-capacità, la centralizzazione senza concentrazione, il trasformarsi della struttura produttiva verso un capitalismo di imprese modulari articolate in rete. È un mondo di catene transnazionali della produzione, di delocalizzazioni e in-house-outsourcing, di lavoro migrante e sempre più «femminile». Dall’altro lato, abbiamo la finanziarizzazione. Favorita dalla globalizzazione dei capitali e dai cambi flessibili, e dalla conseguente incertezza, il rinnovato primato della finanza ha preso la forma di un money manager capitalism,di un «capitalismo dei fondi», che ha fatto esplodere il debito privato, e in particolare il debito al consumo, grazie ad una inflazione dei prezzi delle attività finanziarie che è fuori dall’orizzonte dei due pensatori qui considerati (ne ha scritto in importanti lavori Jan Toporowski). Questa nuova finanziarizzazione altro non è che una autentica «sussunzione reale del lavoro alla finanza» (ai mercati finanziari e alle banche). Essa non solo ha incluso le «famiglie» in modo subalterno. Essa ha anche, da un lato, accelerato la decostruzione del lavoro per mille vie, incidendo potentemente sui processi capitalistici di lavoro, dall’altro stimolato una domanda effettiva manovrata politicamente. Una sorta di paradossale «keynesismo privatizzato» di natura finanziaria...                                                                                                                                        https://www.facebook.com/notes/economisti-di-classe-riccardo-bellofiore-giovanna-vertova/tra-schumpeter-e-keynes-leterodossia-di-paul-marlor-sweezy-e-lortodossia-di-paul/483435408400092
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martedì 8 marzo 2016

La storia dell'8 marzo...* - Giovanna Vertova




Mi piacerebbe qui ricordare la storia della Giornata Internazionale delle Donne (GID), affinché si impari a distinguere questa dalle cosiddette “feste” (festa della mamma, festa del papà, san valentino, ect.) che sono state inventate per puro spirito di consumismo. La GID non è una “festa” ma una  giornata di memoria. La storia della GID è legata a tutte quelle rivendicazioni per il lavoro, per il voto, per l’istruzione, per la possibilità di occupare posizioni pubbliche, per porre fine alle discriminazioni, portate avanti dalle donne agli inizi del 1900.

Ed è una storia lunga! Cercherò qui di riassumerla brevemente.

Nel 1908, 15.000 donne marciarono nella città di New York per chiedere l’accorciamento della giornata lavorativa, paghe migliori e il diritto di voto.

Nel 1909, con la Dichiarazione del Partito Socialista d’America, la prima GID venne celebrata negli Stati Uniti. La data era il 28 febbraio.

Nel 1910, a Copenhagen, durante la conferenza dell’Internazionale Socialista Clara Zetkin (figura prominente del movimento internazionale dei lavoratori, spartachista e tra i fondatori del Partito Comunista tedesco) propose che, ogni anno, in ciascun paese, si celebrasse una GID. La Conferenza, composta da donne di più di 17 paesi, che militavano attivamente in sindacati, in partiti socialisti e comunisti, in gruppi di lavoratrici, accettarono all’unanimità la proposta della Zetkin. Ma nessuna data venne proposta.
Il 19 marzo 1911, a seguito della decisione presa a Copenhagen, la prima GID venne celebrata in Austria, in Danimarca, in Germania e in Svizzera.

Meno di una settimana dopo avvenne il tragico fatto del “Triangle Fire”. Il 25 marzo 1911 scoppiò un incendio nella Triangle Shirtwaist Company di New York (che era una fabbrica di abbigliamento). Questo incendio fu un evento significativo perché portò alla ribalta le disumane condizioni di lavoro dell’industrializzazione statunitense. La Triangle Waist Company era una tipica fabbrica “del sudore” nel cuore di Manhattan dove regnavano bassi salari, ore di lavoro lunghissime, condizioni di lavoro malsane e pericolose.
Verso l’ora di chiusura scoppiò un incendio accidentale. Poiché era un periodo di agitazioni operarie, i proprietari avevano chiuso a chiave le porte, per impedire che le operaie potessero uscire a scioperare. A seguito dell’incendio morirono 146 donne (delle 500 dipendenti), quasi tutte immigrate italiane ed ebree, in parte bruciate e soffocate e in parte per essersi buttate dalle finestre nel tentativo di scappare.

Le lavoratrici sopravvissute raccontarono dei loro inutili sforzi per aprire le porte del nono piano per accedere alle scale e poter, così, sfuggire all’incendio. Altre lavoratrici aspettarono vicino alle finestre che i pompieri venissero a salvarle, solo per scoprire che le scale dei pompieri erano troppo corte e non riuscivano a raggiungere i piani dove si trovavano loro. Subito dopo l’incendio si alzarono voci di protesta, scioccate per la scarsa preoccupazione delle condizioni delle lavoratrici e per l’avidità che aveva permesso tutto ciò. Entro un mese dall’incendio, il governatore dello stato di New York designò una commissione per indagare sull’evento. Per 5 anni questa commissione condusse una serie di inchieste il cui risultato fu l’approvazione di una legislazione sulla sicurezza nelle fabbriche. 

Nonostante, quindi, non ci sia alcun rapporto tra questi fatti e l’8 marzo, questo evento attirò l’attenzione sulle condizioni di lavoro delle donne negli USA.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale delle donne russe, che manifestavano per la pace, celebrarono la loro prima GID (era il 13 febbraio).

Nell’ultima domenica di febbraio del 1917, sempre delle donne russe iniziarono uno sciopero per “il pane e la pace” come risposta ai 2 milioni di soldati russi morti in guerra. La data di inizio dello sciopero era il 23 febbraio nel calendario Giuliano, che corrisponde all’8 marzo in quello gregoriano.

Ecco fissata la data per la GID. La GID quindi non è una “festa”, ma la celebrazione delle lotte delle donne, fatte di sudore e di sangue, per la rivendicazione dei loro diritti.

Purtroppo, negli ultimi decenni, si è persa questa memoria storica.

Oggi si vive nell’illusione che le disuguaglianze tra donne e uomini siano sparite. Certo, sempre più donne entrano nel mondo del lavoro, e, certo, la legislazione per la parità ha fatto passi da gigante dai primi decenni del 1900.

Tuttavia, le disuguaglianze persistono ancora oggi. Nel mondo del lavoro, le donne subiscono una segregazione verticale (glass ceiling), cioè la difficoltà di raggiungere le posizioni apicali della carriera; una segregazione orizzontale, cioè le donne occupate sono concentrate in alcuni settori e/o professioni ritenute, socialmente e culturalmente, “femminili”; il gender pay gap, cioè differenze retributive anche a parità di lavoro; maggior flessibilità, cioè la maggior parte dei contratti atipici riguarda le donne.

Nella vita privata, ancora oggi le donne svolgono la maggior parte del lavoro di cura non pagato, rendendo difficile, per loro e solo per loro, la conciliazione tra lavoro pagato fuori casa e lavoro non pagato in casa.

Nella vita pubblica, ancora oggi le donne sono poco presenti.
Inoltre, rimane l’annoso problema della violenza sulle donne che nessuna istituzione pubblica italiana vuole cercare di risolvere.

La memoria storica dovrebbe servirci per ricordare la strada fatta dalle donne ma, soprattutto, quella che c’è ancora da fare. 

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8 marzo giornata internazionale di lotta delle donne proletarie, dovrebbe essere.

Mi sono riletta quello che scrissi anni fa sulle donne -Lecce, 9 marzo 2000 – 3 Marzo 2001 -

Che la situazione non solo delle donne ma di tutti gli esseri umani sia peggiorata mi pare inconfutabile. Intanto rispetto a quello che dicevo una cosa mi colpisce. che oggi non si è solo uomini o donne, omosessuali e lesbiche ma si è anche LGBT.

A parte il fatto, orrendo per me. di mettere i cartellini agli ESSERI UMANI, c’è il fatto che le gente (non le persone) sono orgogliose di essere stampigliate e di ridurre il loro essere in una sigla.

(Tra)lasciando considerazioni di ordine etico che potrebbero essere fatte in merito, resta il dato di fatto che si va verso ulteriori frammentazioni, che ogni categoria pensa al problema suo, e ogni categoria rivendica qualche diritto del cazzo allo Stato, diritto del cazzo, perchè nella società capitalista, tutti siamo merce : il diritto è del più forte, cioè del capitale che ha i mezzi di produzione e se ti concede un diritto te lo concede perché gli è conveniente, perché remunerativo per lui capitale, altrimenti , nisba!

Redditiva oggi e la “festa” delle donne: il mercatino dello strausato non solo delle frasi fatte e dei cioccolatari e dei fioristi, ma pure degli sproloqui della retorica del cazzo di mezzi di informazione e di politicanti di tutti i generi, almeno una volta avevamo intellettuali borghesi che parlavano senza montarsi la testa! Stamani mi sono svegliata al suono di “son la mondina son la sfruttata” bene, si sono appropriati anche di questa che era una canzone delle donne SFRUTTATE IN LOTTA, se non c’è lotta, si può anche cantare….

Rileggendo quelle notarelle e le varie esperienze di donne riportate , una cosa è chiara che la situazione è ulteriormente peggiorata e che ora i salari sono diminuiti e lo sfruttamento è peggiorato, per tutti, e quindi le donne
per la condizione di doppio sfruttamento in famiglia e nella società scontano un prezzo maggiorato di infelicità e sfruttamento : guardate i dati di violenza e uccisioni di donne come sono aumentati in modo esponenziale.


Per me questo giorno resta sempre il giorno di LOTTA INTERNAZIONALE DELLE DONNE PROLETARIE CONTRO LO SFRUTTAMENTO CAPITALISTA. ANCHE CON L’AMAREZZA CHE ORMAI NON C’E DI FATTO UN PROLETARIATO, MA UN Lumpenproletariat diffuso.
vittoria L’Avamposto degli Incompatibili 




sabato 21 settembre 2019

L’ecomarxismo di James O’Connor - Riccardo Bellofiore

Da: “L’ecomarxismo di James O’Connor”, Marx 101 n.s., n. 1, pp. 177-180, 1990 - Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova -
Riccardo Bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo. - https://www.riccardobellofiore.info -

L'ultimo libro di James O'Connor (L'ecomarxismo. Introduzione ad una teoria, Datanews, Roma 1989, trad. dall'inglese di Giovanna Ricoveri, pp. 56, Lit. 10.000), autore largamente e tempestivamente tradotto in italiano, ha certamente almeno un merito: quello di proporre, controcorrente, una "conciliazione" tra marxismo e ambientalismo, due corpi teorici e due esperienze politiche che molti vedono invece fieramente contrapposti.

L'obiettivo del saggio è, mi pare, conseguentemente duplice. 
Ai marxisti, che spesso snobbano con sufficienza la "parzialità" della questione della natura o criticano il troppo tiepido anticapitalismo degli ecologisti, O'Connor vuole mostrare che la difesa della natura è parte integrante dell'apparato categoriale marxiano, e non qualcosa che le è                                                                                                                                                                                      estraneo. 
Ai "verdi", O'Connor vuole mostrare come un ecologismo coerente non possa che investire globalmente i processi economici e politici su scala planetaria, segnati irrimediabilmente dal dominio del capitale.

La tesi centrale è, molto in breve, che l'ecologismo (ma anche i "nuovi movimenti sociali", e perciò anche il femminismo) puntano l'attenzione su questioni che sono qualcosa di più, e non di meno, della lotta di classe.

Il tentativo di O'Connor si svolge in quattro mosse. 

venerdì 16 ottobre 2015

Orario e condizioni di lavoro: due facce della stessa medaglia - Riccardo Bellofiore

Riccardo Bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo. 


 Recentemente, su queste colonne ha avuto luogo una discussione tra Giovanni Mazzetti e Ernesto Screpanti in merito alla possibilità, alle forme e alle prospettive di una riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. La questione andrebbe affrontata,certamente, attraverso il vaglio di una indagine disincantata della natura attuale del processo di accumulazione capitalistico; come anche attraverso una valutazione realistica dei limiti della politica economica nell'intervenire dall'alto sui termini del conflitto di classe. Spero di poterlo fare in futuro,se me ne sarà data l'opportunità. Adesso, preferisco invece prenderla per così dire più alla lontana, trattando l'argomento della riduzione dell'orario di lavoro sul terreno apparentemente più generico, ma forse ricco di qualche insegnamento, delle fondazioni concettuali, con l'aiuto di due testi che mi è capitato di (ri)leggere in questi giorni, uno di Guido Calogero, l'altro di Claudio Napoleoni: grandi maestri, l'uno filosofo l'altro economista, che ci propongono due modi di affrontare il tema non poco diversi, e però entrambi attuali.

 Lo scritto di Calogero è il testo di una conferenza tenuta nel 1955 intitolata"Lavoro e giuoco nella civiltà di domani" (la si può leggere in Scuola sotto inchiesta, Einaudi).Calogero definisce lavoro "ogni attività che svolgo per ritrarne una remunerazione, e che cesserei di svolgere se tale remunerazione non mi fosse più corrisposta ... l'attività produttiva di beni economici, i quali quando vengono scambiati diventano merci". Il lavoro salariato, insomma, come paradigma del lavoro in generale. Giuoco è invece "ogni altra attività,non determinata dall'intento di un vantaggio economico perché o la svolgo senza ritrarne alcun guadagno, o la svolgerei egualmente anche se guadagno non ne ritraessi": una definizione che ha una qualche parentela, per esempio, coni 'lavori concreti' di cui parla Giorgio Lunghini, o l' 'economia sociale' (il'terzo settore') di cui parla Marco Revelli.

sabato 8 maggio 2021

"Da Smith a John Stuart Mill: la missione civilizzatrice del capitale." - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)


1° incontro del ciclo di lezioni aperte al pubblico IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca Intervengono anche Ferruccio Capelli e Vittorio Morfino

                                                                           

giovedì 17 novembre 2016

Economia politica e filosofia della storia. Variazioni su un tema smithiano: la missione "civilizzatrice" del capitale.*- Riccardo Bellofiore**

*Da:   https://www.facebook.com/Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova-148198901904582/?fref=ts  (pubblicato in due parti come: (a) Economia politica e filosofia della storia. Variazioni su un tema smithiano: la missione ‘civilizzatrice’ del capitale,  in “Teoria politica”, n. 2, 1991, pp. 69-96; (b) Cambiare la natura umana. Ancora su economia politica e filosofia della storia, “Teoria politica”, n. 3, 1991, pp. 63-98) 
**Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Bergamo 

"Pour que la réalité se dévoile, il faut qu'un homme lutte contre elle."
Jean Paul Sartre, "Matérialisme et révolution", in Situations, I, Paris 1957, p. 213 


1. Introduzione

L'economia politica ha costituito da sempre terreno fertile per la riflessione filosofica. Gli ultimi anni, da questo punto di vista, non fanno eccezione: basta pensare al proliferare di studi di epistemologia economica, o ancora alla questione della relazione tra etica ed economia. Il problema che vorrei affrontare nelle pagine che seguono è invece di quelli un po' desueti: la ricerca bibliografica difficilmente registrerebbe titoli recenti; l'inglese non sarebbe forse la lingua egemone; la letteratura definibile in senso lato come empirista e liberale sarebbe una componente importante ma non esclusiva. 

Si tratta, per dirla in breve ed un po' enfaticamente, di ripercorrere le tappe principali di quella linea di pensiero che si è interrogata sulla missione "civilizzatrice" e sul ruolo storico del capitale. Di riandare, dunque, a quegli autori che hanno visto nel primato dell'economico un problema, sino in alcuni casi ad auspicare, o a temere, un suo possibile superamento. E che, proprio perché questo era il loro tema, si sono trovati a fare affermazioni impegnative sulla "natura umana", e sul "significato della storia". Terreno che altri giudicherà scivoloso, e che senz'altro lo è: ma che comincia ad apparirmi culturalmente, e politicamente, ineludibile, per ragioni che spero saranno più chiare alla fine di questo scritto. Certamente in questa luce l'economia politica si confonde con la filosofia della storia e con la filosofia morale; l'indagine sulle leggi di funzionamento del sistema sfocia nella questione del "senso" del corso storico, si confonde con la discussione sulla "giustificazione" del capitalismo - come vedremo, le due cose sono anzi per molti degli autori che considererò due facce della stessa medaglia. 

Il metodo che adotterò sarà quasi sempre quello di far parlare direttamente i testi. Metodo soggettivo ed arbitrario quant'altri mai, al di là dalle apparenze: benché poco di ciò che dirò pretenda di essere originale, la selezione e il percorso che proporrò presuppongono un filtro interpretativo molto forte, che rimarrà però in buona misura implicito. Il gioco, o le buone regole, della conversazione intellettuale richiedono che io mostri di credere fino in fondo alle ipotesi che avanzo: ciò non toglie che - trattandosi di un tema che costringe ad abbandonare i sicuri recinti degli specialismi - la critica sia la benvenuta.

martedì 12 giugno 2018

"DEMOCRAZIA" - Norberto Bobbio

Da: https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore. - https://www.facebook.com/Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova-
Norberto_Bobbio è stato un filosofo, giurista, politologo, storico e senatore a vita italiano.
Vedi anche: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/norberto-bobbio-che-cos%C3%A8-la-democrazia/3851/default.aspx


In tempi di post-democrazia, con un governo di estrema destra, nel giorno che ricorda il referendum che istituì la Repubblica, e aprì il percorso che portò due anni dopo alla Costituzione del 1948, vale la pena di ricordare l’idea di democrazia che maturò allora, con tutto il suo idealismo ma anche tutta la sua grandezza, nelle parole di Norberto Bobbio, che fu uno dei miei Maestri all’Università di Torino. Questo testo comparve nel 1958 su "Risorgimento" che, in occasione del primo decennale della Costituzione, aveva promosso un' inchiesta. Venne poi pubblicato, nello stesso anno, sul bollettino dell' Ateneo di Torino.                  (Riccardo Bellofiore)


'Quando parliamo di democrazia, non ci riferiamo soltanto a un insieme di istituzioni, ma indichiamo anche una generale concezione della vita. Nella democrazia siamo impegnati non soltanto come cittadini aventi certi diritti e certi doveri, ma anche come uomini che debbono ispirarsi a un certo modo di vivere e di comportarsi con se stessi e con gli altri.

Come regime politico la democrazia moderna è fondata sul riconoscimento e la garanzia della libertà sotto tre aspetti fondamentali: la libertà civile, la libertà politica e la libertà sociale. Per libertà civile s' intende la facoltà, attribuita ad ogni cittadino, di fare scelte personali senza ingerenza da parte dei pubblici poteri, in quei campi della vita spirituale ed economica, entro i quali si spiega, si esprime, si rafforza la personalità di ciascuno. Attraverso la libertà politica, che è il diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla formazione delle leggi, viene riconosciuto al cittadino il potere di contribuire alle scelte politiche che determinano l' orientamento del governo, e di discutere e magari di modificare le scelte politiche fatte da altri, in modo che il potere politico perda il carattere odioso di oppressione dall' alto. Inoltre, oggi siamo convinti che libertà civile e libertà politica siano nomi vani qualora non vengano integrate dalla libertà sociale, che sola può dare al cittadino un potere effettivo e non solo astratto o formale, e gli consente di soddisfare i propri bisogni fondamentali e di sviluppare le proprie capacità naturali.

Queste tre libertà sono l' espressione di una compiuta concezione della vita e della storia, della più alta e umanamente più ricca concezione della vita e della storia che gli uomini abbiano creato nel corso dei secoli. Dietro la libertà civile c' è il riconoscimento dell' uomo come persona, e quindi il principio che società giusta è soltanto quella in cui il potere dello stato ha dei limiti ben stabiliti e invalicabili, e ogni abuso di potere può essere legittimamente, cioè con mezzi giuridici, respinto, e vi domina lo spirito del dialogo, il metodo della persuasione contro ogni forma di dogmatismo delle idee, di fanatismo, di oppressione spirituale, di violenza fisica e morale. Dietro la libertà politica c' è l' idea della fondamentale eguaglianza degli uomini di fronte al potere politico, il principio che dinanzi al compito di governare, essenziale per la sopravvivenza stessa e per lo sviluppo della società umana, non vi sono eletti e reprobi, governanti e governati per destinazione, potenti incontrollati e servi rassegnati, classi inferiori e classi superiori, ma tutti possono essere, a volta a volta, governanti o governati, e gli uni e gli altri si avvicendano secondo gli eventi, gli interessi, le ideologie. Infine, dietro la libertà sociale c' è il principio, tardi e faticosamente apparso, ma non più rifiutabile, che gli uomini contano, devono contare, non per quello che hanno, ma per quello che fanno, e il lavoro, non la proprietà, il contributo effettivo che ciascuno può dare secondo le proprie capacità allo sviluppo sociale, e non il possesso che ciascuno detiene senza merito o in misura non proporzionata al merito, costituisce la dignità civile dell' uomo in società.

Una democrazia ha bisogno, certo, di istituzioni adatte, ma non vive se queste istituzioni non sono alimentate da saldi principi. Là dove i principi che hanno ispirato le istituzioni perdono vigore negli animi, anche le istituzioni decadono, diventano, prima, vuoti scheletri, e rischiano poi al primo urto di finire in polvere. Se oggi c' è un problema della democrazia in Italia, è più un problema di principi che di istituzioni. A dieci anni dalla promulgazione della costituzione possiamo dire che le principali istituzioni per il funzionamento di uno stato democratico esistono. Ma possiamo dire con altrettanta sicurezza che i principi delle democrazia siano diventati parte viva del nostro costume?

Non posso non esprimere su questo punto qualche apprensione. Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell' umanità. Oggi non crediamo, come credevano i liberali, i democratici, i socialisti al principio del secolo, che la democrazia sia un cammino fatale. Io appartengo alla generazione che ha appreso dalla Resistenza europea qual somma di sofferenze sia stata necessaria per restituire l' Europa alla vita civile.

La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme.' 

martedì 21 dicembre 2021

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio

Da: Manifesto Nuova Scuola - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it

Vedi anche: Carla Maria Fabiani intervista Roberto Finelli: "DAL PROBLEM SOLVING AL THEORY BUILDING" - https://www.youtube.com/watch?v=oxNB7HjEsTc 


Incontro con il prof. Emiliano Brancaccio (Università del Sannio) per discutere sulle esigenze economiche che imporrebbero una riforma radicale della scuola. Una necessità in vista della ripresa del paese o una strumentale operazione politico-ideologica? 
(A cura di  G. Carosotti e S. Arangino)

                                                                            

sabato 23 febbraio 2019

"Rosa Luxeburg e Karl Liebknecht"

Da: Centro Studi Politici e Sociali Archivio 68 - Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova 
Leggi anche: Una candela che brucia dalle due parti. Rosa Luxemburg tra critica dell’economia politica e rivoluzione - Riccardo Bellofiore                           
                        Rosa Luxemburg*- Edoarda Masi
                           Che cosa vuole la Lega Spartaco - Rosa Luxemburg (1918)
Vedi anche: ROSA L. - Margarethe Von Trotta (1986) (Film completo)


Convegno su "Rosa Luxeburg e Karl Liebknecht" 

Giordano Lovascio 
Vincenzo Miliucci 
Vito Nanni 
Giuseppe Gambino 
Pubblico  
(Per vedere i video relativi agli altri relatori basta "cliccare" sul nome di ognuno di loro.)

Riccardo Bellofiore:
                                       

sabato 1 luglio 2017

CAPIRE L'ECONOMIA CONTEMPORANEA. NODI FONDAMENTALI*- Riccardo Bellofiore**


Il conflitto delle idee nella teoria economica - parte1: 


Il conflitto delle idee nella teoria economica - parte 2: https://www.youtube.com/watch?v=g5GYUi0BnUw#t=10.686104 

lunedì 20 ottobre 2014

Corso sul "Il Capitale" di Karl Marx (1) - Riccardo Bellofiore

Da:  Noi Restiamo   -Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova-

Video del Primo incontro del ciclo di letture del I libro de"Il Capitale" di Karl Marx organizzato da Noi Restiamo Torino e tenuto da Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo):


Tutti gli incontri:  https://www.youtube.com/playlist?list=PL5P5MP2SvtGh94C81IekSb83uO7nLgHmL

mercoledì 11 marzo 2020

Rosa Luxemburg, teorica marxiana dell’economia e della politica - Riccardo Bellofiore

Dal numero monografico dedicato a Rosa Luxemburg dalla rivista «Alternative per il socialismo», n. 56, dicembre 2019/marzo 2020. - http://www.rifondazione.it - 

                      Rosa Luxemburg*- Edoarda Masi 
                        ROSA L. - Margarethe Von Trotta (1986)


«Qualche sentimentale piangerà che dei marxisti bisticcino fra loro, che ‘autorità’ provate siano messe in discussione. Ma il marxismo non è una dozzina di persone che si distribuiscano a vicenda il diritto alla ‘competenza’, e di fronte alle quali la massa dei pii musulmani debba inchinarsi in cieca fede. Il marxismo è una dottrina rivoluzionaria che lotta per sempre nuove conquiste della conoscenza, che da nulla aborre più che dalle formule valide una volta per tutte, che mantiene viva la sua forza nel clangore delle armi incrociate dell’autocritica e nei fulmini della storia.» (Rosa Luxemburg, 1916) 

Sono trascorsi cento anni dall’assassinio di Rosa Luxemburg. Ecco che si sono svolte numerose iniziative per ricordarne la figura, è stato pubblicato qualche volume, o qualche articolo di rivista. Certo, nulla a che vedere con la doppia ricorrenza marxiana che abbiamo alle spalle (due anni fa, il cento- cinquantenario della pubblicazione della prima edizione del Capitale, l’anno scorso duecento anni dalla nascita di Karl Marx). Nel caso di Rosa Luxemburg, comprensibilmente (ma pur sempre discutibilmente) il fuoco è stato sulla figura personale e politica, non sulla teorica, tanto meno sulla Luxemburg economista. Il che, dal mio punto di vista, è una mutilazione che cancella il centro della figura che si vuole ricordare, e in fondo rende concreto il rischio di disperderne l’eredità. 


Mi proverò allora a ripercorrerne la riflessione guardando agli scritti economici e politici, oltre gli stereotipi. Si comincerà dalla Luxemburg marxista, per approdare alla Luxemburg marxiana, che ci interroga ancora oggi. Dovrò procedere un po’ con l’accetta, rimandando per un approfondimento a miei altri scritti, che saccheggerò qua e là. 


Gli inizi: ristagno e crisi nel marxismo 

giovedì 5 novembre 2015

IL CAPITALE DI MARX (14) - Riccardo Bellofiore



Video degli incontri del ciclo di letture del I libro del "Capitale" di Karl Marx organizzato da Noi Restiamo Torino e tenuto da Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo).


https://www.facebook.com/noirestiamo.torino/?fref=ts                                                                                                                                                                                                   httpw.facebook.com/Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova-148198901904582/?fref=tss://ww

sabato 22 maggio 2021

Marx: il capitale come feticcio automatico, e il capitale come rapporto sociale - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)


IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA 
Ciclo di lezioni aperte al pubblico del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca 


                                               Seconda lezione:
                                                                           

Per una lettura di Marx - Stefano Garroni 


martedì 1 maggio 2018

ECONOMIA PER I CITTADINI - RICCARDO BELLOFIORE

Da: M Epici - riccardo.bellofiore è docente di "Analisi Economica", "Economia Monetaria" e "International Monetary Economics" e "Dimensione Storica in Economia: le Teorie" presso il Dipartimento di Scienze Economiche "Hyman P. Minsky" dell'Università di Bergamo. (Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova)

1. - Come è nata la sua Passione per l'Economia?


2. - Su Karl Marx e Rosa Luxemburghttps://www.youtube.com/watch?v=NMHl2XZ3DSg
3. - Sulla Scuola Austriaca: Schumpeter, Mises e Hayek: https://www.youtube.com/watch?v=cNiEB23NLQs
4. - Augusto Graziani e la Teoria Monetaria della Produzionehttps://www.youtube.com/watch?v=oBksvfN7WKY
5. - Hyman Minsky e il Datore di Lavoro di Ultima Istanza (ELR)https://www.youtube.com/watch?v=WGMzu3M4b4U
6. - Neo-Liberismo e Social-Liberismohttps://www.youtube.com/watch?v=FV2ibIKW2Gs
7. - Capitalismo e Finanziarizzazionehttps://www.youtube.com/watch?v=EPJ03woJ5jk
8. - Neo-Mercantilismo e Moneta Unica Europeahttps://www.youtube.com/watch?v=42NPfSdNs5A
9. - Crisi Economica e Teoria Marxianahttps://www.youtube.com/watch?v=pqVe6ftt8as
10. - Ambiente, Genere e Tradizione Economica Italianahttps://www.youtube.com/watch?v=8FgIeCoY4WE

martedì 16 febbraio 2021

CAPITALE SENZA RIVOLUZIONE? - Riccardo Bellofiore

 Da: http://www.palermo-grad.com - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info

Leggi anche: H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

Introduzione a "Scritti politici di Rosa Luxemburg". La Rivoluzione - Lelio Basso

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

Cosa significa socialismo nel XXI secolo e cos'è lo Stato socialista? - Stefano G. Azzarà



Pubblichiamo la relazione di Riccardo Bellofiore alla conferenza sul centenario della rivoluzione d’ottobre tenuta a Roma il 18-22 gennaio 2017 e organizzata dall’associazione e rete C17. L’intervento è stato trascritto e pubblicato in Comunismo necessario – Manifesto a più voci per il XXI secolo, a cura di C17 (Mimesis, 2019). Qui di seguito troverete le domande poste da C17 e subito dopo la relazione di Riccardo Bellofiore.




C17:
Cos’è diventato il Capitale nel XXI secolo? Come intendere la “singolarità” del capitalismo neoliberale? Si tratterà per un verso di qualificare – su scala globale – la nuova composizione del lavoro e dello sfruttamento. Ma anche, chiaramente, la composizione del Capitale stesso, tra estrazione del valore e finanza. Per l’altro di percorrere gli antagonismi e la produzione di soggettività (ambivalente) che segnano das Kapital contemporaneo.


1. Aggiornare la critica
Condizione e finalità della critica dell’economia politica borghese è, per Marx, l’esistenza delle classi e la loro incessante lotta: attraverso la «scoperta» dello sfruttamento, la critica marxiana rende visibile la società divisa in luogo dell’individuo isolato e la storia in luogo dell’eternità delle categorie dell’economia politica. Tuttavia, il nuovo paradigma economico-politico «borghese» oggi dominante ha radicalmente modificato il suo oggetto e le forme attraverso cui mistifica il conflitto di classe: alle classi sociali è stato sostituito l’individuo proprietario, alla legge del valore-lavoro quella del valore-utilità, fondando l’origine dell’economia sullo scambio di mercato anziché sulla produzione. In che modo una critica dell’economia politica adeguata al tempo presente deve confrontarsi con queste modifiche nell’oggetto della scienza economica?