martedì 4 aprile 2023

Chi siamo e che vogliamo? - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 


Prima di impegnarci in alleanze più elettorali che politiche, sarebbe opportuno chiederci chi siamo e che vogliamo 

Se siamo convinti che esiste un’unica strada per uscire dal capitalismo e dalla sua disumanità, dato che esso appare sempre più irriformabile e avvitato in una spirale devastante, dato che le terze vie sono tutte fallite, occorre riconquistare la nostra identità sbriciolatasi in numerose e debolissime varianti, che si fanno genericamente paladine del popolo, degli sfruttati, degli umili. Nonostante il marxismo abbia una storia complessa e contraddittoria, che bisognerebbe apprendere a fondo, il suo nucleo centrale sembra costituire ancora oggi, in un orizzonte alquanto diverso da quello ottocentesco, un’adeguata chiave interpretativa della società contemporanea: il concetto di classe e il suo derivato la lotta di classe. Basti un esempio. Numerosi marxisti hanno interpretato la fase neoliberale come il tentativo riuscito di una restaurazione di classe dinanzi alla crisi dell’accumulazione, che non poteva più tollerare il compromesso keynesiano tra capitale e lavoro del dopoguerra. E hanno anche collegato tale impresa socio-economica all’imposizione di ideologie elogiative dell’individualismo identitario, miranti alla frammentazione dei lavoratori, del resto già divisi e separati da barriere quali il sesso, l’appartenenza etnica, religiosa ecc. Ideologie che purtroppo hanno profondamente colonizzato la cosiddetta nuova sinistra, che le ha fatte proprie soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e il ripudio dello stalinismo, facendosi affascinare dal culturalismo contrapposto in maniera binaria e semplicistica al volgare economicismo.

Due osservazioni su questi temi. Le barriere cui ho fatto cenno sono ovviamente superabili, se si recupera un elemento unificante e questo non può che essere l’appartenenza di classe, la cui “scoperta” non può che funzionare come punto di partenza per la costruzione di nuova coscienza senza la quale non si possono stabilire obiettivi e modalità di lotta comune. Seconda osservazione relativa al fallimento del socialismo sovietico, seppure a mio parere e di quello più autorevole del Che Guevara, si trattasse di un socialismo non compiuto e con inevitabili aspetti problematici. La fine dell’Unione Sovietica fu dovuta – come scrive lo storico Luciano Beolchi  (La de-modernizzazione della Russia, p. 6, in “Alternative per il socialismo”, n. 64, 2022)  – alla “crisi della transizione dal sistema socialista a quello di mercato non pianificato”; quindi non crisi del socialismo in sé, ma disarticolazione voluta e eterodiretta di un sistema economico sicuramente da riformare, ma certamente da non distruggere.

domenica 2 aprile 2023

LA CINA E LA FORMAZIONE DI UN FRONTE DEL SUD GLOBALE INCRINANO L’EGEMONIA USA - Domenico Moro

 Da: http://www.laboratorio-21.it - Domenico Moro è ricercatore presso l’Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati.

Vedi anche: Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro


La guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a livello globale tra la Russia e l’Occidente, cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del Giappone. All’interno di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina, che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale. La competizione si gioca su diversi ambiti: la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti sempre più stretti con Cina e Russia. Quest’ultimo aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli equilibri mondiali. Ovviamente tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti. Così è stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto sta accadendo in Ucraina. Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti. Apparentemente si tratta di un numero piccolo in confronto a quello dell’insieme degli stati mondiali. In realtà questi 35 Paesi, insieme a quelli che hanno votato contro la risoluzione, rappresentano un po’ più della metà della popolazione mondiale, comprendendo giganti come la Cina, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, l’Etiopia, il Vietnam e l’Iran che da soli arrivano a quasi 3,6 miliardi di abitanti. È da notare che tra i 35 astenuti ci sono 17 Paesi africani, che altri 8 paesi del continente sono stati assenti durante la votazione e che l’Eritrea ha votato contro. Di recente, alla votazione della fine di febbraio 2023, che chiedeva il ritiro delle Forze armate della Russia dall’Ucraina, gli astenuti sono stati 32, e i contrari 7, tra cui per la prima volta lo stato africano del Mali.

sabato 1 aprile 2023

“Netanyahu non ha cercato di distruggere la “democrazia israeliana”, ne ha ampiamente sfruttato la mancanza” - Jonathan Cook

Da: https://contropiano.or - Jonathan Cook è autore di tre libri sul conflitto israelo-palestinese e vincitore del Premio speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. Il suo sito Web e il suo blog sono disponibili all’indirizzo https://www.jonathan-cook.net

Israele si è avvicinata alla guerra civile durante il fine settimana come mai avvenuto in qualsiasi momento della sua storia. Lunedì sera, nel tentativo di evitare il caos, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha accettato di sospendere temporaneamente i suoi piani per neutralizzare i tribunali israeliani.

A quel punto, i centri cittadini erano stati bloccati da rabbiose proteste di massa. Il procuratore generale del paese aveva dichiarato che Netanyahu agiva illegamente . La folla aveva assediato l’edificio del Parlamento a Gerusalemme. Le istituzioni pubbliche sono state chiuse, compreso l’aeroporto internazionale di Israele e le sue ambasciate all’estero, in uno sciopero generale. A questo si è aggiunto a un quasi ammutinamento nelle ultime settimane da parte di gruppi militari d’élite, come piloti da combattimento e riservisti.

La crisi è culminata domenica sera con il licenziamento del ministro della Difesa da parte di Netanyahu, dopo che Yoav Gallant aveva avvertito che la legislazione stava facendo a pezzi i militari e minacciava la prontezza al combattimento di Israele. Il licenziamento di Gallant ha solo intensificato la furia dei manifestanti .

I disordini stavano crescendo da settimane mentre la cosiddetta “revisione giudiziaria” di Netanyahu si avvicinava ad essere scritta nei libri di legge.

giovedì 30 marzo 2023

Ucraina, la paura USA della pace - Fabrizio Casari

Da: https://www.altrenotizie.org - Fabrizio Casari, direttore del sito Altrenotizie 

Vedi anche: https://www.youtube.com/watch?v=t8jF1M7lqic 


Nella storia accade spesso che il successo di alcuni evidenzi il fallimento di altri. È un po' quello che è successo con la visita di due giorni di Xi Jinping a Mosca, con i due giganti che hanno confermato la loro alleanza strategica al di là di ogni aspettativa e i loro avversari - gli Stati Uniti e l'Unione europea - che, dopo aver spiegato al mondo che "Putin e Xi dormono nello stesso letto ma non hanno gli stessi sogni", si sono resi conto che è proprio la messa a terra dei sogni che ha preso nuovo slancio con questa visita. Così ora l'Occidente si affretta a denunciare la dimensione destabilizzante e a definire la democrazia globale come una minaccia assoluta al "mondo libero", proponendo una lotta tra "democrazia" e "autarchia".

Gli accordi commerciali firmati a Mosca vengono illustrati dalla corrente globalista come la certificazione del vassallaggio di Mosca a Pechino. Una tesi ridicola, dal punto di vista economico e politico. Non c'è alcun vassallaggio o signoria feudale, ma piuttosto uno scambio di tecnologia, commercio, finanza e materie prime. Gli accordi commerciali di valore strategico e di interesse reciproco, alcuni di portata globale, danno una forma più precisa ai contorni della collaborazione tra Pechino e Mosca e sono un esempio di come il commercio dovrebbe essere concepito, ossia come reciprocamente vantaggioso e privo di interferenze. Pechino ha bisogno di energia e cibo per il suo sviluppo e per gestire una nazione che ospita il 23% della popolazione mondiale, mentre Mosca ha bisogno del peso finanziario della Cina sui mercati.

Gli Stati Uniti e i loro alleati si trovano nella scomoda posizione di chi da tempo non vede i cambiamenti in arrivo e da almeno un anno prevede tutto ciò che non si avvera: sperano nella catastrofe per le banche russe ma invece arriva quella degli Stati Uniti e delle banche svizzere e tedesche e, quel che è peggio, dopo aver invocato l'iniziativa cinese come freno all'operazione militare speciale, ora che Pechino l'ha presa, si dichiarano pregiudizialmente contrari. Xi ha infatti proposto un percorso che dovrebbe portare a un cessate il fuoco in Ucraina e questo, se dovesse accadere, sancirebbe un ruolo di attore internazionale della Cina che Stati Uniti e Gran Bretagna non hanno alcuna intenzione di riconoscere.

domenica 26 marzo 2023

Intervista a Demostenes Floros - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura.
Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7


A più di un anno della guerra tra USA, Nato e Russia, tramite Ucraina, come si stanno orientando flussi delle materie energetiche? Nell’attuale complessa situazione qual è la strada effettivamente percorribile per giungere ad una transizione energetica?  

                                                                   

L’altro ospite graditissimo di questa settimana è Demostenes Floros, docente e ricercatore del Centro Europa ricerche e coordinatore del Corso di Geopolitica per l’Università aperta di Imola, sicuramente uno dei più apprezzati esperti in Italia ma anche all’estero di questioni energetiche. Non è facile riassumere brevemente la lunga intervista che Floros ci ha rilasciato con il suo tono sobrio e misurato, difficilmente riscontrabile in coloro che a vario titolo frequentano i diversi canali della rete. In primis, abbiamo cercato di fare il punto della situazione energetica europea ed italiana, abbiamo sottolineato la svolta orientale della Federazione russa che le ha permesso di sostituire i compratori europei delle sue materie energetiche (distinguendo tra gas naturale e petrolio) con Cina, India, Turchia ed altri paesi. Trattando questa questione, inevitabilmente siamo incappati nella Geopolitica, di cui Floros correttamente mette in luce i limiti, in quanto essa descrive la storia unicamente come scontro tra Stati o blocchi, ignorando la loro composizione di classe e, nei temi in discussione, trascurando, per esempio, il fatto fondamentale che le crisi degli ultimi anni sono state tutte scaricate sulle spalle dei lavoratori.

A proposito dell’effettiva possibilità della cosiddetta transizione energetica, Floros ha sollevato varie perplessità, quali il quasi abbandono del gas naturale russo sostituito con quello da fracking statunitense in via di esaurimento e assai più contaminante. Anche al nostro intervistato sembra che la crisi energetica non è risolvibile affidandosi esclusivamente alla tecnologia, ma necessita di una riforma radicale del sistema socio-economico, che deve esser basata sulla pianificazione e la programmazione di cosa produrre e di come produrlo. Si tratta di processi complessi che solo uno Stato può formulare e tenere sotto controllo, uno Stato che deve operare esclusivamente per il soddisfacimento delle esigenze dei suoi cittadini, i quali dovrebbero avere il potere di far udire la loro voce. 

venerdì 17 marzo 2023

La riforma del MES



Iniziativa politica sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità MES e le sue ricadute sociali. 
Interventi di Emiliano Brancaccio, Gianmario Cesarini e Marco Veronese Passarella
Introduzione di Pasquale Vecchiarelli. 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

martedì 14 marzo 2023

La "Fenomenologia dello spirito" di Hegel e la sua ricezione - Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci già docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma. - http://www.rivistapolemos.it


                                                  Prima lezione:
                                                                            





sabato 11 marzo 2023

Il rapporto sociale «che si presenta in una cosa» - Federico Simoni

 Da: http://www.consecutio.org - Federico Simoni ,Università di Bologna (federico.simoni3@studio.unibo.it). 

Vedi anche: Marx: il capitale come feticcio automatico, e il capitale come rapporto sociale - Riccardo Bellofiore

Leggi anche: Teoria critica della società? Critica dell’economia politica. Adorno, Backhaus, Marx* - Tommaso Redolfi Riva 

Hans Georg Backhaus, Dialettica della forma di valore* - intervista a Tommaso Redolfi Riva 


1. Introduzione

Diversi studiosi marxiani hanno recentemente sostenuto che nel Capitale Marx elaborerebbe, più o meno consapevolmente, una vera e propria rivo­luzione epistemologica. Secondo Michael Heinrich, il pensatore di Treviri presenta nel primo capitolo dell’opera il concetto, del tutto originale, di “forma [sociale] oggettuale di una cosa”, rapporto sociale “che si presenta (darstellt) in una cosa”1 . Tale concetto innerverebbe sia la sua teoria del va­lore sia quella del feticismo delle merci, entrambe presentate in tale capitolo. Esso non è in effetti altro che il valore delle merci:

La forza-lavoro umana allo stato fluido, ovvero il lavoro umano, costituisce va­lore, ma non è valore. Esso diventa valore allo stato coagulato, in forma oggettuale [gegenstandlicher Form ]. Per esprimere il valore della tela come gelatina di lavoro uma­no, esso deve essere espresso come una ‘oggettualità’ [ Gegenstandlichkeit] che sia dis­tinguibile, cosalmente [dinglich], dalla tela stessa e che, allo stesso tempo, sia ad essa in comune con altre merci2.

Per Tommaso Redolfi Riva, in Marx “il carattere di feticcio che assume la socializzazione del lavoro nel modo di produzione capitalistico, il suo carattere oggettuale, è l’origine del feticismo nell’economia politica”3. Il nesso sociale tra produttori privati si trova, in questo “valore”, per così dire tradotto in forma di rapporto di cose. Il valore non rappresenta perciò una qualità dei prodotti come tali (in sé indipendente da questa forma deter­minata, socialmente e storicamente, dello scambio). Esso è però parimen­ti forma oggettuale, ovvero compare necessariamente in forme e rapporti di cose, dei prodotti del lavoro, in virtù diretta di tale nesso. Questo per Marx diviene ed opera realmente come un’oggettualità di fronte ai soggetti sociali stessi che lo attuano, predeterminando la forma della loro “azione sociale”4.

È questo il carattere di feticcio (Fetischcharakter) assunto dal lavoro in forma di valore e dai suoi prodotti in quanto merci, denaro e capitale, le ‘categorie’ economiche dell’economia politica coeva. Tale carattere dà dunque luogo per Marx a strane antitesi, veri e propri enigmi. Per cui, ad esempio, queste forme e rapporti sociali paiono, relativamente al denaro, effetto di una proprietà naturale dei metalli nobili, che qui ne recitano la parte. È il feticismo (Fetischismus) delle merci e del denaro, il quale natura­lizza, spogliandole del loro carattere sociale e storico, tali forme ‘oggettuali’ come forme delle cose stesse e, quindi, i rapporti sociali ‘tra persone’ che le conferiscono.

lunedì 6 marzo 2023

“Home” - Warsan Shire

Warsan-Shire scrittrice e poetessa keniota 


Nel suo ultimo libro, Bless the Daughter Raised by a Voice in Her Head, edito in Italia da Fandango e uscito in contemporanea in undici paesi, Warsan Shire canta la dignità delle vite degli immigrati: madri e figlie, ragazzi e ragazze, il coraggio delle donne nere. 

Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa affronta argomenti delicati, quali la violenza, la guerra, la mutilazione dei genitali femminili, in modo poetico. Ne risulta una forma di poesia “terapeutica” che affonda le proprie radici nel dolore e attraverso il linguaggio lenisce le ferite, le cura, trasforma la sofferenza in salvezza.



Nessuno lascia la propria casa a meno che
casa sua non siano le mandibole di uno squalo
verso il confine ci corri solo
quando vedi tutta la città correre
i tuoi vicini che corrono più veloci di te
il fiato insanguinato nelle loro gole
il tuo ex-compagno di classe
che ti ha baciato fino a farti girare la testa dietro alla fabbrica di lattine
ora tiene nella mano una pistola più grande del suo corpo
lasci casa tua
quando è proprio lei a non permetterti più di starci.
nessuno lascia casa sua a meno che non sia proprio lei a scacciarlo
fuoco sotto ai piedi
sangue che ti bolle nella pancia
non avresti mai pensato di farlo
fin quando la lama non ti marchia di minacce incandescenti
il collo
e nonostante tutto continui a portare l’inno nazionale
sotto il respiro
soltanto dopo aver strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando ad ogni boccone di carta
ti è risultato chiaro il fatto che non ci saresti più tornata.
dovete capire
che nessuno mette i suoi figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra
nessuno va a bruciarsi i palmi
sotto ai treni
sotto i vagoni
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di giornali a meno che le miglia percorse
non significhino più di un qualsiasi viaggio.
nessuno striscia sotto ai recinti
nessuno vuole essere picchiato
commiserato
nessuno se li sceglie i campi profughi
o le perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo pieno di dolori
o il carcere,
perché il carcere è più sicuro
di una città che arde
e un secondino
nella notte
è meglio di un carico
di uomini che assomigliano a tuo padre
nessuno ce la può fare
nessuno lo può sopportare
nessuna pelle può resistere a tanto 

lunedì 27 febbraio 2023

È oggi realistica la transizione energetica o “ecologica”? - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura.

Prima di prospettare soluzioni semplicistiche e meramente tecnologiche a problemi complessi riconducibili alla natura del sistema capitalistico, sarebbe il caso – come a proposito della transizione energetica – di verificarne accuratamente la praticabilità.

Il libro Crisi o transizione energetica (Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità) di Stefano Fantacone e Demostenes Floros, recentemente pubblicato da DIARKOS, si propone di esaminare i limiti della strategia adottata dall’Europa per garantire ai Paesi del continente la sicurezza energetica, avendo come obiettivo quello di rompere i legami di dipendenza con la Federazione russa. Si tratta di un bel saggio estremamente interessante che sfata molti luoghi comuni, come per esempio che la crisi energetica sia scoppiata insieme all’attuale conflitto, quando invece essa ha cominciato ad affacciarsi all’orizzonte già nel marzo del 2021, ossia quando l’economia mondiale sembrava riprendersi dopo le fasi più acute della pandemia. Inoltre, mette in evidenza un tema poco trattato, ma noto agli specialisti, i quali sanno bene che nel periodo che va da oggi al 2050 la disponibilità dei combustibili fossili necessari a coprire il fabbisogno energetico mondiale è destinata a calare dall’80% al 33%. Se questa considerazione fosse corretta, Fantacone e Floros ipotizzano che la richiesta di queste risorse dovrebbe diminuire del 2% l’anno, comportando una graduale riduzione del loro prezzo. Ora i due autori mettono proprio in discussione questa semplicistica relazione economica, facendo presente che la guerra in Ucraina ha palesato che sulla disponibilità e sul prezzo dell’energia giocano un ruolo importantissimo anche fattori geopolitici, certamente sottovalutati dall’Ue (pp. 22-23), ma non credo dagli Usa.

Prendendo spunto da queste complesse questioni, formulate in un libro che consiglio fortemente di leggere, vorrei riassumere brevemente il punto di vista di un fisico spagnolo, Antonio Turiel Martínez, autore de El otoño de la civilización (2022), a proposito della reale possibilità di realizzare un’effettiva transizione energetica. Questione su cui, del resto, mostrano scetticismo anche Fantacone e Floros, quando scrivono che, considerando il gas naturale come ponte verso quest’ultima, la stessa Commissione europea ha riconosciuto indirettamente “l’impossibilità di sostituire le fonti fossili con le rinnovabili nel breve-medio periodo” (p. 141).

sabato 25 febbraio 2023

La realtà da Marx alla Scuola di Francoforte - Roberto Mordacci

Da: Romanae Disputationes - Roberto Mordacci è Professore ordinario di Filosofia Morale, è Prorettore alle Scienze umani e sociali dell'Università Vita-Salute San Raffaele dove è stato Preside della Facoltà di Filosofia per tre mandati, dal 2013 al 2022.
Leggi anche: DIALETTICA DELL'ILLUMINISMO di Adorno e Horkheimer - Carla Maria Fabiani 

                                                                          

mercoledì 22 febbraio 2023

ULTIMI 90 SECONDI. La guerra tra Russia e Ucraina verso un'escalation? Esiste un rischio atomico? - Alberto Negri, Paolo Cotta Ramusino

Da:  Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Coordina:Ferruccio Capelli -
Paolo_Cotta-Ramusino è Segretario Generale delle Pugwash Conferences on Science and World Affairs dall'agosto 2002. È anche Professore di Fisica Matematica presso l' Università degli Studi di Milano (Italia) e Senior Researcher presso il Istituto Nazionale Italiano di Fisica Nucleare. Cotta-Ramusino è Professore a contratto, Centro di politica internazionale, organizzazione e disarmo, Scuola di studi internazionali, Università Jawaharlal Nehru , Nuova Delhi e Associato al Progetto sulla gestione dell'atomo , Belfer Center for Science and International Affairs ,John F. Kennedy School of Government , Università di Harvard . È membro dell'International Institute for Strategic Studies e della World Academy of Art and Sciences. 
Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)
                                                                          

domenica 19 febbraio 2023

Marxismo e darwinismo - Lilian Truchon

Da: Traduzioni marxiste. Link all’articolo originale in francese Centre Atlantique de Philosophie - Lilian Truchon, Università di Nantes, Dottorando. Epistemologia, materialismo, darwinismo, marxismo.“Darwinismo in Cina. Accoglienza e influenza alla fine dell'Ottocento e nel Novecento”. 

Quando nel 1980, Patrick Tort, storico delle idee e specialista francese dell’opera di Charles Darwin, presenta pubblicamente le sue prime analisi del libro di quest’ultimo, L’origine dell’uomo e la selezione naturale (The Descent of Man, 1871) [1], analisi che porteranno – nel 1983 – alla pubblicazione di La pensée hiérarchique et l’évolution, il «grande pubblico», così come gli accademici, scoprono l’esistenza di un pensiero inedito del naturalista inglese circa l’uomo e la civilizzazione. Questa rivalutazione, che da allora ha obbligato a leggere quest’opera di Darwin (vittima di un’incomprensione pressoché generale), si è accompagnata alla critica di un dogma «marxista» basato proprio su un disconoscimento di tale antropologia darwiniana [2] (benché in realtà non derivante dal corpus marxista e proveniente principalmente dalle lettere di Marx ed Engels sulle scienze naturali [3]).

Prima di affrontare la problematica di questa antropologia nel suo rapporto col marxismo, è importante vedere in cosa consiste l’«effetto reversivo dell’evoluzione», nozione mai nominata nell’opera di Darwin e, tuttavia, operante in diversi rilevanti capitoli del suo volume del 1871. Darwin osserva che, grazie alla selezione degli istinti sociali e al correlato accrescimento delle capacità mentali, nonché delle tecnologie razionali (igiene, medicina, esercizio fisico), ciò che per comodità viene definito «cultura» (o civilizzazione) prevale sulla «natura»: l’altro, in quanto essere umano, è riconosciuto come simile, dunque il sentimento di simpatia si estende, così come la solidarietà e il soccorso agli «inadatti». Questa tendenza evolutiva oggettiva e di recente egemonica (in relazione al precedente corso evolutivo eliminatorio) si è imposto progressivamente alla tribù, alla nazione e poi all’umanità intera. In altre parole, «la selezione naturale seleziona la civilizzazione, la quale si oppone alla selezione naturale» [4]. Nessuno specialista e commentatore ha dimostrato, in modo serio, la falsità o il carattere forzato della rigorosa analisi  fornita da Patrick Tort, in particolare nel suo studio delle sequenze testuali del discorso darwiniano circa l’uomo, così come proposto in particolare in un articolo fondamentale: «Darwinismo ed evoluzionismo filosofico» [5].

venerdì 17 febbraio 2023

Grandi speranze, ovvero l’Ucraina che verrà - Stefania Fusero

Da: https://www.lacittafutura.it - https://newcoldwar.org/ - , è editorialista de La Città Futura. 


L’Occidente collettivo, sempre più direttamente coinvolto nel conflitto in Ucraina, si è dimostrato ondivago riguardo gli obiettivi della sua partecipazione alla guerra e si è più volte contraddetto sulla natura e il numero delle armi da inviare in Ucraina. Su un altro fronte ha mantenuto invece chiarezza e costanza nel tempo: la totale dedizione ad un progetto neoliberista per un’Ucraina aperta alle corporazioni occidentali in cui i lavoratori non abbiano alcuna tutela o protezione.

Come sonnambuli verso un precipizio

Non si può dire che le potenze occidentali – USA, NATO, UE – abbiano espresso posizioni univoche, coerenti e lineari sulla gestione del conflitto in Ucraina, se non un partigiano sostegno per una delle parti in causa (il governo ucraino post-Maidan), la demonizzazione della Federazione Russa ed uno sdegnoso rigetto dell’antica arte della diplomazia.

Se il presidente francese Macron, ad una settimana dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina affermava: “Non siamo in guerra contro la Russia”, dopo circa un anno la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava di fronte al parlamento UE: “Stiamo combattendo una guerra contro la Russia”.

mercoledì 15 febbraio 2023

L'Europa è in guerra e va verso l'autodistruzione - Donatella Di Cesare

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - https://www.facebook.com/donatella.dicesare - Donatella Di Cesare è una filosofa e editorialista italiana, professore ordinario di filosofia teoretica alla Università "La Sapienza" di Roma. 

Leggi anche: I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra - Donatella Di Cesare  

NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare 

Adesso c'è da chiedersi quale limite si deve superare per l'entrata formale.

Metsola consegna la bandiera europea a Zelensky. Il presidente ucraino ha appena terminato di tenere al parlamento europeo il suo discorso, come sempre abile ed efficace. Questa volta, però, compie un passo ulteriore: non si limita a dire che gli ucraini stanno combattendo per difendere i valori europei, ma sostiene addirittura che è in gioco “il destino dell’Europa”. Nessuna espressione poteva meglio segnalare quel che ormai è un dato di fatto: il coinvolgimento totale dell’Ue nel conflitto. Non è tanto l’Ucraina a entrare nell’Europa, quanto l’Europa a entrare in guerra. Un unico destino, un’unica lotta, un unico nemico. D’altronde la presidente Metsola, che ha promesso un “processo di rapida annessione”, si è spinta a evocare una “minaccia esistenziale” che incomberebbe sul vecchio continente. Ha terminato con il solito slogan “guerra significa pace” e l’immancabile urlo bellico Slava Ukraine
Che dire di fronte a questo spettacolo? Nella guerra siamo già pienamente coinvolti, l’ha ammesso perfino la premier Meloni. C’è da chiedersi quale limite si deve superare per l’entrata formale in guerra. Il continuum dell’escalation sembra inarrestabile e le armi diventano ormai jet e missili a lungo raggio. A partire da quando si deve usare il termine “guerra”? 

Se c’è chi parla di una vittoria che deve diventare realtà, qui si deve effetti già constatare una sconfitta annunciata di tutti. Le responsabilità dell’attuale dirigenza europea e di chi detiene in questo momento le leve del potere passerà alla storia. E in tutto questo si deve ammettere non solo che l’Europa si è suicidata, ma che il progetto europeo, così come in tanti lo avevamo auspicato, è fallito. E in modo irreversibile. L’Europa ha tradito se stessa e la propria missione, ha deluso e, per certi versi ingannato, i propri cittadini. L’Ue avrebbe dovuto stare accanto al popolo ucraino non assecondando la guerra, non inviando armi, ma mantenendo dall’inizio quel ruolo terzo, quella funzione diplomatica, che sarebbe stata indispensabile. A distanza ormai di un anno ne avvertiamo tutta l’assenza e percepiamo sempre più distintamente la subalternità completa agli Stati Uniti. Errori erano stati già commessi prima, quando era stata accettata l’invasione della Crimea, quando erano stati trascurati gli accordi di Minsk. Adesso non si tratta, però, di semplici errori, bensì di una virata completa, un’inversione di rotta. La nuova unione delle armi è la marcia verso la disgregazione delle piccole patrie interne e l’isolamento del vecchio continente, coinvolto in un conflitto imponderabile con la Russia. 

Da cittadina e da filosofa ho sempre difeso l’idea di Europa, anche nelle circostanze più abiette e imbarazzanti. Chi può dimenticare lo scempio che è stato perpetrato in Grecia? Quando la Troika ha imposto misure draconiane sarebbe bastata una somma accettabile per salvare vite umane che sono state invece sacrificate sull’altare dell’austerità. Sono morti di stenti e di fame anziani, donne, bambini. Allora non c’erano i soldi per gli aiuti – oggi ci sono per le armi. Sotto i peggiori auspici è cominciato il nuovo secolo per l’Europa. Ma in molti abbiamo creduto che la catastrofe greca fosse un capitolo osceno che avrebbe potuto essere presto chiuso per riprendere il cammino. 

Poi, però, le cose non sono andate meglio. Il 2015 è stato l’anno della crisi migratoria. La Germania di Merkel ha aperto le porte ai siriani – ma ha insieme firmato un accordo con Erdogan: miliardi per i grandi campi profughi. Non parliamo poi dell’Italia e dei suoi scellerati accordi con la Libia a firma Minniti. Violazione dei diritti umani, morti in mare, criminalizzazione delle Ong. Anche qui le cose sono peggiorate costantemente. E oggi si annuncia la costruzione di muri di stile americano per impedire l’ingresso dei migranti. 

C’erano molte cose che legavano gli europei: il ribrezzo per una violenza sfrenata, una certa idea di cura e sostegno dell’altro, quel senso di umanità che viene dalla cultura, ma anche da una storia tragica. Tutto questo era la nostra preziosa, impareggiabile Europa, che sembra perduta. Non è stata seguita la politica della solidarietà e della cura reciproca, ma solo quella delle sanzioni e delle armi sulla pelle dei più deboli. Forse la retriva Polonia sarà guida e traino di un continente subalterno e allo sbando. Certo gli equilibri sono cambiati in modo definitivo e preoccupante. 

L’Italia, sempre più isolata, anche a causa del governo postfascista, guarda a possibili alleanze mediterranee, mentre la Germania oscilla riluttante e divisa. E malgrado tutto i panzer tedeschi saranno simbolicamente inviati al fronte orientale. Difficile immaginare uno scenario peggiore: il “fato dell’Europa” che si compie nel tradimento e nell’autodistruzione.

lunedì 13 febbraio 2023

Chi comincia la guerra? Manuale per principianti e non - Franco Cardini, Giovanni Gozzini

Da: Festival della Comunicazione, Camogli - Giovanni Gozzini insegna Storia contemporanea all’Università di Siena. - Franco Cardini, è professore emerito di Storia medievale presso l'Istituto di Scienze Umane e Sociali (Firenze, oggi aggregato alla Scuola Normale Superiore di Pisa), saggista e blogger italiano. 

Ucraina 2022 : la storia in pericolo - Prof. Franco Cardini (https://www.youtube.com/watch?v=AxKwVw1qzLs)

                                                                             

sabato 11 febbraio 2023

Riflessioni sul libro di David Harvey, "Breve storia del neoliberismo" - Alessandra Ciattini

Da: Università Popolare Antonio Gramsci - https://www.unigramsci.it/
Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci ed è editorialista de la citta futura.


Il corso si basa essenzialmente sul libro di Harvey, Breve storia del neoliberismo, ma farà riferimento ad altre due opere importanti: E. Mandel, Neocapitalismo e crisi del dollaro, 1973 e K. Van der Pijl, States of Emergency. Keeping the Global Population in Check, 2022. 
Il neoliberalismo non sarà analizzato solo da punto di vista economico, ma come una nuova fase complessiva del sistema capitalistico. 
Il corso sarà suddiviso in due parti. Qui la prima parte (due lezioni). La seconda parte (tre lezioni) si svolgerà a partire dal 7 Giugno 2023 presso la sede dell'UniGramsci.

Primo incontro: Dopo i Trent'anni gloriosi (1945-1975) si afferma il neoliberalismo: come e perché?

                                                                             

Secondo incontro: Restaurazione del potere di classe e formazione di nuove classi dominanti 

mercoledì 8 febbraio 2023

Le false promesse dell’Occidente e l’assassinio premeditato dell’informazione - Alberto Negri

Da: https://www.geopolisonline.it - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. 


Ho avuto la possibilità di fare qualche domanda ad Alberto Negri, studioso di Medio Oriente, Asia centrale, Africa e Balcani. Negri è ad oggi uno tra i più esperti inviati di guerra italiani, nel corso della sua carriera ha collaborato con i principali canali d’informazione del nostro paese iniziando con il Corriere della Sera e Il Giornale già nei suoi vent’anni. Per citare i suoi contributi più rilevanti, è stato ricercatore ed è tutt’ora un consigliere dell’Ispi, scrive nel Manifesto, è intervenuto su Limes, è stato un inviato di guerra del Sole 24 Ore per trent’anni e ha poi insegnato nel master dello stesso quotidiano. È stato professore alla Luiss, alla Sapienza, a Roma Tre, alla Statale di Milano, a Parma. Io ho tentato di estrapolare qualche insegnamento e consiglio dalla sua esperienza. (CHIARA PRETTO, GEOPOLIS

Lei ha passato un’intera vita a studiare e, spesso, a osservare in prima persona praticamente tutti i conflitti che hanno spostato gli equilibri mondiali negli ultimi quarant’anni. Come inquadrerebbe la situazione mediorientale attuale, alla luce anche di disordini in Iran?

Il mio primo viaggio è stato proprio in Iran nel 1980, avevo ventiquattro anni e si era conclusa da poco la Rivoluzione che trasformò la monarchia nell’attuale repubblica islamica sciita. Nel corso di tutti gli anni in cui ho fatto il giornalista ho visto il Medio Oriente venire colonizzato e poi decolonizzato, degli spostamenti enormi di popolazioni, sostanzialmente una mappa che è cambiata mille volte.

La Siria ne è un esempio lampante: dal 2011 a oggi ha visto lo spostamento di sei milioni di profughi interni e di sette esterni. Lo stesso discorso vale per l’Iraq, a Baghdad oggi ci sono circa 180 chiese vuote. Mosul, dopo il 2014, è stata lasciata sotto il controllo dell’Isis per anni; solo pochi giorni fa mi sono arrivate delle foto che la mostrano ancora in condizioni tremende. Dal terrorismo di Al Qaida alla lotta tra sunniti e sciiti, oggi l’Iraq è un paese devastato, cambiato nel profondo. Pur potendo contare su una produzione di circa quattro milioni di barili di petrolio al giorno, rimane economicamente assai fragile. Si ritrova oggi ad essere stretto fra la Turchia di Erdogan, l’Iran degli ayatollah e la parte curda indipendente. La sua storia è stata raccontata in mille modi diversi e l’unica cosa certa è che l’Occidente non è mai stato in grado di portare ordine e credibilità ai governi a cui li doveva fornire.

lunedì 6 febbraio 2023

Perché l'Infinitamente grande si comporta come le particelle - Carlo Rovelli

Da: Fisica e Dintorni - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia.

                                                                           

giovedì 2 febbraio 2023

Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Ascanio Bernardeschi

Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa) e La Città futura [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)].


1 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - I prodromi e i concetti fondamentali: 

  

2 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Le ricadute macroeconomiche. 

3 - Storia del pensiero economico dopo Marx LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - L'eresia di Schumpeter. 

martedì 31 gennaio 2023

Il Forum economico di Davos: prospettive per il futuro? - Francesco Schettino

Da: la Città Futura - https://www.lacittafutura.it
Francesco Schettino (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli) è un economista italiano. (http://www.contraddizione.it/Contraddizioneonline.htm)


Alessandra Ciattini intervista l’economista Francesco Schettino che valuta i risultati del Forum di Davos, avvisandoci che quello che viene detto in pubblico è assai diverso da quello che i partecipanti si dicono nelle segrete stanze. A differenza del moderato ottimismo della Lagarde, il documento, partorito dal Forum, è apocalittico e prospetta una policrisi che investirà ogni aspetto della vita umana, i cui costi più gravosi saranno ovviamente scaricati sulle spalle dei lavoratori. Interrogato sul tema, Schettino ci illustra anche il forte ruolo della tecnologia negli anni venturi, che spinge alcuni ad immaginare una vera e propria fusione uomo-macchina, da cui scaturirà una sorta di superuomo. Tecnologia che sarà sempre più usata per il controllo e la sorveglianza delle popolazioni.

                                                                           

domenica 29 gennaio 2023

Quello che Dante non è - Lelio La Porta

Lelio La Porta è membro del “Centro per la filosofia italiana” e della “International Gramsci Society Italia”. È studioso di Gramsci, Lukács e Arendt. 

Leggi anche: Dante nei “Quaderni del carcere”: il canto decimo dell’Inferno di Antonio Gramsci. - Giorgio Gattei 

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi 

Marx apprende l’italiano leggendo Dante e Machiavelli. La Divina Commedia e specialmente l’Inferno, nonostante l’orientamento metafisico di Dante, risultano essere in linea con gli interessi della vita di Marx, come il Faust di Goethe e la traduzione di Lutero della Bibbia.

Vanno ricordati alcuni passi significativi dell’opera marxiana nei quali i versi danteschi assumono una torsione non soltanto descrittiva ma anche fortemente contenutistica se non perfino, in alcuni momenti, autobiografica. La conclusione della Prefazione del 1867 alla prima edizione del Capitale suona nel modo seguente:

Segui il tuo corso, e lascia dir le genti! 1

In realtà, Marx opera una variazione rispetto al verso originale che suona così:

Vien dietro me, e lascia dir le genti…

A parlare è Virgilio; sostituendosi al poeta mantovano è come se Marx affidasse a se stesso il compito di percorrere le strade della ricerca seguendo i propri interessi. Ancora: Marx condivide con Dante la sorte di esule. Rispondendo ad “un insultante articolo di fondo del Times” nei confronti degli esuli, in particolare dei rifugiati politici, Marx, dalle colonne del New York Daily Tribune del 4 aprile 1853, risponde con le parole con cui l’antenato Cacciaguida, nel canto XVII del Paradiso, predice a Dante l’esilio ricordandogli com’è amaro il pane degli altri, elemosinato nella povertà dell’esilio, e com’è duro e penoso il cammino nello scendere e salire le scale degli altri in cerca di aiuto e di protezione. Chiosa Marx:

- Beato Dante, un altro esponente di quella infelice categoria chiamata dei “profughi politici”, che i nemici non potevano minacciare con l’infamia di un articolo di fondo del Times! E ancor più beato il Times al quale non è capitato un “posto riservato” nel suo Inferno! -

Eppure anche Dante avrebbe trovato difficoltà a descrivere come luogo infernale una manifattura di fiammiferi del 1833, luogo in cui la disumanizzazione e la brutalità del capitalismo trovano un’esemplificazione così bestiale da non poter essere espressa con un linguaggio letterario2. 

venerdì 27 gennaio 2023

Tappe e percorsi della dialettica hegeliana: la Rivoluzione d’ottobre e il pensiero di Hegel - Giovanni Sgrò

 Da: Materialismo Storico - Sinistrainrete - Giovanni Sgro è professore associato di “Storia della filosofia” presso l’Università eCampus di Novedrate. 

Leggi anche: HEGEL IN URSS. HEGELISMO E RICEZIONE DI HEGEL NELLA RUSSIA SOVIETICA - Valeria Finocchiaro  

Nei Quaderni filosofici di Lenin: lo studio della Logica e la lettura del proprio tempo - Emiliano Alessandroni 

Lenin, Quaderni filosofici - Introduzione di R. Fineschi

Lenin lettore di Hegel*- Stathis Kouvélakis 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica - Emiliano Alessandroni 

RICERCHE MARXISTE - Momenti del dibattito sulla Nep - Stefano Garroni 

i id13654 mw600 1x


1. I contributi raccolti nel volume che qui si presenta1, ricostruiscono dettagliatamente un incontro “epocale” nella storia della filosofia (e non solo della filosofia!) contemporanea: la recezione e l’influenza della filo­sofia di Hegel nel e sul pensiero filosofico e politico russo. Questo incon­tro non inizia però - né, tanto meno, termina - con la Rivoluzione d’Ot­tobre. Infatti, prima ancora che l’opera di Hegel giungesse in Russia, fu l’intelligencija russa a recarsi a Berlino per conoscere e studiare l’opera di Hegel2. Anzi, come è stato giustamente osservato3, lo stesso incontro tra il pensiero di Hegel e gli intellettuali russi è di tipo dialettico: è avve­nuto molto presto ma, allo stesso tempo, anche molto tardi. Molto presto cronologicamente, in quanto i primi contatti si sono avuti già all’indo­mani della morte di Hegel (1831), negli anni Trenta e Quaranta dell’Ot­tocento ( Vormarz); ma a un livello di elaborazione molto tardo, in quanto l’immagine di Hegel che gli intellettuali russi assimilarono e che poi si adoperarono a diffondere e a propagandare nel loro paese era profonda­mente formata e mediata dall’interpretazione dei Giovani hegeliani.

Vissarion Grigor’evic Belinskij (1811-1848), Michail Aleksandrovic Bakunin (1814-1876) e Aleksandr Ivanovic Herzen (1812-1870) distin­guevano nettamente il metodo rivoluzionario dal sistema conservatore, consideravano quindi la dialettica hegeliana come un’arma rivoluzionaria, offrivano un’interpretazione in chiave dinamica dei rap­porti tra reale e razionale e, nel complesso, aderivano pienamente a una lettura in chiave progressista e rivoluzionaria della filosofia hegeliana4.

Questa lettura giovane-hegeliana della filosofia e, in particolare, della dia­lettica hegeliana sarà poi quasi letteralmente riformulata da Engels, più di quarant’anni dopo, nel suo famoso pamphlet di politica culturale, in cui si sofferma sul rapporto suo e di Marx con Hegel e su quell’“anello intermedio” tra la filosofia hegeliana e la concezione materialistica della storia rappresentato da Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872)5.

Per quanto riguarda i Giovani hegeliani russi, sarà soprattutto Herzen a valorizzare la categoria della mediazione per pensare - insieme a Hegel e oltre Hegel - il fallimento delle rivoluzioni del 1848. Ricorrendo a una filosofia della storia profondamente radicata nel presente, che non am­mette romantiche fughe nel passato né anticipazioni anacronistiche del futuro, Herzen rappresenta l’anello di congiunzione tra le diverse espe­rienze delle rivoluzioni europee del 18486 e l’eredità rivoluzionaria russa del Nachmàrz, ed è il primo a porre il problema della “non-contemporaneità russa”7, che costituirà il nodo teorico e politico del grande dibattito tra populismo e marxismo in Russia.

mercoledì 25 gennaio 2023

CRISI O TRANSIZIONE ENERGETICA? - F. Capelli, C. Carpinelli, D. Floros

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 -  Demostenes Floros  è un analista geopolitico ed economico. Insegna presso il Master di 1° Livello in “Relazioni Internazionali di impresa: Italia-Russia” (Modulo: Energia) dell’Università di Bologna”. Collabora con la rivista Oil e con abo.net per Eni. 




Presentazione del libro di Stefano Fantacone e Demostenes Floros:
Crisi o transizione energetica? Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità (Diarkos)

                                        

lunedì 23 gennaio 2023

Oggi si vietano anche le bandiere - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.itAlessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la citta futura. 


La contraddizione della società contemporanea sta nel fatto che, proclamando diritti e libertà, produce invece repressioni e vessazioni. 


La convinzione che la società neoliberista, proprio per la sua enfasi sull’individuo, per la deregolamentazione spinta in tutti i settori della vita sociale, per la sua politica internazionale tesa alla destabilizzazione e al cosiddetto caos creativo, finisce con lo sfociare nel più bieco autoritarismo, trova ogni giorno conferma. Infatti, di controllo, di disciplinamento, di verità assolute stabilite da autorità quasi sacre o presentate tali non può fare a meno per mantenere in piedi il suo ordine sempre più contraddittorio e pericolante, per arginare l’anarchia da essa stessa generata. Mi limiterò a menzionare alcuni eventi verificatisi in questi ultimi giorni in alcuni paesi che fanno parte dell’autoproclamata civiltà occidentale, culla di tutte le libertà, ma soprattutto della libertà attribuita ad alcuni di essere proprietari di tutto.

Cominciamo con il quotidianamente massacrato popolo palestinese, il quale ora non potrà nemmeno più protestare portando in piazza la sua bandiera, divenuta simbolo di libertà e autodeterminazione per molti nelle più disparate parti del mondo. Come è stato riportato da vari mezzi di informazione, nei giorni passati, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Yariv Levin, ha emesso una direttiva secondo la quale la bandiera palestinese sarebbe un simbolo terroristico e, pertanto, la polizia è autorizzata a eliminarla dagli spazi pubblici. Questa misura è persino denunciata da Amnesty International, che la definisce un vergognoso attacco contro il diritto all’identità nazionale, alla libertà di espressione e a riunirsi pacificamente.

sabato 21 gennaio 2023

L’età delle catastrofi – Roberto Finelli

 Da: https://www.altraparolarivista.it -  Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org

A. Dürer, Apocalisse, la battaglia degli angeli, 1496-1498]


Un’epoca della modernità s’è evidentemente conclusa. Il capitalismo è infatti divenuto capitalismo universale. Ma pandemia e guerra stanno lì a dimostrare quanto la sua modernità, che almeno dal XVI° sec. ha significato crescita progressiva della ricchezza e allargamento dei beni primari a masse sempre più estese della popolazione, si sia venuta ormai estenuandosi.

Potremmo definire “età delle catastrofi” il periodo storico nel quale l’umanità si accinge ad entrare, o meglio nel quale è già entrata a partire dalla globalizzazione dell’economia neoliberale che s’è iniziata storicamente con l’implosione dell’Unione Sovietica e la diffusione dell’economia a dominanza di capitale all’intero pianeta. Nel giro di trent’anni il neoliberismo, vale a dire il capitalismo come espansione illimitata del capitale, nella sua forma di capitale produttivo, capitale finanziario e capitale commerciale, ha mostrato dopo un decennio di diffusione e sviluppo, tutti i suoi intrinseci limiti, per proporsi, nell’orizzonte di un passaggio egemonico dagli Stati Uniti alla Cina, come sintesi di tre catastrofi che sempre più si apprestano e stanno per attraversare e devastare la vita del XXI° secolo.

Tale nuova età delle catastrofi si configura attraverso la compresenza del suo agire su tre livelli distinguibili ma pure riconducibili a facce di una stessa realtà.

  1. La catastrofe ecologica.
  2. La catastrofe geo-politica.
  3. La catastrofe antropologica della mente.


1. La catastrofe ecologica