Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
domenica 26 marzo 2023
Intervista a Demostenes Floros - Alessandra Ciattini
Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7
mercoledì 25 gennaio 2023
CRISI O TRANSIZIONE ENERGETICA? - F. Capelli, C. Carpinelli, D. Floros
venerdì 7 ottobre 2022
"Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros
mercoledì 18 maggio 2022
Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros
Vedi anche: Il Patto Sino Russo: un nuovo bipolarismo? - Aldo Giannuli
lunedì 27 febbraio 2023
È oggi realistica la transizione energetica o “ecologica”? - Alessandra Ciattini
Prima di prospettare soluzioni semplicistiche e meramente tecnologiche a problemi complessi riconducibili alla natura del sistema capitalistico, sarebbe il caso – come a proposito della transizione energetica – di verificarne accuratamente la praticabilità.
Il libro Crisi o transizione energetica (Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità) di Stefano Fantacone e Demostenes Floros, recentemente pubblicato da DIARKOS, si propone di esaminare i limiti della strategia adottata dall’Europa per garantire ai Paesi del continente la sicurezza energetica, avendo come obiettivo quello di rompere i legami di dipendenza con la Federazione russa. Si tratta di un bel saggio estremamente interessante che sfata molti luoghi comuni, come per esempio che la crisi energetica sia scoppiata insieme all’attuale conflitto, quando invece essa ha cominciato ad affacciarsi all’orizzonte già nel marzo del 2021, ossia quando l’economia mondiale sembrava riprendersi dopo le fasi più acute della pandemia. Inoltre, mette in evidenza un tema poco trattato, ma noto agli specialisti, i quali sanno bene che nel periodo che va da oggi al 2050 la disponibilità dei combustibili fossili necessari a coprire il fabbisogno energetico mondiale è destinata a calare dall’80% al 33%. Se questa considerazione fosse corretta, Fantacone e Floros ipotizzano che la richiesta di queste risorse dovrebbe diminuire del 2% l’anno, comportando una graduale riduzione del loro prezzo. Ora i due autori mettono proprio in discussione questa semplicistica relazione economica, facendo presente che la guerra in Ucraina ha palesato che sulla disponibilità e sul prezzo dell’energia giocano un ruolo importantissimo anche fattori geopolitici, certamente sottovalutati dall’Ue (pp. 22-23), ma non credo dagli Usa.
Prendendo spunto da queste complesse questioni, formulate in un libro che consiglio fortemente di leggere, vorrei riassumere brevemente il punto di vista di un fisico spagnolo, Antonio Turiel Martínez, autore de El otoño de la civilización (2022), a proposito della reale possibilità di realizzare un’effettiva transizione energetica. Questione su cui, del resto, mostrano scetticismo anche Fantacone e Floros, quando scrivono che, considerando il gas naturale come ponte verso quest’ultima, la stessa Commissione europea ha riconosciuto indirettamente “l’impossibilità di sostituire le fonti fossili con le rinnovabili nel breve-medio periodo” (p. 141).
sabato 21 maggio 2022
Sanzionati e sanzionatori - Alessandra Ciattini
Leggi anche: Le sanzioni logorano soprattutto chi le impone - Guglielmo Forges Davanzati
La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli - Francesco Schettino
La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri
COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa
Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros
mercoledì 21 dicembre 2022
Tra autarchia e dipendenza? - Alessandra Ciattini
Da: https://www.altrenotizie.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la citta futura.
Leggi anche: Crisi ucraina: un primo bilancio delle sanzioni contro la Russia - Andrea Vento
Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra - Joseph Halevi
La dittatura della finanza e il mercato del gas – Andrea Fumagalli
Vedi anche: "Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros
E’ noto quanto sostenevano gli antichi: gli dei accecano coloro che vogliono perdere. Questa considerazione si attaglia perfettamente alle élites del cosiddetto occidente collettivo che, per smania di potere e per megalomania, sono accecate e non vedono l’abisso verso il quale si stanno dirigendo a capofitto. Questa catastrofe - o meglio una liberazione per noi - non ci farebbe versare nessuna lacrima se ahimè, del tutto nolenti, non fossimo ad esse legati; pertanto, se non ci sganciamo presto subiremo la loro stessa sorte. Per sottrarci a questo destino non voluto - e del resto evitabile se ci animassero il buon senso e il raziocinio - dovremmo risvegliarci dal torpore che appesantisce la nostra mente distratta e affaticata.
Uno dei motivi più ripetuti fino all’ossessione dai media dominanti è quello della necessità di raggiungere l’indipendenza, in particolare non dipendere più dalle risorse energetiche russe. In realtà i nove pacchetti di sanzioni varati dall’Unione europea, formata dagli europeones, vogliono tagliare molte altre dipendenze, che purtroppo per le suddette élites sono ineliminabili (per es. la Francia usa per le sue centrali uranio trattato in Russia), fatto che è quanto mai evidente a chi vuol vedere.
Questa questione, che ricorda l’autarchia fascista, a causa della quale si dovette fare il caffè con la cicoria, può essere affrontata da un punto di vista filosofico e da un punto di vista empirico.
domenica 11 settembre 2022
Il conflitto in Ucraina accelera la fine del dominio dell’Occidente - Thierry Meyssan
Da: https://www.voltairenet.org - https://www.sinistrainrete.info - Thierry Meyssan, consulente politico, presidente-fondatore della Rete Voltaire. Ultima opera in italiano
Leggi anche: Il sabotaggio della pace in Europa - Thierry Meyssan
"La messa in scena come metodo della politica occidentale" - S.V. Lavrov
La logica della crisi corrente - Andrea Zhok
Le ragioni della Russia - Aristide Bellacicco
Cosa sta succedendo dentro l’ONU?
Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros
Il conflitto ucraino, presentato come un’aggressione della Russia, è invece l’applicazione della risoluzione 2202 del 17 febbraio 2015 del Consiglio di Sicurezza. Francia e Germania non hanno tenuto fede agli impegni assunti con l’Accordo di Minsk II, quindi per sette anni la Russia si è preparata allo scontro attuale. Mosca ha previsto le sanzioni occidentali con molto anticipo, sicché le sono bastati due mesi per aggirarle. Le sanzioni scompaginano la globalizzazione statunitense, perturbano le economie occidentali spezzando le catene di approvvigionamento, facendo rifluire i dollari verso Washington e provocando un’inflazione generale, causando infine una crisi energetica. Chi la fa l’aspetti: gli Stati Uniti e i loro alleati si stanno scavando la fossa con le proprie mani. Nel frattempo le entrate del Tesoro russo in sei mesi sono aumentate del 32%.
Nei sette anni appena trascorsi spettava alle potenze garanti dell’Accordo di Minsk II (Germania, Francia, Ucraina e Russia) farlo rispettare. Non l’hanno fatto, sebbene l’intesa sia stata avallata e legalizzata il 17 febbraio 2015 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a dispetto delle affermazioni sulla necessità di proteggere i cittadini ucraini, minacciati dal loro stesso governo.
Il 31 gennaio 2022, allorquando cominciavano a circolare notizie su un possibile intervento militare russo, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Difesa ucraino, Oleksy Danilov, sfidava Germania, Francia, Russia e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dichiarando: «Il rispetto degli Accordi di Minsk significa la distruzione del Paese. Quando furono firmati sotto la minaccia armata dei russi - e sotto lo sguardo di tedeschi e francesi - era già chiaro a tutte le persone razionali che sarebbe stato impossibile applicarli» [1].
Sette anni dopo, quando il numero di ucraini uccisi dal governo di Kiev ha superato i 12 mila secondo la versione ucraina e i 20 mila secondo la Commissione d’inchiesta russa, solo allora Mosca ha lanciato un’«operazione militare speciale» contro i «nazionalisti integralisti» ucraini (come vogliono essere chiamati), che i russi definiscono «neonazisti».
Sin dall’inizio dell’operazione la Russia ha dichiarato che si sarebbe limitata a soccorrere le popolazioni e a «denazificare» l’Ucraina, non già a occuparla. Ciononostante gli Occidentali hanno accusata la Russia di voler prendere Kiev, di voler rovesciare il presidente Zelensky e annettere l’Ucraina; azioni che evidentemente i russi non hanno fatto. Soltanto dopo l’esecuzione di uno dei negoziatori ucraini, Denis Kireev, ucciso dai servizi di sicurezza del proprio Paese (SBU), e la sospensione dei colloqui da parte del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di voler inasprire le pretese russe. Ora la Federazione reclama la Novorussia, ossia tutto il sud dell’Ucraina, territorio storicamente russo dai tempi della zarina Caterina II, salvo un’interruzione di 33 anni.
martedì 5 luglio 2022
Le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti - Alessandra Ciattini
Leggi anche: Il nuovo scenario Russia/Ucraina - Alessandra Ciattini
Sanzionati e sanzionatori - Alessandra Ciattini
L’importanza dell’Eurasia - Alessandra Ciattini
Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)
Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini
Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa
Preparativi di un nuovo mondo: circa la “trasformazione strutturale” dell’economia Russa - Alessandro Visalli
COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa
Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros
Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro
Nonostante tutti i tentativi l’Unione Europea non riesce a rendersi indipendente dalle risorse energetiche russe e tutte le conseguenze negative delle sue scelte nefaste ricadono su noi lavoratori.
mercoledì 30 novembre 2022
Il nuovo governo Meloni: un diverso approccio alle relazioni internazionali e in particolar modo con la Cina? - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la citta futura.
Leggi anche: L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini
Affrontando la questione delle conseguenze derivate dall’affermazione nella destra nelle elezioni dello scorso 25 settembre in Italia sulla politica internazionale del paese, in primo luogo occorre sottolineare che dobbiamo fare i conti con un’astensione dal voto del 36% degli elettori; fatto che mostra una alquanto scarsa fiducia nei partiti politici che hanno governato il paese in questi ultimi anni.
Analizziamo poi brevemente i dati elettorali. Il partito di estrema destra Fratelli d’Italia, guidato da Giorgia Meloni, membro dell’Aspen Institute, ha conquistato la maggioranza dei seggi in Parlamento: nel 2018 aveva solo il 4,4% alla Camera e il 4,3% al Senato. La Lega di Matteo Salvini, sempre di destra, ha dimezzato i suoi voti, passando dal 17,5% al 9% cedendoli alla Meloni. È in calo anche il partito del magnate plurindagato Silvio Berlusconi che si attesta all’8%.
Quanto, invece, al cosiddetto centrosinistra, il Partito Democratico ha subito una meritata débacle, perdendo circa un milione di voti e ottenendo solo il 19%, non allontanandosi dai risultati del 2018. L’Alleanza Sinistra/Verdi deve accontentarsi di un modesto 3,6%. Nonostante abbia perso una parte importante, il Movimento 5 Stelle, con un atteggiamento critico ma inefficace e ambiguo verso le scelte del governo di Mario Draghi verso la guerra per procura tra Ucraina e Russia, ha guadagnato inaspettatamente il 15%, dimezzando tuttavia i consensi ricevuti nel 2018. Il terzo polo formato da Azione e Italia Viva, una costola ultraliberista del PD, si colloca all’8%. Quanto all’alleanza Sinistra/Verdi il risultato è paragonabile a quello di Liberi e Uguali (con l’unica differenza dei Verdi al posto dei bersaniani di Art.1). Rispetto al 2018 il risultato (3,6%) è leggermente al rialzo: quattro anni e mezzo fa LeU ottenne il 3,3%. Ci sono poi altre formazioni politiche di entrambi i settori (destra e sinistra), ma che non saranno ammesse in parlamento per l’esiguità dei voti conseguiti.
Per quanto riguarda, invece, l’analisi sociologica del voto (reddito, occupazione, età), si può affermare che il cosiddetto centrosinistra e il terzo polo hanno conquistato voti nei collegi a reddito più alto, con maggiore numero di occupati e di laureati; invece i 5 Stelle si sono affermati nel meridione, nei settori più poveri con una più alta percentuale di disoccupazione e tra i giovani. Il centrodestra è riuscito a ottenere un voto trasversale anche se ha ricevuto sostegno in particolare dagli anziani.
domenica 26 giugno 2022
Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani
Da: https://www.analisidifesa.it - Gianandrea Gaiani Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa.
Il ritorno della guerra, quella “vera”, convenzionale, brutale e ad alta intensità sta determinando reazioni e riflessioni in Europa oltre a decisioni politiche e finanziarie di rilievo come l’adesione ormai diffusa presso molte nazioni (Italia inclusa) all’obiettivo di portare le spese militari al 2 per cento del PIL, addirittura al 3 per cento nel caso della Polonia che ha varato un massiccio riarmo, o come il fondo speciale per Difesa tedesco da 100 miliardi di euro.
“L’Europa si sente vulnerabile non solo per il fatto che i missili russi potrebbero colpirla ma anche perché, facendo un inventario delle capacità disponibili in termini di dotazioni i singoli Paesi si sono resi conto di non essere in grado di affrontare questo scenario”, ha affermato Emanuele Serafini, direttore per l’Europa Occidentale e Nato di Lockheed Martin nel corso del convegno “Industria della Difesa, scenari e prospettive nella crisi post Ucraina”, organizzato al palazzo dell’Esercito, a Roma l’8 giugno.
Una definizione che ben fotografa la drammatica realtà emersa dalle prime indicazioni fornite dal conflitto in Ucraina.
Difficile prevedere quando e con quali esiti potrà avere termine la guerra che prese il via nel 2014 nella regione orientale del Donbass ma ha subito una rapida escalation dal 24 febbraio scorso con l’intervento militare russo e il coinvolgimento indiretto degli stati membri della NATO quali fornitori di massicci aiuti militari e programmi di addestramento alle truppe di Kiev.
Dopo quasi 4 mesi di combattimenti ad alta intensità è forse presto per parlare di “lezioni” ma è certo possibile tracciare alcune indicazioni che questo conflitto fornisce all’Occidente e alle nazioni europee, determinate non solo dagli sviluppi bellici sul campo di battaglia ma anche dalla natura di questa guerra.