giovedì 30 marzo 2023

Ucraina, la paura USA della pace - Fabrizio Casari

Da: https://www.altrenotizie.org - Fabrizio Casari, direttore del sito Altrenotizie 

Vedi anche: https://www.youtube.com/watch?v=t8jF1M7lqic 


Nella storia accade spesso che il successo di alcuni evidenzi il fallimento di altri. È un po' quello che è successo con la visita di due giorni di Xi Jinping a Mosca, con i due giganti che hanno confermato la loro alleanza strategica al di là di ogni aspettativa e i loro avversari - gli Stati Uniti e l'Unione europea - che, dopo aver spiegato al mondo che "Putin e Xi dormono nello stesso letto ma non hanno gli stessi sogni", si sono resi conto che è proprio la messa a terra dei sogni che ha preso nuovo slancio con questa visita. Così ora l'Occidente si affretta a denunciare la dimensione destabilizzante e a definire la democrazia globale come una minaccia assoluta al "mondo libero", proponendo una lotta tra "democrazia" e "autarchia".

Gli accordi commerciali firmati a Mosca vengono illustrati dalla corrente globalista come la certificazione del vassallaggio di Mosca a Pechino. Una tesi ridicola, dal punto di vista economico e politico. Non c'è alcun vassallaggio o signoria feudale, ma piuttosto uno scambio di tecnologia, commercio, finanza e materie prime. Gli accordi commerciali di valore strategico e di interesse reciproco, alcuni di portata globale, danno una forma più precisa ai contorni della collaborazione tra Pechino e Mosca e sono un esempio di come il commercio dovrebbe essere concepito, ossia come reciprocamente vantaggioso e privo di interferenze. Pechino ha bisogno di energia e cibo per il suo sviluppo e per gestire una nazione che ospita il 23% della popolazione mondiale, mentre Mosca ha bisogno del peso finanziario della Cina sui mercati.

Gli Stati Uniti e i loro alleati si trovano nella scomoda posizione di chi da tempo non vede i cambiamenti in arrivo e da almeno un anno prevede tutto ciò che non si avvera: sperano nella catastrofe per le banche russe ma invece arriva quella degli Stati Uniti e delle banche svizzere e tedesche e, quel che è peggio, dopo aver invocato l'iniziativa cinese come freno all'operazione militare speciale, ora che Pechino l'ha presa, si dichiarano pregiudizialmente contrari. Xi ha infatti proposto un percorso che dovrebbe portare a un cessate il fuoco in Ucraina e questo, se dovesse accadere, sancirebbe un ruolo di attore internazionale della Cina che Stati Uniti e Gran Bretagna non hanno alcuna intenzione di riconoscere.

La minaccia peggiore per gli Stati Uniti è infatti rappresentata proprio dalla diplomazia di Xi. L'accordo raggiunto tra Iran e Arabia Saudita grazie a russi e cinesi, dimostra che non esiste un dialogo impossibile tra nemici se si eliminano i pregiudizi ideologici e si privilegiano gli interessi reciproci. La proposta di Pechino per un "cessate il fuoco" in Ucraina non era - e non è stata presentata come tale - un piano di pace, ma una proposta di posizionamento che avrebbe avvicinato le parti eliminando l'ostacolo più grande, rappresentato dall'opposizione degli Stati Uniti e dalla legge ucraina che vieta qualsiasi contatto con i russi.

Il “rischio cinese”

Il piano di pace, come anche un americano può capire, è un'altra cosa e può emergere solo dai colloqui e non essere predeterminato. Ma l'idea che Xi possa aprire un corridoio "sensibile" a Zelensky preoccupa non poco gli Stati Uniti. Innanzitutto perché la Cina è l'unico Paese di cui i russi si fidano e che ha la possibilità di influenzare Mosca (relativamente); poi perché è il principale partner commerciale di Kiev (possiede, tra l'altro, la Borsa di Kiev) ed è l'unico Paese al mondo in grado di fornire la liquidità necessaria all'Ucraina per investire nella sua ricostruzione. Questo sia direttamente attraverso i suoi finanziamenti, sia indirettamente attraverso il progetto della Nuova Via della Seta, di cui l'Ucraina è un'importante propaggine.

Infine, c'è l'aspetto non trascurabile della capacità dell'UE di impegnarsi con l'Ucraina, che ha così tanti legami finanziari con la Cina da non riuscire nemmeno a immaginare una via d'uscita come quella adottata (solo in parte) con la Russia per gli idrocarburi. È qui che risiede il più grande timore di Washington: che una parte significativa dell'Europa (Francia, Germania, Spagna, Italia) si unisca a Ungheria, Serbia, Austria e Croazia, che non vedono futuro nel continuare la guerra contro Mosca, e prenda le distanze da un nuovo rifiuto di negoziare la fine della guerra in Ucraina, che rimane una seria minaccia per il Vecchio Continente.

Le annunciate visite di Macron, Sánchez e Lula indicano che la Cina non ha solo la Russia come interlocutore e sembrano semmai confermare proprio la credibilità di cui gode Xi. È presto per dire se genereranno spaccature sul fronte europeo, ma il continuo aumento delle provocazioni da parte di Regno Unito, Stati Uniti e Polonia sta causando malessere nelle capitali europee e non si può escludere un riallineamento.

Inoltre, Pechino ha le carte in regola per mediare. A differenza di chi ci ha provato senza successo (Istanbul e Tel Aviv), la Cina ha un background indiscutibilmente pacifico, non avendo mai mosso guerra a nessuno (quella con il Vietnam del 1979 fu una scaramuccia di 15 giorni). Non si può dire lo stesso degli Stati Uniti, che dalla Jugoslavia all'Iraq, dall'Afghanistan alla Siria, passando per lo Yemen e la Somalia, hanno causato più di 4 milioni di morti dalla metà degli anni Novanta, attribuibili a sei presidenti (Clinton, Obama e Biden per i "democratici" e i due Bush e Trump per i repubblicani).

Come si diceva, l'emergere della Cina sullo scacchiere politico-diplomatico minaccia gli interessi degli Stati Uniti. L'interruzione del conflitto sarebbe un disastro per Washington: i vantaggi politici, militari, commerciali e geostrategici acquisiti su Europa e Russia in questa guerra sono innumerevoli, e una normalizzazione dei mercati toglierebbe gradualmente la posizione dominante acquisita grazie al blocco totale della Russia e alle gravi ripercussioni sull'economia dell'area UE.

Questo è anche il motivo per cui gli Stati Uniti si sono opposti a ogni possibile contatto tra i belligeranti, delegando a Londra il da farsi. Prima l'assassinio del negoziatore ucraino accusato dai servizi polacchi di essere con Mosca, poi l'assassinio mafioso della figlia di Alexander Dugin da parte dei servizi ucraini, quindi il sabotaggio del gasdotto da parte di attentatori britannici e norvegesi, ora l'ordine perentorio a Zelensky di non accettare alcun ipotetico ed ora i Mig slovacchi consegnati a Kiev e il governo britannico che dice apertamente di inviare proiettili all'uranio impoverito, per alzare la tensione con Mosca oltre ogni limite.

E a cercare di seppellire una volta per tutte la nascita di un eventuale dialogo, arriva il mandato della CPI, emesso per volontà politica di Londra (come hanno ammesso apertamente fonti del Foreign Office) attraverso il suo discutibile procuratore, l'inglese Karim Khan. Si tratta di un ordine privo di decenza legale (ai governanti viene garantita l'immunità e non l'azione penale), ma intriso di conseguenze politiche. Se da un lato mette in discussione tutti i Paesi che non riconoscono questo tribunale, dall'altro ha una funzione precisa: impedire un eventuale avvio di colloqui. Quale dei 123 Stati che hanno firmato lo Statuto della CPI potrebbe ospitare colloqui o rivolgersi alla Russia come mediatore se il firmatario è un ricercato che sarebbero obbligati a perseguire?

Ma il ridicolo è accompagnato da perplessità, poiché Karim Khan ha un fratello, Imran Ahmad Khan, ex parlamentare conservatore, arrestato per pedofilia. Secondo Mosca, Imran è stato rilasciato dalla prigione in Gran Bretagna il 23 febbraio dopo aver scontato solo la metà della condanna a 18 mesi comminaatagli per aver abusato di un minore. Tre settimane dopo il suo rilascio, il fratello ha spiccato un mandato d'arresto per Putin e Maria Llova-Belova, commissario russo per i diritti dell'infanzia, ovvero qualcuno che protegge i bambini da persone come il fratello del procuratore. Davvero non si capisce lo scambio di favori tra il governo britannico e il magistrato britannico? E davvero il fratello di un pedofilo ha l'autorità etica per intervenire in un caso di presunto abuso di minori? È possibile non cogliere l'indecenza (anche) simbolica?

I guerrafondai

Pechino si è resa conto che l'Ucraina è solo la prima parte della partita che l'Occidente intende finire sconfiggendo la Cina. Il fervore guerrafondaio anglosassone emerge con Sunak, l'ultramiliardario razzista che siede a Downing Street, che accusa Pechino di voler "rimodellare l'ordine mondiale" e poi prevede un conflitto totale definito "epocale". Le stesse parole sono state usate dal Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, che ha previsto un conflitto globale se la Cina avesse fornito aiuti militari alla Russia.

Quello che Sunak e la Casa Bianca minacciano è, in sostanza, una guerra devastante per salvare l'ordine mondiale "basato sulle regole", cioè un sistema di relazioni dominato dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Per prepararsi a questa nuova fase si va verso un cambiamento della struttura di comando della NATO in Europa nel prossimo futuro, con Londra e Varsavia, insieme a Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia che costituiranno il nucleo duro dell'Alleanza; cioè quel pezzo di Occidente disposto a essere disintegrato perchè serve agli interessi statunitensi e a garantire che gli anglosassoni possano continuare a dominare il mondo.

Come ha commentato Marcello Carnelos, ex ambasciatore italiano a Baghdad ed ex inviato speciale per la Siria e il processo di pace israelo-palestinese, "questo è lo scenario più plausibile e quello preferito dall'Occidente. Per gli Stati Uniti, una guerra permanente in Europa con uno o più Stati che si offrono di alimentarla all'infinito ha il doppio vantaggio di tenere gli europei impegnati contro la Russia e di distrarli dal loro asse con Pechino. Ma per la guerra infinita le risorse stanno iniziando a scarseggiare, a cominciare da coloro che devono essere inviati in prima linea".

Al momento, oltre a un Paese in ginocchio con il 26% del territorio occupato, le vittime ucraine accertate ammontano a oltre 200.000. Di questo passo, un altro anno di guerra significherebbe l'estinzione de facto dell'esercito di Kiev. Chi prenderà il suo posto? Anche con le migliori lenti occidentali, non si riesce a scrutare la fila dei volenterosi.

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