Su Hegel politico. - Stefano Garroni -
Hegel e noi - Norberto Bobbio
Due paragrafi da Hegel*- Paolo Di Remigio
Critica, capitale e totalità - Roberto Finelli
Vedi anche: " Hegel "- Vittorio Hosle
"La fenomenologia dello spirito nel pensiero si Hegel" - Francesco Valentini (https://www.teche.rai.it/1990/06/la-fenomenologia-dello-spirito-nel-pensiero-hegel/)
1. Una fine e un inizio
«La fine di qualcosa»: così il grande pianista canadese Glenn Gould, rivolgendosi al pubblico prima dell’inizio di uno dei suoi più straordinari concerti, definì la musica di Bach. Il pensiero di Hegel rappresenta l’ultimo grande tentativo sistematico della storia della filosofia, un’ambizione che già la generazione di filosofi successiva abbandonò. Da questo punto di vista la filosofia hegeliana è davvero anch’essa «la fine di qualcosa». Ma d’altra parte è innegabile che il pensiero di Hegel abbia esercitato un’enorme influenza sui filosofi successivi. Alcuni aspetti della sua filosofia hanno esercitato un potente influsso sulla storia – non soltanto del pensiero – sino ai giorni nostri. La filosofia di Hegel è quindi sia una fine che un inizio. Per questo motivo, e per un motivo più importante: perché, come vedremo più avanti, nel suo pensiero la fedeltà alla tradizione filosofica, la continuità rispetto a essa, si unisce a un forte elemento di rottura, nientemeno che rispetto a un principio cardine della tradizione filosofica quale quello di identità.
Il pensiero di Hegel, al pari di quello di tutti i grandi pensatori, fa parte del patrimonio culturale dell’umanità. Allo stesso modo di un monumento storico, di un dipinto, di un brano musicale. In quanto tale, fa parte di una storia. Ma il suo significato non si esaurisce in essa, eccede ogni interpretazione – e proprio per questo è in grado di parlare a generazioni diverse, di divenire alimento di un nuovo pensiero. Il pensiero di Hegel fa parte anche di noi, perché è inserito nella tradizione culturale in cui noi stessi pensiamo. Talvolta ridotto a frammenti, a singoli concetti, a frasi isolate, ma comunque già presente in noi inconsapevolmente anche prima dell’inizio di ogni lavoro interpretativo. Del resto proprio Hegel, che pur negava che un singolo enunciato fosse in grado di esprimere una verità filosofica, aveva una spiccata capacità – sconosciuta ad altri filosofi – di condensare pensieri in brevi sentenze. Frasi come «Tutto ciò che è reale è razionale», «Il vero è il tutto», sono familiari anche a chi non abbia studiato approfonditamente il suo pensiero. Qui però ci soccorre un altro celebre detto hegeliano: «ciò che è noto, per ciò stesso non è conosciuto». Non possiamo dire di conoscere il significato di quegli enunciati se non siamo in grado di capire che cosa Hegel intendesse per «realtà», «razionalità», «verità» e «totalità». Anzi, proprio l’apparente familiarità con questi (e altri) concetti può essere fuorviante, non meno di quanto accada con certe parole straniere che hanno un suono simile alle nostre, ma un significato del tutto diverso. I traduttori chiamano queste parole «i falsi amici». Anche in filosofia dobbiamo guardarci dai «falsi amici».
Gli usi possibili di Hegel sono molti: nel suo pensiero si possono ricercare tanto l’istanza sistematica (ossia una lettura unitaria del mondo) quanto concetti utili per la comprensione della storia, tanto un’interpretazione delle scoperte scientifiche del suo tempo quanto una teoria dello Stato e della società. Ma una grande filosofia fa qualcosa di molto più importante di tutto questo: ridisegna il mondo, riconfigura il mondo, cambia il nostro modo di vederlo. Anche quando si parla degli strumenti per pensare che una filosofia ci pone a disposizione (quasi che si potesse usare il pensiero di un filosofo come si adopera un utensile), in fondo, se si parla seriamente, si parla di questo.
Su quali linee ridisegna il mondo Hegel? Quali sono le caratteristiche, i tratti caratterizzanti del suo pensiero?