Da: http://www.laboratorio-21.it - Domenico Moro è ricercatore presso l’Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati.
Vedi anche: Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro

La guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a livello globale tra la Russia e l’Occidente, cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del Giappone. All’interno di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina, che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale. La competizione si gioca su diversi ambiti: la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti sempre più stretti con Cina e Russia. Quest’ultimo aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli equilibri mondiali. Ovviamente tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti. Così è stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale.
La formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto sta accadendo in Ucraina. Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti. Apparentemente si tratta di un numero piccolo in confronto a quello dell’insieme degli stati mondiali. In realtà questi 35 Paesi, insieme a quelli che hanno votato contro la risoluzione, rappresentano un po’ più della metà della popolazione mondiale, comprendendo giganti come la Cina, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, l’Etiopia, il Vietnam e l’Iran che da soli arrivano a quasi 3,6 miliardi di abitanti. È da notare che tra i 35 astenuti ci sono 17 Paesi africani, che altri 8 paesi del continente sono stati assenti durante la votazione e che l’Eritrea ha votato contro. Di recente, alla votazione della fine di febbraio 2023, che chiedeva il ritiro delle Forze armate della Russia dall’Ucraina, gli astenuti sono stati 32, e i contrari 7, tra cui per la prima volta lo stato africano del Mali.