giovedì 24 dicembre 2020

La critica marxista della scienza capitalistica: una storia in tre movimenti? – Gary Werskey

 Da: https://traduzionimarxiste.wordpress.com - Link all’articolo integrale in inglese human-nature.com - Gary Werskey è uno storico della scienza che si è concentrato sul rapporto tra marxismo e scienza.


Per Bob Young

Introduzione


Il mio obiettivo, con questo scritto, è comprendere, come partecipante e come osservatore, la storia e le prospettive della critica marxista della scienza capitalistica.

Tale prospettiva – e le politiche da essa sostenute – hanno vissuto una breve fioritura, in particolare in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, negli anni Trenta e Quaranta, per poi essere riprese e trasformate solo negli anni Sessanta e Settanta. In entrambi i casi, i critici socialisti hanno attinto dalla propria esperienza personale, professionale e politica – influenzati dal marxismo della loro epoca – dando vita a nuovi e stimolanti resoconti circa la storia, la filosofia e le politiche della scienza. Tuttavia, nessuna corrente marxista ha condizionato, in modo significativo, la tendenza dominante nello sviluppo degli studi su scienza e tecnologia (STS) nella second meta del XX secolo. Ancora più importante per queste attività, i movimenti politici sui quali poggiavano sono interamente, e rispettivamente, crollati negli anni Cinquanta e ottanta.

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John D. Bernal (1901-1971)

Ciò nonostante, come un fantasma infernale nella macchina degli STS, l’influenza di tali critici marxisti ha aleggiato nell’ombra, nelle memorie e nelle liste di lettura. Al culmine della Guerra fredda, Marx rappresentava una sorta di spirito non annunciato, che ossessionava i resoconti dell’epoca sulla rivoluzione scientifica del XVII secolo. Né certi sopravvissuti marxisteggianti – in particolare J.D. Bernal e Joseph Needham – avevano chiuso bottega del tutto.

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Joseph Needham (1900-1995)

 Alcuni dei loro giovani accoliti sono stati, in seguito, in grado di ispirare una nuova generazione di studiosi, in un periodo di rinnovata agitazione politica, a intraprendere ricerche sullo sviluppo scientifico assai più critiche dal punto di vista sociale. Gli studenti di questo gruppo che hanno scelto di rimanere nell’ambito accademico hanno, a loro volta, agito come un legame costante a questa tradizione.

D’altro canto, la mia impressione è che, a partire dal 1980, l’influenza della critica marxista sulle discipline di tale campo di studi sia stata praticamente nulla. Il predominio dei resoconti sociologici della scienza post-kuhniani e postmodernisti ha fatto curiosamente eco alle storie “internaliste” degli anni Cinquanta, trasferendo semplicemente l’enfasi da ciò che gli scienziati hanno pensato a ciò che hanno fatto. Quindi mi colpisce l’ironia – conoscendo molti dei miti e apolitici desperados che hanno promosso il costruttivismo sociale negli STS – per la quale il loro dogma centrale è stato visto, in alcuni ambienti, come parte integrante degli sforzi di uno strambo assortimento di docenti femministe e “radicali” finalizzati a sovvertire la razionalità scientifica. Di gran lunga più preoccupante è il fatto che, mentre le cosiddette “science wars” hanno concentrato l’attenzione sulle dispute epistemologiche all’interno degli STS, i rapporti sociali della scienza venivano trasformati è sempre più subordinati a sostegno del potere e della redditività del capitale globale e, più specificamente, americano.

martedì 22 dicembre 2020

L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi. - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.filosofia.it - Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI 

Leggi anche: Renato Caputo  - 1 https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-vs-limpolitico - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-hegel-e-l-apologia-della-vita-attiva - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-centralita-della-politica-in-losurdo-e-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/le-critiche-conservatrici-e-reazionarie-alla-filosofia-di-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/hegel-vs-schelling-schopenhauer-e-la-scuola-liberale


Domenico Losurdo, L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001

"L'odierno panorama filosofico è largamente caratterizzato dall'ipocondria dell'impolitico; non sembra trovare ascoltatori attenti il monito di Hegel, per il quale la filosofia dovrebbe guardarsi bene dal 'voler essere edificante'. Ai suoi tempi, Kierkegaard non nascondeva il suo fastidio per 'quest'odio per l''edificante' che fa capolino dappertutto in Hegel. Ma oggi il dominio dell'edificazione è così incontrastato, che si ritiene superfluo polemizzare contro quel monito. La raccolta di saggi, che qui propongo, vorrebbe provare a richiamare l'attenzione su una grande lezione oggi largamente rimossa, ma forse più che mai attuale" ( p. XV) 
Che cosa abbia mai a che fare l'ipocondria - una forma di infondata preoccupazione per la propria salute ed esasperata melanconia rivolta al proprio interno - con la politica e soprattutto con la filosofia potrebbe non risultare immediatamente chiaro a tutti. 

Essa è la fuga dalla realtà, certo, ma ancor di più l'esasperazione di un'interiorità sentita come potenza negativa, e diremmo patologica, di fronte a tutto il resto, l'insostenibilità di ogni contenuto esterno, l'assenza di contenuti da cui affiora, e dove anzi sprofonda, il puro Io. 

Tutto questo potrebbe avere risvolti filosofici, anche politici; certo potrebbe, ma non necessariamente. 

Ma è a questo proposito che il testo di Losurdo, la raccolta di saggi che qui presentiamo, ci mostra invece una modernità necessariamente attraversata dal pensare, oltre che dal sentire, affetto da ipocondria. 

La coscienza vive nell'ansia di macchiare con l'azione e con l'esserci la gloria del suo interno; e, per conservare la purezza del suo cuore, fugge il contatto dell'effettualità e s'impunta nella pervicace impotenza di rinunziare al proprio Sé affinato fino all'ultima astrazione e di darsi sostanzialità, ovvero di mutare il suo pensiero in essere e di affidarsi alla differenza assoluta. in questa lucida purezza dei suoi momenti, una infelice anima bella, come la si suol chiamare, arde consumandosi in se stessa e dilegua qual vana caligine che si dissolve nell'aria. (Hegel, Fenomenologia dello spirito, VI, IIIC, c, § 222) 

Il riferimento filosofico dell'A. è la critica circostanziata di Hegel alla figura fenomenologica dell'anima bella, ma anche alle concezioni morali del mondo, al dover essere kantiano, alla inopportuna commistione fra sentimento e filosofia e, non da ultimo, alla irresponsabilità di chi concepisce la contraddizione solo come un impaccio del dire e dell'agire. 

lunedì 21 dicembre 2020

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

   Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: "Cina 2013" - Samir Amin

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue -

La Cina corre...

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

Il comunismo nella storia cinese: riflessioni su passato e futuro della Repubblica popolare cinese*- Maurice Meisner**

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà

Vedi anche: LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci 

- OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

Ascolta anche: L'o-Stato nel capitalismo - con Gianfranco Pala https://www.spreaker.com/user/11689128/lo-stato-nel-capitalismo-con-gianfranco-

 Il sistema economico-sociale cinese è probabilmente una forma di socialismo “di” o “con” mercato, la cui evoluzione può avere esiti diversi.


Scopo di questo articolo non è quello di svelare la natura della società cinese che, come mettono in evidenza Rémy Herrera e Zhiming Long (La Cina è capitalista? “Marx XXI”, 2020), nonostante tante dispute accese tra “esperti”, costituisce a tutt’oggi un “enigma” (p. 32). Più modestamente tenterò di dare conto dei contenuti di questo interessante volumetto, che individua nel sistema economico-sociale cinese elementi socialisti sia pure contraddittori, facendo un rapido parallelo con quanto è sostenuto in un’opera ben più densa, Il socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona? di Zhang Boying, curato in italiano da Andrea Catone.

Una prima cosa interessante da mettere in evidenza è che, contrariamente a quanto si sostiene con insistenza in Occidente, lo straordinario sviluppo della Cina, che ne fa il principale oppositore degli Stati Uniti, non è avvenuto quarant’anni fa con l’apertura ai mercati, ma poggia su una civiltà che ha cinquemila anni di storia; inoltre, il ritmo accelerato di crescita del Pil, che ha fatto del paese asiatico “la fabbrica del mondo”, è cominciato prima della morte di Mao (1976), ossia quando il paese presentava tratti più nettamente socialisti (2020: pp. 33-34). [1] Inoltre, esso non è stato prodotto solo dal basso costo della manodopera, come comunemente si sostiene, ma anche dal minore costo delle risorse produttive fornite al sistema economico dalle imprese statali. Pertanto, essi sono bassi perché sotto il controllo statale (p. 67), il quale ha nelle sue mani anche il sistema bancario. 

Occorre anche notare che tale avanzamento industriale ed economico è avvenuto in un contesto internazionale molto difficile, dovuto all’embargo imposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati nel 1952, e dalla successiva rottura delle relazioni di collaborazione con l’Unione sovietica (1960), senza scordare l’ormai quasi dimenticata guerra di Corea. Solo nel 1971 viene attribuito alla Cina il ruolo di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu prima ricoperto da Taiwan, Stato oggi riconosciuto solo da 17 paesi nel mondo. Dopo 15 anni di trattative, nel 2001 la Cina è stata ammessa all’Organizzazione mondiale del commercio, avendo accettato l’importazione di beni e servizi e l’avvio della transizione verso un’economia socialista di mercato.

Per comprendere il percorso intrapreso dall’ex impero celeste per assurgere al ruolo di superpotenza, non bisogna dimenticare il suo più grave problema rappresentato della questione agraria, la quale si pone in questi termini: essa deve nutrire quasi il 20% della popolazione mondiale con meno del 10% delle terre coltivabili disponibili nel nostro pianeta. Problema che è stato affrontato garantendo l’accesso alla terra per i contadini; garanzia che: “rimane, fino ad oggi, il contributo più prezioso dell’eredità rivoluzionaria” (p. 26).

Oggi la speranza di vita in Cina è di 74 anni, nel 2010 il tasso di alfabetizzazione ha raggiunto il 95%, negli ultimi trent’anni il Pil pro capite è quasi quadruplicato, la popolazione quasi raddoppiata, c’è stato un significativo sviluppo del sistema produttivo e delle infrastrutture, importanti avanzamenti si sono registrati anche nell’agricoltura. Le riforme intraprese a partire dal 1978 hanno ridisegnato il volto del paese asiatico al punto che “la natura del suo sistema non può più ormai esser definita in modo semplice, anche se ufficialmente il marxismo-leninismo [2] rimane l’ideologia di riferimento dello Stato” (pp. 28-29). 

I sostenitori del neoliberismo attribuiscono lo straordinario sviluppo della Cina grazie alla sua virata verso il capitalismo, anche se restano profondamente scandalizzati dal fatto che l’organizzazione politica e sociale del paese sta completamente nelle mani del Partito comunista, la cui egemonia non consentirebbe l’emergere della tanto amata democrazia liberale. Invece, i marxisti si trovano in grande disaccordo: chi vede nella Cina un nuovo faro socialista, chi considera il suo sistema “capitalismo di Stato”, chi critica le forti disuguaglianze che la crescita ha comportato.

domenica 20 dicembre 2020

TRA MARX, KEYNES E SRAFFA - INTERVISTA A MARCO VERONESE PASSARELLA - Bollettino Culturale

 Da: https://bollettinoculturale.blogspot.com - Marco Veronese Passarella è docente di economia presso la Leeds University.

Marco Veronese Passarella, nato ad Adria nel 1975, è docente di economia presso l’Economics Division della Business School dell’Università di Leeds. Ha conseguito la laurea in economia nel 2001 presso l’Università di Bologna, con una tesi su Il Capitale di Marx, e si è addottorato nel 2008 presso l’Università di Firenze, con una tesi sulla “Teoria del circuito monetario”. 
I suoi interessi di ricerca includono le teorie dei prezzi e della distribuzione, la dinamica macroeconomica, l’economia monetaria, nonché la storia e la filosofia del pensiero economico. È autore di articoli su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, tra le quali il Cambridge Journal of Economics, il Journal of Economic Behavior & Organization, la Review of Political Economy e la Rivista Italiana degli Economisti. 
È, inoltre, autore di numerosi capitoli in volumi collettanei, nonché di pubblicazioni di carattere divulgativo. Nel video abbiamo lungamente discusso del pensiero economico di Marx, Sraffa e Keynes, sottolineando punti di forza, debolezza e d'incontro. Troverete inoltre una critica alle teorie economiche dominanti. 

                                                                                       

sabato 19 dicembre 2020

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino e dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.

Alcuni brani su democrazie liberali, socialismo e Cina: bisogna guardare con attenzione alla Cina per il suo centralismo statalistico o perché, nello sviluppare le forze produttive, la Cina sta dando vita al contempo al più grandioso esperimento di democratizzazione della storia, implementa la Rule of law e favorisce la fioritura delle soggettività individuali e dei diritti?


"... nel momento in cui un evento eccezionale ha non solo messo in discussione in maniera drammatica l’ordine costituito ma, più in profondità, ha anche scosso la fede acritica nell’eternità inscalfibile dell’orizzonte di senso vigente – ‘nulla sarà più come prima’; ‘sopravviverà il capitalismo?’: sono, come vedremo in corso d’opera, i timori, o gli auspici, o gli esorcismi che sin dalle prime ore della pandemia da Sars-Cov-2 sono risuonati con forza da più fronti e che tutt’ora risuonano nella seconda ondata del virus –, sarebbe stato assai utile per l’Occidente, repentinamente costretto a un brusco risveglio dal proprio sogno di immortalità e autosufficienza, rompere il “muro” e aprire i “confini tra ‘noi’ e i ‘barbari’”, come scrive Rocco Ronchi, per “farsi carico… del destino della comunità mondiale” e per “pensare a soluzioni ‘comuni’”. Gli sarebbe stato utile, cioè, per fare i conti con la propria teologia implicita, con il proprio monoteismo dogmatico, e per potersi confrontare – finalmente – con l’altro. Con modelli di organizzazione sociale ma anche con visioni del mondo che a ben vedere già prima della crisi in corso avevano scalfito l’illusione gratificante che conduce la parte a considerare se stessa come il tutto [...]. 

L’emergenza che si è improvvisamente impossessata delle nazioni, insomma, ha fatto subito esplodere le incongruenze strutturali della società capitalistica e più in generale delle istituzioni capitalistiche, nella quale la dialettica tra Stato e società civile è fortemente condizionata dagli interessi economici prevalenti e dunque dagli interessi delle classi dominanti e dalla loro ricerca competitiva del profitto. Al tempo stesso, è emerso il vantaggio altrettanto strutturale di una società che sviluppa al proprio interno almeno alcuni elementi di socialismo e nella quale la programmazione politica coordina con piglio decisamente maggiore le forze del mercato, cercando di porle al servizio degli interessi della maggioranza [...] 

Non meno sbagliato, oltre che ennesimo segno di inconsapevole subalternità culturale, è però far propria l’immagine stereotipica che della democrazia viene fornita dal liberalismo – ovvero da quella fenomenologia del potere che contrappone in maniera manichea Stato e società civile, dispotismo e autonomia della sfera individuale, coercizione ed egemonia – per replicarla dopo averne invertito di segno i termini. E rivendicare reattivamente, contro l’involuzione proprietaria delle istituzioni e la loro subordinazione a quel capitale che spinge in avanti la globalizzazione, l’incubo distopico una dittatura statale al servizio del capitale più arretrato assieme all’idea di una morale comunitarista völkisch che annienta ogni differenza mediante la riproposizione in chiave postmoderna di valori arcaici che erano diventati inverosimili già negli anni Sessanta [...]. 

... frange di quella sinistra confusa che, nell’impotenza generalizzata del suo campo, ha finito per inseguire il sovranismo sul suo terreno populista e per lasciarsi affascinare dalla prospettiva di un fronte trasversale che unisca gli ‘anticapitalismi’ di ogni orientamento. Frange che replicano a loro volta la teoria del totalitarismo a polarità invertite. E, nel nome di una sorta di fondamentalismo socialista – di un socialismo equivoco che pretende esso stesso di tornare a quell’originaria purezza popolare o popolaresca che precederebbe la degenerazione liberaldemocratica e elitaria delle sinistre del secondo dopoguerra –, invece di riconoscere e valorizzare ciò che fuori dall’Occidente ha assunto già le forme di una nuova tipologia di democrazia in via di modernizzazione, sebbene ancora imperfetta, equiparano anch’esse queste diverse esperienze. E le rivendicano in nome di un malinteso e indifferenziato primato dello Stato e del decisionismo, ma anche in nome del culto della forza, o delle tradizioni radicate, contrapponendole come esempi di riscossa della politica alle forme democratiche ‘decadenti’ e in putrefazione. Regalando in tal modo la parola democrazia ai liberali assieme al suo concetto, invece di contendergliela e di ridefinirla nel senso di una democrazia integrale che produce i propri nuovi standard, e rinnegando in un colpo solo il senso di tutta la storia del socialismo da Marx ai giorni nostri...". 

venerdì 18 dicembre 2020

Democrazia o Bonapartismo - Emiliano Alessandroni

Da: Emiliano Alessandroni - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo'. 


Tormentata è la storia del suffragio universale, ostacolato, ancora in pieno Novecento, dalla discriminazione di censo, di razza, di sesso, che si è rivelata particolarmente tenace proprio nei paesi di più consolidata tradizione liberale. Un nuovo modello di democrazia sembra voler divenire il regime politico del nostro tempo. Gli Stati Uniti costituiscono il privilegiato paese-laboratorio del "bonapartismo-soft" che ora si affaccia anche in Italia e di cui ci parla Losurdo.

                                                                                        Prima lezione "Da Luigi Bonaparte a Nietzsche": 

                                                                             


Seconda lezione: "Bismarck, Disraeli e Gustave Le Bon" https://www.youtube.com/watch?v=DkOqk-exRHM
Terza lezione: "Da Schumpeter al 'Bonapartismo soft' degli Stati Uniti" https://www.youtube.com/watch?v=jv0VD5kWP-M
Quarta lezione: "Potere dei media, propaganda e 'Bonapartismo soft' in Europa" https://www.youtube.com/watch?v=SBROirvA9tI
Quinta lezione: "Le tendenze bonapartistiche del nostro tempo" https://www.youtube.com/watch?v=OAymzgKCeBA 

mercoledì 16 dicembre 2020

INTERVISTA A VLADIMIRO GIACCHÉ - Bollettino Culturale

 Da: https://bollettinoculturale.blogspot.com - Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa Ricerche (CER), è un filosofo ed economista italiano.

Leggi anche: Democrazia, potere e sovranità nell’Europa di oggi* - Yanis Varoufakis

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Xi Jinping: sui nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea. -

La Modern Monetary Theory - Intervista a Marco Veronese Passarella

Vedi anche: INTERVISTA A RICCARDO BELLOFIORE - Bollettino Culturale

Catastrofe o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non sarà un pranzo di gala"

PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani 


Vladimiro Giacché è nato a La Spezia nel 1963. Presidente del Centro Europa Ricerche dall’aprile 2013.

Nel settore finanziario dal 1995, sino al 2006 ha lavorato presso il Mediocredito Centrale, dove ha ricoperto nel tempo i ruoli di responsabile dell’ufficio sviluppo risorse umane, assistente del Presidente, responsabile del servizio studi e relazioni esterne e del servizio revisione interna. Dal 2006 al 2007 è stato responsabile dello staff tecnico di Matteo Arpe, Amministratore Delegato di Capitalia. In Sator dal 2008, è stato responsabile affari generali di Sator S.p.A. e della funzione di internal audit di Sator Immobiliare SGR S.p.A. É attualmente responsabile della funzione di internal audit di Arepo BP S.p.A. e membro del Consiglio di Amministrazione di Banca Profilo S.p.A.

Studi universitari svolti a Pisa e Bochum (Germania), laurea e dottorato di ricerca in filosofia con il massimo dei voti alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Principali pubblicazioni: Finalità e soggettività. Forme del finalismo nella Scienza della logica di Hegel (1990), Storia del Mediocredito Centrale (con P. Peluffo, 1997), La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea (2008, 3a ed. 2016), Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato (2012; ed. tedesca 2013), Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (2013; ed. tedesca 2014, ed. francese. 2015) e Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile (2015). Nel corso degli anni ha curato saggi economici e politici di Marx e Lenin, pubblicando spesso articoli scientifici su riviste italiane e straniere. Il suo ultimo libro è "Hegel: la dialettica".


1) Lei ha più volte ribadito una incompatibilità di fondo tra i Trattati Europei e la nostra Costituzione.
A suo avviso, una forza comunista dovrebbe mettere l'uscita dall'UE al primo punto del proprio programma o dovrebbe, come suggerisce ad esempio Varoufakis, lottare per una sua possibile riforma?

In realtà di recente, preso dallo sconforto per l’assenza di reazioni sensate da parte dell’UE alla crisi del Coronavirus, Varoufakis si è spinto sino ad affermare che gli Inglesi avevano fatto la cosa giusta votando Brexit, contraddicendo così sue posizioni passate in merito. Ma questo atteggiamento – apparentemente un po’ schizoide – non ha a che fare soltanto con la natura un po’ volubile del personaggio. Essa è in realtà abbastanza naturale: quanto più mi illudo che la UE sia riformabile, tanto più il mio atteggiamento ogni volta che l’UE dimostra la sua vera natura sarà di disappunto e di sdegno, da “amante tradita” per capirsi. 
Chi per contro da anni ha inteso quale sia questa natura non vede motivi per amare la UE, ma non ha neppure motivi per gridare al tradimento. L’Unione Europea è un insieme di Stati in lotta per affermare gli interessi delle rispettive grandi borghesie nazionali. Qualcuno ci è riuscito molto bene (la Germania in primis, ma anche la Francia), qualcuno altro molto meno (è il caso dell’Italia). Resta il fatto che oggi l’Unione Europea è un beggar thy neighbor club, un’accolita in cui ciascuno cerca di fregare il vicino, e dal punto di vista dei suoi Trattati qualcosa di peggio: una macchina per la deflazione salariale, per lo spostamento della competitività su questo terreno. Non si tratta di avere simpatia o antipatia nei confronti di questa Unione, ma di capire come funziona: e funziona esattamente così, attraverso la competizione al ribasso di diritti e garanzie del lavoro. La fuoriuscita da questo contesto è la condizione necessaria, anche se ovviamente non sufficiente, per poter ricominciare a parlare seriamente – e non in una stanca e rituale ripetizione di vecchi slogan ai quali nessuno crede più – di diritti del lavoro, di miglioramenti delle condizioni delle classi lavoratrici. 

martedì 15 dicembre 2020

"La filosofia del dialogo di Guido Calogero" - Roberto Finelli

Da: Filosofia Unisalento Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org)

Globalizzazione, postmoderno e “marxismo dell’astratto” - Roberto Finelli

Materialismo “contra” spiritualismo. - Roberto Finelli

TRAME DEL RICONOSCIMENTO IN HEGEL - Roberto Finelli

Vedi anche: La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli 

Carla Maria Fabiani intervista Roberto Finelli: "DAL PROBLEM SOLVING AL THEORY BUILDING" - https://www.youtube.com/watch?v=oxNB7HjEsTc 

                                                                           
                                                                                       Purtroppo l'audio si interrompe dal minuto 1:34,08 al m. 1:42,01

lunedì 14 dicembre 2020

50 anni fa il “Golpe Borghese”: un denso saggio di Fulvio Mazza - Guglielmo Colombero

Da: http://www.bottegaeditoriale.it - 

Leggi anche: COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SULLA LOGGIA MASSONICA P2 - RELAZIONE DI MAGGIORANZA dell'onorevole TINA ANSELMI

Quella di Bologna fu strage fascista e di Stato, come le altre - Sergio Cararo


Per Pellegrini editore una sorta di provocatorio “Quarto grado di giudizio”. Fra i tristi protagonisti, Andreotti, Gelli, Maletti… 

Nel saggio Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (Pellegrini editore, pp. 272, € 16,00) viene affrontato, con grintoso spirito giornalistico, un argomento particolarmente delicato e spinoso: la ricostruzione di quanto accadde nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 1970, quando le istituzioni democratiche del nostro paese rischiarono di essere violentemente sovvertite dai neofascisti guidati dall’ex comandante della X Mas, Junio Valerio Borghese, e manovrati nell’ombra dal “Gran Maestro” della loggia massonica deviata P2 Licio Gelli. Il tutto con la probabile (la documentazione è credibile, ma non è sufficiente per dare una parola definitiva) complicità di Giulio Andreotti.

L’autore è il nostro direttore Fulvio Mazza, che non avrebbe bisogno di ulteriori presentazioni, ma del quale evidenziamo comunque come sia un affermato storico contemporaneista, con, al suo attivo, numerosi saggi editi, fra gli altri, da: Esi, Franco Angeli, Istituto della Enciclopedia italiana (“Treccani”), Laterza, Pellegrini, Rubbettino.


Il saggio nasce e si verifica anche e soprattutto tramite la documentazione, spesso inedita, proveniente da varie fonti: innanzitutto il Sid, la Commissione parlamentare P2 e la Commissione parlamentare stragi. Una documentazione che viene anche riportata per alcuni atti più qualificanti. (Bottega editoriale) 



La demonizzazione dei “rossi” come “Antefatto” e pretesto del “Golpe”

Il primo capitolo si occupa di esaminare i fatti, la cui trattazione è approfondita in dieci paragrafi. Nel primo paragrafo, Il contesto politico: per le Forze armate il Pci e la sinistra sono i nemici e la Dc non riesce più a garantire l’ordine costituito. L’influenza delle vicine dittature, l’autore analizza i presupposti della cospirazione: la pulsione golpista fermenta all’interno di una «classe arrogante che avvertiva come prossimo il termine del proprio potere di casta». Il teorema è suggestivo quanto verosimile: il “Golpe Borghese” come ultimo colpo di coda di un’oligarchia agonizzante, che, non potendo più contare sulla prevalenza degli elementi più conservatori all’interno della Democrazia cristiana dopo la caduta del governo Tambroni, punta a riprodurre in Italia una situazione analoga a quella della Grecia dei colonnelli, dove tre anni prima, con il pretesto di una (inesistente) minaccia comunista, una cricca di militari corrotti (finanziati dietro le quinte dai ricchi armatori come Onassis e Niarchos: i corrispettivi dei nostri Calvi e Sindona) si era impadronita dello Stato, gettando in carcere migliaia di oppositori. Mazza sottolinea come nel corso degli anni ’60, dopo la prima esperienza del centrosinistra, la Dc sia diventata un «marasma correntizio sempre più oscillante fra il conservatorismo, che la permeava fortemente, e le nuove istanze progressiste che vedevano crescere i consensi tra le sue fasce giovanili, intellettuali e fra quelle legate al mondo del solidarismo cattolico e del sindacalismo cislino». Dal canto suo, l’opposizione di sinistra, egemonizzata dal Pci ancora legato ideologicamente all’Urss, è maggioritaria all’interno del sindacato più rappresentativo, la Cgil, e l’“Autunno caldo” ha dimostrato come le istanze della classe lavoratrice siano state in grado di ottenere una conquista fondamentale come lo Statuto dei lavoratori, che ha eroso notevolmente lo strapotere dei “padroni delle ferriere” italiani.

giovedì 10 dicembre 2020

INTERVISTA A RICCARDO BELLOFIORE - Bollettino Culturale

 Da: https://bollettinoculturale.blogspot.com - Riccardo Bellofiore (https://www.riccardobellofiore.infoè docente di Economia politica all'Università di Bergamo dal 1977. Si interessa principalmente di teoria marxiana del valore e della crisi, di teoria monetaria "eretica" del Novecento, di filosofia dell'economia e delle tendenze del capitalismo contemporaneo. Con Giovanna Vertova cura la pagina Facebook "Economisti di classe"

Tra i suoi ultimi libri ricordiamo "Euro al capolinea? La vera natura della crisi europea"; "Le avventure della socializzazione. Dalla teoria monetaria del valore alla teoria macro-monetaria della produzione capitalistica"; "Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica".


Parte 1

Parte 2

mercoledì 9 dicembre 2020

Il Futurismo - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7)


Stavolta è il turno del Futurismo, il movimento artistico e politico, nato nel 1909, grazie al talento e allo spirito imprenditivo di Filippo Tommaso Marinetti, che svolse inizialmente un ruolo importante nello svecchiamento delle arti e delle lettere italiane (e perciò fu apprezzato per esempio da Antonio Gramsci),  e nel contempo di una modernizzazione culturale adeguata allo sviluppo industriale; ma che, imbevuto di nazionalismo e di bellicismo, finì nell'abbraccio mortale con il fascismo. Questo fu il cosiddetto "Secondo Futurismo", cui dedicherò una lezione specifica. Qui parlo del Futurismo "classico", la cui stagione si chiude con lo scoppio della Prima guerra mondiale, in cui purtroppo trovarono la morte, fra gli altri, il pittore Umberto Boccioni e l'architetto Antonio Sant'Elia, due geni.   (Angelo d'Orsi) 

                                                                           


lunedì 7 dicembre 2020

Crisi economica, sanitaria e repressione: il caso della Francia - Alessandra Ciattini

  Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Ascolta anche: Oltre Confine: agricoltori in rivolta in India e situazione in Francia https://www.spreaker.com/user/11689128/201202-oltre-confine


In Francia, in una nuova caccia alle streghe, stanno aumentando e consolidandosi misure repressive che minano pesantemente la possibilità di manifestare il dissenso, e prendendo di mira in particolare le università aggrediscono la libertà di ricerca e insegnamento.


La crisi economica acuita dalla pandemia rende necessarie misure repressive in tutti i paesi da essa toccati.

In Italia, per esempio, la legge di bilancio 2021 aumenta il numero dei posti a disposizione nei prossimi anni per le assunzioni nella polizia di Stato, penitenziaria, guardia di finanza e carabinieri (4.535 nuovi posti in organico), anche se in Europa siamo il paese più dotato di forze dell’ordine rispetto agli altri.

Passando a quanto sta accadendo in Francia, ci sono due cose da mettere in evidenza. La prima riguarda la legge di sicurezza globale, approvata dalla Camera e in attesa di passare al vaglio del Senato, il cui articolo 24 proibisce, senza il permesso governativo, di mostrare con video e foto i volti dei poliziotti all’opera, anche se si è sostenuto che questa proibizione non inciderà sulla libera informazione. Questa limitazione colpirà soprattutto la stampa politica e alternativa. La seconda questione riguarda la legge di programmazione pluriennale della ricerca, i cui contenuti sono stati criticati da larga parte del mondo accademico, dai sindacati, dai membri dei centri di ricerca, i quali hanno sottolineato come questa misura non fa che accentuare “la degradazione generale dello stato delle libertà accademiche e del diritto di studiare in Francia”. Di questo tema parlerò più avanti. 

Il 28 novembre più di 300mila persone, in gran parte giovani e studenti, sono scese in piazza in molte città della Francia contro la legge di sicurezza globale, manifestando la loro opposizione alla politica liberticida di Emanuel Macron.

domenica 6 dicembre 2020

"Critica della ragione razzista" - Alberto Burgio

Da: Filosofia Unisalento - Alberto Burgio è un filosofo e politico italiano, insegna Storia della filosofia presso l'Università di Bologna "Alma Mater". 

Fascino e illusioni della democrazia diretta - Alberto Burgio

'Progresso. Progetti di una società migliore tra illuminismo e marxismo' - Alberto Burgio


 
     
                                                                                                   

*** Purtroppo l'audio del video si interrompe:  
     dal minuto 23,30 al m. 40.55 - dal m. 1:22:22 al m. 1:30:50 - 
     dal m. 1:50:41 al m. 2:00:09 - dal m. 2:08:12 al m. 2:11:50 -

sabato 5 dicembre 2020

La questione salariale in Italia - Fulvio Fammoni

 Da: https://www.fondazionedivittorio.it - Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio.

Vedi anche : Dinamica dei salari e immiserimento relativo - Maurizio Donato

Come sta andando il salario negli ultimi anni? - Maurizio Donato

Leggi anche: Miserabile accumulazione: Salari, produttività e impoverimento relativo dei lavoratori*- Maurizio Donato

Salario minimo - Gianfranco Pala 

LA FORMA DI MERCE DELLA FORZA-LAVORO*- Gianfranco Pala

Salario sociale reale - Gianfranco Pala 

Le classi nel mondo moderno III. Nuove frontiere della produzione e dello sfruttamento* - Alessandro Mazzone

Produttività e salari in Europa - Maurizio Donato 



Il report della Fondazione Di Vittorio, scritto da Nicolò Giangrande (https://www.fondazionedivittorio.), mette a confronto i salari del lavoro dipendente in Italia con quelli di cinque delle maggiori economie dell’eurozona (Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna).

Nel 2019, i salari medi italiani, nella statistica OCSE, sono pari a circa 30 mila euro lordi annui, in lieve crescita rispetto al 2000, ma addirittura in diminuzione rispetto al 2007. 

Il divario rispetto agli altri paesi non solo è molto ampio, ma si è andato ancora allargando tra il 2007 e il 2019, sia in cifra totale che come dinamica. 

I salari annui tedeschi sono infatti cresciuti in modo consistente negli anni più recenti (42.421 euro nel 2019), così come in Francia (39.099 euro) e nelle altre realtà prese in esame; simile a quello italiano si presenta invece il caso della Spagna. 

Questo divario non si riduce neanche nelle retribuzioni nette relative ad alcune tipologie familiari considerate dall’OCSE. 

La pressione fiscale sui salari e il cuneo fiscale sul costo del lavoro non producono alcun riequilibrio per l’Italia. 

giovedì 3 dicembre 2020

Catastrofe o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non sarà un pranzo di gala"

Da: I Pettirossi - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Autore di saggi pubblicati da riviste accademiche internazionali, ha promosso il “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity e l’appello per un ”piano anti-virus”, pubblicati sul ”Financial Times”. Sua è la rubrica Eresie su RAI Radio 1. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012), Il discorso del potere (2019), e il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020).
   

                                                                                                          

Crisi, rinascita o catastrofe?

Le crisi possono essere opportunità di rivoluzionare il mondo, ma bisogna avere gli strumenti per poter pensare una simile alternativa, per scongiurare che il futuro si trasformi in catastrofe. In occasione dell'uscita del suo ultimo libro "Non sarà un pranzo di gala" (Meltemi), insieme alla rivista Kritica economica (https://www.kriticaeconomica.com), abbiamo invitato Emiliano Brancaccio a parlare di capitalismo, crisi, Europa, democrazia. (https://m.facebook.com/iPettirossi/?locale2=it_IT)


mercoledì 2 dicembre 2020

"AUTOREVOLE" - CARLO SINI

Da:  Dante Channel Carlo Sini è un filosofo italiano.- CarloSiniNoema