Una Precisazione
Come suggerisce l'Autore, la cultura postmoderna dell'ideologia capitalistica neoliberista sembra ambire a deresponsabilizzare il ruolo educativo del genitore (e spesso persino dell'insegnante), lasciando quindi ai soggetti imprenditoriali il ruolo educativo, i quali però hanno ovviamente scopi culturali ed interessi propri. Nella critica al sistema capitalistico bisogna salvare quelle istituzioni che, nel complesso, possano costituire un tessuto sociale potente e un contrappeso all'ideologia capitalistica.
Le cose hanno vari aspetti che eticamente possono essere giudicate positive o negative.
Effettivamente nel sistema tardo capitalistico-finanziario attuale la famiglia svolge un ruolo di resistenza all'individualismo e allo strapotere acritico e omologante del mercato del consumo, nonché esercita una resistenza alla barbarie dell'accettazione di un "impiego", qualsiasi esso sia, a qualsiasi condizione, pena restare senza casa, senza legami, senza nulla.
Pensiamo ad un giovane che vive con i genitori in una città e non lavora o fa lavoretti. Gli offrono 500 euro in un'altra città: dovrebbe accettare e trasferirsi lì ed affittarsi una stanza che pagherebbero comunque i genitori (assurdo, sarebbe inutile), oppure dormire per strada, in auto, alla Caritas, ecc. Se fosse senza sostegno familiare sarebbe costretto ad accettare e si arrangerebbe.
C'è, non a caso, esasperata acredine nelle pagine di giornalisti e propagandatori dell'ideologia neoliberista nel descrivere le famiglie che aiutano i propri figli a sopravvivere e resistete in un mercato del lavoro schiavizzante e precario, chiamati quest'ultimi, appunto, "bamboccioni". Ciò in quanto la famiglia consente, o può consentire, un tetto sotto cui stare, una cena, una solidarietà morale e concreta. Non è una soluzione, né una resistenza anticapitalistica, ma un sostegno familiare che il capitalismo attuale vorrebbe, potendo, scardinare, come vorrebbe scardinare il sindacato (quello buono, quello vero). Per l'ideologia familiare post-moderna la famiglia dovrebbe dare un calcio in culo ai figli appena finito di studiare, così da accettare qualsiasi condizione lavorativa.
E' quindi vero che la ristrutturazione capitalistica rimette in gioco un certo carattere solidaristico dell’istituzione familiare. Ma che dividere un salario o una pensione allo scopo di far sopravvivere chi non trova lavoro sia un’azione di “resistenza” all’ideologia capitalistica non è certo sostenibile, si tratta di un semplice stato di necessità. Restare in famiglia, o meglio essere costretti a restarvi perché non si percepisce un salario, sia pur basso e precario, è un’umiliazione.
La crisi della famiglia non è stata un fatto casuale ma dovuta all'uso delle macchine (meno braccia), e dallo stato sociale che si sostituiva ad essa.
Nonostante tutto questo è anche vero che, le famiglie sono state, nel secondo dopoguerra, l’elemento portante dello sviluppo basato sulla produzione in forma capitalistica dei beni di consumo: elettrodomestici, automobili, vacanze, alimentazione ecc. Quindi totalmente inserite nel "progetto" del nuovo modello economico.