Da: https://fisicamente.blog - Giorgio Parisi è un fisico e accademico italiano, premio Nobel per la fisica nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi. Attivo in fisica teorica, soprattutto nel campo della fisica statistica e in teoria dei campi, con Carlo Rubbia e Michele Parrinello è uno dei tre fisici italiani membri della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d'America.
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Questo scritto di Giorgio Parisi (caro amico, come del resto Ciccotti e De Maria, oggi Presidente dell’Accademia dei Lincei) compare, come nuovo contributo, su la riedizione de L’Ape e l’Architetto. Giorgio Parisi mostra, come sempre, la sua acutezza di analisi che unisce alla capacità di farsi capire. Credo sia molto utile una lettura di questo scritto che dovrebbe accompagnare l’altro, quello di Ciccotti e De Maria. Vi sono molte cose da capire e ripensare dopo tanti anni e tutti gli autori di questi scritti ci aiutano. (Roberto Renzetti - https://fisicamente.blog)
Quando mi fu chiesto di scrivere una presentazione per la ristampa, da tempo attesa, di L’Ape e l’architetto, pensai tra me e me: “Facile: è un libro che conosco perfettamente e che ho letto molte volte. Basta che gli dia uno sguardo veloce, trovo qualche citazione e so già che cosa dire”. Detto fatto: abbastanza velocemente scrissi una prima stesura che cominciava con: “Ricordo quando ho letto questo libro la prima volta: era il 1973 e mi trovavo nel mio ufficio a New York alla Columbia University…”. Tuttavia in un successivo sprazzo di lucidità mi venne lo scrupolo di controllare la data di pubblicazione e con mio grande stupore scoprii che L’Ape e l’architetto era stato stampato per la prima volta nel 1976. Mi domando ancora che cosa avessi letto a New York nel 1973: forse uno dei saggi degli autori che a queltempo circolava come preprint in forma separata. In ogni caso buttai via quello che avevo scritto e rilessi il libro molto attentamente (come se fosse la prima volta), cercando di non sovrapporre i miei ricordi a quello che leggevo, cercando di capire quale fosse adesso il suo messaggio e quale impressione potesse lasciare al lettore.
Forse la prima sensazione che si ha adesso è di spaesamento. Quando un libro viene scritto – e questo è vero in particolar modo per una serie di saggi – gli autori hanno molto bene in mente il pubblico con cui cercano di comunicare. Una delle preoccupazioni che risultano molto chiare, specialmente nella prima parte di alcuni dei saggi che compongono L’Ape e l’architetto, è dimostrare che le tesi degli autori sono completamente in linea con i testi originali marxiani e ne sono la naturale conseguenza, e che se mostri sacri del marxismo (in un caso anche Lenin) affermano tesi contrarie, sono questi ultimi a uscire dalla corretta strada. L’origine di questa preoccupazione si capiva benissimo nel 1976: da molto tempo si era andata costruendo un’ortodossia marxista per la quale c’erano alcune verità indiscutibili; a questa rigidità ideologica corrispondevano partiti comunisti che nella loro enorme varietà di prassi politica, erano spesso caratterizzati da una forte repressione del dissenso interno: gli avversari della linea vincente erano tipicamente accusati di essere devianti (in genere verso destra) dalla linea corretta. Il grande prestigio ottenuto dall’Unione Sovietica per il suo contributo decisivo a sconfiggere il nazifascismo, la guerra fredda che divideva il mondo in due parti e la conseguente necessità di schierarsi, avevano contribuito moltissimo a questa cristallizzazione. La sinistra in Italia per anni era stata dominata dal PCI e l’egemonia culturale del PCI si faceva sentire pesantemente in tutta l’area della sinistra progressista.