Uomini contro di Francesco Rosi: https://www.youtube.com/watch?v=jgYTQQNRBD4 (film completo)
L'anniversario della fine della Prima guerra mondiale è utilizzato da anni in chiave nazionalista e razzista. Serve riprendere narrazioni dissenzienti e non incasellabili nel mito della Vittoria
“100
anni fa vincemmo la prima guerra mondiale. I nostri eroi ci fecero
liberi e sovrani. 100 anni dopo ricordiamo il loro sacrificio
combattendo la stessa battaglia contro i nuovi invasori. Oggi come
ieri, non passa lo straniero”. Così Giorgia Meloni, presidente di
Fratelli d’Italia, ha introdotto la campagna propagandistica
“Nonpassalostraniero” (tutto attaccato, probabilmente per paura
che qualche straniero invasore possa infilarsi negli spazi tra una
parola e l’altra).
Nella stessa occasione, la stessa Meloni ha lanciato una boutade propagandistica: restaurare il 4 novembre come festa nazionale, in contrapposizione al 25 aprile e al 2 giugno, considerate troppo “divisive”.
Nella stessa occasione, la stessa Meloni ha lanciato una boutade propagandistica: restaurare il 4 novembre come festa nazionale, in contrapposizione al 25 aprile e al 2 giugno, considerate troppo “divisive”.
Iniziative
estemporanee nella spasmodica ricerca di attenzione mediatica da
parte di un partitino di destra che non ha ancora capito se sta al
governo o all’opposizione. Ma non isolate: CasaPound ha scelto
Trieste, e la data del 3 novembre, il centesimo anniversario dello
sbarco dei primi soldati italiani nel capoluogo giuliano, il giorno
prima dell’anniversario dell’armistizio di Villa Giusti, per un
corteo nazionale teso a “ricordare l’unica grande vittoria
italiana” e “mostrare al mondo che l’Italia esiste, è una ed è
sovrana, e per il suo popolo la nazione viene prima di tutto,
differenze ideologiche comprese”, secondo Simone Di Stefano,
segretario nazionale dell’organizzazione neofascista.
Marcare
in senso pesantemente nazionalista, razzista e guerrafondaio
l’anniversario della prima guerra mondiale, varcare coscientemente
il confine tra commemorazione e celebrazione della carneficina del
’15 -’18, fare un ulteriore passo in avanti nella ricostruzione di
uno spazio di legittimità per il nazionalismo italiano, sepolto per
decenni sotto la narrazione antifascista. L’appiattimento del
ricordo della prima guerra mondiale sulla retorica della vittoria,
della redenzione di
Trento e Trieste e del sacrificio degli eroi contro lo
straniero è
funzionale alla riproposizione di un’unità nazionale posticcia,
che nega conflitti e divergenze e mobilita il popolo a testuggine
contro il nemico esterno, fornendo un provvidenziale scudo protettivo
alle élite nazionali.
La retorica nazionalista sulla prima guerra mondiale è sempre stata un progetto dall’alto, forzando memorie popolari tutt’altro che unanimi ed entusiaste del sacrificio. Mentre l’opposizione istituzionale sembra ignorare la battaglia della memoria e del mito, agitando piuttosto la retorica tecnicista dei dati economici e dei mercati finanziari, presuntamente neutri, in basso si muovono resistenze. Tentativi di rompere le narrazioni unificanti nella battaglia contro l’esterno e fissare confini diversi all’appartenenza collettiva.
La retorica nazionalista sulla prima guerra mondiale è sempre stata un progetto dall’alto, forzando memorie popolari tutt’altro che unanimi ed entusiaste del sacrificio. Mentre l’opposizione istituzionale sembra ignorare la battaglia della memoria e del mito, agitando piuttosto la retorica tecnicista dei dati economici e dei mercati finanziari, presuntamente neutri, in basso si muovono resistenze. Tentativi di rompere le narrazioni unificanti nella battaglia contro l’esterno e fissare confini diversi all’appartenenza collettiva.