Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra
Ciattini insegna
Antropologia culturale alla Sapienza.
Leggi anche: IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli
"Totalitarismo", triste storia di un non-concetto* - Vladimiro Giacché
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"Totalitarismo", triste storia di un non-concetto* - Vladimiro Giacché
L’Europa è veramente antitotalitaria, pacifica e democratica tale da condannare i supposti totalitarismi?
Per
svolgere una critica radicale alla recente risoluzione del Parlamento
europeo che equipara nazismo e comunismo, seguendo un ineguagliabile
esempio, cercherò di “cogliere
le cose alla loro radice”,
pur consapevole di non poter giungere al livello intellettuale
raggiunto da chi indicava questo punto di vista.
La
risoluzione del Parlamento europeo, votata dalla maggioranza dei
deputati europei ed italiani (tutta la destra, il PD con qualche
eccezione malamente giustificata e con l’astensione dei 5 stelle),
è fondata su tre presupposti impliciti del tutto falsi: 1) in quanto
liberale l’UE è antitotalitaria, come invece non lo furono il
regime nazista e il sistema sovietico; 2) l’Europa costituisce
un’istituzione pacifica e pacificatrice; 3) l’UE e i paesi
occidentali a capitalismo avanzato si fondano su regimi democratici.
In
questo breve scritto cercherò ovviamente in maniera schematica di
demolire queste falsità e non sulla base delle mie personali
opinioni, ma richiamando a dettagliati studi storici, di cui i
deputati europei ignorano persino l’esistenza, non parliamo poi dei
giornalisti. Di questi Karl Kraus diceva che sono persone che, pur
non avendo idee, hanno il privilegio di esprimerle, come è facile
constatare tutti i giorni.
In
primo luogo, comincio col dire quali sono le ragioni che hanno spinto
questi ben remunerati signori a prendere questa decisione
illegittima: l’opportunismo (mettere
in pratica quanto viene ordinato dai loro padroni che non gradiscono
l’ascesa della Russia sul piano internazionale),
la malafede, l’ignoranza e
la totale inesperienza della
ricerca storica e sociale.
E
ora torniamo al primo presupposto. Secondo i nostri parlamentari noi
viviamo in un regime
liberale-parlamentare,
in cui è rispettata la piena libertà di espressione, la quale
ovviamente comprende anche la libertà di ricerca, di critica, di
insegnamento etc. Il liberalismo, fondato sulla riflessione di John
Locke (1632-1704), ben più datato quindi del “superato” Karl
Marx, pone l‘accento sui diritti
naturali dell’individuo (libertà,
vita, proprietà) e attribuisce allo Stato la funzione esclusiva di
difendere questi diritti anche con l’uso della coercizione. Ora, se
il Parlamento europeo pretende con una risoluzione di risolvere una
complessa e dirompente questione storica, entra in contraddizione con
la sua supposta natura liberale e si arroga il diritto di giungere a
fondamentali conclusioni politiche senza alcun supporto scientifico e
senza nessuna argomentazione logica sostenibile. In poche parole,
piega la riflessione scientifica ad esigenze politiche per di più
esecrabili. Questo si chiama politicismo (nel senso di uso
strumentale di valutazioni unilaterali, ma presentate come
oggettive), non ignorato certo dall’Unione sovietica, come per
esempio, nel caso del viscerale conflitto che si scatenò tra i
seguaci di Trofim
Lysenko,
studioso di agronomia, e i genetisti e che terminò con varie
vittime.
Anche
se non credo che un crimine sia scusabile perché il nemico ha fatto
lo stesso o anche di peggio, non si può non ricordare che la
condanna del marxismo e del comunismo in Occidente appartiene allo
stesso tipo di comportamento
politicistico e
ha prodotto molte vittime, tra le quali ricordo la famigerata caccia
alle streghe, l’assassinio dei coniugi Rosenberg (1953), i
comunisti ammazzati e incarcerati dai fascisti e dai nazisti [1],
quelli fatti fuori in Spagna durante e dopo la guerra civile e
seppelliti insieme ai loro nemici defunti nel celebre Valle
de los caidos.
E si potrebbe continuare. Concludo questo primo punto col dire che
ogni decisione politica negli ambiti che sono oggetto della ricerca
scientifica viola i principi stessi del liberalismo e svela il suo
truce volto totalitario (nel senso usato dai parlamentari). D’altra
parte, sul termine
“totalitarismo”, definito da V. Giacché un non-concetto per
la sua capacità di includere tutto ciò che l’Occidente si pone
come nemico dagli anni ‘50, c’è un ampio dibattito, che
contempla posizioni assai diverse.
Un
ampio e articolato studio sugli occultati aspetti totalitari del
cosiddetto liberalismo è il libro di Alessandro Pascale Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l’egemonia
culturale (2018).
Se questa citazione non bastasse, ricordo il libro, tradotto in molte
lingue, in italiano da Fazi con il titolo La
guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle
arti (2004),
di cui è autrice Frances Stonor Saunders. Questa storica britannica
dimostra con il suo documentatissimo libro come il Congresso
per la libertà culturale,
un’emanazione della Cia, ha appoggiato in maniera subdola in
funzione anticomunista dopo la Seconda guerra mondiale la diffusione
della cultura statunitense in Europa, finanziando riviste di
prestigio, eventi culturali, musicali ed intellettuali quali per
esempio Ignazio Silone, George Orwell, Raymond Aron etc. Quindi altro
che libertà di espressione negata dallo stalinismo!
Inoltre,
come ha mostrato Lacroix
Riz,
è chiara la continuità politica, economica, culturale tra le élites
europee liberali e quelle fasciste e naziste (continuità persistente
dato che non c’è mai stata una
vera epurazione),
e che le prime nel momento del “pericolo rosso” hanno sempre
preferito dare un sostegno a governi autoritari e criminali, come lo
stesso fascismo lodato da Churchill nella persona di Mussolini. Come
è noto, i grandi capitalisti europei si sono serviti di manodopera
schiava rastrellata nelle varie regioni d’Europa. Il problema degli
ebrei ha una lunga storia: è stato alimentato dall’accusa di
deicidio formulata dai cristiani; il razzismo in tutte le sue forme,
anche le più brutali, ha accompagnato ovunque l’espansione
imperialistica.
Quanto
alla natura pacifica e pacificatrice dell’UE, è ancora più facile
dimostrare la falsità di questa affermazione. In primo luogo, posso
rimandare ad un mio articolo già pubblicato,
in cui, richiamandomi agli studi della già citata storica francese
Annie Lacroix Riz, mai tradotti in italiano, scrivo che l’UE è
sorta con l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Office
of Strategic Services (OSS,
nel 1946 sostituito dalla CIA), sulla base anche del fatto che alla
fine della guerra gli alleati avevano occupato gran parte del
territorio europeo “liberato” sotto la Allied
Military Government of Occupied Territories.
Naturalmente tale esigenza nasceva dalla necessità di contenere
l’espansione dei sovietici, veri vincitori della guerra e per
questo stremati da lutti e distruzioni, che erano giunti fino al
Berlino e al campo di concentramento di Auschwitz. Sempre dagli studi
della Lacroix Riz si può evincere che tale progetto politico non
costituiva una novità, giacché sin dalla fine della Prima guerra
mondiale la Germania aveva potuto riarmarsi con l’appoggio della
Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, strettamente
implicati in tale opera di rilancio anche per i cospicui profitti
ricavati da tale sostegno. E sempre con l’idea che una forte
potenza nel centro Europa sarebbe stata una garanzia contro
il comunismo a
quell’epoca assai influente tra le masse e negli ambienti
intellettuali, che avevano sperimentato l’efferatezza della Guerra
dei trent’anni novecentesca.
Su
questa base è del tutto menzognero attribuire le responsabilità
dello scatenamento della Seconda guerra mondiale al patto
Molotov-Ribbentrop,
siglato il 23 agosto del 1939, i cui protocolli segreti sarebbero
stati recentemente pubblicati nella versione russa. Come è noto, il
patto di non aggressione, di scambi commerciali e di divisione delle
sfere di influenza sovietico-tedesco [2] era stato preceduto da una
serie di vicende che certo non dimostravano “simpatia” da parte
delle potenze occidentali per il governo sovietico. Citiamo
l’intervento diretto nella guerra civile a favore dell’Armata
bianca di paesi quali la Gran Bretagna, il Giappone, la
Cecoslovacchia, la Francia, gli Stati Uniti, la Grecia, la Polonia,
la Romania, l’Italia, che partecipò all’intervento con la
Legione Redenta etc. Guerra che costò circa 7 milioni di morti e di
cui nessuno dei nostri “pacifici democratici” fa mai menzione.
Inoltre,
il patto era stato preceduto da quello di Monaco del 1938, firmato da
quei regimi “democratici” (Francia, Gran Bretagna), che avevano
ignorato la tragedia della Repubblica spagnola, sostenuta solo
dall’Unione sovietica e dalle Brigate internazionali, e contrastata
dai regimi dittatoriali (Germania, Italia). Con quel patto si
imponeva alla Cecoslovacchia la cessione alla Germania della regione
dei Sudeti abitata in prevalenza da popolazioni tedesche. Questo atto
costituiva il primo passo verso l’incorporazione dei territori di
quegli Stati, che si frapponevano tra la Germania e l’Unione
sovietica. D’altra parte, la Germania aveva firmato e non
rispettato anche altri patti, per esempio nel 1934, quello con la
Polonia, in cui si profilava una soluzione pacifica dei conflitti,
che sarebbero potuti sorgere dalle mire espansionistiche di entrambi
i paesi verso l’Unione sovietica. Ma Nel 1939 la Germania pretende
concessioni territoriali dalla Polonia e i sovietici propongono a
Francia e Gran Bretagna un’alleanza antinazista senza ricevere
risposta, mentre la Polonia rifiuta l’aiuto russo.
E
questo è quanto riguarda il passato, tralasciando qui per esigenze
di spazio il riferimento ai vari olocausti di
cui si è reso responsabile l’Occidente dalla sua espansione e
dalla crisi del sistema feudale: la tratta negriera, lo sterminio dei
popoli nativi nelle varie regioni colonizzate, senza tenere conto
delle stragi che i sistemi politici come l’Ancien
Régime o
l’autocrazia zarista hanno compiuto nei secoli e che avrebbero
potuto continuare a compiere, se non fossero stati rovesciati.
Quanto
alla contemporaneità, per essere breve, ricordo l’intervento Nato
nella ex Jugoslavia, di cui l’odioso D’Alema ancora si vanta, il
non rispetto degli accordi Reagan-Gorbaciov sulle basi militari
atlantiche, che oggi si trovano proprio a ridosso dei confini russi
con il sostegno delle potenze europee, la questione ucraina con un
golpe di Stato finanziato dagli USA, l’organizzazione delle
cosiddette rivoluzioni colorate in vari paesi dell’ex Unione
sovietica. Se proprio vogliamo essere più completi, ricordiamo anche
il sostegno ai “ribelli” siriani, la recente guerra alla Libia,
la presenza francese in Niger, oltre ad altri vari interventi in
Africa, e le
forniture militari all’Arabia Saudita che
sta conducendo una disastrosa
guerra nello Yemen.
A
questo punto è fondamentale sottolineare che la politica
interventista sviluppata dagli Stati Uniti, unico paese al mondo ad
aver lanciato bombe nucleari, e sostenuta dalle potenze europee
sempre in nome della democrazia a partire dalla fine della Seconda
guerra mondiale è costata circa
20-30 milioni di morti,
senza contare i feriti, i milioni di migranti etc.
Considerando
tutti i dati qui forniti e pur rifiutando una lettura puramente
quantitativa, il Parlamento con la sua Risoluzione sull’Importanza
della memoria europea per il futuro dell’Europa dovrebbe
rifare i conti su chi ha prodotto più lutti, stragi, distruzioni, e
dovrebbe anche invocare la necessità di giudicare i crimini commessi
dagli Stati Uniti e dalla Nato.
Passiamo
al terzo punto: i regimi che compongono l’UE sono “democratici”?
e cosa vuol dire democrazia? Sembrerebbe che per i “democratici”
democrazia vuol dire semplicemente “libere elezioni”, ma non
spiegano come possano essere libere in paesi i cui cittadini vengono
informati da mezzi comunicativi nelle mani di pochi gruppi e non
possono raggiungere quelle capacità critiche che solo serie
istituzioni educative pubbliche potrebbero fornire. Basti un es.: in
Brasile Bolsonaro ha vinto anche grazie ai 120 milioni di messaggi
con contenuti falsi inviati dai gestori dei cellulari e dei social
agli elettori.
Detto
questo, rivolgiamoci al mondo classico per comprendere cosa è
veramente la democrazia almeno nella lettura che ne fa Aristotele nel
contesto di una aspra lotta a sostegno dei vari tipi di regime. In
primo luogo, occorre dire che per i detrattori della democrazia essa
costituiva un
atto di forza (kratos)
con cui le classi popolari imponevano il loro governo. Come scrive
Luciano Canfora, fu Aristotele ad impiegare come chiave di lettura il
contenuto di classe, giacché a suo parere “la discriminante…
[tra oligarchia e democrazia] non risiede nel fatto che a possedere
la cittadinanza siano ‘molti’ o ‘pochi’, bensì se siano
possidenti o nullatenenti: il rispettivo numero è ‘puro
accidente’” (Canfora L., La
democrazia. Storia di un’ideologia,
2004: 45).
Se
questa definizione è fondata, mi pare difficilmente sostenibile che
in Europa siano i moderni nullatenenti, ossia i proletari,
a governare, anche perché sarebbero dei veri masochisti, considerate
tutte le misure che negli ultimi decenni sono state prese e che li
hanno, se possibile, ulteriormente impoveriti (negazione dei diritti
del lavoro, diminuzione del salario, della pensione, smantellamento
dei servizi sociali etc.). Sarebbero stati anche così imbecilli da
approvare leggi elettorali maggioritarie, che hanno di fatto escluso
ampi settori sociali dalla partecipazione al governo della cosa
pubblica.
Naturalmente
a questo punto non posso esimermi dall’esprimere un
giudizio sull’ex Unione sovietica,
la cui storia deve essere contestualizzata. In primo luogo, contro i
semplificatori, direi che non si trattava di una società comunista,
ma di una società in transizione verso il socialismo, che si è
trovata a fare una scelta obbligata (“socialismo in un paese solo”)
per il fallimento delle rivoluzioni europee e il fatto di trovarsi
nello stato di “fortezza assediata” dalle potenze imperialiste,
che ancora oggi guardano con voracità alle sue immense risorse. Per
difendersi questo immenso paese arretrato, in cui le industrie erano
nelle mani dei capitalisti europei, sconvolto dalla guerra civile, ha
dovuto perseguire a tappe forzate l’industrializzazione e lo
sviluppo di armamenti moderni. Tale scelta, non condivisa da tutti i
dirigenti bolscevichi, ha determinato una svolta dirigista ed
autoritaria, che è costata una significativa perdita di vite umane,
un distanziamento tra i gruppi dirigenti e burocratici e le masse
popolari, l’espansione dell’industria pesante a danno di quella
leggera, favorendo un atteggiamento ammirato delle masse verso il
consumismo occidentale (V. Natoli A., Sulle
origini dello stalinismo. Saggio popolare,
Firenze 1979). Il dirigismo e l’autoritarismo non sono, tuttavia,
identificabili con il totalitarismo nazista e fascista, perché il
progetto sovietico si fondava sull’emancipazione dallo sfruttamento
e non sul suo impiego ad ampio raggio e sullo sterminio. Tale
progetto, in alcuni momenti, si è ribaltato nel suo contrario ed è
fallito, ma – siccome la storia non è un laboratorio scientifico –
un fallimento non comporta il fallimento definitivo del progetto.
Bisogna riprovarci e nelle nuove drammatiche condizioni attuali,
dalle quali oggi questo capitalismo depredatore, inquinatore,
guerrafondaio non sa come uscire.
Note
[1]
Fascismo e nazismo non hanno fatto fuori solo gli ebrei e il primo
non è vituperabile solo per le leggi razziali del 1938. Il campo di
concentramento di Dachau fu costruito appositamente per i comunisti;
inizialmente ne conteneva 25.000. Per non offuscare la facciata dei
diritti umani, il totalitarismo liberale non ha praticato lo
sterminio dei comunisti, ma li ha sempre tenuti sotto controllo,
limitandone la libertà di movimento. Basti citare il regime di
stretta sorveglianza cui i servizi britannici sottoposero il grande
storico Eric J. Hobsbawm; il
suo dossier, contenente migliaia di pagine, largamente censurate, è
stato letto e commentato dalla Stonor Saunders
(v. più avanti).
[2]
Decisioni presenti in tutti i documenti di questo tenore. Basta
pensare alla Conferenza di Yalta.
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