giovedì 13 gennaio 2022

Marx per delegati (e militanti). A proposito del "Marx" di Roberto Fineschi - Lorenzo Giustolisi

 Da: https://www.usb.it - https://contropiano.org - Lorenzo Giustolisi, Esecutivo Nazionale Pubblico Impiego USB (https://www.youtube.com/watch?v=bRZHlH3BYEc


Roberto Fineschi, Marx, Ed. Morcelliana 2021


Pubblichiamo il testo della recensione che conclude l’appena pubblicato volume di Proteo, rivista del Cestes e di USB, dedicata a una recente pubblicazione su Marx. 

L’intero volume e il taglio della recensione sono pensati nell’ottica della ripresa di un lavoro di formazione teorica e politica sui fondamentali del pensiero del movimento di classe, che è al centro del numero. (L.G.)

 

Tra le tante recensioni che hanno accompagnato l’uscita di questo importante volumetto, non sono mancate certamente considerazioni sul senso di una operazione editoriale e culturale, concepita e realizzata con l’intento chiaro di avviare alla lettura e alla comprensione di Marx un pubblico largo e nuovo.

Segnalare questa pubblicazione in una rivista come «Proteo» – oltre che sui siti del Cestes e di USB – da venticinque anni impegnata in un lavoro di analisi delle dinamiche di trasformazione sociale ed economica e delle grandi questioni che attraversano il mondo della produzione e del lavoro nel nostro Paese, ma anche a livello internazionale, significa rivolgersi ad una fetta, crediamo presente nelle intenzioni del nostro autore, di quell’auspicabile pubblico “largo e nuovo”, fatta di delegati e attivisti sindacali, sociali, militanti politici, che sono peraltro i destinatari di questo numero della rivista. È una questione, quella del bagaglio teorico dei quadri e dei delegati, che ha attraversato tutta la storia del movimento operaio e delle sue lotte, nella consapevolezza che non si trattava né si tratta di fare diventare tutti specialisti, ma che 8 ore di lavoro, 8 per dormire, 8 per lo svago e per migliorarsi, è stato un precetto che, al di là delle variazioni orarie (spesso a scapito del riposo…), continua ad avere anche oggi un enorme senso.

Il nome di Roberto Fineschi è certamente indicato per il compito appena accennato, che ha a che fare con quella che il suo maestro Alessandro Mazzone definiva “alta popolarizzazione”, per la lunga e proficua consuetudine negli studi marxiani che si traduce, fra le altre cose, nella ricerca di un linguaggio adeguato agli scopi (una attitudine che lo caratterizza da sempre, ma qui perseguìta in maniera più programmatica), senza perdere in profondità (e ovviamente anche in complessità, per cui nessuno immagini un testo semplice), mentre dice qualcosa sullo stato dell’editoria in questo paese il fatto che a prendersi carico (e merito) della pubblicazione sia stata una casa editrice di chiara matrice cattolica.

mercoledì 12 gennaio 2022

Vivere da miliardari nei tempi della pandemia - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.
Leggi anche: Ritornare al punto di vista di classe - Alessandra Ciattini 

Il numero dei miliardari (soprattutto statunitensi e cinesi) è cresciuto in maniera straordinaria, analogamente quello dei poveri: c’è una correlazione? 

Uno studio, condotto da specialisti nei vari quartieri di Santiago del Cile e intitolato Socioeconomic status determines Covid-19 incidence and related mortality in Santiago, Chile, mostra che nelle zone più povere della città la quarantena non è stata rispettata quanto in quelle ricche, perché i loro abitanti avevano bisogno di lavorare per sopravvivere, il numero dei tamponi fatti sulla popolazione è stato minore e gli interventi sanitari sono stati tardivi e inefficaci, il numero dei positivi al Covid-19 è stato maggiore per la ridotta capacità del sistema sanitario di contenere la diffusione della malattia. Pertanto, da esso si ricava che il tasso di mortalità è stato molto più alto negli strati più poveri della popolazione anche a causa della compresenza di altre malattie, della malnutrizione, della vita in ambienti malsani e affollati.

Credo che le conclusioni cui giunge questa ricerca possano essere applicate anche al nostro paese oltre che a quei paesi che si vantano di rappresentare il mondo civile, ma che tuttavia si collocano sulla cima delle classifiche per numero di morti dovuti all’attuale pandemia. Paesi che insistono nel non tenere conto delle politiche adottate dal governo cinese, perché a loro parere autoritario, le quali hanno contenuto il numero dei contagiati a 113mila casi e i decessi a tutt’oggi a meno di cinquemila a fronte degli oltre 275 milioni di contagiati e di quasi 6 milioni di morti nel mondo (Italia quasi 5 milioni e mezzo di casi e circa 135mila morti. Un record invidiabile! (Fonte John Hopkins University.) L’elogio sperticato e acritico dei vaccini, ovviamente quelli prodotti con i soldi degli Stati elargiti alle multinazionali, rende ciechi persino di fronte all’evidenza e ci si limita a parlare dell’enigma cinese. 

Tornando alla ricerca da cui siamo partiti, essa dimostra, dunque, che c’è una correlazione tra l’appartenenza di classe e la possibilità di infettarsi e di morire. Detto questo, andiamo a vedere come se la stanno cavando quei pochi miliardari che hanno nelle loro mani la gran parte della ricchezza mondiale, e che con qualche operazione filantropica dicono di voler sostenere chi vive con meno di 2 dollari al giorno. Come scrive David Harvey nella sua Breve storia del neoliberismo (2007), questi ultimi non possono applicare lo slogan “compro dunque sono”, sono diventati lavoratori “usa e getta”, hanno perso il loro lavoro, vivono nell’incertezza e sopravvivono a stento nel mare magnum dell’economia informale, che ormai si è installata anche nei paesi a capitalismo avanzato, ma in crisi.

martedì 11 gennaio 2022

Filosofia e scienza - Vincenzo Costa

Da: https://www.lafionda.org -   è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell'esperienza (biennio magistrale).

Vedi anche: Nell'istante in cui si cessa di credere in lei, la filosofia sparisce - Silvano Tagliagambe


La pandemia ha fatto emergere un enorme problema nel rapporto tra i saperi, e in particolare tra filosofia e scienza. Da un lato sembra esservi una filosofia che pretende di saperne più degli scienziati, dall’altro una scienza che tende a considerare la filosofia come mero discorso ideologico, da usare (quando conviene, tipo ciliegina che abbellisce la torta) o da irridere, quando non conviene, quando dice qualcosa che stona. I meccanismi mediatici diventano poi terribili, stritolano, diventano violenti verso le persone, le idee e verso un intero settore disciplinare. 


C’è un grosso rischio, che riguarda la razionalità, e bisogna iniziare ad affrontarlo in maniera razionale e pacata.


Ora, senza entrare in un’analisi precisa della questione, a me pare che si stiano confondendo molte cose. In particolare, la filosofia ha (deve avere) una funzione critica nei confronti della scienza, ma il termine “critica” va ben compreso.

“Critica” (Critica della ragione pura, per Kant, Critica dell’economia politica, per Marx) non significa che la filosofia critica asserzioni specifiche della scienza. Questo tipo di critica, per essere razionale, è interna alla scienza, è la scienza stessa che la sviluppa: Einstein critica Newton, Bohr critica Thomson. Ma Kant non critica Newton nello stesso senso in cui lo fa uno scienziato. Kant “critica” Newton nel senso che cerca di portare alla luce i presupposti (filosofici) che stanno alla base della fisica newtoniana. Hume critica la matematica nel senso di cercare di portare alla luce i presupposti della matematica, e quando invece prova a criticare la matematica in termini matematici un suo caro amico, a cui sottopone il manoscritto, gli consiglia di non pubblicarlo. E credo che quel manoscritto non ci sia neanche pervenuto, ma potrei sbagliarmi. Husserl critica la geometria, ma nel senso che si chiede: da dove derivano e che consistenza hanno i suoi concetti elementari. E pur essendo un matematico di professione non confonde mai la ricerca matematica con la filosofia della matematica.

lunedì 10 gennaio 2022

La nascita dell’Aukus (alleanza Australia-Gran Bretagna-Stati Uniti) e la guerra fredda americana contro la Repubblica Popolare Cinese - Alberto Bradanini

Da: https://www.lafionda.org -  Alberto Bradanini laureato in Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma, entra in carriera diplomatica nel 1975. Dopo aver ricoperto diversi incarichi, dal 2008 al gennaio 2013 è Ambasciatore d'Italia in Iran, e da allora al maggio 2015 Ambasciatore d'Italia in Cina.

Vedi anche: - OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -
Leggi anche: - La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue -


Il tema è complesso, lo spazio limitato per definizione e alcuni passaggi appariranno apodittici. D’altro canto, tale percorso guadagna in limpidezza e posizionamento, specie quando si ha a che fare con temi cruciali come la pace, la guerra e il futuro del mondo.

Già nel V secolo a.C., Confucio aveva rilevata la necessità di procedere a una rettificazione dei nomi. Se questi sono manipolati e non riflettono la realtà – egli rimarcava – il loro uso è fonte di malintesi, un dialogo autentico tra gli uomini diviene impossibile e la vita sociale ne risente in profondità.

Giacomo Leopardi osservava al riguardo: “I buoni e i generosi sogliono essere odiatissimi perché chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. Cosicché, mentre chi fa male ottiene ricchezze e potenza, chi lo nomina è trascinato sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a soffrire qualunque cosa dagli altri o dal cielo, purché a parole ne siano salvi”.

In un suo scritto, Malcom X afferma che “se non si fa attenzione, i media ci fanno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”. E questo vale anche per le nazioni.

Semplificando un po’, ma a vantaggio della chiarezza, gli Stati Uniti, a partire da Reagan essenzialmente – alla luce di un relativo ridimensionamento sulla scena mondiale – hanno gradualmente imposto una militarizzazione delle relazioni internazionali (colpi di stato, invasioni, sanzioni e interferenze di vario genere, in Europa un azzardato avanzamento della Nato verso Est, in violazione degli accordi a suo tempo definiti tra Bush padre e Gorbaciov, e via dicendo). Non che con Reagan, e ancor prima, tale caratteristica fosse assente, ma questa era attenuata da una maggiore attenzione alla dimensione politica, e dunque un minor ricorso all’uso della forza.

domenica 9 gennaio 2022

La coscienza di Zeno (1966)

Da: spadarsoft -

La coscienza di Zeno è il titolo di uno sceneggiato televisivo in tre puntate andato in onda sul Secondo Programma RAI dal 16 al 30 marzo 1966. Tratto dal romanzo omonimo di Italo Svevo (pseudonimo dello scrittore triestino Ettore Schmitz, nato nel 1861 e morto nel 1928 in un incidente d'auto) e dalla commedia di Tullio Kezich presentata dal Teatro Stabile di Genova, venne adattato per la televisione da Daniele D'Anza e dallo stesso critico e drammaturgo Tullio Kezich, mentre la regia fu di Ivo Chiesa e Luigi Squarzina. L'opera di Svevo segna il trapasso dalla narrativa di tradizione verista a una nuova e più interiorizzata rappresentazione del reale, ed è senz'altro fra gli esiti più interessanti e singolari della letteratura italiana ed europea del Novecento: insieme autoritratto e metafora della condizione dell'uomo moderno, ove per la prima volta la psicoanalisi e le sue complesse implicazioni giocano un ruolo fondamentale. Protagonista di questa introspezione è Zeno Cosini, a cui Svevo non attribuisce una grande intelligenza, ma un carattere giocoso e una vitalità godereccia insieme a qualche vizio e a varie omissioni di tipo morale, insomma è l'uomo giusto per cominciare a vedersi dentro come non ha mai fatto nella vita e a scoprire i motivi del proprio comportamento. Il cast era costituito da ottimi attori di formazione teatrale: bravissimo Alberto Lionello, nel ruolo del protagonista ed eccellenti i comprimari da Ferruccio De Ceresa, a Pina Cei e Paola Mannoni. 

                                                                                 

Trama: Dietro consiglio dello psicoanalista, il protagonista della vicenda, Zeno Cosini, narra i momenti cruciali della propria vita, nel tentativo di superare quell'inettitudine a vivere che lo tormenta da anni, ossia l'incapacità di affrontare responsabilmente la realtà e le inevitabili scelte che essa impone. Zeno Cosini è inetto a vivere: una specie di marionetta tirata da fili che quanto più egli indaga, gli sfuggono. Una coscienza inutile a mutare un destino che sembra ineluttabile. Tra ossessioni maniacali e rigurgiti di coscienza ipertrofica, sempre teso a un recupero unitario della realtà e di se stesso, finisce per inciampare nelle cose: con insicurezza, in una battaglia combattuta ad ogni occasione, senza requie. Ne risulta I'itinerario di un'analisi psichica alla ricerca di un'impossibile cura, durante la quale i conflitti vengono in luce: Zeno ha voluto smettere di fumare, ma ha fumato sempre di più; ha voluto essere forte, ma ha cominciato a zoppicare; ha cercato di sposare una bella ragazza, ma ne ha sposata una bruttina; non ama la moglie, ma quando è in clinica teme di essere tradito, e via di seguito in un rincorrersi di realtà che non combaciano. 

Personaggi e interpreti: Zeno Cosini: Alberto Lionello; Il dottor S.: Ferruccio De Ceresa; Alfio Cosini: Aldo Pierantoni; Maria: Serena Bassano; Il dottor Coprosich: Enrico Ardizzone; L'infermiere: Ireneo Petruzzi; Luciano: Gianni Fenzi; Copler: Giulio Pizzirani; Giovanni Malfenti: Edoardo Toniolo; L'impiegato di borsa: Mario Rodriguez; Nilini: Mario Luciani; Ada: Paola Mannoni; Augusta: Laura Rizzoli; Alberta: Simona Caucia; Anna: Francesca Mazza; La signora Malfenti: Pina Cei; Guido Speier: Mario Erpichini; Carla Gerco: Marzia Ubaldi; La signora Gerco: Gianna Dauro; Carmen: Geppi Costa 

A seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=v4x_t2Cr3_Q 

sabato 8 gennaio 2022

"Epigenetica: come reagisce il nostro genoma alle trasformazioni ambientali." - Ernesto Burgio

Da: Ecovillaggio Montale - Ernesto Burgio, pediatra e ricercatore, esperto di epigenetica e biologia molecolare. Presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale e membro del consiglio scientifico dell’Istituto di Ricerca sul Cancro e Ambiente di Bruxelles. Author profile 

Vedi anche: Ernesto Burgio: La prima pandemia dell’Antropocene 

Omicron, pandemic control e vaccini

Pandemia e Capitalismo del XXI secolo - Marco Antonio Pirrone e Alessandra Ciattini 


Ascolta anche: Guerriglia Radio intervista Fabrizio Chiodo https://www.spreaker.com/user/11689128/caffe-e-cornetto-speciale-guerriglia-rad?

                                                                            

venerdì 7 gennaio 2022

Le parole del signor Putin - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: Ritornare al punto di vista di classe - Alessandra Ciattini

Il mito della riunificazione tedesca - Vladimiro Giacché -

Vedi anche: La caduta del Muro di Berlino. Intervista a Vladimiro Giacché 

ANSCHLUSS. La lezione dell'unificazione tedesca | Vladimiro Giacchè (https://www.youtube.com/watch?v=BFPdxf1m4fs)



È opportuno che l’Ucraina entri nella Nato e che la situazione del nostro continente si faccia più tesa?


Il 25 dicembre del 1991 si verificò la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che aveva dominato parti importanti del mondo per 74 anni; dissoluzione sancita dall’annuncio fatto alla televisione dall’allora segretario del Partito Comunista Mikhail Gorbačëv, non molto amato dai vecchi russi. Iniziò così una nuova fase nella storia dell’umanità, che ebbe conseguenze nefaste anche sugli altri popoli del mondo, e che fu marcata dalla sostituzione sul Cremlino della bandiera rossa con il tricolore della Federazione Russa. “RT” ha ricordato questa ricorrenza soffermandosi sugli avanzamenti della seconda superpotenza e senza menzionare Stalin, non rinnegando quel glorioso passato che segnò un eccezionale avanzamento sociale, economico e culturale e sottolineando la straordinaria e sanguinosa sconfitta del nazismo compiuta dall’Urss. Addirittura nel programma si è rivendicato l’appoggio dato ai movimenti anticoloniali e prosocialisti. Alcuni russi intervistati, soprattutto anziani, hanno ricordato la stabilità, la pace sociale, i diritti garantiti dall’antico regime, non nascondendo una certa nostalgia per i tempi passati. Evidentemente, la Russia, che si riaffaccia allo scenario mondiale conflittuale, non solo non può rinnegare il suo passato, ma ha anche bisogno di ricordare la sua cultura millenaria seminata in uno spazio che l’espansione della Nato ha già messo in questione.

Ma cosa è successo allo spazio sovietico dopo la fine dell’Urss? Nessuno dica che si è affermata la democrazia perché è un falso. Secondo il Centro per la Riforma Europea, il Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) costituiscono oggi il principale alleato commerciale della Germania per la sua integrazione nelle catene di valore tedesche. Inoltre tra il 20 e il 30% degli scambi internazionali delle economie dell’Europa orientale centrale sono con la Germania. Come scrive Vladimiro Giacchè (Anchluss. L’annessione: l’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa, 2013), la Repubblica democratica tedesca fu annessa sbrigativamente alla Repubblica Federale, la sua economia distrutta, la sua infrastruttura produttiva svenduta per qualche spicciolo ai grandi capitalisti dell’Ovest e al popolo di quella regione non fu dato un marco, benché fosse il proprietario legale di tutto quel patrimonio.

giovedì 6 gennaio 2022

Intervista a Enrico Berti: cosa ereditiamo dalla filosofia greca

Da: https://www.officinafilosofica.it - Enrico Berti (Valeggio sul Mincio, 3 novembre 1935 – Padova, 5 gennaio 2022) è stato professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Padova e massimo studioso di Aristotele in Italia. Fra le sue innumerevoli pubblicazioni ricordiamo In principio era la meraviglia (Laterza), Sumphilosophein. La vita nell’Accademia di Platone (Laterza), Storia della Metafisica (Il Mulino) e Aristotelismo (Il Mulino).



In questa intervista abbiamo voluto riflettere soprattutto sull’influenza che ha esercitato la filosofia greca sul mondo contemporaneo. (officinafilosofica4 Maggio 2020)


1. Indubbiamente nella filosofia greca possiamo trovare molti aspetti di cui è debitrice non solo la teologia, ma la cultura cristiana nel suo insieme. Penso al finalismo che troviamo in filosofi, pur molto lontani tra di loro, come Platone e Aristotele. Ci solo anche altri aspetti che possiamo considerare oltre questo?

Più che per il finalismo (che in Aristotele riguarda solo la finalità interna), la teologia cristiana è debitrice ad Aristotele del concetto di un Principio trascendente e personale, il quale in Aristotele è il primo tra i motori immobili dei cieli, e quindi il primo degli enti e il motore di tutto, mentre per i cristiani (come già per i musulmani) è Dio. Bisogna tuttavia tenere presente il diverso significato che la parola “dio” aveva per gli antichi e ha per i credenti nelle religioni monoteistiche. Per gli antichi (Greci e Romani) “dio” è un nome comune, il nome di una specie di viventi, come “uomo”, perciò si scrive con l’articolo e l’iniziale minuscola (il dio). Per i monoteisti invece (Ebrei, Cristiani, Musulmani) “Dio” è il nome di una singola persona, perciò si scrive senza articolo e con l’iniziale maiuscola. Queste sono regole grammaticali, non scelte ideologiche.

mercoledì 5 gennaio 2022

Critica, capitale e totalità - Roberto Finelli

Da: https://www.ospiteingrato.unisi.it -  Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org)

Leggi anche: Globalizzazione, postmoderno e “marxismo dell’astratto” - Roberto Finelli 

Il disagio della “totalità” e i marxismi italiani degli anni ’70* - Roberto Finelli 

Panzieri, Tronti, Negri: le diverse eredità dell’operaismo italiano*- Cristina Corradi 

Un bilancio dei marxismi italiani del Novecento*- Carla Maria Fabiani

CRITICA” TRA HEGEL E MARX - Roberto Fineschi 



Critica e totalità sono due categorie che entrano nella cultura moderna come intrecciate e inscindibili solo con la filosofia di Hegel. 

Già Kant, com’è ben noto, aveva fatto della critica la modalità fondamentale di una filosofia che, rinunciando alle astrazioni di una metafisica ontologica dell’Essere o della Realtà Oggettiva, indagasse di fondo le strutture invarianti e trascendentali della soggettività. Ma è propriamente con Hegel che, a partire dalla tesi secondo cui «il vero è l’intero», la critica diventa fattore intrinseco della costruzione di una totalità, giacchè solo attraverso il progressivo autotoglimento di visioni fallaci e parziali si raggiunge la verità di un intero: attraverso cioè la dialettica dell’autocritica e dell’autocontraddizione in cui non può non cadere qualsiasi pretesa di un lato solo particolare o di una configurazione parziale di valore come l’intero. Il finito si toglie da sé medesimo, perché, non riuscendo alla fin fine a coincidere e a consistere solo con sé stesso, è costretto, per necessità interiore, a negarsi e a trapassare in altro.1 La critica qui, ancor più che in Kant, non rimanda più ad alcun osservatore o giudice esterno ma è il giudizio che la realtà stessa produce su sé medesima, in un’autonegarsi attraverso contraddizione, che dovrebbe garantire insieme verità del sapere ed emancipazione dell’agire. Solo che Hegel per dare continuità ai diversi passaggi dialettici ha dovuto forzare, almeno a mio avviso, la natura della negazione, assolutizzandola e ipostatizzandola, fino ad estremizzarla in un purissimo negativo, che non nega alcunché di determinato fuori di sé, ma alla fine null’altro che il proprio negare. Estenuando, con ciò, il nesso fondamentale genialmente istituito tra critica e totalità nella chiusura, invece, di una metafisica immanente del nulla/negazione

lunedì 3 gennaio 2022

In viaggio sul Tigri - La scomparsa degli uomini dell'acqua - Alberto Negri

 Da: https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)


«Per anni ho guardato la baia, il lungomare, i solenni palazzi islamici, l’urbanistica coloniale, la casbah e lo sperone di Bab el Oued con Notre Dame d’Afrique chiedendomi soltanto da dove avrebbe potuto arrivare la morte a sorprendermi».



La religione dell'acqua e della luce scivola sulle increspature di un'ansa del Tigri che forse un giorno la inghiottiranno per sempre, cancellata dall'onda lunga della barbarie irachena. Ma qualcuno ancora crede intensamente in yardna, la fonte della vita, negli spiriti della luce e di Shamish che cavalca il carro del sole, in Manda, la Conoscenza, un Dio unico, indeterminato, indivisibile, che non può fare nulla di sbagliato o di ingiusto. 

La prima volta che vidi le vesti bianche degli adepti fu sulle rive meridionali dello Shatt el Arab dove negli anni Ottanta Saddam Hussein portava i giornalisti ad ammirare le effimere vittorie della Guardia Repubblicana contro l'esercito dei martiri ai quali l'Imam Khomeini aveva promesso il paradiso di Allah. Tra i canneti del delta e le barche dal fondo piatto dei pescatori, celebravano i loro battesimi incuranti del passaggio di carri armati e cannoni. 

L'ultima fu qualche giorno prima che nel marzo del 2003 Baghdad venisse bombardata e poi occupata dagli americani. Da allora i Mandei, questo è il loro nome, vivono in clandestinità e non li ho più trovati sul fiume: erano decine di migliaia, ne sono rimasti cinquemila, decimati dagli omicidi dei credenti, terrorizzati dagli stupri delle donne, umiliati dalle conversioni forzate. 

Dei Mandei ci arrivano notizie dall'antichità, il loro credo, un autentico fossile vivente dicono gli esperti, appartiene alla preistoria delle religioni, è l'ultima fede gnostica passata attraverso la tradizione di sumeri, babilonesi, parti, persiani, ebrei, cristiani, e rieccheggia le credenze dei Magi, il dualismo di Zarathustra, l'eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. 

domenica 2 gennaio 2022

Franco De Masi VOCABOLARIO PSICOANALITICO: Frustrazione


L'ADOLESCENZA: fragilità, sofferenze, sfide possibili - CARLO SINI


Il Vocabolario Psicoanalitico di Psychiatry on line Italia declinato per PAROLECHIAVE da Franco De Masi, Psicoanalista Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana (https://www.spiweb.it).

                                                                           

giovedì 30 dicembre 2021

Nell'istante in cui si cessa di credere in lei, la filosofia sparisce - Silvano Tagliagambe

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Silvano Tagliagambe è un filosofo, fisico e accademico italiano, epistemologo.

La visione e lo sguardo... - Silvano Tagliagambe

La scienza tra dubbio e certezza - Giulio Giorello

Lavoro. Il lavoro come arte della conoscenza - Carlo Sini

"Anthròpina phronein: la saggezza del limite" - Salvatore Natoli

Perché la mente non coincide con il cervello - Felice Cimatti

Essere, pensiero e linguaggio - Felice Cimatti

Siamo il nostro cervello? - Gianvito Martino

Vedendo il linguaggio e chi lo usa - Tullio De Mauro 

Alienazione e rivoluzione (digitale) - Enrico Donaggio 

"La materia del soggetto" - Carlo Sini 

                                                                           

mercoledì 29 dicembre 2021

Declinazioni del concetto di natura tra ontologia e storia - Luca Illetterati

Da: AccademiaIISF - 
Luca Illetterati è professore ordinario di filosofia teoretica presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell’Università di Padova. 



(1/5) Luca Illetterati - Introduzione: per un’ontologia storica 

                                                                           

(2/5) "Physis" e vita - https://www.youtube.com/watch?v=Pj_3QXt2-Qs 

(3/5) Creature e artefattihttps://www.youtube.com/watch?v=uE6hoca6LXI 


(5/5) Paesaggi contemporanei https://www.youtube.com/watch?v=BK-v7CWPvh8 

domenica 26 dicembre 2021

LA LIBERTÀ, LA MORTE, LO STATO. FILOSOFIE E IDEOLOGIE DELLA QUESTIONE PANDEMICA - Emiliano Alessandroni

 Da: https://filosofiainmovimento.it - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo'. 

Leggi anche: Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini 

Sul privilegio. Note critiche su Agamben-Cacciari - Roberto Finelli, Tania Toffanin 

Che cos'è la libertà? Il Covid-19 e la difesa del diritto alla vita - Emiliano Alessandroni 



1. Libertà 
2. Società 
3. La meditatio mortis
4. Cospirazionismo e complottismo 
5. Il quadro internazionale



1. Libertà

Pochi esempi sembrano così eloquenti, per quanto concerne le influenze esercitate dall’ideologia sulla semantica, di ciò che nella storia del linguaggio è accaduto alla parola “libertà”, oggi al centro di un acceso dibattito filosofico e politico sul valore delle misure anti-pandemiche. Questa parola è stata infatti evocata, nel corso della storia, all’interno delle circostanze più svariate e di rivendicazioni fra loro persino contrapposte. “Libertà!” gridavano, ad esempio, gli schiavi neri in rivolta a Santo Domingo e negli Stati Uniti del Sud. Ma “libertà!” gridavano anche i proprietari di schiavi che negli Usa agognavano la secessione dal Nord per continuare a perpetrare la schiavitù su base razziale e chiedevano che lo Stato, il governo centrale, non si intromettesse nei propri affari commerciali. 

Nell’ambito della modernità occidentale, in particolar modo, vediamo spesso incontrarsi e non molto meno spesso scontrarsi, almeno tre idee generali di libertà. 

sabato 25 dicembre 2021

Alessandro Barbero s'infiamma contro la "Buona Scuola"

Da: Alessandro Barbero - La Storia siamo NoiAlessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.



Lo storico Alessandro Barbero, in pochi minuti, riassume il senso di una scuola aperta a tutti per non tornare ad un mondo in cui solo l’elite, quelli che comandano, possiedono la cultura. 

«Per molto tempo a scuola ci andavano in pochi […] si dava però per scontato che andare a scuola […] era indispensabile per avere un ruolo poi dirigenziale nella vita. l’esercito italiano, durante la prima guerra mondiale, ha un disperato bisogno di ufficiali, tanto che alla fine manda a comandare i plotoni e le compagnie dei diciannovenni, ma su una cosa non transige: devono aver finito le scuole superiori.

Inizia così il breve ma partecipato excursus di Alessandro Barbero sulla riforma della “Buona Scuola”, continua:

[…] poi, lo sappiamo tutti cosa è successo. è successo che si è detto: in un grande movimento democratico […] non si deve più avere un mondo in cui solo l’elite, quelli che comandano, possiedono la cultura. tutti devono averla. tutti i ragazzi devono avere anni e anni, durante i quali studiano e imparano, anziché dover lavorare come è sempre successo ai loro padri e ai loro nonni. […] quando han cominciato ad andarci anche i figli degli operai si è cominciato a dire “ma appunto, in fondo in fondo siamo sicuri che tutto questo serve?” […] e si è arrivati adesso all’assurdità che si è tornati a dire ai ragazzi, come ai loro nonni analfabeti: “anche se avete soltanto sedici o diciassette anni o diciott’anni, però, un po’ di lavoro lo dovete fare. che è questo lusso di passare quegli anni solo a studiare a scuola? no, no: alternanza scuola lavoro!”» [applausi]. (

                                                                          

venerdì 24 dicembre 2021

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi

Da: La città futura - Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels. 
Leggi anche: Dante nei “Quaderni del carcere”: il canto decimo dell’Inferno di Antonio Gramsci. - Giorgio Gattei

1. In occasione del centenario dantesco vorrei sviluppare qualche noterella sulle sue riflessioni di teoria politica. Che, tra le istituzioni universali, il primato spetti all’imperatore piuttosto che al papa, che la loro conflittualità, lo scarso interesse del primo alle questioni “italiane” ecc. giochino effettivamente un ruolo nella governance mondiale, ai nostri occhi non appare onestamente un tema rilevante, almeno in questi termini. Significa questo che i problemi teorici affrontati da Dante, il contesto in cui la sua riflessione si articola non abbiano niente su cui farci riflettere? Ovviamente no. Tra i temi più interessanti, a mio parere, figura la complessa relazione tra istituzioni, bene universale, e le “parti”, nonché la questione dell’efficacia del “ben fare” rispetto al corso storico. 


Limitandosi ai cosiddetti canti politici (il sesto di ciascuna cantica), già nel discorso su Firenze di Ciacco – punito nel III cerchio dell’Inferno tra i golosi – emerge il tema delle “parti” (qui i guelfi bianchi e i guelfi neri) e della loro lotta intestina: 

… Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l’altra con molta offensione
(Inferno, 64-66). 

La causa del loro agire pernicioso è da ricondurre a

superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c’hanno i cuori accesi
(Inferno, 74-75).

giovedì 23 dicembre 2021

Oltre Omicron: che cosa potremmo aspettarci da COVID-19

Da: https://www.lescienze.it - di Ewen Callaway (L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature il 7 dicembre 2021. Traduzione di Lorenzo Lilli, editing a cura di Le Scienze.) 

Ascolta anche: Guerriglia Radio intervista Fabrizio Chiodo https://www.spreaker.com/user/11689128/caffe-e-cornetto-speciale-guerriglia-rad?

Vedi anche: Omicron, pandemic control e vaccini- Cross Words 

Leggi anche: Ecco perché la variante Delta si diffonde così rapidamente di Sara Reardon/Nature 

All’origine della variante Omicron di Sarah Wild/Scientific American 

La variante Omicron non sfugge del tutto alla protezione immunitaria di Lars Fischer/Spektrum der Wissenschaft 

Quale impatto sulla pandemia avranno i vaccini anti COVID per bambini di Max Kozlov/Nature 

Raffigurazione artistica di successive varianti di SARS-CoV-2 (© Science Photo Library/AGF) 


Lo studio della rapida diffusione di nuove varianti offre indizi su come SARS-CoV-2 si stia adattando e su come la pandemia potrebbe svilupparsi nel corso dei prossimi mesi 


A inizio 2020, mentre il mondo precipitava verso una pandemia, il biologo evoluzionista Jesse Bloom scrutava il futuro di SARS-CoV-2. Come molti specialisti di virus in quel momento, prevedeva che il nuovo patogeno non sarebbe stato eradicato. Sarebbe invece diventato endemico: il quinto coronavirus a stabilirsi permanentemente negli esseri umani, accanto a quattro coronavirus "stagionali" che provocano raffreddori relativamente leggeri e circolano tra di noi da decenni o più.

Bloom, che lavora al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, pensava che questi coronavirus stagionali avessero le potenzialità per indicare un possibile percorso evolutivo di SARS-CoV-2 e il futuro della pandemia. Tuttavia, sappiamo poco su come continuano a prosperare questi altri virus. Uno degli esempi più studiati – un coronavirus stagionale detto 229E – infetta le persone più volte nel corso della vita. Non è chiaro però se questi nuovi contagi dipendano dall’indebolimento delle risposte immunitarie negli ospiti umani o se il virus aggiri l’immunità grazie a mutazioni. Per scoprirlo Bloom ha preso campioni di sangue vecchi di decenni, prelevati da persone probabilmente infettate da 229E, e li ha testati alla ricerca di anticorpi contro varie versioni del virus, risalenti anche agli anni ottanta. 

mercoledì 22 dicembre 2021

Il ritorno della sinistra in Cile e le casse vuote dello stato - Alberto Negri

Da: https://edicola.quotidianodelsud.it - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la CoronaIran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)


Gabriel Boric Font è un politico cileno di origini croate, figura del movimento studentesco del 2011, è deputato dal 2014. Il 19 dicembre 2021 viene eletto Presidente del Cile. Entrerà in carica l'11 marzo 2022.



Fermato il pinochetismo, Boric deve fare i conti con uno Stato dalle casse pubbliche prosciugate per i fondi concessi durante la pandemia. Nel 2021 in Cile è stato elargito l’equivalente di un intero Pil nazionale in sussidi a famiglie e imprese. 

Il difficile comincia adesso ma il Cile comunque volta pagina. In Cile Gabriel Boric l’ex leader delle proteste studentesche, il più giovane presidente mai eletto, ha nettamente sconfitto Jose Antonio Kast, il candidato dell’estrema destra, ammiratore di Pinochet. 

Il nuovo inquilino della Moneda (si insedierà a marzo) non avrà vita facile. Boric _ come del resto sarebbe accaduto anche a Kast _ non può contare su una maggioranza in Parlamento, deve fare i conti con i lavori dell’Assembla Costituente, che sta scrivendo la nuova Carta, e si trova con uno Stato dalle casse pubbliche prosciugate dai fondi concessi durante la pandemia. 

Nel 2021 in Cile è stato elargito l’equivalente di un intero Pil nazionale in sussidi a famiglie e imprese. Questo ha permesso a molti di sopravvivere alla crisi economica, ma il Cile non sono gli Stati Uniti, non possono stampare moneta per sostenere l’economia nazionale. Sospeso tra passato e futuro, il presente del Paese che per molto tempo è stato erroneamente considerata come un’isola felice in Sudamerica è tutt’altro che semplice. 

Quale era la vera posta in gioco di queste elezioni? Al centro della partita elettorale c’era il sistema economico e sociale estremamente controverso, che ha reso il Cile un paese prospero e la prima economia dell’America Latina ma anche il secondo per tassi di povertà estrema dopo l’Uruguay. Il Cile ha pagato la sua crescita con una disuguaglianza che frattura la società dall’interno. Una disuguaglianza che ha nutrito la rabbia delle proteste dei liceali nel 2006 e degli universitari del 2011, delle continue mobilitazioni dei mapuche nel Sud e nelle mobilitazioni contro le grandi centrali elettriche in Patagonia, e che infine è esplosa nelle proteste del 2019. 

martedì 21 dicembre 2021

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio

Da: Manifesto Nuova Scuola - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it

Vedi anche: Carla Maria Fabiani intervista Roberto Finelli: "DAL PROBLEM SOLVING AL THEORY BUILDING" - https://www.youtube.com/watch?v=oxNB7HjEsTc 


Incontro con il prof. Emiliano Brancaccio (Università del Sannio) per discutere sulle esigenze economiche che imporrebbero una riforma radicale della scuola. Una necessità in vista della ripresa del paese o una strumentale operazione politico-ideologica? 
(A cura di  G. Carosotti e S. Arangino)

                                                                            

lunedì 20 dicembre 2021

La madre di Cecilia - Alessandro Manzoni

Da:  https://www.libriantichionline.com - Alessandro Manzoni, I promessi sposi - capitolo XXXIV (Milano, Ferrario 1825/27).


Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori.

Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.

Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così». Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina.

La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola». Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.