lunedì 20 maggio 2019

La fine del mondo liquido e il superamento della modernità - Carlo Bordoni

Da:Fondazione Centro Studi Campostrini Carlo_Bordoni è un sociologo e scrittore italiano. 
                         Daniel Defoe: La vera storia di Jonathan Wilde - Ermanno Semprebene

       "L'uguaglianza non c'è mai stata... non è mai esistita... 
                          l'uomo l'ha sempre detta - a voce - ma non c'è mai stata." (Z. Bauman)                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

domenica 19 maggio 2019

Osservazioni a proposito di scienza e filosofia - Stefano Garroni

Da: Stefano GarroniDialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, (Dialettica riproposta - Stefano Garroni - lacittadelsole).Stefano Garroni  è stato un filosofo italiano.  




      Indice:


Nota dell’editore
                                                                                                                                                                                              
Stefano Garroni: Dialettica riproposta - Presentazione di Paolo Vinci 











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Riproporre, oggi, la questione del rapporto scienze e filosofia è cosa, non solo utile, ma addirittura necessaria1, in particolare se si tengono presenti due circostanze storicamente obiettive.


In Marx, termini come materialismo o materialista sono perfettamente sostituibili con scienza o scientifico – il che significa che, proclamandosi materialista, Marx non sta per nulla riproponendo la disputa speculativo-metafisica tra il materialismo, appunto, e il suo opposto l’idealismo2. E fa molto bene a comportarsi così, se è vero – come è vero – che quelle due espressioni non solo hanno avuto storicamente significati diversi, ma addirittura, in situazioni diverse son servite ad indicare uno stesso atteggiamento. Per fare un esempio a noi molto vicino, si ricordi che nella rivista di Gramsci Ordine nuovo vennero pubblicati articoli, in cui si esaltava l’idealismo di Lenin, intendendo con tale espressione ciò che noi siamo abituati, invece, a considerare il suo materialismo.

D’altra parte è noto, anche, che critici attenti hanno colto, nel lukàcciano La distruzione della ragione, non la ripresa e continuazione della fumosa e difficilmente precisabile contrapposizione e lotta tra materialismo e idealismo, ma – assai più realisticamente – quella tra sviluppo di un pensiero, fondato sulle scienze e capace di mettere in evidenza anche il loro implicito etico-politico, e dall’altra parte, invece, le tendenze irrazionalistiche e formalistiche, promosse – sempre secondo Lukàcs – da necessità interne allo sviluppo imperialistico.3

Dunque no alla contrapposizione metafico-speculativa tra idealismo e materialismo; invece alla perfettamente comprensibile e precisabile opposizione tra sviluppo – anche filosofico – delle scienze, e/o sua riduzione e falsificazione da parte della società imperialistica: come si vede, abbiamo il riproporsi dell’opposizione, di cui diceva Platone, fra amici e nemici delle forme. 

sabato 18 maggio 2019

"La più bella delle teorie" - Carlo Rovelli

Da: http://www.filosofiprecari.it - Il presente articolo è tratto da “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli. - Carlo_Rovelli è un fisico italiano.

Da ragazzo, Albert Einstein ha trascorso quasi un anno a bighellonare oziosamente. Era a Pavia, dove aveva raggiunto la famiglia, dopo avere abbandonato gli studi in Germania. Se non si perde tempo non si arriva da nessuna parte, fatto che spesso dimenticano i genitori degli adolescenti. Era l’inizio della rivoluzione industriale, e il padre, ingegnere, installava le prime centrali elettriche in Italia. Poi Albert si era iscritto all’Università di Zurigo e si era immerso nella fisica. Pochi anni dopo, nel 1905, aveva spedito tre articoli in un’unica busta alla principale rivista scientifica del tempo, gli «Annalen der Physik». Ciascuno dei tre valeva un Nobel. Il primo mostrava che gli atomi esistono davvero. Il secondo apriva la porta alla Meccanica dei Quanti, di cui spero di dire qualcosa in futuro su questa pagina. Il terzo presentava la Teoria della Relatività (oggi chiamata «relatività ristretta»), che chiarisce che il tempo non passa eguale per tutti: due gemelli si ritrovano di età diversa, se uno dei due ha viaggiato velocemente. Einstein diventa un fisico rinomato e riceve offerte di lavoro da diverse università. Ma qualcosa lo turba: la sua Teoria della Relatività non quadra con quanto sappiamo sulla gravità. Se ne accorge scrivendo un articolo di rassegna sulla nuova teoria, e si chiede se la vetusta e paludata «gravitazione universale» del grande padre Newton non debba essere riveduta anch’essa, per renderla compatibile con la nuova relatività. S’immerge nel problema. Ci vorranno dieci anni per risolverlo. Dieci anni di studi pazzi, tentativi, errori, confusione, idee folgoranti, idee sbagliate. Finalmente, nel novembre del 1915, manda alle stampe un articolo con la soluzione completa: una nuova teoria della gravità, cui dà nome «Teoria della Relatività Generale», il suo capolavoro. La «più bella delle teorie» l’ha chiamata il grande fisico russo Lev Landau. 

mercoledì 15 maggio 2019

LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci

Da: byoblu - 
Michele Geraci, economista, ex docente di Economia e Finanza all'Università di New York a Shanghai. E' sottosegretario allo Sviluppo Economico del Governo Conte. 
Leggi anche: La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

"L'importante e' che si parli di Cina, che si cerchi di comprendere cosa sta succedendo, senza preconcetti.  
Approfitto per aggiungere e chiarire un concetto importante: La Cina ha avuto uno sviluppo economico cosi' impressionante grazie a 5 pilastri: 
1) controllo dei dazi, 
2) controllo della migrazione 
3) controllo demografico, 
4) controllo del cambio  
5) controllo dei tassi d'interesse. 
E ovviamente, batte moneta, il che e' una grande arma se usata bene." 

                                                                     

martedì 14 maggio 2019

Vittoria del capitalismo? - Hyman Minsky

Da: http://www.fondazionezaninoni.org - hyman-philip-minsky è stato un economista statunitense.
Leggi anche: EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur
                     Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala


"Il 25 ottobre 1990 il Centro culturale Progetto di Bergamo ha organizzato il convegno Vittoria del capitalismo?, relatore Hyman Minsky. Pochi mesi dopo la caduta del muro di Berlino, quando c’era chi preconizzava la fine della storia con la vittoria finale del capitalismo, Minsky contrapponeva una lucida lettura, anticipando le caratteristiche del nuovo fragile sviluppo capitalistico..."
(PAOLO CRIVELLI)



Vittoria del capitalismo? 

Il collasso delle economie di tipo Sovietico è stato salutato come una vittoria del Capitalismo e il crollo simultaneo dei regimi politici comunisti è stato usato per convalidare l’identificazione del Capitalismo con la democrazia.

Da alcune parti si avanza l’idea che questa vittoria segni la fine della Storia così come noi l’abbiamo conosciuta. Ma le vicende del Golfo, la fragilità della prosperità capitalistica e le pressioni nazionaliste risvegliate dal collasso dell’egemonia Sovietica nell’Europa orientale indicano che la Storia non finisce, ma fluisce come il Mississippi che nella canzone “...continua a scorrere”.

Non c’è dubbio che il Socialismo centralistico autoritario di tipo Sovietico è crollato. Ma questa forma di Socialismo non è la sola possibile. Il modello Sovietico ha sempre avuto la caratteristica di non consentire che le preferenze e i desideri della gente influenzassero la produzione. Segnali effettivi (decisioni) nel Socialismo di tipo Sovietico andavano dall’alto verso il basso, mai dal basso,  dalla popolazione verso coloro che avevano il potere di decidere che cosa e come produrre. Esistono modelli teorici alternativi di Socialismo nei quali regna una sovranità del consumatore più ampia rispetto a quella delle economie di tipo capitalistico.

Questo modello autoritario di economia centralizzata non è cattivo quando i compiti assegnati all’economia sono semplici: quando si deve produrre solo pane o carri armati. Un’economia centralistica ha funzionato bene nella trasformazione da una società di tipo contadino ad una economia di produzione di massa limitata nella varietà di beni – quando acciaio, cemento e macchinari sono tutto ciò che deve essere prodotto: questo tipo di economia funziona altrettanto bene per la produzione di materiale bellico. Gli approvvigionamenti militari negli Stati Uniti e nel Regno Unito durante la Seconda Guerra Mondiale seguivano un modello di economia centralistica. 

domenica 12 maggio 2019

‘Tutto il potere ai soviet’ - Lars T. Lih

Da: https://traduzionimarxiste.wordpress.com - Link al post originale in inglese John Riddell



                      Il seguente articolo è il primo di una serie di sette. 

  La terza parte: lettera-da-lontano-correzioni-da-vicino-censura-o-rimaneggiamento 

    La quarta parte: Tredici a due: i bolscevichi di Pietrogrado discutono le Tesi di aprile 

     La quinta parte: Una questione fondamentale’: le glosse di Lenin alle Tesi di aprile 

       La sesta parte: Il carattere della Rivoluzione russa: il Trotsky del 1917 contro quello del 1924 

          La settima parte: Esigiamo la pubblicazione dei trattati segreti’: biografia di uno slogan gemello


Un’appendice a questa stessa prima parte, “Mandato per le elezioni al soviet”
pubblicata separatamente nel caso dell’originale inglese, viene qui pubblicata in calce. 



Tutto il potere ai soviet!’, parte prima: biografia di uno slogan


Tutto il potere ai soviet!”, senza alcun dubbio uno dei più celebri slogan nella storia delle rivoluzioni. A giusto titolo a fianco di “Liberté, égalité, fraternité” quale simbolo di un’intera epoca rivoluzionaria. Nel presente saggio, e in altri che seguiranno, prenderò in esame la genesi di questo slogan nel suo contesto originario, quello della Russia del 1917.

Il nostro slogan consiste di tre parole: вся власть советам, vsya vlast’ sovetam. “Vsya” = “tutto”, “vlast’ “potere” e “sovetam” = “ai soviet”. La parola russa sovet significa semplicemente “consiglio” (anche nel senso di suggerimento) e, da questo, “consiglio” (nel senso di assemblea). Oramai siamo ben abituati a questo termine russo, poiché evoca tutta una serie di significati specifici derivanti dall’esperienza rivoluzionaria del 1917.

In questa serie di articoli, ricorrerò spesso all’originale russo di una delle parole presenti nello slogan in questione, vlast’ (che d’ora in poi verrà traslitterata senza segnalare il cosiddetto jer molle [Ь] con l’apostrofo). “Potere” non ne dà una traduzione del tutto adeguata; difatti, nel tentativo di coglierne le sfumature, vlast viene spesso tradotto con la locuzione “il potere” (ad esempio da John Reed in I dieci giorni che sconvolsero il mondo). Il russo vlast riguarda un ambito più specifico rispetto al termine “potere”, ovvero quello dell’autorità sovrana di un particolare paese. Perché un soggetto sia ritenuto in possesso del vlast, deve avere il diritto di assumere decisioni definitive, essere dunque in grado di prenderle e vederle eseguite. Il vlast, per essere effettivo, richiede un fermo controllo delle forze armate, un forte senso della legittimità e missione assunte, nonché una base sociale. L’espressione di Max Weber sul “monopolio della violenza legittima” va dritto al cuore della questione. 

sabato 11 maggio 2019

"La teoria critica e Herbert Marcuse" - Antonio Gargano

Da: AccademiaIISF - Antonio Gargano è un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor Orsola Benincasa", Scienze della Formazione. 
Vedi anche: Verso un bilancio del Sessantotto "Herbert Marcuse" - Antonio Gargano

                                   "Per l'emancipazione umana..." 

                                                                        

venerdì 10 maggio 2019

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Da: https://www.facebook.com/groups/39260553162/ - http://www.marx21.it - L'Ernesto Rivista
Domenico Losurdo è stato un filosofo, saggista e storico italiano. - http://domenicolosurdo.blogspot.com/


IMPERIALISMO USA, 
CONTRADDIZIONI INTERIMPERIALISTICHE E 
“IL NEMICO PRINCIPALE DEI POPOLI “. (2004)

1. LA RISCOPERTA DI LENIN 

Si può ancora parlare di «imperialismo »? Qualche tempo fa un libro di grande successo, firmato da due autori che si richiamano al movimento comunista, ne ha decretato la fine. Avrebbero ormai perso senso i confini nazionali e statali e i conflitti tra le grandi potenze e il mondo risulterebbe unificato in un unico Impero. La situazione odierna sarebbe radicalmente diversa rispetto a quella analizzata e affrontata da Lenin. Se non che, nello scrivere il suo saggio sull'imperialismo, il grande rivoluzionario si richiama alla «fondamentale opera inglese sull’imperialismo» di Hobson (Lenin, 1955, vol. XXII, p. 189), apparsa in prima edizione nel 1902. Era ancora fresco il ricordo della spedizione congiunta che due anni prima aveva represso nel sangue la rivolta dei Boxer in Cina. Pur costellata di massacri a danno dei «barbari », l’impresa era stata celebrata dai suoi ideologi e da una larga opinione pubblica in Occidente come la realizzazione del «sogno di politici idealisti, gli Stati Uniti del mondo civilizzato». L’impresa non aveva visto unite tutte le grandi potenze del tempo?

Non è qui tanto importante rilevare che, a breve distanza di tempo, l’abbraccio internazionale del capitale avrebbe ceduto il posto alla carneficina della prima guerra mondiale. Conviene invece concentrarsi sul fatto che la categoria di imperialismo comincia ad affermarsi non in riferimento al conflitto tra le grandi potenze (latente o acuto a seconda delle circostanze e dei rapporti forza), ma per rispondere in primo luogo ad un’esigenza diversa. Se Theodore Roosevelt, nel 1904, celebra le imprese coloniali come operazioni di «polizia internazionale», portate avanti dalla «società civilizzata » nel suo complesso, in quello stesso periodo di tempo a parlare di imperialismo sono coloro che denunciano la realtà della guerra, dei massacri, dell’oppressione nazionale e dello sfruttamento economico cui sono sottoposti i popoli delle colonie e semi-colonie. 


giovedì 9 maggio 2019

“Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala

Da: http://www.gianfrancopala.tk/ - (http://www.contraddizione.it/quiproquo.htm) -  Gianfranco Pala è un economista italiano.
L’OMBRA DI MARX - estratti da “piccolo dizionario marxista” contro l’uso ideologico delle parole - 

                      Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/1306/1206) 


  (valore, classi e pianificazione)

Si sa che Marx – fin dall’inizio dell’analisi del Capitale – ripete tante volte che “produzione delle merci e circolazione delle merci sono fenomeni che appartengono insieme a differentissimi modi di produzione, sia pure in mole e con portata differenti”. Sembra, dunque, inevitabile che una società di produttori associati, la quale voglia iniziare a porre sotto un controllo cosciente e pianificato la produzione stessa non possa fuoriuscire immediatamente da questa forma di merce. Deve, tuttavia, mutarne i caratteri sociali conservandone la base materiale “in quanto forma universalmente necessaria del prodotto” che “si esprime tangibilmente nella produzione su grande scala e nel carattere di massa del prodotto.

Tale carattere può essere conservato – mentre può essere soppressa, insieme alla soppressione della non proprietà del lavoro, l’unilateralità che il capitalismo gli impone – trascendendo così il modo capitalistico stesso di produrre, affinché esso non ripresenti anacronisticamente i caratteri privati (non socializzati) della merce semplice. Si ricordi fin d’ora che la forza-lavoro è l’unica merce che, già nel sistema capitalistico, appare nella sua forma semplice, ovvero non prodotta capitalisticamente, il che dimostra come praticamente possibile l’esistenza immediata di merce semplice con caratteri di massa in antitesi alla forma capitalistica. Dunque, tra i “differentissimi modi di produzione” che presuppongono la merce – ovverosia, lo scambio sul mercato di prodotti del lavoro e forza-lavoro medesima contro denaro – c’è anche, per definizione, la produzione non interamente pianificata della transizione socialista.

Ciò pone tre ordini di problemi: i. la tecnica e la scienza, riducendo il tempo di lavoro vivo socialmente necessario relativamente a quello morto, costituiscono l’oggettivazione che per­mane di contro alla soppressa alienazione delle condizioni materiali del lavoro; ii. la possibile negazione della forma capitalistica della merce ripropone, ma su basi nuove in quanto non solo mediatamente ma immediatamente sociali, quella figura del ciclo della circolazione – vendere per comprare anziché, capitalisticamente, comprare per vendere – che ha al suo inizio e alla sua fine la merce e non il denaro (riconsiderando così il lato “dimenticato” della duplicità della merce, il suo valore d’uso); iii. con il mutamento del carattere storico della merce emerge il mutamento della sua forma valore, fino al significato della sua forma denaro (e del corrispondente prezzo delle merci). 

mercoledì 8 maggio 2019

NATURA, STORIA E LINGUAGGIO. Studi su Marx - Giovanni Sgrò

Da: Giovanni Sgrò, Natura, storia e linguaggio. Studi su Marx, La Città del Sole, Napoli, 2019; br., pp. 142. -
GiovanniSgro  è ricercatore di Storia della filosofia presso la Facoltà di Psicologia dell’Università eCampus di Novedrate (Como) e direttore del Centro di Ricerche Storioss.



Gli studi raccolti nel presente volume ruotano intorno a tre nuclei tematici ben definiti e, come vedremo, strettamente correlati, in quanto sono tutti e tre il risultato della prassi sociale dell’uomo: natura, storia e linguaggio.

Il primo studio è dedicato alla profonda riflessione di Marx sulla relazione e, in particolare, sulla convergenza, compresenza  e complementarietà di natura e storia, che Marx, sulla scorta di Hegel, considera come momenti di una unità dialettica, ovvero come differenze nell’ambito di una unità, in cui si esercita un’azione reciproca.

Il secondo studio offre una ricostruzione della strategia difensiva assunta da Weber e da Marx (ed Engels) nei confronti delle critiche che furono loro rivolte, in particolare in risposta all’accusa di aver offerto una interpretazione spiritualistica  della storia e, più specificamente, una dottrina dell’influsso causale di determinate idee sulla nascita del capitalismo moderno inteso come “forma” economica (Weber) o di aver offerto una interpretazione economicistica della storia, che farebbe derivare ogni evento storico e ogni “epifenomeno sovrastrutturale” dal tipo di economia di volta in volta dominante (Marx ed Engels).

Il terzo studio ricostruisce, invece, le riflessioni di Marx sul linguaggio. Dopo aver delineato i presupposti materiali della storia umana e della nascita del linguaggio, si è proceduto alla definizione del linguaggio come prodotto tipicamente sociale e alla ricostruzione delle critiche che Marx rivolge al carattere astratto e ideologico della terminologia e delle categorie della filosofia e dell’economia borghese. Particolare attenzione è stata dedicata anche al carattere “linguistico” che caratterizza, secondo Marx, il rapporto tra le merci nella relazione di scambio e alla analogia instaurata da Marx tra circolazione di valori-merci e circolazione di segni di valore.Le tre appendici integrano i tre studi principali e ne sviluppano alcuni aspetti.

La prima appendice passa in rassegna i non molti “luoghi” in cui Marx cita la Commedia, al fine di poter fondare e formulare un giudizio sulla sua lettura dell’opera di Dante e, soprattutto, sulla funzione esemplare svolta dall’exul immeritus come modello etico- politico. A partire dalle recenti acquisizioni filologiche della Marx-Forschung, la seconda appendice offre una rivalutazione di Stato e rivoluzione di Lenin alla luce del dibattito italiano degli anni Settanta del Novecento sull’esistenza (o meno) di una concezione marxista dello Stato e presenta anche alcune ipotesi di lavoro per una futura ricerca sulla teoria marxiana dello Stato.La terza appendice offre una sintesi del modo in cui Marx considerava l’Europa negli anni Cinquanta dell’Ottocento, in particolare nel periodo che intercorre tra la fine della Rivoluzione del 1848 e il tramonto delle speranze rivoluzionarie connesse alla prima crisi mondiale di sovrapproduzione del 1857.

Pdf di presentazione: https://www.academia.edu/38553017/Natura_storia_e_linguaggio._Studi_su_Marx_Napoli_Edizioni_La_Citta_del_Sole_2019_141_pp._

martedì 7 maggio 2019

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

Da: http://gnosis.aisi.gov.it (2016) - https://www.sinistrainrete.info - Vladimiro Giacché è un economista italiano.
Vedi anche:  OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO?
                     L’evoluzione delle vie della seta: un mito passato indenne attraverso le globalizzazioni.- Andrea Dugo 



Il progetto di una Nuova Via della Seta, lanciato negli ultimi anni dalla dirigenza cinese, comprende due diverse rotte, una terrestre e l’altra marittima. La prima è indicata nei documenti ufficiali come Silk Road Economic Belt, la seconda come Maritime Silk Road. L’intero progetto è espresso in forma abbreviata come One belt, one road. Esso è stato annunciato per la prima volta dal presidente cinese Xi Jinping in un discorso ad Astana (Kazakhstan) nel 2013, ribadito a Giacarta (Indonesia) nel novembre dello stesso anno e di nuovo ad Astana nel giugno 2014(1).


I precedenti
L’idea non è del tutto nuova: da alcuni è stata posta in continuità con i tentativi di Jiang Zemin di superare le tradizionali dispute sui confini della Cina (1996), nonché con la politica Go West di Hu Jintao2. Ovviamente il precedente storico cui si richiama è molto più illustre e lontano nel tempo: si tratta dell’antica Via della Seta, rotta commerciale che partendo dalla Cina legava Asia, Africa ed Europa. Essa risale al periodo dell’espansione verso Ovest della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), che costruì reti commerciali attraverso gli attuali Paesi dell’Asia Centrale (Kyrgyzstan, Tajikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan e Afghanistan), come pure, in direzione sud, attraverso gli attuali Stati di Pakistan e India. Tali rotte si estesero sino al-l’Europa, facendo dell’Asia centrale l’epicentro di una delle prime ondate di ‘globalizzazione’, connettendo mercati, creando ricchezza e contaminazioni culturali e religiose. L’importanza massima di questa rotta di traffico si ebbe nel primo millennio dopo Cristo, ai tempi degli imperi romano, poi bizantino e della dinastia Tang in Cina (618-907). Furono le Crociate e l’avanzata dei mongoli in Asia centrale a determinare la fine di questo percorso e la sua sostituzione con le rotte marittime, più rapide e a buon mercato3
L’antica Via della Seta evoca tuttora l’idea di uno sviluppo pacifico, di un interscambio commerciale e culturale in grado di determinare progresso per tutte le parti coinvolte. In quanto tale, il riferimento a essa è consapevolmente adoperato dall’attuale dirigenza cinese, anche in termini propagandistici e polemici. Lo dimostra il passo tratto da un opuscolo del governo cinese del 2014: «Come una sorta di miracolo nella storia umana, l’antica Via della Seta potenziò il commercio e gli interscambi culturali nella regione eurasiatica. In epoche antiche, differenti nazionalità, differenti culture e differenti religioni a poco a poco entrarono in comunicazione tra loro e si diffusero lungo la Via della Seta al tintinnio dei campanacci dei cammelli. A quell’epoca, le regioni attraverso cui si snodava la Via della Seta erano relativamente pacifiche, e non conoscevano i problemi di ‘geopolitica’, ‘geo-economia’, ‘minacce militari’, né il problema del terrorismo che oggi attanaglia l’Asia centrale, l’Afghanistan e altri Paesi, per non parlare poi del ‘terrorismo internazionale’»4.