venerdì 31 ottobre 2025

Il concetto di “distruzione creatrice” in Schumpeter: una riformulazione critica - Vadim Bottoni

Da: https://forzalavoro.work - Vadim Bottoni, economista, funzionario amministrativo presso la direzione centrale studi e ricerche dell'Inps e saggista. - Joseph Schumpeter (Třešť, 8 febbraio 1883 – Taconic, 8 gennaio 1950) è stato un economista austriaco, tra i maggiori del XX secolo. 


In una fase di cambiamenti strutturali come quella odierna riteniamo importante proporre degli spunti teorici relativi al pensiero economico che si è concentrato su questo tema. Iniziamo in questo numero con l’idea di “distruzione creatrice” che è una delle nozioni più celebri e controverse sviluppate da Joseph Schumpeter, economista austriaco del XX secolo. Con essa, Schumpeter descrive la dinamica profonda dello sviluppo capitalistico, concependo l’innovazione non come un’evoluzione graduale e pacifica, bensì come un processo per sua natura dirompente, in cui la creazione del nuovo implica la scomparsa del vecchio. Si tratta, in altri termini, di un meccanismo di rottura, in cui ogni innovazione distrugge assetti consolidati, modelli produttivi precedenti, strutture organizzative ormai obsolete. La forza propulsiva di tale trasformazione è l’imprenditore innovatore, figura centrale nel pensiero schumpeteriano, capace di immaginare e realizzare combinazioni economiche inedite.

L’economia, secondo Schumpeter, non cresce per accumulo lineare o per semplice espansione delle attività esistenti. Al contrario, lo sviluppo autentico nasce da discontinuità radicali. Questo tipo di sviluppo, distinto dalla crescita quantitativa, si manifesta attraverso l’introduzione di novità tecnologiche, organizzative o di mercato che alterano profondamente il funzionamento dell’intero sistema economico. L’intuizione fondamentale è che ogni nuova configurazione economica comporta inevitabilmente la soppressione di quella precedente: ciò che emerge prende il posto di ciò che viene superato. È questo il senso profondo della “distruzione creatrice”.

L’impresa dell’innovatore: una figura attiva del cambiamento

Per Schumpeter alla base di questo processo sta la figura dell’imprenditore. Egli non è un semplice gestore di risorse esistenti, ma un agente dotato di capacità visionaria, in grado di rompere la routine e di introdurre elementi di novità. Una certa mitologia dei visionari condottieri delle big tech dovrebbe suonarci come famigliare colonna sonora delle mirabolanti conquiste sfornate nella Silicon Valley in questi ultimi decenni.  Per Schumpeter la sua azione è rischiosa, incerta, ma essenziale. L’innovatore infatti agisce spinto non solo dal calcolo del profitto, ma anche da un impulso creativo, dal desiderio di costruire, di emergere, di plasmare la realtà secondo la propria intuizione. In questo senso, la funzione dell’imprenditore è eminentemente trasformativa: egli è il motore del cambiamento, il catalizzatore dell’evoluzione economica.

giovedì 30 ottobre 2025

La superiorità di Marx su Einstein in campo ontologico. - Daniele Burgio, Massimo Leoni, Vanna Melia e Roberto Sidoli.

Da: La Cina Rossa - 


Discutendo verbalmente con il compagno Francesco riguardo all'Introduzione a Marx e il materialismo dialettico, scritta assieme a Giulio Chinappi, Alberto Lombardo, Martino Marconi e Pietro Terzan, il nostro contradditore ci faceva notare con forza la – reale e indiscutibile – grandiosità del contributo fornito da Albert Einstein in decisivi settori delle scienze naturali, a differenza di Marx. 

L'errore di Francesco consiste nel non considerare che nell'Introduzione in oggetto mettevamo in risalto la supremazia di Marx rispetto ad Einstein nel campo strategico dell'ontologia e della concezione del mondo, ontologia e concezione del mondo collegate strettamente, ma allo stesso tempo distinte e separate, dalle singole scienze naturali, facendo un paragone tra i risultati prodotti rispettivamente da Marx e Einstein in tale importante segmento del processo generale di analisi umana. 

Nell'Introduzione a Marx e il materialismo dialettico abbiamo infatti rilevato a pagina 15 che "ma il materialismo dialettico davvero effettua previsioni realmente verificabili dalla pratica?"
Certo. 

A tale scopo mettiamo subito a confronto Marx ed Einstein, riguardo alle loro rispettive analisi e predizioni sulla natura e sul futuro dell’universo. 

Si è già notato che Marx, nel gennaio del 1873, scrisse che la sua dialettica materialistica concepiva «ogni forma divenuta», quindi anche tutto il cosmo e l’intero universo, «nel fluire del movimento, quindi anche nel suo lato transeunte»: quindi in via di trasformazione, quindi un cosmo in continuo movimento e cambiamento. 

Einstein invece, dal 1916 e per lunghi anni, sostenne la visione di un universo statico, non in espansione. Al fine di dimostrare questa visione, Einstein introdusse, nel febbraio del 1917, la “costante cosmologica” all’interno della sua “equazione di campo”; tale costante era intesa rappresentare una forza contraria alla gravità, che spiegasse quindi come mai la materia non tendesse a ricompattarsi in un tutt’uno in base alle leggi di Newton

mercoledì 29 ottobre 2025

"Genocidio di Gaza: un crimine collettivo" - Francesca Albanese

Da: https://kritica.it -  Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.- Francesca Albanese -

Leggi anche: «Un genocidio redditizio»: Francesca Albanese denuncia il sistema economico dietro la distruzione israeliana di Gaza 


 Quella che segue è la traduzione non ufficiale in italiano, a cura di Kritica, del report della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Francesca Albanese “Genocidio di Gaza: un crimine collettivo”. Il documento ufficiale, pubblicato in inglese il 22 ottobre 2025 in versione preliminare non revisionata, si trova sul sito delle Nazioni Unite a questo link.

Pubblichiamo qui, come introduzione e facilitazione alla lettura, il Sommario, le Conclusioni e le Raccomandazioni, rimandando al documento in PDF integrale di seguito, compreso di note, per leggere il report completo in italiano.

Il Sommario

Il genocidio in corso a Gaza è un crimine collettivo, sostenuto dalla complicità di Stati terzi influenti che hanno permesso violazioni sistematiche e prolungate del diritto internazionale da parte di Israele. Incorniciata da narrazioni coloniali che disumanizzano i palestinesi, questa atrocità trasmessa in diretta streaming è stata facilitata dal sostegno diretto, dall’aiuto materiale, dalla protezione diplomatica e, in alcuni casi, dalla partecipazione attiva degli Stati terzi. Ha messo in luce un divario senza precedenti tra i popoli e i loro governi, tradendo la fiducia su cui si basano la pace e la sicurezza globali. Il mondo si trova ora sul filo del rasoio tra il crollo dello Stato di diritto internazionale e la speranza di un rinnovamento. Il rinnovamento è possibile solo se si affronta la complicità, si assumono le responsabilità e si difende la giustizia.

martedì 28 ottobre 2025

USA, Israele e i paesi arabi rafforzano la collaborazione militare - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.ithttps://www.resistenze.org - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

Donald Trump con l’emiro del Qatar, al Thani 

Il bombardamento contro i mediatori di Hamas in Qatar ha provocato una dura levata di scudi da parte dei paesi arabi che ha costretto Donald Trump a chiedere a Benjamin Netanyahu di scusarsi e di accettare un compromesso – comunque utile a Israele – su Gaza.

I leader del Qatar hanno pronunciato parole durissime: all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre, l’emiro del Qatar ha definito quella israeliana “una guerra genocida condotta contro il popolo palestinese” e ha accusato Israele di essere “uno Stato complice della costruzione di un sistema di apartheid”. Il Ministero degli Esteri saudita ha condannato Israele ad agosto per quella che ha descritto come lo “sterminio per fame” e la “pulizia etnica” dei palestinesi.
Ma, pur condannando pubblicamente i continui massacri nella Striscia, alcuni paesi arabi – Bahrein, Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – hanno intensificato negli ultimi tre anni la cooperazione militare con Israele, arrivando a creare in segreto una struttura per la sicurezza regionale coordinata dalle forze armate degli Stati Uniti.

Lo rivelano alcuni documenti riservati dell’amministrazione americana ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) e pubblicati lo scorso 11 ottobre dal “Washington Post”.

lunedì 27 ottobre 2025

L’UE VUOLE LA TREGUA MA NON LA PACE - Barbara Spinelli

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Barbara Spinelli è una giornalista, saggista e politica italiana. Europarlamentare (2014–2019). - Barbara Spinelli - 


VOLENTEROSI E DISGRAZIATI 

Nonostante l’ennesimo avvertimento di Trump a Zelensky e le parole della Merkel sulla poca volontà europea di cercare la pace, Macron&C. s’intestardiscono nella postura antirussa. 


Se si vuol capire almeno un poco come gli Stati e le istituzioni d’Europa siano arrivati dopo anni di guerra in Ucraina a questo punto – un’incapacità totale di far politica; una ripugnanza diffusa verso chiunque imbocchi la via diplomatica; un’incaponita postura bellica che sfalda già ora lo Stato sociale; un senso storico completamente smarrito – occorre esaminare due eventi rivelatori delle ultime settimane. 

Il primo ha per protagonista Trump, che dopo aver discusso al telefono con Putin il 16 ottobre, ha bocciato l’idea di mandare in Ucraina i micidiali missili Tomahawk, che possono colpire la Russia fino agli Urali, sono in grado di trasportare testate nucleari, e vanno manovrati solo con l’assistenza del Paese egemone nella Nato. Arrivato alla Casa Bianca per ottenere i missili, il 17 ottobre, Zelensky s’è sentito dire, anzi urlare:
“Se Putin vuole, ti distrugge”. Trump ha escluso ogni escalation, in vista dell’imminente suo incontro con Putin. Ma Zelensky si è inalberato e ha chiesto aiuto agli Stati europei detti “volonterosi”. I quali sono accorsi e hanno subito silurato il vertice Trump-Putin, per ora rinviato. Obiettivo dei Volenterosi è un cessate il fuoco lungo la linea del fronte, e solo in seguito una trattativa sul futuro ucraino e sulle garanzie di sicurezza per Kiev. 

domenica 26 ottobre 2025

«CI ASPETTAVAMO DI MORIRE». STORIE DI OSTAGGI PALESTINESI RILASCIATI IL 13 OTTOBRE 2025 - Laviinia Marchetti

Da: Lavinia Marchetti - https://www.academia.edu/144589843/CI_ASPETTAVAMO_DI_MORIRE_STORIE_DI_OSTAGGI_PALESTINESI_RILASCIATI_IL_13_OTTOBRE_2025

Leggi anche: IL VELO E LA BOMBA - Lavinia Marchetti 


Il dossier raccoglie e organizza testimonianze di ex detenuti palestinesi rilasciati il ​​13 ottobre 2025, così come riportate da testate quali +972 Magazine, Reuters, The Guardian, ABC News e Il Fatto Quotidiano. L'obiettivo è duplice: preservare il valore documentale delle narrazioni individuali e discutere la fallacia della memoria traumatica senza sminuirne la portata probatoria quando convergono pattern ricorrenti. Il corpus evidenzia pratiche di deprivazione prolungata, shabeh, percosse, umiliazioni, isolamento, ostacoli all'accesso a cure mediche e sovraffollamento, con effetti cumulativi sulla capacità di ricordare in modo lineare tempi, sequenze e dettagli. L'analisi mette in rilievo come la memoria ferita alterni vuoti e iper-dettagli, ma tenda a convergere su nuclei fattuali condivisi che descrivono un regime detentivo a carattere disumanizzante. Il contributo del lavoro consiste nell'offrire un archivio testimoniale curato, utile a studi giuridici, forensi e psicosociali, e nel proporre criteri di lettura critica della memoria traumatica che tengono insieme debolezza cognitiva e consistenza intersoggettiva delle fonti. 

Dei quasi 2.000 detenuti palestinesi liberati nella prima fase dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, oltre 1.700 provengono dalla Striscia di Gaza. Il 13 ottobre 2025. Dopo essere stati visitati, i detenuti/ostaggi hanno lasciato l’ospedale e hanno percorso le strade in rovina della città, tutti ancora vestiti con le uniformi grigie del carcere che coprivano i loro corpi emaciati. Avevano la testa rasata, la barba lunga, il volto solcato dai segni di settimane, mesi e talvolta anni di sofferenza. - «Dio ci ha riportati dagli abissi della tomba», è stata la frase più ripetuta. 

 Vediamo alcune testimonianze tratte da +972 e altre testate. 

 

HAITHAM MOEIN SALEM, 43 anni, residente a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Era stato arrestato dall’esercito israeliano poco più di un anno prima, durante un’incursione a Gaza City. Il 10 settembre, un mese prima della sua liberazione, un attacco aereo israeliano ha colpito la tenda della sua famiglia nella cosiddetta “zona sicura” di Al-Mawasi, vicino a Khan Younis, uccidendo sua moglie e i tre figli: Iman, Layan e Baraa. Lui credeva che lo stessero aspettando per il ritorno a casa. «Nessuno mi ha informato che la mia famiglia era stata colpita». «L’esercito israeliano era solito recapitare brutte notizie da Gaza, soprattutto quando le nostre famiglie venivano attaccate o uccise». Quando ha sentito la notizia, è crollato ed i paramedici hanno dovuto trasportarlo in sedia a rotelle. Per oltre un mese aveva preparato un piccolo dono per la figlia Layan, intagliandolo con noccioli d’oliva raccolti da terra. Lo ha tenuto in tasca per tutto il tempo, conservandolo per quello che sarebbe stato il suo nono compleanno, il 18 ottobre. «Ho iniziato a contare i giorni [in prigione], sperando di uscire in tempo per festeggiare il suo compleanno», ha ricordato. «Ma oggi, a soli cinque giorni da quella data, ho saputo che era stata martirizzata». [...]  

sabato 25 ottobre 2025

La BOLLA sta per esplodere. Meloni impone agli italiani di metterci tutti i loro risparmi - Alessandro Volpi

Da: OttolinaTV - Alessandro Volpi docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. - Alessandro Volpi

"Come si "militarizza" il risparmio. Haneft è una società specializzata nella produzione di Etf, strumenti finanziari che replicano indici o titoli sottostanti. Di recente, in seguito al riarmo europeo, alla maggior spesa per la Nato, al moltiplicarsi di tensioni belliche, ha concepito due Etf relativi al settore della "difesa", il primo dei quali replica i titoli delle società che beneficeranno degli acquisti di armi dalla Nato mentre il secondo è relativo ad un indice che contiene società di produzione di armi. Il dato singolare è che questi due Etf hanno ricevuto l'etichetta Esg e sono stati così ambientalmente e socialmente "sostenibili". Ciò significa che possono rientrare tra gli impieghi dei fondi pensione degli italiani e delle italiane. Ad oggi hanno già raccolto quasi 5 miliardi di euro. In sintesi, la finanza si militarizza e vende i suoi prodotti a chi si vuole fare una pensione perché lo Stato non gliela garantisce più." (21/10/2025)

"Dove vanno i soldi dei fondi pensione italiani. Secondo i dati dell'autorità di vigilanza (Covip) a fine 2024 i risparmi gestiti dai fondi pensione italiani erano pari a 243 miliardi di euro e per oltre il 50% si indirizzano verso azioni e obbligazioni estere. I titoli azionari maggiormente presenti nei portafogli dei fondi pensione italiani sono in ordine di valore: Microsoft, Apple, Alphabet (Google), Amazon e Nvidia. In pratica i fondi pensione italiani dipendono dall'andamento delle grandi società americane. Forse così è più chiara l'enorme subalternità italiana dagli Stati Uniti." (24/10/2025)

                                                                              

Vedi anche: Meloni, Confindustria e Maria Latella rifilano agli italiani LA FREGATURA DEL SECOLO - A Volpi (https://www.youtube.com/watch?v=tH1p2arPUfk)

venerdì 24 ottobre 2025

Il fascismo e gli italiani - Ennio Flaiano

Da: ENNIO FLAIANO, Don't Forget, 1976 (Scritti postumi, Milano, Bompiani 1998). - Ennio Flaiano è stato uno sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo italiano. Specializzato in elzeviri, Flaiano scrisse per Oggi, Il Mondo, il Corriere della Sera e altre testate. 

Leggi anche: Fascismo. Misurare la parola. - Palmiro Togliatti  

Ur-Fascismo, il fascismo perenne* - Umberto Eco  

FASCISMO* - Errico Malatesta  

Fascismo o neofascismo - Alessandra Ciattini   

Il revisionismo storico*- Luciano Canfora

Dov’è il fascismo oggi? Processi di concentrazione neoliberale del potere, stato d’eccezione e ricolonizzazione del mondo - Stefano G. Azzarà

Vedi anche: Chi ha riabilitato il fascismo? - LUCIANO CANFORA  

Luciano Canfora presenta "Il fascismo non è mai morto"

"Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il Fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di culture, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli 'altri' le cause della sua impotenza o sconfitta.

Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell'arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d'altronde non rispetta lui.

Non ama l'amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l'ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre."

giovedì 23 ottobre 2025

L’Europa che vuole la guerra - Antonio Minaldi

Da: https://www.pressenza.com - Antonio Minaldi, militante nei movimenti fin dal 68. Esponente del movimento studentesco del 77 e fra i fondatori dei COBAS SCUOLA nell'87. Si occupa di attualità politica e di studi di filosofia collaborando con varie riviste. 

Leggi anche: Bolletta energetica alle stelle… e se la guerra non c’entrasse (quasi) niente? - Antonio Minaldi  

PER UNA SPERANZA DI FUTURO - Antonio Minaldi 

Un fantasma si aggira per l’Europa, ma non ha nulla a che fare con un possibile “mondo nuovo” quanto piuttosto con una pratica vecchia, anzi vecchissima come il mondo. È il fantasma della GUERRA (a lettere cubitali per sottolinearne l’orrore) che tutte le classi dirigenti europee agitano come l’inevitabile quotidianità che ci aspetta.

Per capire cosa sta avvenendo nel vecchio continente l’Italia non è un buon punto di osservazione. Certo il nostro sciagurato governo non si tira indietro: aumento delle spese militari, rafforzamento dei legami (di subordinazione) con la NATO, continua propaganda militarista con allerta sui pericoli di guerra. Ma più di tanto non si può, visto che la gente comune appare restia a farsi coinvolgere, come avviene d’altra parte nell’intera area mediterranea. Altrove le cose stanno diversamente.

Alcuni esempi per capirci. I paesi baltici (a parte il vertiginoso aumento delle spese militari che coinvolge tutto il continente) hanno avviato la Baltic Defence Line che prevede una linea difensiva comune lungo il confine con la Russia, con centinaia di bunker. La Lettonia ha reintrodotto il servizio militare obbligatorio. Tutti i paesi stanno potenziando l’organizzazione dei riservisti. Programmi di educazione di massa sono stati avviati per organizzare la resistenza civile in caso di guerra. 

mercoledì 22 ottobre 2025

Viaggiare è capire, anche nel Socialismo - Nicolò Monti

Da: Nicolò Monti - Nicolò Monti - Nicolo-Monti già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI).
Leggi anche: “C’era una volta l’URSS. Storia di un amore”, un libro per capire la Russia di ieri e di oggi - Nicola Pozzati intervista Laura Salmon  
Vedi anche: Da Yeltsin a Putin. Decadenza, umiliazione e riscatto: il lento ritorno all’identità - Laura Salmon, Pietro Angelini 

Affermare che l’Unione Sovietica e tutte le esperienze socialiste nell’Europa dell’Est siano state unicamente un “incubo” di “dittature senza scrupoli” senza alcun beneficio o aspetti positivi, è pura propaganda condita da malafede. Affermare altresì che siano state un paradiso senza difetti e problemi, è altrettanto problematico, in un certo senso anche più grave, e denota una incapacità di essere lucidi e analitici. Un aspetto su tutti che ha determinato, tra le tante concause, la caduta del socialismo reale e anche la velocità con cui accadde, è senza dubbio l’impossibilità per i cittadini di viaggiare liberamente.

In tutti i paesi socialisti, soprattutto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della Guerra Fredda, la possibilità per i cittadini di viaggiare era fortemente limitata, soprattutto verso l’estero, in particolare verso l’occidente. Ottenere il permesso di espatrio verso un paese esterno non socialista era un’impresa di non poco conto e la maggior parte delle concessioni erano per motivi lavorativi o istituzionali, quasi mai per turismo. Sarebbe quantomeno puerile definire questi limiti come risultato della “malvagità” dei governi socialisti, anche se è stato fatto e senza ironia (sic!). 

Eppure i motivi di tale politica sugli espatri ha basi reali, seppur molto problematiche e dettate da logiche con i paraocchi. L’Unione Sovietica, come tutto il Patto di Varsavia, durante la Guerra Fredda venne investita da una paranoia sullo scontro diretto con gli Stati Uniti che ne influenzò alcune politiche interne. Se aggiungiamo a questa paranoia la paura che l’Unione Sovietica aveva di subire umiliazioni di qualsiasi tipo, la ricetta del peccato è completa. Ogni limite imposto al viaggiare era quindi determinato dal terrore che il nemico potesse indottrinare i cittadini. 

Come la storia ha dimostrato, questo tipo di misure, soprattutto se adottate per lunghi periodi di tempo, che le rende ancor più incomprensibili e odiose agli occhi delle persone, hanno sempre avuto effetti estremamente negativi. Su tutti l’effetto più immediato che nacque da tale politica fu l’utilizzo da parte dell’occidente in ottica propagandistica antisovietica e anticomunista. Gli USA soprattutto utilizzarono le limitazioni di viaggio ad Est per dichiararsi “superiori”, in quanto da loro queste limitazioni non esistevano. Almeno formalmente. 

Essendo propaganda non considerava minimamente il fatto che sebbene non fosse limitato da alcuna legge, il diritto a viaggiare in occidente per la gran parte della popolazione (ancora oggi) era un diritto formale e non sostanziale, se non con sacrifici economici non di poca importanza. Se oggi, con le compagnie low cost, per moltissimi rimane comunque difficile viaggiare, figuriamoci ai tempi della Guerra Fredda dove prendere l’aereo era un vero e proprio lusso. Nonostante questa realtà insindacabile, ad Est vedere questo confronto idealmente impietoso comportò un certo livello di risentimento e rabbia. 

martedì 21 ottobre 2025

“Non è la nostra guerra”. John Reed, reporter della rivoluzione contro la guerra - Maurizio Acerbo

Da: https://www.kulturjam.it - Maurizio Acerbo Segretario nazionale di Rifondazione Comunista- Sinistra Europea. Attivista, agitatore culturale. Comunista democratico, libertario e ambientalista. Marxista psichedelicoMaurizio Acerbo

Leggi anche: I dieci giorni che sconvolsero il mondo. - John Reed (1919)  

Come funziona il Soviet*- John Reed 


L’autore de “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, John Reed, un cronista prestato alla rivoluzione dalla biografia incredibile. “Un uomo che sapeva vedere e ascoltare”, disse di lui Trockij


John Reed, reporter della rivoluzione contro la guerra*

“I lavoratori fanno bene a capire che il nemico non è la Germania né il Giappone; il vero nemico è quel 2% degli Stati Uniti che detiene il 60% della ricchezza nazionale, quella banda di “patrioti” senza scrupoli che li ha già derubati di tutto quello che possedevano e che ora progetta di farne dei soldati che custodiscano il loro bottino. Noi diciamo ai lavoratori di prepararsi a difendersi contro questo nemico”. Lo scriveva il giornalista John Reed nel 1916.

Nel 1917 Reed scrive su The Masses un articolo contro l’ingresso degli USA nel conflitto: 

“Di chi è questa guerra? Non mia. So che centinaia di migliaia di lavoratori americani impiegati dai nostri grandi “patrioti” finanziari non ricevono un salario di sussistenza. Ho visto poveri uomini mandati in prigione per lunghi periodi senza processo, e anche senza alcuna accusa. Scioperanti pacifici, con le loro mogli e figli, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco, bruciati a morte, da investigatori privati ​​e miliziani. I ricchi sono diventati sempre più ricchi, e il costo della vita è più alto, e i lavoratori proporzionalmente più poveri. Questi lavoratori non vogliono la guerra, nemmeno la guerra civile. Ma gli speculatori, i datori di lavoro, la plutocrazia, lo vogliono, proprio come hanno fatto in Germania e in Inghilterra; e con bugie e sofismi susciteranno il nostro sangue finché non saremo selvaggi, e poi combatteremo e moriremo per loro. (…) Non è la nostra guerra”.

Sarebbe morto di tifo in Russia tre anni dopo il 17 ottobre 1920 a soli 33 anni. 

lunedì 20 ottobre 2025

La vera linea rossa di Mosca - Jacques Baud

Da: Da: https://www.ilcontesto.netIl Contesto | Analisi economica e geopolitica - Jacques Baud, saggista ed ex colonnello dell’intelligence svizzera specializzato in questioni russe ed europee, con impieghi presso la Nato e le Nazioni Unite.

Nei giorni scorsi, mentre centinaia di generali e ammiragli statunitensi si recavano a Quantico dietro convocazione del segretario alla Guerra Hegseth, il «Wall Street Journal» riportava che, stando alle confidenze rese da fonti interne al governo di Washington confermate anche da «Reuters», «gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina informazioni di intelligence per attacchi missilistici a lungo raggio sulle infrastrutture energetiche russe». Il tutto mentre il presidente Trump dichiara di aver preso una decisione riguardo alla fornitura a Kiev dei missili di precisione a lungo raggio Tomahawk, ma di voler conoscere i piani ucraini prima di autorizzarne il trasferimento. Vanno inoltre intensificandosi gli attacchi aerei e missilistici russi, che evidenziano un calo della capacità di opporre resistenza da parte dell’Ucraina. Le cui forze armate, in compenso, colpiscono raffinerie e centri di stoccaggio di idrocarburi in territorio russo, avvalorando le rivelazioni formulate da Seymour Hersh secondo cui l’amministrazione Trump reputerebbe la Russia vulnerabile in un’ottica di medio-lungo periodo se venissero prese di mira con sistematicità proprio le sue infrastrutture energetiche. Ne parliamo assieme a Jacques Baud, saggista ed ex colonnello dell’intelligence svizzera specializzato in questioni russe ed europee, con impieghi presso la Nato e le Nazioni Unite.

(Parte I)

                                                                            

domenica 19 ottobre 2025

IL FONDAMENTALISMO EVANGELICO AMERICANO: DALLE ORIGINI AL SECONDO DOPOGUERRA - Edmondo Lupieri (Primo incontro)

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Edmondo Lupieri è un teologo, biblista e docente italiano, specialista del Nuovo Testamento. 

FONDAMENTALISMI RELIGIOSI - Il caso cristiano 
In Europa così come negli Gli Stati Uniti di Trump, la cosiddetta Destra religiosa, a partire da argomentazioni bibliche di tipo fondamentalista, minaccia la laicità degli Stati, il pluralismo e una serie di conquiste sul piano dei diritti civili. E l'Italia? In che misura è investita da queste correnti ideologiche e dai partiti o movimenti che se ne fanno interpreti? A che punto è la Gran Bretagna della Brexit e di Nigel Farage? E la Russia di Putin? L'Ungheria di Orbán? 
In questo ciclo di cinque incontri ci proponiamo di esaminare più in dettaglio il fondamentalismo cristiano nelle sue varie espressioni evangeliche, cattoliche e ortodosse, negli Stati Uniti e in Europa, con uno sguardo particolare all'Italia. 
Organizzato da 
Casa della Cultura, Centro Culturale Protestante 
Centro Studi Educativi, FRM 
primo incontro - Edmondo Lupieri
IL FONDAMENTALISMO EVANGELICO AMERICANO: DALLE ORIGINI AL SECONDO DOPOGUERRA 

                                                                         

Programma

Martedì 30 settembre 2025 alle ore 18
Edmondo Lupieri:
IL FONDAMENTALISMO CRISTIANO DALLE ORIGINI EVANGELICO-STATUNITENSI FINO AL SECONDO DOPOGUERRA

Martedì 14 ottobre 2025 alle ore 18
Paolo Naso:
IL FONDAMENTALISMO PROTESTANTE AMERICANO: DAI TELEPREDICATORI A DONALD TRUMP

Martedì 28 ottobre 2025 alle ore 18
Massimo Fagioli e Daniela Saresella:
IL FONDAMENTALISMO CATTOLICO

Martedì 18 novembre 2025 alle ore 18
Adriano Roccucci:
IL FONDAMENTALISMO ORTODOSSO RUSSO

Martedì 25 novembre 2025 alle ore 18
Daniele Menozzi:
IL TRADIZIONALISMO CATTOLICO ITALIANO

sabato 18 ottobre 2025

Il teatro, la cultura ebraica e i crimini di israele - Moni Ovadia

Da: altro/ep.15 - Moni Ovadia, Salomone Ovadia detto Moni, è un attore, cantante e scrittore italiano di origine bulgara. (moniovadia)


Attore, cantante e uomo di teatro, è uno dei più raffinati studiosi e interpreti della cultura ebraica in Italia. Fortemente contrario al sionismo e allo stato di Israele, ha sempre unito la sua attività artistica all'impegno politico e civile a difesa degli ultimi, prendendo negli ultimi anni posizioni che gli sono costate l'accusa di antisemitismo e di putinismo. "Netanyahu è un genocida: anche se uno è ebreo e l'altro è tedesco, i genocidi si assomigliano. I sionisti sono idolatri, la loro è idolatria della terra: hanno scambiato la terra promessa per una promessa di terra".


                                                                            

venerdì 17 ottobre 2025

IL RIARMO ITALIANO IMPATTERÀ SULLA SPESA SOCIALE E SANITARIA E SUI SALARI PUBBLICI - Domenico Moro

 Da: http://www.laboratorio-21.it - Domenico Moro è ricercatore presso l’Istat, dove si occupa di indagini economiche strutturali sulle imprese. Ha lavorato nel settore commerciale di uno dei maggiori gruppi multinazionali mondiali ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. 

Leggi anche. La categoria di imperialismo è ancora attuale e quali sono i paesi imperialisti? - Domenico Moro  

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro


Quando i paesi della Nato accettarono il diktat trumpiano di aumento della spesa militare dal 2% al 5% sul Pil e la Ue di conseguenza varò il piano Rearm Europe – Readiness 2030, Giorgia Meloni promise che gli aumenti della spesa militare non sarebbero stati compensati con la diminuzione di altre voci di spesa. La verità, però, è che la determinazione del governo italiano a perseguire gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito pubblico, previsti dai trattati europei, non consente di mantenere quella promessa.

La conferma di questa situazione viene dalla recente audizione sul Documento programmatico di finanza pubblica 2025, davanti alla Commissioni Bilancio riunite della Camera e del Senato, di Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), e di Andrea Brandolini, capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia.

giovedì 16 ottobre 2025

Trump e l’idea della guerra come valore - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.org - https://www.lantidiplomatico.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 


nella foto: a sinistra il vicepresidente JD Vance, Trump e il segretario della Guerra, Pete Hegseth – The White House, Public domain, via Wikimedia Commons 



Le inquietanti dichiarazioni fatte dal presidente Usa e dal segretario Pete Hegseth a Quantico ripropongono una pericolosissima concezione della guerra, che nel corso di secoli il diritto internazionale aveva tentato di superare. Inoltre, ancora una volta presentano come invincibili le forze militari Usa, quasi assimilate ai protagonisti delle pellicole commerciali hollywoodiane, nonostante la stessa intelligence riconosca la loro inferiorità in vari campi.


È oggi assai difficile comprendere se tutta l’aggressività presente nei discorsi di Trump, definito da qualcuno “il buffone apocalittico”, o di Pete Hegseth, ora segretario del meno ipocrita Dipartimento della guerra, sia solo frutto di un bluff o se riveli una qualche folle concretezza o consistenza. Certamente si vuole impressionare e terrorizzare con metodi diversi da quelli dei cerimoniali nazisti costellati da lugubri svastiche su fondo rosso, con le coreografie elaborate dall’architetto Albert Speer; metodi che sono la volgare secrezione della rozza cultura di massa televisiva e cinematografica di matrice statunitense. Certamente si vuole convincere il pubblico con un pugno allo stomaco che gli Usa sono sempre forti, battendo i piedi e strepitando, come fanno i bambini quando non vengono presi in considerazione. Probabilmente uno psicoanalista direbbe che tutta la retorica bellicista, strombazzata nella mega riunione di generali e ammiragli a Quantico (Virginia), serve anche a persuadere gli stessi parlanti che sono invincibili, pur essi costatando contraddittoriamente nello stesso tempo che il loro esercito è in decadenza, che bisogna far rinascere lo spirito guerriero, che evidentemente è scemato, anche se non per colpa loro.

mercoledì 15 ottobre 2025

Lotta di classe identitaria e non identitaria - John Holloway

Da: https://comune-info.net - Pubblicato sul numero 4/2025 della Revista Critica anticapitalista di Comunizar, sorella di Comune. - John Holloway è un sociologo, filosofo, giurista, saggista ed accademico irlandese, di orientamento marxista operaista, i cui lavori sono strettamente associati al movimento neo-zapatista in Messico, dove risiede stabilmente dal 1991 (john holloway). 


Negli ultimi trent’anni stanno emergendo nuove lotte contro il capitale. Si focalizzano spesso sul come e non tanto “contro chi” e lasciano da parte il concetto di lotta di classe. Il rifiuto del dominio del lavoro sulla vita è parte importante in questo ripensamento. “Da un lato c’è una lotta reale e costante per intensificare o diminuire lo sfruttamento. È la lotta sindacalista… – scrive John Holloway – È una lotta di classe, ma identitaria, rinchiusa nella logica del sistema, è la lotta di una classe contro un’altra. Implica un processo di identificazione… Questa lotta trabocca continuamente in espressioni di lotta che mettono in discussione o rifiutano il lavoro astratto stesso… Sono lotte per un’altra determinazione dell’attività umana, per un altro tempo, per la vita contro la catastrofe capitalista…” (comune-info

Perché insistiamo sull’importanza della lotta di classe? La risposta non è ovvia. Sarebbe stata ovvia cinquant’anni fa. Qualsiasi movimento anticapitalista parlava in termini di lotta di classe. Ma non è il caso ora. Molti movimenti di resistenza e ribellione preferiscono non parlare di lotta di classe, o perché sentono che li collega con una tradizione che rifiutano o perché non sembra rilevante per le lotte attuali. La classe operaia (intesa per il momento come gruppo di persone) non è più organizzata come prima e non svolge lo stesso ruolo nei conflitti visibili della società.

Allora, perché parliamo di lotta di classe e cosa intendiamo con questo? In primo luogo, il concetto di lotta di classe pone l’antagonismo sociale al centro della comprensione della società. Questa società è, prima di tutto, una società antagonista. Non è semplicemente una società di dominio, perché il dominio significa resistenza, antagonismo, lotta.

martedì 14 ottobre 2025

Cuba e Harlem - Nicolò Monti

Da: Nicolò Monti (Post del 3/10/2024) - Nicolò Monti - Nicolo-Monti già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI). 

Leggi anche: https://giuliochinappi.com/2020/09/26/fidel-castro-il-discorso-piu-lungo-nella-storia-dellonu-26-settembre-1960/


Era il Settembre del 1960, 9 mesi prima Fidel Castro entrava a L’Avana e portava la Rivoluzione a Cuba. Gli Stati Uniti fin da subito con Eisenhower si posero in netto contrasto, d’altronde Cuba per gli statunitensi era un’isola casinò, dove potevano fare ciò che volevano. Una vera e propria colonia. Non c’era ancora il Bloqueo, che sarebbe arrivato con Kennedy, ma il clima era di piena ostilità. Quando Fidel Castro con la sua delegazione raggiunse New York per partecipare all’assemblea ONU, che quell’anno verteva proprio sulla decolonizzazione, l’ostilità divenne realtà. 

Nessun albergatore della città voleva ospitare la delegazione cubana. Anche dopo l’intervento del Segretario Generale dell’ONU l’albergo che doveva ospitare la delegazione chiese in cambio una cauzione altissima. Fidel, furioso, promise di accamparsi con tutta la delegazione a Central Park. “Siamo gente di montagna, siamo abituati a dormire all’aria aperta” disse. Quando i cubani stavano realmente per andare nel cuore di Manhattan, arriva la proposta di Malcom X, il leader socialista nero rivoluzionario, di ospitare tutta la delegazione nel quartiere simbolo della comunità nera di New York. 

L’alloggio proposto era l’Hotel Theresa, nel cuore del quartiere. Nessun bianco aveva mai soggiornato nell’hotel, fino a quel momento. Fidel Castro non ci pensò due volte e accettò con entusiasmo la proposta di Malcom X. L’occasione di dare risalto alla nuova Cuba rivoluzionaria antirazzista e confrontare la rivoluzione con il segregazionismo statunitense era gigantesca. Fidel e Malcom si incontrarono la sera dell’arrivo della delegazione. Parlarono per ore della Rivoluzione, della lotta della comunità nera statunitense, del sostegno ai movimenti anticoloniali nel terzo mondo e di Patrice Lumumba. 

Per tutta la durata della permanenza della delegazione cubana, migliaia di persone di Harlem si sono radunate davanti l’Hotel Theresa per salutare Fidel e i rivoluzionari cubani. In quei giorni molti leader mondiali anticolonialisti e antimperialisti hanno raggiunto Harlem, confrontandosi direttamente con la popolazione. Tra di loro anche Nikita Kruscev. È considerato uno degli eventi più importanti della storia di Harlem, che in quei giorni divenne il centro del mondo. Un quartiere che in quegli anni era un vero e proprio ghetto, massacrato dalle leggi razziste statunitensi. Da quel giorno Harlem e Cuba sono indissolubilmente legate. 

lunedì 13 ottobre 2025

Ripartire dalla Flotilla per costruire un’Europa di pace e un’alternativa politica - Marcello Mustè

Da: https://www.strisciarossa.it - Marcello Mustè, Università di Roma Sapienza (Filosofia teoretica), è uno storico della filosofia e filosofo italiano. Marcello Mustè

Leggi anche: Da Labriola a Gramsci, quel marxismo che ha saputo essere originale. - Marcello Mustè  



Foto Marco Di Gianvito/ZUMA Press Wire/Shutterstock 

“Blocchiamo tutto”. È uno slogan ragionevole e pieno di significato. Solo pochi anni fa il mondo si è fermato per il diffondersi di una malattia globale, il Covid-19, che ha costretto la gran parte degli Stati ad assumere misure restrittive e la comunità scientifica a cercare e trovare, in tempi rapidissimi, rimedi efficaci per salvaguardare la vita e la salute degli uomini. Oggi è esploso un altro virus, di origine e natura diversa, ma più pericoloso e distruttivo dell’altro. Questo virus consiste nel ritorno generalizzato della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, con i programmi di riarmo e di creazione di nuovi e più micidiali ordigni nucleari che inevitabilmente ne seguono. Questa è la malattia che si sta propagando nel nostro tempo.

Il sintomo principale di questa patologia è lo svuotamento sistematico e programmatico degli organismi internazionali, a cominciare dall’Onu, come si è visto in maniera esemplare lo scorso 18 settembre, con l’abuso del potere di veto da parte degli Stati Uniti (l’ennesimo, cioè il sesto in meno di due anni) nel Consiglio di sicurezza sulla possibilità di un cessate il fuoco nella striscia di Gaza. Al disegno di eliminare l’efficacia degli istituti di regolazione internazionale (quelli vòlti alla pace e alla sicurezza, come le Nazioni Unite, e quelli economici), corrisponde il vuoto di egemonia delle “grandi potenze” e, in modo particolare, il declino dell’America, ormai incapace di governare i conflitti globali e regionali nel senso di una pur minima stabilità.

domenica 12 ottobre 2025

Il testo integrale dell’accordo firmato da Israele e Hamas per “porre fine alla guerra” a Gaza - Middle East Eye

Da: https://contropiano.org - Middle East Eye -

Middle East Eye ha ottenuto una copia dell’accordo firmato da Israele, Hamas e dai mediatori in Egitto per porre fine al genocidio di Gaza.

Il documento, che include le firme di diversi mediatori, tra cui l’inviato degli Stati Uniti Steve Witkoff, è intitolato “Passi di attuazione per la proposta del presidente Trump per una ‘fine completa della guerra di Gaza’”.

Descrive in dettaglio sei fasi dell’accordo, a partire dall’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che la guerra a Gaza è finita e che “le parti hanno concordato di attuare i passi necessari a tal fine”.

Il secondo passo afferma che “la guerra finirà immediatamente con l’approvazione del governo israeliano”. Il governo israeliano ha approvato giovedì la prima fase dell’accordo.

Il terzo passo richiede “l’inizio immediato del pieno ingresso di aiuti umanitari e soccorsi” nella Striscia di Gaza, mentre il quarto passo dice che l’esercito israeliano [IDF] “si ritirerà secondo le linee concordate secondo la mappa X allegata al presente documento, e questo sarà completato dopo l’annuncio del presidente Trump ed entro 24 ore dall’approvazione del governo israeliano.

“L’IDF non tornerà nelle aree da cui si è ritirato, fino a quando Hamas attuerà pienamente l’accordo”.

Nella quinta fase, che avrà luogo “entro 72 ore dal ritiro delle forze israeliane, tutti gli ostaggi israeliani, vivi e deceduti, detenuti a Gaza saranno rilasciati”.

Mentre la dichiarazione che tutti i prigionieri vivi e morti saranno rilasciati durante questo arco di 72 ore, una delle sottoclausole del quinto passo richiede “l’istituzione di un meccanismo di condivisione delle informazioni… su eventuali ostaggi deceduti che non sono stati recuperati entro le 72 ore o sui resti degli abitanti di Gaza detenuti da Israele.

“Il meccanismo deve garantire che i resti di tutti gli ostaggi siano riesumati e rilasciati in modo completo e sicuro. Hamas eserciterà il massimo sforzo per garantire l’adempimento di questi impegni il prima possibile”, aggiunge.

La sottoclausola successiva afferma che “man mano che Hamas rilascia tutti gli ostaggi, Israele rilascerà in parallelo il numero corrispondente di prigionieri palestinesi secondo le liste allegate”, seguita da un’altra sottoclausola che dichiara che “lo scambio di ostaggi e prigionieri avverrà secondo il meccanismo concordato attraverso i mediatori e attraverso il CICR senza alcuna cerimonia pubblica o copertura mediatica”.

L’ultimo passo elencato dice che “sarà formata una task force di rappresentanti di Stati Uniti, Qatar, Egitto, Turchia e altri paesi che sarà concordata dalle parti, per seguire l’attuazione con le due parti e coordinarsi con loro”.

Ecco il documento integrale:

sabato 11 ottobre 2025

La nuova governance mondiale parte dalla Cina - Michela Arricale

Da: Tracce Di Classe - Michela  Arricale avvocata di lotta dal 2012, esercita la libera professione in difesa dei diritti umani.
Ascolta anche Yesterday's Papers: La Flottilla sfida Israele, l'Italia trema di Michela Arricale https://grad-news.blogspot.com/2025/09/yesterdays-papers-la-flottilla-sfida.html


                                                                         

venerdì 10 ottobre 2025

Il Genocidio è fallito e Netanyahu ha perso - Raniero La Valle

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it/.../il.../8154129 - Raniero La Valle - Raniero La Valle è un giornalista, politico e intellettuale italiano. 

Leggi anche: CONSIDERAZIONI SULL’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO - Alfredo Facchini - https://www.facebook.com/alfredo.facchini/posts 

ERA PREBELLICA? ALL'ARMI SIAM POLACCHI - Raniero La Valle 

Fino all’ultimo i ciecosionisti (li chiamiamo così perché il sionismo è una cosa più seria e anche più umana di quello che si è manifestato a Gaza) hanno mantenuto il punto che in questo caso non si sia trattato di un genocidio. Ancora domenica alla trasmissione In onda lo ha sostenuto Francesco Giubilei abusando della sofferenza di Liliana Segre, che nell’agosto scorso si era detta “straziata” per l’“abominio” in cui vedeva Israele “sprofondare”, ma si era opposta all’uso di questa parola per aiutare israeliani e palestinesi a non cadere “in quell’abisso”; per reazione a questo abuso, Francesca Albanese si è alzata ed è uscita dallo studio televisivo. 

È dunque opportuno giungere a una conclusione di questa altissima controversia, che non si può liquidare col qualunquistico argomento che non sarebbe importante dare un nome alle cose; e la domanda più pertinente, ora che, se tutto va come sembra promettere, c’è un arresto in questa corsa verso l’abisso, chiedersi come è andata a finire a Gaza. 

“Finire” è il termine sempre usato da Netanyahu per dire che non si sarebbe fermato per nessun motivo (neanche quello di non sacrificare gli ostaggi) prima di “finire il lavoro”. E ora invece deve fermarsi prima che “il lavoro” sia finito. Magari strapperà qualche brandello dei suoi obiettivi, ma non ciò che voleva. Dunque per lui è una micidiale sconfitta, perché per effetto del- l’ordine di Trump l’abominio da lui provocato diventa inutile, e il suo costo, per lui, per Israele e per lo stesso popolo ebraico, si rivela esorbitante. 

A questo punto, più che chiedersi se il genocidio c’è stato o no, è importante chiedersi come è andato a finire, cioè se è riuscito o no. Nella definizione di genocidio, formalizzata dal diritto positivo, ovvero dalla vigente Convenzione sul genocidio, ratificata da 153 Stati, si dà genocidio a due condizioni: che si distrugga in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale; e che lo si faccia avendo “l’intenzione” di distruggerlo. 

Ebbene, quello che è accaduto a Gaza è che Netanyahu e il governo di Israele hanno effettivamente distrutto la popolazione di Gaza. “In parte” uccidendola, “in tutto” riducendo essa e la sua terra a un “non essere”. Ma sono stati battuti nell’intenzione di farla finita con la “questione palestinese”, cioè di distruggere il popolo palestinese “come tale”, ossia nella sua esistenza politica come popolo, sia che ciò voglia dire uno “Stato palestinese”, sia che, essendo questo Stato reso impossibile e per sempre escluso da Netanyahu, voglia dire una esistenza statuale con pieni diritti in uno Stato multinazionale democratico e pluralista. 

Perciò Netanyahu e la versione teocratica del “messianismo realizzato” sono stati sconfitti, mentre il popolo palestinese può di nuovo contare di vivere e di potere, sia pure con ulteriori patimenti e lotte, realizzare le sue speranze e acquisire i suoi diritti. 

E chi ha vinto? Secondo la cronaca, ha vinto Trump dettando la sua legge a Israele e minacciando i palestinesi. Ma, secondo la grande storia, hanno vinto la Flotilla, quanti si sono idealmente domiciliati a Gaza, a cominciare da Papa Francesco che lo faceva ogni sera abbracciandone per telefono il parroco, hanno vinto le folle che sono insorte in tutto il mondo per difendere la causa dei palestinesi e dell’umanità, hanno vinto i tre milioni di giovani e meno giovani che in Italia, in cento città, si sono “alzati dai divani” e “hanno gettato il corpo nella lotta”, come ha scritto Simonetta Sciandivasci l’altro giorno sulla Stampa. 

Ma si è rivista anche l’America che ci era consueta, che non poteva perdersi nel mostrare di sposare l’intenzione di distruggere “in tutto” un popolo negato e oppresso, lei che pretende di essere la luce dei popoli e il modello normativo della democrazia e dell’umanesimo universale. 

Per tutto questo, il genocidio non è riuscito.