Da: https://www.kulturjam.it - Maurizio Acerbo Segretario nazionale di Rifondazione Comunista- Sinistra Europea. Attivista, agitatore culturale. Comunista democratico, libertario e ambientalista. Marxista psichedelico. Maurizio Acerbo
Leggi anche: I dieci giorni che sconvolsero il mondo. - John Reed (1919)
Come funziona il Soviet*- John Reed

John Reed, reporter della rivoluzione contro la guerra*
“I lavoratori fanno bene a capire che il nemico non è la Germania né il Giappone; il vero nemico è quel 2% degli Stati Uniti che detiene il 60% della ricchezza nazionale, quella banda di “patrioti” senza scrupoli che li ha già derubati di tutto quello che possedevano e che ora progetta di farne dei soldati che custodiscano il loro bottino. Noi diciamo ai lavoratori di prepararsi a difendersi contro questo nemico”. Lo scriveva il giornalista John Reed nel 1916.
Nel 1917 Reed scrive su
The Masses un articolo contro l’ingresso degli USA nel conflitto:
“Di chi è questa guerra? Non mia. So che centinaia di migliaia di lavoratori americani impiegati dai nostri grandi “patrioti” finanziari non ricevono un salario di sussistenza. Ho visto poveri uomini mandati in prigione per lunghi periodi senza processo, e anche senza alcuna accusa. Scioperanti pacifici, con le loro mogli e figli, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco, bruciati a morte, da investigatori privati e miliziani. I ricchi sono diventati sempre più ricchi, e il costo della vita è più alto, e i lavoratori proporzionalmente più poveri. Questi lavoratori non vogliono la guerra, nemmeno la guerra civile. Ma gli speculatori, i datori di lavoro, la plutocrazia, lo vogliono, proprio come hanno fatto in Germania e in Inghilterra; e con bugie e sofismi susciteranno il nostro sangue finché non saremo selvaggi, e poi combatteremo e moriremo per loro. (…) Non è la nostra guerra”.
Sarebbe morto di tifo in Russia tre anni dopo il
17 ottobre 1920 a soli 33 anni.
Reed è passato alla storia come l’autore di “I dieci giorni che sconvolsero il mondo“. Era l’unico giornalista americano presente a Pietrogrado durante la rivoluzione d’Ottobre. Era lì perché sentiva che quella rivoluzione era la sua rivoluzione.
“Chi ha bisogno della guerra? Chi ne è fautore? Né il cosacco né il soldato, né l’operaio né il contadino. La guerra è necessaria ai generali, ai banchieri, agli zar, ai grandi proprietari. Per mezzo di essa costoro rafforzano il loro dominio, accrescono la loro potenza e la loro ricchezza. A loro favore il sangue del popolo si trasforma in oro”. Questa Lettera del Soviet di Pietrogrado ai Cosacchi, 3 novembre 1917, la trovate ne «I dieci giorni che sconvolsero il mondo».
John Reed era contro la guerra e non poteva che stare dalla parte dei bolscevichi e diventare uno di loro.
Nel 1919 scrive un resoconto in cui spiega che la fine della prima guerra mondiale era merito dei bolscevichi che con il loro esempio e la loro propaganda avevano spinto i soldati e marinai tedeschi alla rivoluzione dei consigli:
“Ora che la Germania imperiale è stata rovesciata, la stampa capitalista di tutti i paesi ci dice che l’hanno fatto gli eserciti alleati. (…) La Russia sovietica ha conquistato la Germania imperiale. Due mesi fa il nostro governo ci ha avvertito che la guerra poteva durare cinque anni in più. (…) Non sono stati gli eserciti alleati a spezzare il morale delle potenze centrali, ma qualcos’altro, qualcosa di interno.
È generalmente ammesso che la Germania avesse molti uomini, molte armi e persino cibo. …nella stessa Germania, nel cuore della più grande macchina militare della storia, c’era un nemico più potente degli Alleati: l’ascesa del proletariato.
Il governo imperiale tedesco, la borghesia tedesca, ha preferito arrendersi alle nazioni borghesi dell’Occidente, che rispettano la proprietà privata, piuttosto che alla rivoluzione sociale … ”
Reed
elenca tutti i proclami e i volantini con cui i bolscevichi hanno invitato i soldati tedeschi a fermare la guerra:
“Soldati, fratelli! Vi chiediamo di sostenere il socialismo con tutte le vostre forze nella lotta per la pace immediata, poiché questo è l’unico mezzo per assicurare una pace equa e permanente per le classi lavoratrici di tutti i paesi e per sanare le ferite che il presente più criminale di tutti guerre ha inflitto all’umanità…”.
In un
resoconto sempre del 1919 sulla nuova vita sovietica racconta un episodio sull’Armata Rossa:

“Anche più grande della fatica di costruire, organizzare, addestrare, armare, nutrire e trasportare l’Armata Rossa, è il compito più gigantesco di tutti, educarlo, come nessun esercito è mai stato educato.
Ci sono le scuole per gli ufficiali rossi, centinaia di scuole, dove un corso di emergenza di sei mesi per i soldati, e di un anno per i civili, sfocia in diverse migliaia di giovani “comandanti” intelligenti – c’è solo un grado di ufficiale nell’Armata Rossa , quello di Comandante, sia esso di compagnia o di corpo d’armata. La massa di questi ufficiali cadetti è composta da operai eletti dalle loro organizzazioni, o da giovani contadini scelti dai loro villaggi.
Naturalmente molti degli istruttori tecnici di queste scuole sono vecchi ufficiali dello zar, militaristi professionisti. Agli esercizi di diploma dell’Accademia di Stato Maggiore – tutti i diplomati delle scuole per ufficiali sono membri dello Stato Maggiore – si è verificato un incidente che non potrebbe accadere in nessun’altra scuola militare al mondo. Uno di questi vecchi professori tenne un discorso sull'”Arte della guerra”, in cui glorificava il militarismo, alla maniera di Treitschke.
Podvoisky, rappresentante del Partito Comunista e del Commissariato di Guerra, balzò subito in piedi.
“Compagni studenti!” gridò: «Mi oppongo allo spirito dell’ultimo discorso. È vero, è necessario imparare l’arte della guerra, ma solo perché la guerra scompaia per sempre. L’Armata Rossa è un esercito di pace. Il nostro distintivo, la nostra stella rossa con l’aratro e il martello, mostra qual è il nostro scopo: costruire, non distruggere. Non produciamo soldati professionisti, non li vogliamo nella nostra Armata Rossa. Non appena avremo schiacciato la controrivoluzione, non appena la rivoluzione internazionale metterà fine per sempre all’imperialismo, allora getteremo via i nostri fucili e le nostre spade, allora le frontiere saranno abolite e dimenticheremo l’arte della guerramondo».”
Per
Lenin il libro di Reed era la migliore ricostruzione della Rivoluzione e meritava di essere diffuso in tutto il mondo. Lo scrisse nella
prefazione.
Victor Serge trenta anni dopo consigliava di rileggere “le belle pagine di John Reed” per smontare le falsità sul 1917.
La
biografia di Reed, giornalista, scrittore, poeta e rivoluzionario è davvero leggendaria: era stato nel Messico in fiamme con la rivoluzione di Pancho Villa, a Ludlow e Paterson con le operaie in lotta con gli Industrial Workers of the World, nei Balcani per raccontare la prima guerra mondiale.
Dopo l’Ottobre torna negli Usa e fonda il Communist Labour Party, poi torna nella repubblica dei soviet come dirigente dell’Internazionale Comunista.
Warren Beatty gli dedicò un film bellissimo, Reds, che vinse 3 Oscar nel 1981. Da vedere o rivedere.

John Reed è sepolto ai piedi del Muro Rosso del Cremlino. Quando andai a Mosca per il centenario dell’ottobre portai un fiore a lui e al suo compagno dell’Iww Big Bill Haywood.
* Ariticolo publbicato la prima volta il 3 Febbraio 2024
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