Leggi anche: Oltre l’Ucraina, le segrete cause materiali della guerra - Emiliano Brancaccio
La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
Leggi anche: Oltre l’Ucraina, le segrete cause materiali della guerra - Emiliano Brancaccio
La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri
Da: https://www.lantidiplomatico.it
Leggi anche: Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani
Vedi anche: Guerra in Ucraina, la cortina di acciaio. Cosa vogliono gli Stati Uniti - Mappa Mundi
Questo è un saggio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, articolato in due parti, comparse sulla “Marine Corps Gazette”[1] nei numeri di giugno e di agosto 2022. È un’accurata, approfondita, eccellente analisi professionale dell’operazione militare speciale russa; in assoluto e di gran lunga la migliore che abbia trovato (e non ho cercato poco).
L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, abituale collaboratore del mensile; corre voce, non confermata, che si tratti del ten. gen. (a riposo) Paul Van Riper[2], forse in collaborazione con il figlio. La prima parte dell’analisi di “Marinus, consegnata dall’Autore alla redazione il 14 aprile 2022 e pubblicata nel numero di giugno, è dedicata allo studio del livello materiale della campagna militare russa.
La seconda parte dell’analisi, pubblicata in agosto, è invece dedicata ai livelli mentale e morale della campagna russa, e dunque anche al suo significato e ai suoi obiettivi politici.
Come illustra sinteticamente “Marinus” nell’incipit della prima parte, la distinzione in tre livelli della guerra - materiale, mentale e morale - si rifà all’elaborazione teorica del col. John Boyd, USAF[3], il maggiore teorico contemporaneo occidentale dell’arte militare, e in particolare della guerra di manovra. Nella classificazione teorica di Boyd i fattori della guerra sono, in ordine d’importanza: uomini, idee e materiale.
L’elaborazione teorica di Boyd ha avuto grande rilievo nella riforma della dottrina del Corpo dei Marines, con la quale essi, negli anni Ottanta/Novanta, hanno adottato teoria e pratica della guerra di manovra. Nella sua elaborazione, Boyd riprende sia la lezione di Sun Tzu, da lui appresa nel corso della guerra del Vietnam, sia la lezione dei teorici e degli interpreti tedeschi della guerra, da Clausewitz a von Manstein.
Invito a leggere con calma e attenzione l’analisi di “Marinus”. Come il lettore potrà constatare, essa è affatto dissonante dalle analisi che hanno trovato consenso ufficiale nelle dirigenze militari e politiche statunitensi ed europee, e conduce a conclusioni completamente diverse in merito alle capacità strategiche e operative dell’esercito russo, agli obiettivi strategici russi, e alle prospettive future del conflitto in Ucraina.
L’eccezionale valore dell’analisi di “Marinus” dipende da tre fattori: a) elevata competenza tecnica dell’Autore b) fonte insospettabile di parzialità a favore dei russi c) destinatario principale dell’analisi, ossia il Corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America, un reparto militare che sin d’ora deve prepararsi ad affrontare sul campo il nemico russo. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia, è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile.
La prima parte del saggio di “Marinus”, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte I: il livello materiale della campagna, è tradotta da me. La seconda parte, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte II: i livelli mentale e morale, è tradotta da Carmen di “Voci dall’Estero”, che ringrazio sentitamente, e riveduta da me. Dove non altrimenti specificato, tutte le note in calce sono dell’Autore. Buona lettura.
Da: https://www.marx21.it - Leonardo Masella (https://www.facebook.com/leonardo.masella1), già della Redazione Nazionale di “Interstampa” e già della Direzione Nazionale del PRC.
Leggi anche: Il mondo nuovo non verrà con un pranzo di gala - Leonardo Masella
È morto Gorbaciov. Io non condivido per niente le manifestazioni di apprezzamento per l’azione di Gorbaciov che, anche alla luce di ciò che successo dopo, aiutarono alla fine del l’Urss e del patto di Varsavia.
La controrivoluzione imperialista vinse provocando la cancellazione di tutte le conquiste sociali della Rivoluzione d’Ottobre, anni di privatizzazioni, di disoccupazione e di povertà di massa, il crollo dell’età media di vita, un milione di morti solo all’est, senza calcolare quelli all’ovest e nel terzo mondo, cinque guerre imperialiste (la prima guerra del Golfo, la guerra contro la ex-Yugoslavia, la guerra in Afghanistan, la guerra all’Iraq e quella alla Libia), oltre all’aggressione ai palestinesi, alla Siria e allo Yemen.
La fine del l’Urss indebolì anche il movimento operaio dei paesi capitalisti europei, contribuendo a portare alla fine di tante conquiste ottenute anche per la presenza stessa dell’Urss.
D’altra parte non condivido i festeggiamenti di alcuni esponenti comunisti per la morte di Gorbaciov.
Questo è un altro modo per liquidare tutta l’esperienza comunista, perché riconduce il crollo dell’89 al solo Gorbaciov, alle solite categorie del tradimento, del rinnegamento, del revisionismo, che servono solo a consolarsi psicologicamente e a non riflettere sulle cause politiche e teoriche vere di lunga lena che hanno causato quella catastrofe sociale, politica e geopolitica.
E impediscono di interrogarsi sul perché è potuto accadere, sul perché l’azione controrivoluzionaria dell’imperialismo è potuta passare senza quasi nessuna resistenza popolare.
Gorbaciov non viene dalla luna e un metro di ghiaccio non si forma in una sola notte di gelo.
Da: “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 30 agosto 2022. - Guglielmo Forges Davanzati
Guglielmo Forges Davanzati, Università del Salento, è un economista italiano.
Vedi anche: Grandi Sfide | Pandemie ed ecologia - Telmo Pievani
Dialoghi con la Scienza - Cronache dall’Antropocene - Telmo Pievani
Da: https://www.ilfattoquotidiano.it (22 agosto 2022) - Francesco Lenzi è un giornalista italiano.
Vedi anche: Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini
Leggi anche: IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli
Colonialismo, neocolonialismo e balcanizzazione: tre epoche di una dominazione* - Saïd Bouamama
Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi
LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx
Vedi anche: Libertà e schiavitù – Luciano Canfora
Vedi anche:
Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Editrice, storica, giornalista, libraia
Edward Said (1º novembre 1935 – New York, 25 settembre 2003) è stato uno scrittore e docente statunitense, di padre americano di origini palestinesi e di madre palestinese, entrambi cristiani protestanti; ed egli stesso palestinese di nascita, vissuto tra la Palestina mandataria e l'Egitto fino ai 15 anni di età. Fu anglista, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, critico e polemista, particolarmente noto per la sua critica del concetto di Orientalismo. Fu, tra gli altri, influenzato dalle letture di Antonio Gramsci, Frantz Fanon, Aimé Césaire, Michel Foucault e Theodor W. Adorno.
Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca MerzDa: inserto Tuttolibri del quotidiano La Stampa l’8 novembre 1975. - Pier Paolo Pasolini è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano.
Vedi anche: Accattone
- Pier Paolo Pasolini
Uccellacci e uccellini (1966) - Pier Paolo Pasolini
Leggi anche: Il mongoloide alla Biennale - Pier Paolo PasoliniL’ULTIMA INTERVISTA DI PIER PAOLO PASOLINI
Sabato 1° novembre 1975, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato, lo scrittore concesse un’intervista a Furio Colombo, il cui titolo (“Perché siamo tutti in pericolo”) fu scelto dallo stesso Pasolini.
L’intervista venne pubblicata sull’inserto Tuttolibri del quotidiano La Stampa l’8 novembre 1975.
Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta, da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato il discorso io dirò «la situazione», e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale, ti batti. Ora ti faccio questa obiezione. La «situazione» con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente di essere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della «situazione». Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensiero magico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi? Intendo mezzi espressivi, intendo...
Sì, ho capito. Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché so che battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno i radicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d’accordo con loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l’esempio ce lo dà la storia. Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo» non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, «la situazione», e perché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo. Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani? Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.
Ti hanno accusato di non distinguere politicamente e ideologicamente, di avere perso il segno della differenza profonda che deve pur esserci fra fascisti e non fascisti, per esempio fra i giovani.
Vedi anche: Dialoghi con la Scienza - Cronache dall’Antropocene - Telmo Pievani
Da: AccademiaIISF - Remo Bodei (Università degli Studi di Pisa ed altre Università e Centri di ricerca internazionali) è stato un filosofo e accademico italiano.
1. Con l’accumulazione del profitto realizzato in moneta viene messa in gioco la sorte del pianeta Marx. Ma come procedere per comprenderlo? Vale pur sempre la regola esposta dal suo primo “mappatore” per cui, davanti ad un fenomeno complesso, «si deve sempre partire dal presupposto che le condizioni reali corrispondano al loro concetto o, ciò che significa la stessa cosa, che le condizioni reali vengano esposte solo in quanto coincidano con il tipo generale ad esse corrispondenti» – insomma che il concetto sia adeguato all’oggetto secondo la sua necessità logica, mentre le altre condizioni, che sul momento sono state trascurate, potranno poi esservi aggiunte. Ciò vale soprattutto per l’argomento conclusivo da considerare, e cioè che il pianeta Marx, a differenza di ogni altro corpo celeste, ad ogni rotazione cresce di dimensione per l’accumulazione del profitto indirizzandosi verso un esito finale, una sorte o un destino che si possono almeno congetturare. Si sa che Marx ne aveva previsto la fine per la “caduta tendenziale” del saggio generale del profitto: essendo «il vero limite della produzione capitalistica il capitale stesso», esso entra «in conflitto con i metodi di produzione a cui deve ricorrere per raggiungere il suo scopo e che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro», cosicché «il modo di produzione capitalistico, che è un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono».
Ma come si è posto Piero Sraffa rispetto a questa prospettiva en marxiste? Non è dato a sapere, perché nella relazione pubblicata nel 1960, Viaggio di merci per merci, dopo aver impostato la misura del valore del Prodotto netto sul Lavoro vivo (a suo merito spetta l’aver sostituito il fallimentare “valore-lavoro” marxiano: X = K + L con il valore del Prodotto lordo X pari alla somma del valore del capitale K e del Lavoro vivo L, con il “neovalore-lavoro” dove il prezzo del Prodotto netto Y è pari al solo Lavoro vivo così che Y = L) ed averne considerato la ripartizione “polemica” tra Profitti e Salari (Y = W + P), quando avrebbe poi dovuto trattare della destinazione del profitto ad Accumulazione, previa una incursione sulla “scelta della miglior tecnica produttiva” qualora ce ne sia più d’una a disposizione su cui si è discusso anche troppo, alla maniera di un coito interrotto bruscamente si tira indietro e conclude il libro, lasciandoci orfani della sua opinione in merito all’argomento che allora andava più di moda presso gli astronomi di Cambridge che era proprio la crescita del pianeta per accumulazione, e nemmeno ce ne dà una giustificazione in una conclusione non c’è.
Eppure sappiamo, per testimonianza del discepolo Luigi Pasinetti, che egli se ne era interessato e forse ne aveva anche scritto, sebbene nulla compaia nella relazione di viaggio pubblicata: «l’impressione che ho avuto dalle numerose discussioni con Sraffa è che la sua intenzione (fosse) di eliminare volutamente dalla versione finale tutte quelle elaborazioni, che in versioni precedenti potrebbero esserci state, che potessero far apparire connessioni coi problemi di crescita economica di cui si stava occupando il gruppo post-keynesiano» di Cambridge, soprattutto i colleghi Joan Robinson e Nicholas Kaldor ma che giungevano a conclusioni con cui lui non poteva assolutamente accettare.