domenica 11 settembre 2022

L'uomo del sottosuolo. L'orribile scrittura di Fëdor Michajlovič Dostoevskij - Paolo Nori

Da: UnistrasiTV - Paolo Nori è uno scrittore, traduttore e blogger italiano. 


La lezione inizia al m. 1,48

                                                                           

Il conflitto in Ucraina accelera la fine del dominio dell’Occidente - Thierry Meyssan

Da: https://www.voltairenet.org - https://www.sinistrainrete.info - Thierry Meyssan, consulente politico, presidente-fondatore della Rete Voltaire. Ultima opera in italiano

Leggi anche: Il sabotaggio della pace in Europa - Thierry Meyssan 

"La messa in scena come metodo della politica occidentale" - S.V. Lavrov

La logica della crisi corrente - Andrea Zhok

Le ragioni della Russia - Aristide Bellacicco

Cosa sta succedendo dentro l’ONU?

Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros


Il conflitto ucraino, presentato come un’aggressione della Russia, è invece l’applicazione della risoluzione 2202 del 17 febbraio 2015 del Consiglio di Sicurezza. Francia e Germania non hanno tenuto fede agli impegni assunti con l’Accordo di Minsk II, quindi per sette anni la Russia si è preparata allo scontro attuale. Mosca ha previsto le sanzioni occidentali con molto anticipo, sicché le sono bastati due mesi per aggirarle. Le sanzioni scompaginano la globalizzazione statunitense, perturbano le economie occidentali spezzando le catene di approvvigionamento, facendo rifluire i dollari verso Washington e provocando un’inflazione generale, causando infine una crisi energetica. Chi la fa l’aspetti: gli Stati Uniti e i loro alleati si stanno scavando la fossa con le proprie mani. Nel frattempo le entrate del Tesoro russo in sei mesi sono aumentate del 32%. 


Nei sette anni appena trascorsi spettava alle potenze garanti dell’Accordo di Minsk II (Germania, Francia, Ucraina e Russia) farlo rispettare. Non l’hanno fatto, sebbene l’intesa sia stata avallata e legalizzata il 17 febbraio 2015 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a dispetto delle affermazioni sulla necessità di proteggere i cittadini ucraini, minacciati dal loro stesso governo.

Il 31 gennaio 2022, allorquando cominciavano a circolare notizie su un possibile intervento militare russo, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Difesa ucraino, Oleksy Danilov, sfidava Germania, Francia, Russia e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dichiarando: «Il rispetto degli Accordi di Minsk significa la distruzione del Paese. Quando furono firmati sotto la minaccia armata dei russi - e sotto lo sguardo di tedeschi e francesi - era già chiaro a tutte le persone razionali che sarebbe stato impossibile applicarli» [1].

Sette anni dopo, quando il numero di ucraini uccisi dal governo di Kiev ha superato i 12 mila secondo la versione ucraina e i 20 mila secondo la Commissione d’inchiesta russa, solo allora Mosca ha lanciato un’«operazione militare speciale» contro i «nazionalisti integralisti» ucraini (come vogliono essere chiamati), che i russi definiscono «neonazisti».

Sin dall’inizio dell’operazione la Russia ha dichiarato che si sarebbe limitata a soccorrere le popolazioni e a «denazificare» l’Ucraina, non già a occuparla. Ciononostante gli Occidentali hanno accusata la Russia di voler prendere Kiev, di voler rovesciare il presidente Zelensky e annettere l’Ucraina; azioni che evidentemente i russi non hanno fatto. Soltanto dopo l’esecuzione di uno dei negoziatori ucraini, Denis Kireev, ucciso dai servizi di sicurezza del proprio Paese (SBU), e la sospensione dei colloqui da parte del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di voler inasprire le pretese russe. Ora la Federazione reclama la Novorussia, ossia tutto il sud dell’Ucraina, territorio storicamente russo dai tempi della zarina Caterina II, salvo un’interruzione di 33 anni.

sabato 10 settembre 2022

Una nuova “educazione sentimentale”: i libri proibiti - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de https://www.lacittafutura.it 


Nella cosiddetta anglosfera si sta diffondendo la pratica di impedire agli studenti delle scuole e delle università di leggere libri ritenuti “provocatori”. È una nuova manifestazione dell’autoritarismo neoliberale? 

David Harvey sostiene che gli Stati neoliberali, quali si sono formati negli ultimi decenni, sono caratterizzati dall’autoritarismo (altro che Cina e Federazione russa!), al quale è necessario ricorrere per mettere sotto controllo l’instabilità del regime neoliberale, che ha bisogno di controllare più ferocemente le masse impoverite e l’esacerbata competizione per la concentrazione del capitale e per i conflitti interimperialistici.

Ma ciò non basta. Il neoliberalismo si è imposto anche come una concezione del mondo, grazie a vari pensatori e alle università, presentandosi come strenuo difensore delle libertà individuali, volendo invece garantire ai più ricchi (definiti meritevoli) di diventare ancora più ricchi e impoverendo tutti coloro che si sono fatti abbagliare dallo slogan “il pubblico non funziona”, senza comprendere che erano proprio i loro complici a non farlo funzionare. O che hanno creduto nella tanto agitata libertà per tutti, che nei fatti era solo cancellazione dei diritti dei più deboli secondo le parole di Marx “tra diritti uguali vince il più forte”.

Per questa ragione occorre tenere sotto controllo anche il modo di pensare e quello di sentire delle masse e a ciò non sono nemmeno più considerati sufficienti i media, il cinema, i social, ma persino i libri, i classici, alcuni dei quali potrebbero suscitare sentimenti ed emozioni che finirebbero per sfociare in atteggiamenti anti-sociali, ossia non in sintonia con l’attuale regime. Del resto, il FMI, altrimenti detto Fondo miseria, ha previsto che per le nuove forme di austerità che ci imporranno i prossimi anni saranno punteggiati da sommosse e rivolte. 

venerdì 9 settembre 2022

La dittatura della finanza e il mercato del gas – Andrea Fumagalli

 Da: http://effimera.org - Andrea Fumagalli è un economista e accademico italiano. 

Leggi anche: Le speculazioni sul gas che stanno creando il caro-bollette. E le Authority stanno a guardare… - Mario Menichella

Bolletta energetica alle stelle… e se la guerra non c’entrasse (quasi) niente? - Antonio Minaldi 

Speculatori e guerrafondai. Così restiamo prigionieri sul gas - Emiliano Brancaccio



Prefazione

Il 12 e 13 settembre 2008, nel pieno del crollo finanziario dei subprime negli Usa, due giorni prima del fallimento della Lehmann Brother (15 settembre 2008), a Bologna si svolgeva un convegno organizzato da UniNomade sui mercati finanziari e la crisi dei mercati globali. Gli atti di quel convegno (e molto di più) verranno pubblicati l’anno successivo da Ombre Corte a cura di Andrea Fumagalli e Sandro Mezzadra con il titolo Crisi dell’economia globale. Mercati finanziari, lotte sociali e nuovi scenari politici[1]. All’interno di quella raccolta di saggi, compariva un testo di Stefano Lucarelli: “Il biopotere della finanza”. All’epoca, tale titolo ci pareva più che mai azzeccato per descrivere il dominio delle oligarchie finanziare nel definire le traiettorie di accumulazione del nuovo capitalismo delle piattaforme, che da lì a poco sarebbe emerso dalle ceneri di quella crisi.

Oggi a quasi 15 anni da quegli eventi, possiamo dire di aver sottovalutato il problema. Certo, la nostra analisi si era rivelata più che corretta nel sottolineare il ruolo centrale e dominante della finanza speculativa nel nuovo (dis)ordine monetario internazionale e il tendenziale declino del dollaro come moneta di riserva internazionale. Ma nel frattempo, il biopotere (che poteva dare origine anche a qualche forma di contropotere, come illusoriamente ha fatto credere la parabola del bitcoin) si è trasformato in una vera e propria dittatura.

La finanziarizzazione delle materie prime

Ciò che sta succedendo nella determinazione del prezzo del gas nel mercato di Amsterdam lo conferma ampiamente. Già nel passato c’erano state avvisaglie della capacità della speculazione finanziaria, oggi sempre più essenza e anima dei mercati finanziari, di stravolgere in modo quasi irreversibile le stesse regole di funzionamento di un mercato neo-liberista. Nel 2008, ad esempio, il prezzo del petrolio aveva registrato un’impennata dai 70$/barile del dicembre 2007 ai 142$/barile dell’estate 2008, per poi calare entro la fine dell’anno a quota 33$: una bolla speculativa che si era sgonfiata, però, molto rapidamente.

Ma ciò che sta succedendo al mercato del gas presenta novità che devono essere sottolineate. Fino a pochi anni fa, le dinamiche di mercato e il prezzo che si determinava nello scambio reale tra domanda e offerta delle commodities erano la base sulle quali si formavano le aspettative sui prodotti derivati (di solito i futures) che alimentano l’attività speculativa. Il prezzo sui mercati reali era la base delle dinamiche speculative e delle convenzioni finanziarie che di volta in volta alimentavano le decisioni speculative.

martedì 6 settembre 2022

Hegel: Rivoluzione, restaurazione. Popolo e potere nella filosofia dell’Occidente. - Fulvio Papi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Fulvio Papi. Filosofo, politico, scrittore e giornalista italiano. Professore Emerito Università degli Studi di Pavia. 


                                                                             

Speculatori e guerrafondai. Così restiamo prigionieri sul gas - Emiliano Brancaccio

Da: https://www.lanotiziagiornale.it - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento.

Leggi anche: Oltre l’Ucraina, le segrete cause materiali della guerra - Emiliano Brancaccio 

La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri 




L’aumento del prezzo del gas? Brancaccio: “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori scommettono sui guerrafondai” 


L’aumento del prezzo del gas? “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori stanno scommettendo sui guerrafondai”. È chiaro sul punto Emiliano Brancaccio, docente di politica economica presso l’Università del Sannio e protagonista di dibattiti con alcuni tra i massimi esponenti della teoria e della politica economica internazionale, tra cui Mario Monti, Olivier Blanchard, Daron Acemoglu.

“I professionisti della finanza – continua il professore ed intellettuale ora in libreria con “Democrazia sotto assedio (Piemme) – giocano sulla previsione che i venti di guerra non si placheranno, e che il conflitto con la Russia sia destinato a durare. L’idea prevalente è che i paesi europei della NATO sono pronti a sostenere i costi della transizione necessaria per fare a meno dell’energia russa in tempi relativamente brevi”.

Cosa comporta tutto questo? 

Questa politica europea, così avventurista e forzata, suscita forti aspettative di aumento dei prezzi dell’energia e quindi crea enormi occasioni di guadagno speculativo: i professionisti sui mercati si fanno prestare denaro, comprano gas, attendono che il prezzo salga, lo rivendono, restituiscono i prestiti e si tengono i guadagni netti. Il risultato è che il prezzo esplode, a livelli anche superiori rispetto a quelli causati dalla sola guerra.

Il governo Draghi spinge per un tetto europeo al prezzo del gas. Per quale motivo non si riesce ad attuare? 

domenica 4 settembre 2022

Guerra in Ucraina: la posizione di un ex ufficiale dei marines ribalta la versione occidentale.

 Da: https://www.lantidiplomatico.it 

Leggi anche: Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani

Kiev, un esercito senza ricambio. E le nostre armi “aiutano” Mosca - Fabio Mini

Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini

La situazione militare in Ucraina - Jacques Baud

Vedi anche: Guerra in Ucraina, la cortina di acciaio. Cosa vogliono gli Stati Uniti - Mappa Mundi



Presentazione

Questo è un saggio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, articolato in due parti, comparse sulla “Marine Corps Gazette”[1] nei numeri di giugno e di agosto 2022. È un’accurata, approfondita, eccellente analisi professionale dell’operazione militare speciale russa; in assoluto e di gran lunga la migliore che abbia trovato (e non ho cercato poco).

L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, abituale collaboratore del mensile; corre voce, non confermata, che si tratti del ten. gen. (a riposo) Paul Van Riper[2], forse in collaborazione con il figlio. La prima parte dell’analisi di “Marinus, consegnata dall’Autore alla redazione il 14 aprile 2022 e pubblicata nel numero di giugno, è dedicata allo studio del livello materiale della campagna militare russa.

La seconda parte dell’analisi, pubblicata in agosto, è invece dedicata ai livelli mentale e morale della campagna russa, e dunque anche al suo significato e ai suoi obiettivi politici.

Come illustra sinteticamente “Marinus” nell’incipit della prima parte, la distinzione in tre livelli della guerra - materiale, mentale e morale - si rifà all’elaborazione teorica del col. John Boyd, USAF[3],  il maggiore teorico contemporaneo occidentale dell’arte militare, e in particolare della guerra di manovra. Nella classificazione teorica di Boyd i fattori della guerra sono, in ordine d’importanza: uomini, idee e materiale.

L’elaborazione teorica di Boyd ha avuto grande rilievo nella riforma della dottrina del Corpo dei Marines, con la quale essi, negli anni Ottanta/Novanta, hanno adottato teoria e pratica della guerra di manovra. Nella sua elaborazione, Boyd riprende sia la lezione di Sun Tzu, da lui appresa nel corso della guerra del Vietnam, sia la lezione dei teorici e degli interpreti tedeschi della guerra, da Clausewitz a von Manstein.

Invito a leggere con calma e attenzione l’analisi di “Marinus”. Come il lettore potrà constatare, essa è affatto dissonante dalle analisi che hanno trovato consenso ufficiale nelle dirigenze militari e politiche statunitensi ed europee, e conduce a conclusioni completamente diverse in merito alle capacità strategiche e operative dell’esercito russo, agli obiettivi strategici russi, e alle prospettive future del conflitto in Ucraina.

L’eccezionale valore dell’analisi di “Marinus” dipende da tre fattori: a) elevata competenza tecnica dell’Autore b) fonte insospettabile di parzialità a favore dei russi c) destinatario principale dell’analisi, ossia il Corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America, un reparto militare che sin d’ora deve prepararsi ad affrontare sul campo il nemico russo. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia, è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile.

La prima parte del saggio di “Marinus”, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte I: il livello materiale della campagna, è tradotta da me. La seconda parte, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte II: i livelli mentale e morale, è tradotta da Carmen di “Voci dall’Estero”, che ringrazio sentitamente, e riveduta da me. Dove non altrimenti specificato, tutte le note in calce sono dell’Autore. Buona lettura.

Roberto Buffagni

venerdì 2 settembre 2022

GORBACIOV E IL MONDO DI OGGI - Leonardo Masella

 Da: https://www.marx21.it - Leonardo Masella (https://www.facebook.com/leonardo.masella1), già della Redazione Nazionale di “Interstampa” e già della Direzione Nazionale del PRC.

Leggi anche: Il mondo nuovo non verrà con un pranzo di gala - Leonardo Masella


È morto Gorbaciov. Io non condivido per niente le manifestazioni di apprezzamento per l’azione di Gorbaciov che, anche alla luce di ciò che successo dopo, aiutarono alla fine del l’Urss e del patto di Varsavia. 

La controrivoluzione imperialista vinse provocando la cancellazione di tutte le conquiste sociali della Rivoluzione d’Ottobre, anni di privatizzazioni, di disoccupazione e di povertà di massa, il crollo dell’età media di vita, un milione di morti solo all’est, senza calcolare quelli all’ovest e nel terzo mondo, cinque guerre imperialiste (la prima guerra del Golfo, la guerra contro la ex-Yugoslavia, la guerra in Afghanistan, la guerra all’Iraq e quella alla Libia), oltre all’aggressione ai palestinesi, alla Siria e allo Yemen.

La fine del l’Urss indebolì anche il movimento operaio dei paesi capitalisti europei, contribuendo a portare alla fine di tante conquiste ottenute anche per la presenza stessa dell’Urss. 

D’altra parte non condivido i festeggiamenti di alcuni esponenti comunisti per la morte di Gorbaciov. 

Questo è un altro modo per liquidare tutta l’esperienza comunista, perché riconduce il crollo dell’89 al solo Gorbaciov, alle solite categorie del tradimento, del rinnegamento, del revisionismo, che servono solo a consolarsi psicologicamente e a non riflettere sulle cause politiche e teoriche vere di lunga lena che hanno causato quella catastrofe sociale, politica e geopolitica. 

E impediscono di interrogarsi sul perché è potuto accadere, sul perché l’azione controrivoluzionaria dell’imperialismo è potuta passare senza quasi nessuna resistenza popolare.

Gorbaciov non viene dalla luna e un metro di ghiaccio non si forma in una sola notte di gelo. 

mercoledì 31 agosto 2022

Perché la riduzione del cuneo fiscale non è un vantaggio per i lavoratori - Guglielmo Forges Davanzati

 Da: “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 30 agosto 2022. - Guglielmo Forges Davanzati 

Guglielmo Forges Davanzati, Università del Salento, è un economista italiano.


Vi è un diffuso consenso fra i partiti politici sulla necessità di ridurre il cuneo fiscale per rilanciare la crescita economica in Italia. La proposta è stata lanciata qualche mese fa da Confindustria e gode di un ampio credito, da Fratelli d’Italia al PD. Vediamo di cosa si tratta. 

Il cuneo fiscale è la differenza fra il salario lordo pagato dal datore di lavoro e il salario netto percepito dal lavoratore. Secondo gli ultimi dati OCSE (si vedano i rapporti periodici Taxing wages), in Italia, il peso della tassazione sul lavoro è notevolmente elevato, pari a circa il 47.9% dello stipendio. Il cuneo fiscale è la somma di due componenti principali: l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e i contributi previdenziali. Il dipendente paga l’imposta e parte dei contributi, il datore di lavoro si fa carico della restante parte dei contributi previdenziali. La parte quantitativamente più consistente della differenza fra salario lordo e salario netto riguarda le aliquote INPS. La ripartizione del cuneo è pari al 16% di imposte, 7% dei contributi dei lavoratori, 24% di contributi dei datori di lavoro. Il cuneo fiscale viene quantificato sulla base della normativa fiscale e previdenziale vigente e applicata sulla retribuzione media. 

Nell’opporsi fermamente all’istituzione del salario minimo, Confindustria, da mesi, propone un abbattimento del cuneo fiscale, che avrebbe, a suo avviso, il duplice vantaggio di rilanciare la domanda interna, per effetto dell’aumento dei salari netti, e di stimolare la competitività delle imprese italiane, per effetto della compressione dei costi. Confindustria ne propone una riduzione di notevole entità (un “taglio shock” per Enrico Letta), per un ammontare pari a 16 miliardi di euro con una distribuzione di due terzi a vantaggio del lavoratore e di un terzo a favore dell’impresa. Secondo le stime dell’associazione degli imprenditori, le retribuzioni fino a 35.000 euro aumenterebbero di oltre 1200 euro, con un incremento pari a una mensilità all’anno a beneficio di circa 15 milioni di lavoratori dipendenti. 

Vi sono solide ragioni per nutrire dubbi sulle proprietà salvifiche di questa misura. Vediamole. 

domenica 28 agosto 2022

Il mondo digitale e i rischi di involuzione del Cervello dei bambini - Ernesto Burgio

Da: Polo Europeo della Conoscenza - Ernesto Burgio, pediatra e ricercatore, esperto di epigenetica e biologia molecolare. Presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale e membro del consiglio scientifico dell’Istituto di Ricerca sul Cancro e Ambiente di Bruxelles. Author profile 

Vedi anche: Grandi Sfide | Pandemie ed ecologia - Telmo Pievani 

Dialoghi con la Scienza - Cronache dall’Antropocene - Telmo Pievani



                                                                             

venerdì 26 agosto 2022

Sei mesi di sanzioni a Putin: l’economia russa non crollerà - Francesco Lenzi + Appendice di Giacomo Gabellini

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it (22 agosto 2022) - Francesco Lenzi è un giornalista italiano.

Vedi anche: Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini


L’inflazione è alta, ma stabile da mesi. Il Pil calerà del 4-6%, il rublo sta bene e la valuta estera entra più di prima.

La caduta di Draghi, le elezioni in arrivo e il confronto sempre più acceso tra Cina e Stati Uniti stanno facendo sparire dai radar quel che accade in Ucraina: si fa presto ad assuefarsi alle notizie. La guerra sul campo, che sembra ormai diventata di posizione, offre pochi spunti e anche l’andamento dell’economia russa ha perso le prime pagine dei giornali. 

Abbiamo passato i primi mesi dell’invasione aspettando da un giorno all’altro l’imminente e fragoroso collasso dell’economia di Vladimir Putin sotto i colpi inferti dalle sanzioni. Il collasso però, dopo sei mesi di guerra, non è avvenuto e probabilmente non avverrà, mentre i costi imposti all’Europa via prezzi energetici sono assai maggiori di quelli inizialmente prospettati ai cittadini del Vecchio continente. 

L’obiettivo delle sanzioni, come detto in maniera nemmeno troppo velata da Joe Biden, era provocare una crisi economica di una portata tale da determinare un cambio politico in Russia: colpendo non solo le persone più vicine a Putin, ma anche le disponibilità estere delle principali banche russe e addirittura della banca centrale, si voleva minare la fiducia nel rublo, provocando una fuga di capitali tale che, distruggendo il valore della moneta russa, avrebbe portato l’economia all’iperinflazione. 

Nelle prime settimane di sanzioni il percorso sembrava quello: in pochi giorni il dollaro si è rivalutato oltre il 100% sul rublo, i prezzi all’import sono esplosi e l’inflazione ha iniziato a muoversi a un ritmo superiore al 2% a settimana, cioè in prospettiva ad oltre il 200% annuo. 

mercoledì 24 agosto 2022

Covid-19: le vittorie di Cuba - Intervista a Fabrizio Chiodo

Fabrizio Chiodo laureato in Chimica e tecnologie farmaceutiche nel 2008 a Palermo, ha effettuato un dottorato di ricerca in Spagna (San Sebastian) in chimica applicata (chimica ed immunologia dei carboidrati). Dal 2013 ha lavorato in Olanda in diversi Medical Centers (Leiden ed Amsterdam) su progetti personali (grant e borse di studio per progetti indipendenti) con un focus su interazioni tra patogeno ed ospite (mediate da carboidrati) soprattutto nel contesto dei vaccini. Lavora a ponte tra chimica biologica ed il sistema innato ed adattativo, sempre con un focus su carboidrati e vaccini (ma anche tumor immunology). Dal 2014 collabora attivamente con Istituto vaccini Finlay di Havana, e dal 2014 è Professore alla Facoltà di chimica di Havana. Al momento e' ricercatore al Amsterdam Medical Center e da fine 2020 e' rientrato in Italia come ricercatore a tempo indeterminato al CNR di Pozzuoli (Istituto di Chimica Biomolecolare). Su twitter è @FabrizioChiodo


Nel corso della pandemia di Covid-19, Cuba ha ottenuto grandi vittorie dimostrando al mondo l'altissima preparazione del suo personale medico e scientifico. Ne parliamo con Fabrizio Chiodo, ricercatore italiano che dal 2014 collabora con l'Instituto Finlay de Vacunas de L'Avana. 

                                                                            

ARTICOLI I vaccini cubani sono efficaci anche contro Omicron: https://bit.ly/3IpcfRB 
Scienza e tecnologia forgeranno il 2022 di Cuba secondo Díaz-Canel: https://bit.ly/3AHIolk 
L’Università dell’Alabama conferma la superiorità di Cuba nella lotta al Covid-19: https://bit.ly/3uzS1yN

lunedì 22 agosto 2022

Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini

Da: la Città Futura - https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini intervista un giovane ricercatore indipendente Giacomo Gabellini, sul suo ultimo libro Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale, Diarkos 2022.



Partendo dall’enunciazione della Dottrina Monroe, avvenuta nel 1823, si finisce col ricostruire due secoli di storia del nostro mondo, giacché essa è sempre stata il fondamento, implicito o esplicito, di tutta la politica statunitense, che ha praticamente coinvolto tutte le regioni del pianeta.

Richiamandosi a un’opera assai nota di John Perkins, Confessioni di un sicario dell’economia (2004), l’autore illustra i vari metodi usati per favorire l’espansione statunitense, il cui scopo primario era ed è quello di garantire lauti profitti al capitale statunitense e ai suoi monopoli. Dall’analisi di Gabellini risulta pertanto evidente come lo Stato statunitense sia stato un semplice strumento nelle mani di voraci élite che per incrementare i loro profitti non si sono fermate dinanzi a nessuna sofferenza e distruzione che le loro scelte politiche hanno provocato e continuano a provocare.

                                                                                                                                                  


venerdì 19 agosto 2022

mercoledì 17 agosto 2022

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Editrice, storica, giornalista, libraia

Edward Said (1º novembre 1935 – New York, 25 settembre 2003) è stato uno scrittore e docente statunitense, di padre americano di origini palestinesi e di madre palestinese, entrambi cristiani protestanti; ed egli stesso palestinese di nascita, vissuto tra la Palestina mandataria e l'Egitto fino ai 15 anni di età. Fu anglista, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, critico e polemista, particolarmente noto per la sua critica del concetto di Orientalismo. Fu, tra gli altri, influenzato dalle letture di Antonio Gramsci, Frantz Fanon, Aimé Césaire, Michel Foucault e Theodor W. Adorno.

Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
Chiarezza - Shlomo Sand
Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi
Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini
https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie/
Quattro ore a Chatila - Jean Genet 
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Pagine Esteri, 26 luglio 2021 –
 “L’unica decisione che sarà necessario prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o da avanti all’indietro (Tertuliano Màximo Afonso). 



Si potrebbe cominciare raccontando del caprone e dell’acro di Weizmann oppure dell’ultima escalation militare, quella dello scorso maggio, tra Israele e Hamas; si potrebbe partire da Sheikh Jarrah o dall’occupazione israeliana del 1967. È complicato individuare un altro storico, scrittore, intellettuale che sia tanto legato al suo tempo e al suo luogo pur riuscendo ad attraversarli, superarli e ritornarvi.

Nel 1996 Edward Said scriveva, in uno dei suoi interventi meno pessimisti sul futuro, che “La scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.

All’inizio di luglio la Corte Suprema israeliana ha decretato la legittimità della cosiddetta Legge fondamentale o legge Stato-Nazione, che la Knesset aveva approvato nel 2018. Ha rigettato le obiezioni di chi riteneva che questa legge non fosse democratica e rispettosa delle minoranze. La legge Stato-Nazione è il provvedimento che sistema giuridicamente e rende legale la definizione di Israele come Stato della nazione Ebraica. Lo stato degli ebrei.

In Israele circa il 21% della popolazione è composta da arabi, dai palestinesi. La legge Stato-Nazione dichiara che “l’adempimento del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è unico per gli Ebrei” e fa esplicito riferimento alla Terra d’Israele quale patria storica degli ebrei. La Terra d’Israele così intesa è la Palestina storica, tutta la regione, quindi che comprende ora Israele e i Territori Palestinesi Occupati. E la norma vi promuove lo sviluppo dell’insediamento ebraico.

Cosa significa tutto questo? 

lunedì 15 agosto 2022

“Perché siamo tutti in pericolo” - PIER PAOLO PASOLINI

Da: inserto Tuttolibri del quotidiano La Stampa l’8 novembre 1975. - Pier Paolo Pasolini è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano. 


Vedi anche: Accattone - Pier Paolo Pasolini 

Uccellacci e uccellini (1966) - Pier Paolo Pasolini

Leggi anche: Il mongoloide alla Biennale - Pier Paolo Pasolini 


L’ULTIMA INTERVISTA DI PIER PAOLO PASOLINI

Sabato 1° novembre 1975, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato, lo scrittore concesse un’intervista a Furio Colombo, il cui titolo (“Perché siamo tutti in pericolo”) fu scelto dallo stesso Pasolini.

L’intervista venne pubblicata sull’inserto Tuttolibri del quotidiano La Stampa l’8 novembre 1975. 


Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta, da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato il discorso io dirò «la situazione», e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale, ti batti. Ora ti faccio questa obiezione. La «situazione» con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente di essere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della «situazione». Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensiero magico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi? Intendo mezzi espressivi, intendo... 

Sì, ho capito. Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché so che battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno i radicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d’accordo con loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l’esempio ce lo dà la storia. Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo» non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, «la situazione», e perché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo. Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani? Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono. 

Ti hanno accusato di non distinguere politicamente e ideologicamente, di avere perso il segno della differenza profonda che deve pur esserci fra fascisti e non fascisti, per esempio fra i giovani. 

mercoledì 10 agosto 2022

Pane e tulipani, ovvero così non parlò Piero Sraffa. Cronache marXZiane n. 8 - Giorgio Gattei

Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

DIALOGO SOPRA UN MINIMO SISTEMA DELL’ECONOMIA, a proposito della concezione di Sraffa e degli “economisti in libris” suoi discepoli * - Gianfranco Pala e Aurelio Macchioro

Vedi anche: Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore 



I Precedenti... 
http://www.maggiofilosofico.it/cosi-parlo-saggio-massimo-cronache-marxziane-n-7/ 

1. Con l’accumulazione del profitto realizzato in moneta viene messa in gioco la sorte del pianeta Marx. Ma come procedere per comprenderlo? Vale pur sempre la regola esposta dal suo primo “mappatore” per cui, davanti ad un fenomeno complesso, «si deve sempre partire dal presupposto che le condizioni reali corrispondano al loro concetto o, ciò che significa la stessa cosa, che le condizioni reali vengano esposte solo in quanto coincidano con il tipo generale ad esse corrispondenti» – insomma che il concetto sia adeguato all’oggetto secondo la sua necessità logica, mentre le altre condizioni, che sul momento sono state trascurate, potranno poi esservi aggiunte. Ciò vale soprattutto per l’argomento conclusivo da considerare, e cioè che il pianeta Marx, a differenza di ogni altro corpo celeste, ad ogni rotazione cresce di dimensione per l’accumulazione del profitto indirizzandosi verso un esito finale, una sorte o un destino che si possono almeno congetturare. Si sa che Marx ne aveva previsto la fine per la “caduta tendenziale” del saggio generale del profitto: essendo «il vero limite della produzione capitalistica il capitale stesso», esso entra «in conflitto con i metodi di produzione a cui deve ricorrere per raggiungere il suo scopo e che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro», cosicché «il modo di produzione capitalistico, che è un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono».

Ma come si è posto Piero Sraffa rispetto a questa prospettiva en marxiste? Non è dato a sapere, perché nella relazione pubblicata nel 1960, Viaggio di merci per merci, dopo aver impostato la misura del valore del Prodotto netto sul Lavoro vivo (a suo merito spetta l’aver sostituito il fallimentare “valore-lavoro” marxiano: X = K + L con il valore del Prodotto lordo X pari alla somma del valore del capitale K e del Lavoro vivo L, con il “neovalore-lavoro” dove il prezzo del Prodotto netto Y è pari al solo Lavoro vivo così che Y = L) ed averne considerato la ripartizione “polemica” tra Profitti e Salari (Y = W + P), quando avrebbe poi dovuto trattare della destinazione del profitto ad Accumulazione, previa una incursione sulla “scelta della miglior tecnica produttiva” qualora ce ne sia più d’una a disposizione su cui si è discusso anche troppo, alla maniera di un coito interrotto bruscamente si tira indietro e conclude il libro, lasciandoci orfani della sua opinione in merito all’argomento che allora andava più di moda presso gli astronomi di Cambridge che era proprio la crescita del pianeta per accumulazione, e nemmeno ce ne dà una giustificazione in una conclusione non c’è.

Eppure sappiamo, per testimonianza del discepolo Luigi Pasinetti, che egli se ne era interessato e forse ne aveva anche scritto, sebbene nulla compaia nella relazione di viaggio pubblicata: «l’impressione che ho avuto dalle numerose discussioni con Sraffa è che la sua intenzione (fosse) di eliminare volutamente dalla versione finale tutte quelle elaborazioni, che in versioni precedenti potrebbero esserci state, che potessero far apparire connessioni coi problemi di crescita economica di cui si stava occupando il gruppo post-keynesiano» di Cambridge, soprattutto i colleghi Joan Robinson e Nicholas Kaldor ma che giungevano a conclusioni con cui lui non poteva assolutamente accettare.