martedì 9 febbraio 2021

Genova City Strike intervista Emiliano Brancaccio sul suo libro "Non sarà un pranzo di gala: crisi catastrofe, rivoluzione"

Da: Stella Rossa TV - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Autore di saggi pubblicati da riviste accademiche internazionali, ha promosso il “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity e l’appello per un ”piano anti-virus”, pubblicati sul ”Financial Times”. Sua è la rubrica Eresie su RAI Radio 1. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012), Il discorso del potere (2019), e il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020).


                                                                           

lunedì 8 febbraio 2021

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi

Da: https://www.marx21.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue  


Da qualche giorno si parla nel mondo (molto meno in Italia, a parte un utile articolo di Alessandro Aresu su Limesonline) di un documento pubblicato dal “China Strategy Group” dal titolo (abbastanza eloquente), Asymmetric Competition: A Strategy for China & Technology Actionable Insights for American Leadership.

Si tratta in effetti di un testo di grandissimo interesse - sotto molti e diversi profili - che mette in fila alcune delle questioni essenziali della scena mondiale di oggi e di domani, operando proposte assai significative,

Intanto qualche parola sugli estensori del documento, le cui biografie ci illustrano, oltre ogni possibile dubbio, la caratteristica certamente non accademica del testo.

La mente del China strategy group e del documento risponde al nome di Eric Schmidt, ex CEO di Google, tra i più ascoltati guru e oligarchi del mondo digitale. E della grande famiglia di Google sono altri tra gli estensori del rapporto, a partire da Jared Cohen, attuale CEO di Jigsaw (tech incubator di Google) nonché ex consigliere di Condoleeza Rice e Hilary Clinton. Accanto poi a top manager dell’intelligenza artificiali e a nomi delle più importanti università americane (a partire da Stanford), vale, almeno, la pena di segnalare la firma di Richard Fontaine, CEO del Center for a New American Security, direttore esecutivo della Commissione Trilaterale già collaboratore della campagna presidenziale del famigerato senatore repubblicano McCain e oggi tra i personaggi più vicini a Biden.

Siamo dunque di fronte a figure di straordinaria influenza, trasversali in quanto a collocazione politica, istituzioni e aziende frequentate, rappresentanza di interessi.

sabato 6 febbraio 2021

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

Da: Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info -

Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo.

Tommaso Redolfi Riva ha studiato filosofia e storia del pensiero economico presso le università di Pisa e Firenze. Attualmente impegnato in una ricerca su marxismo ed economia politica in Italia negli anni Settanta, si occupa di temi afferenti al pensiero marxiano e alla teoria critica. Ha pubblicato saggi e articoli su riviste italiane e straniere. 


 1. L’opera di Backhaus rappresenta un indispensabile grimaldello per l’accesso ai temi fondamentali della critica dell’economia politica di Marx.Questo grimaldello può essere utilizzato efficacemente sia per comprendere il dibattito che ha caratterizzato la ricezione dell’opera di Marx a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, che per accedere direttamente ai problemi che caratterizzano l’esposizione marxiana e che rappresentano ancora oggi un terreno di vivace discussione tra gli studiosi.

La corrente interpretativa di cui Backhaus è l’iniziatore, ormai riconosciuta nella letteratura critica con il nome di «Neue Marx-Lektüre»1, ha trovato in Italia una diffusione quasi coeva alla pubblicazione delle opere in lingua originale, grazie alle tempestive traduzioni delle opere di Schmidt, Reichelt e Krahl. Questi autori avevano svolto il loro apprendistato teorico presso la Scuola di Francoforte e l’originalità dei loro lavori non risiedeva tanto nei temi trattati, in qualche modo già al centro della discussione nel dibattito marxista sia occidentale che orientale, quanto nella spregiudicatezza con cui questi temi erano trattati. Si cominciava a mettere in discussione, come sulla sponda francese aveva iniziato a fare la scuola di Althusser, la ricezione che il marxismo aveva sviluppato dell’opera di Marx nonché l’autocomprensione di Marx nei confronti della propria metodologia e delle proprie ascendenze rispetto alla filosofia hegeliana. Si cercava di ripensare la teoria del capitale al di fuori delle strette maglie che le interpretazioni economicistiche – soprattutto di matrice anglofona – l’avevano racchiusa, concentrate quasi esclusivamente sulla disputa relativa alla trasformazione. Non meraviglia di certo l’immediata traduzione, quando si pensa alla profondità teorica che in quegli anni caratterizzava il dibattito italiano su Marx: gli studi portati avanti dagli allievi di della Volpe e il dialogo che Luporini aveva intrapreso con Althusser mostravano la volontà di un ritorno a Marx che poteva attuarsi solo attraverso la messa in discussione della pesante tradizione ortodossa e storicista che caratterizzava il dibattito marxista. Ciò che invece può destare meraviglia è che tra le cose allora tradotte in italiano non apparisse alcun contributo di Backhaus, e che il fondamentale articolo La dialettica della forma di valore dovesse attendere il 1981 – quando ormai le mode accademiche avevano iniziato l’opportunistico e progressivo distacco da Marx – per vedere la luce sulle colonne della rivista militante Unità proletaria, grazie alla traduzione di Emilio Agazzi2. 

I temi sviluppati da Backhaus in questo primo contributo e negli altri che pubblichiamo di seguito, sono spesso catalogati col nome di analisi della forma di valore. In termini generali Backhaus intende mettere al centro del proprio discorso teorico la prima sezione del primo libro del Capitale e comprendere analiticamente il rapporto che si determina tra la trattazione della sostanza e della grandezza di valore, con la forma di valore e il carattere di feticcio delle merci. Per sviluppare questo percorso teorico l’autore tedesco si confronta, da un lato, con una sterminata letteratura secondaria che va dal marxismo ortodosso all’economia neoclassica e neoricardiana e, dall’altro, con la stratificazione delle diverse esposizioni marxiane della critica dell’economia politica. Lo stesso Backhaus rinviene l’inizio del suo sviluppo teorico nel ritrovamento di un esemplare del Capitale nell’edizione 1867. Questo ritrovamento gli permise di confrontare le differenti esposizioni marxiane del primo capitolo e metterle in relazione con i manoscritti marxiani del 1857-58 e con Per la critica dell’economia politica. Questo lavoro di comparazione gli consentì di comprendere storicamente il processo di costituzione della critica dell’economia politica, e nello stesso tempo di approfondire la comprensione della struttura logica della argomentazione marxiana che, nel corso delle diverse stesure sembrava essersi a tal punto nascosta da non rendere visibile, nella edizione del 1872, la specificità dialettica del suo procedere3.

La messa a tema del primo capitolo dell’edizione del 1867 permise a Backhaus di affrontare criticamente l’analisi della forma di valore, di comprenderne gli aspetti che rimandavano direttamente alla dialettica hegeliana e di strutturare il proprio progetto di ricostruzione della teoria marxiana del valore.

venerdì 5 febbraio 2021

Retroscena di un paese “commissariato” da dieci anni - Sergio Cararo

 Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO. 

Ascolta anche  Emiliano Brancaccio: QUALCHE VERITA' SUL RITORNO DEL "TECNOCRATE" (https://www.youtube.com/watch?)


L’incarico a Mario Draghi di formare il governo non è stata una sorpresa. Era esattamente il coniglio che le classi dominanti italiane ed europee da mesi volevano tirare fuori dal cilindro facendo fuori il governo Conte, sia nella prima che nella seconda versione.

Esattamente dieci anni dopo, Mario Draghi è tornato così a commissariare dall’alto il nostro paese. Lo aveva fatto nel 2011, firmando il 5 agosto una lettera come presidente entrante della Bce che costrinse Berlusconi alle dimissioni, portò Monti al governo e introdusse misure odiose e antipopolari come la Legge Fornero sulle pensioni e i licenziamenti, l’art.81 in Costituzione, i tagli feroci alla sanità.

Dieci anni dopo è tornato sul luogo del delitto e viene presentato come l’uomo della salvezza per gestire il Recovery Fund, evitare di lasciare il paese senza un governo in un momento d’emergenza e mettere insieme un po’ di classe politica meno cialtrona di quella vista dal 1992 a oggi ( e qui ha poco o niente da scegliere).

Ma perché, quando e come hanno cominciato a fare le scarpe a Conte e preparato il terreno al Commissario Draghi?

giovedì 4 febbraio 2021

COVID: dal 2020 al 2021- Stefania Salmaso, Paolo Vineis, Giorgio Gilestro

Da: Feynman's Magnets - Stefania Salmaso, Associazione Italiana di Epidemiologia, ex direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto Superiore di Sanità. - Paolo Vineis, Professore di Epidemiologia Ambientale all' Imperial College London. - Giorgio Gilestro, Imperial College London 

Vaccino e geopolitica - Aldo Giannuli


                                                                               

mercoledì 3 febbraio 2021

Il Pci durante l’occupazione alleata nel quadro dell’affermazione del dominio statunitense - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Verso il centenario del PCI - Incontro con Luciano Canfora

Comunisti, fascisti e questione nazionale 



La politica del Pci negli anni che vanno dal 1943 ai primi anni del dopoguerra, quando si afferma il dominio statunitense.


Mi porrò in questo breve scritto una questione cui non è facile dare una risposta, anche perché in genere alcuni di coloro che hanno tentato di darne una hanno spesso adottato una prospettiva unilaterale e schematica, che non ci consente di comprendere a fondo come stavano le cose dopo la caduta di Benito Mussolini, l’inizio dell’occupazione alleata e la resistenza armata condotta in larga parte dai comunisti.

Un articolo del 2018 di Corrado Ocone ritorna sul mito della Rivoluzione “tradita”, ben radicato tra i sessantottini, i quali avevano ripreso il motivo della Rivoluzione non portata a termine dalla guerra di liberazione. A loro parere, se si fosse stati conseguenti con le premesse della Resistenza, questa avrebbe dovuto condurre il proletariato italiano alla sconfitta del nazifascismo e poi all’instaurazione di una società socialista. Motivo che era già stato agitato, tra l’altro, dal celebre romanzo di Carlo Cassola La ragazza di Bube (1958-1959), il cui protagonista, reo di aver ucciso un militare italiano in uno scontro, finisce in prigione benché nutra la speranza di essere salvato dai suoi compagni. Nonostante la lettura politica del romanzo, in cui si esprimeva una forte insoddisfazione per gli esiti della guerra di liberazione, sia stata messa in discussione, preferendole un’interpretazione psicologica e intimistica, a me pare che il suo messaggio politico permanga intatto e manifesti un grande malessere per la situazione politica creatasi con l’occupazione alleata, che non si è trasformata in protettorato proprio per la resistenza dei comunisti.

Per esaminare le prospettive politiche della Resistenza mi limiterò a ricordare alcuni fatti, presenti in molti libri quali per esempio Storia del PCI di Paolo Spriano (vol. V, 1975), che mettono in evidenza che la liberazione è avvenuta in stretto collegamento con un duro periodo di occupazione da parte degli alleati. 

Ricorda Spriano che “i condizionamenti generali, anche internazionali, peseranno notevolmente a rendere più faticoso e incerto il cammino di quella che Togliatti chiamerà nel 1945 … «la prima tappa della rivoluzione democratica»” in Italia (387). Il nuovo partito comunista della classe operaia e del popolo non si propone di “fare come in Russia”, ma di “creare in Italia un regime democratico progressivo… che metterà al bando qualsiasi residuo di fascismo”, che avvierà “una profonda riforma agraria” e che i grandi gruppi economici, responsabili della guerra, saranno colpiti e “messi nelle condizioni di non nuocere” (389). 

martedì 2 febbraio 2021

«Il Principe» di Niccolò Machiavelli - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7


Considerazioni sul "Principe" - Gennaro Sasso 


                                                                          

Il Principe è il classico del pensiero politico per antonomasia: un testo ripubblicato continuamente dalla prima edizione del 1532, apparsa dopo la morte di Niccolò Machiavelli, che scrisse l’opera di getto nel 1513, dopo essere stato rudemente congedato dal suo incarico nella Segreteria di Firenze, con il ritorno dei Medici, a uno dei quali, tale Lorenzino, il trattatello fu dedicato, inutilmente. Maledetto, vietato, il libro circolò segretamente e, quindi, palesemente, fino ai nostri giorni, non solo fra gli studiosi, ma tra i politici professionali, tra i manager, nelle gerarchie militari, come un manuale del potere. E in effetti Il Principe è un trattato, all’insegna di un assoluto realismo politico, indirizzato a chi voglia conquistare il potere o intenda conservarlo, e rafforzarlo. Ma il potere per Machiavelli non è un fine a sé stesso, piuttosto un mezzo per raggiungere il benessere della popolazione, la salvezza della polis. E la politica è la scienza del potere, che deve essere separata e distinta dalla morale (al tempo gli insegnamenti delle Sacre Scritture). Basterebbe questo a rendere immortale questo capolavoro teorico-politico, e letterario.

domenica 31 gennaio 2021

Per il comunismo. Il concetto di classe - Roberto Fineschi

Da: https://www.lacittafutura.it Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies).

Leggi anche: LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

Vedi anche: OFFICINA MARX

Karl Marx. Ritorno al futuro*- Roberto Fineschi

In cerca di un soggetto storico: forme e figure - Roberto Fineschi

su Marx - Manifesta Bologna

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La crisi del Pci è dipesa anche da un’inadeguata definizione del concetto di classe. A tal fine è determinante il ruolo dei soggetti nell’attività lavorativa e le modalità del suo svolgimento. Accanto alla classe operaia dell’industria devono essere prese in considerazione oggi molte altre figure alle dipendenze di fatto del capitale per la sua valorizzazione e gli esclusi dal lavoro

Premessa

In un precedente articolo sulla crisi del Pci individuavo, tra gli altri, due punti fondamentali che credo abbiano minato le sue capacità interpretative e di reazione ai cambiamenti di fase del modo di produzione capitalistico. Il primo è una inadeguata definizione del concetto di classe, il secondo un’incapacità di individuare le dinamiche concrete di trasformazione materiale dei processi economico-sociali e del loro connesso riverbero ideologico. In questa sede vorrei riprendere la prima delle due questioni.

Nella storia del Pci la declinazione fondamentale del concetto di “classe” è consistita nell’identificazione privilegiata del soggetto antagonista nella “classe operaia”. Nella dinamica storico-politica e poi nell’evoluzione della teoria dell’egemonia, essa si è estesa a includere nel “blocco storico” i contadini, al punto che sulle bandiere rosse sventolavano la falce e il martello. Il grande valore di questa alleanza e la sua centralità in una fase determinata della storia contemporanea dettero, da una parte, grande forza a quel movimento nella fase in cui essa sembrava effettivamente incarnare la soggettualità preponderante. È invece sembrato che il declino di quelle istanze reali sancisse una crisi definitiva anche del partito che se ne dichiarava portavoce, almeno nel cosiddetto mondo occidentale avanzato. I mutamenti storici che hanno ridefinito decisamente le configurazioni determinate della lotta di classe hanno lasciato spiazzati un po’ tutti.

sabato 30 gennaio 2021

Introduzione a "Scritti politici di Rosa Luxemburg". La Rivoluzione - Lelio Basso

 Da: http://latradizionelibertaria.over-blog.it - Lelio Basso è stato un avvocato, giornalista, antifascista, politico e politologo italiano. [Tutti gli scritti di Lelio Basso li trovate su http://www.leliobasso.it/]

Leggi anche: Socialismo e rivoluzione nella concezione di Rosa Luxemburg - Lelio Basso  

Il voto alle donne e la lotta di classe (1912) - Rosa Luxemburg

Il secondo e terzo volume del Capitale di Marx - Rosa Luxemburg (1919) 

Che cosa vuole la Lega Spartaco - Rosa Luxemburg (1918) 


Una lettera di Rosa Luxemburg e la risposta di Karl Kraus ad una lettrice di "Die Fackel"

Vedi anche: Rosa Luxemburg - Angelo d'Orsi

Luxemburg francobollo 1974


LINK al post originale: Introduzione 


La rivoluzione 

Le difficoltà del compito non stanno nella forza dell’avversario, nella resistenza della società borghese. (...) La difficoltà sta nel proletariato stesso, nella sua immaturità, o piuttosto nell’immaturità dei suoi capi, dei partiti socialisti. ROSA LUXEMBURG


Il metodo e la strategia di Rosa Luxemburg, che abbiamo sin qui delineato, si riferiscono in generale alla lotta di classe che si combatte nel quadro della società capitalistica con lo scopo di preparare e affrettare l’urto decisivo: vediamo ora come si articolasse questa strategia nel corso della lotta rivoluzionaria vera e propria.

Abbiamo già rilevato che uno dei più importanti contributi di Rosa Luxemburg alla teoria rivoluzionaria fu il legame stabilito fra rivoluzione e guerra piuttosto che fra rivoluzione e crisi. Abbiamo pure segnalato, come un’altra importante caratteristica della posizione luxemburghiana, il suo sforzo di operare una sintesi delle esperienze russa e occidentale: se quest’ultima poteva offrire l’esempio di una classe operaia più matura, e più direttamente partecipe alla lotta politica moderna, quindi più dotata delle qualità necessarie per diventare classe dirigente, la classe operaia russa doveva invece offrire l’esempio di un maggior vigore combattivo, di un più ricco slancio rivoluzionario, soprattutto di una minore integrazione allo Stato capitalistico e quindi di una maggiore possibilità di rottura radicale con il sistema. In altre parole, pur riconoscendo alla classe operaia tedesca e al suo partito una funzione dirigente quanto a capacità politica in vista di una futura gestione del potere e quanto a metodi di lotta in una società capitalistica avanzata, Rosa Luxemburg attendeva più facilmente dalla Russia una spinta rivoluzionaria. Nelle sue tenaci polemiche con il Partito socialista polacco, che aveva nel suo programma l’obiettivo della ricostituzione dello Stato polacco, e contro i socialisti occidentali che lo sostenevano in nome dell’antica avversione al regime zarista, essa aveva sempre affermato che era ormai un errore considerare la Russia come baluardo della reazione perché, al contrario, stavano maturando in seno alle masse russe germi rivoluzionari capaci di dare frutti copiosi [165].

venerdì 29 gennaio 2021

La Cina nel mondo multipolare: Forum della Rete dei Comunisti

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché 

Dossier Cina -

Vedi anche: Socialismo con caratteristiche cinesi


               Il video inizia al m. 4,23
                                                                              

Oggi la Cina ha assunto un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale a vari livelli in un contesto in cui gli equilibri erano mutati già prima dell’emergenza pandemica. La Cina è il principale partner commerciale per 130 Paesi e Regioni, ha avviato una partnership strategica con la Russia e ne sta per avviare una con l’Iran, è uno dei Pezzi da Novanta del più esteso trattato di libero scambio di tutti i tempi - il RCEP - da cui sono esclusi gli Stati Uniti. È un punto di riferimento a più livelli per una serie di Stati che intendono emanciparsi da ciò che è stato chiamato “lo sviluppo del sotto-sviluppo”, entrando così in conflitto con la tradizionale sfera d’influenza sia nord-americana che europea dall'America Latina all'Africa. Allo stesso tempo il ruolo della Cina nel consorzio internazionale e specialmente in alcuni contesti - come quello africano - rimane comunque “problematico” considerato l’impatto che gli ingenti investimenti della Repubblica Popolare ed il massiccio utilizzo della propria mano d’opera in loco pone a svariati Paesi. L’articolazione dell’ambizioso progetto della “Nuova Via della Seta” - teso a proiettare la propria potenza nel mondo – al fine di trovare uno sbocco ai propri surplus di merci e soprattutto di capitale ha mandato però in fibrillazione gli altri attori geo-politici di rilievo per le conseguenze che la sua realizzazione potrebbe portare. 

Queste scelte non erano che l’ultima fase di opzioni strategiche di lungo periodo - via via rettificate nel corso del tempo anche a causa dei conflitti sociali emersi e delle lotte di potere intestine - che hanno comunque permesso alla Cina - grazie al travaso delle capacità tecnologiche e allo sfruttamento intensivo della propria mano d’opera - di sviluppare un sistema industriale moderno ed integrato. La Cina è passata da essere un paese della “periferia integrata” in un ruolo subordinato ad uno dei maggiori attori mondiali, cosa che la porta oggi oggettivamente in contrasto – volente o nolente – con i due maggiori poli imperialisti, quello statunitense e quello dell’Unione Europea. Le contraddizioni prodotte da questa “svolta” hanno prodotto in tempi diversi e su campi differenti reazioni efficaci da parte del corpo sociale – si pensi alle lotte contro la privatizzazione dei terreni agricoli e a quelle degli operai delle fabbriche che lavoravano per le multinazionali occidentali – e sviluppato alcune storture significative coeve: la polarizzazione sociale, la corruzione all’interno del Partito e dell'Esercito, la crisi ecologica e non da ultimo una certa “depoliticizzazione” delle classi subalterne a causa della permeabilità ai valori individualistici e consumistici. 

Per quanto riguarda la risposta della Repubblica Popolare, quello che sembra affermarsi oggi è la tutela della propria sovranità come un principio ispiratore che guida una diplomazia assertiva ed intransigente nei confronti delle ingerenze straniere su questioni che il paese considera vitali e che non fa sconti a nessuno. Sono lontani i tempi del bombardamento “senza risposta” dell’ambasciata cinese in Serbia durante la guerra di aggressione della NATO a fine anni Novanta! Questo atteggiamento più “duro” trova un consenso di massa ed insieme all’efficacia nel contrasto del virus e delle sue conseguenze sociali è una notevole fonte di legittimazione dell’attuale leadership, checché ne dicano gli “opinionisti” occidentali. 

Questo scontro con l’Occidente, a prescindere dalle volontà soggettive degli attori coinvolti, è una necessaria conseguenza delle contraddizioni generate dall’adozione del modo di produzione capitalista da parte della Cina, che ora si trova profondamente integrata all’interno di un sistema da anni in una crisi sistemica, che si manifesta ciclicamente in forme differenti, ma a cui sottostà una tragica incapacità di valorizzare adeguatamente il capitale. Contraddizioni che non permettono scappatoie e che non possono essere risolte con rettifiche solamente parziali rispetto al percorso intrapreso dopo la morte di Mao. 

Si è creato cosi un bivio di fronte al quale il PCC deve scegliere se la prospettiva sia quella di una politica di potenza tout court, cronicizzando le storture più evidenti prodotte al proprio interno e assumendosi il ruolo di uno dei poli della competizione inter-imperialistica, o quella di procedere – o meglio riprendere ad un livello più avanzato visto l’attuale sviluppo delle forze produttive in Cina - su una via socialista che cerchi di risolvere in positivo le contraddizioni fin qui prodotte, allontanandosi da un modello sociale irrimediabilmente in crisi. Se così fosse, diventerebbe un punto di riferimento imprescindibile per il resto del mondo, comprese le classi subalterne occidentali per ora orfane di una credibile alternativa di sistema in grado di combattere ad armi pari contro l’imperialismo statunitense ed europeo. 

giovedì 28 gennaio 2021

Che vita su Marx! Cronache MarXZiane n. 2 - Giorgio Gattei

Da: http://www.maggiofilosofico.it Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 

Leggi anche: ECONOMIA MALATA, TEORIA CONVALESCENTE*- Marco Palazzotto intervista Giorgio Gattei

I marxisti e la Grande Guerra - Giorgio Gattei

CHE COS'È IL VALORE? - Giorgio Gattei

Vedi anche: Das Kapital nel XXI secolo* - Giorgio Gattei

Come raccontato nella Cronaca precedente [C’è vita su Marx? Cronache MarXZiane n. 1 ], il pianeta Marx è stato individuato inizialmente per via speculativa nel 1776, poi è stato visto al telescopio nel 1868 e infine nel 1968 i marxziani sono arrivati a Bologna a prelevarmi con la loro straordinaria astronave HMS (His Marxzian’s Ship) “La Grundrisse”. Dopo di allora ho vissuto per 50 anni su quel pianeta, il cui aspetto esteriore è di essere una mezza sfera coperta da una cupola trasparente come inaspettatamente dipinto (all’alba del  XVI secolo!) dal pittore fiammingo Hieronymus Bosch sulla faccia esterna del Trittico delle Delizie. E’ questa l’immagine che ho messo ad illustrazione di questa mia seconda Cronaca, ma come abbia fatto l’artista a dipingere la forma di quel pianeta prima ancora che ci si accorgesse della sua esistenza astronomica non si sa, a meno che Bosch non fosse propriamente un terrestre, bensì un marxziano già infiltrato tra noi (lascio poi alla malizia dell’osservatore decidere se nel pannello centrale del dipinto, dove è rappresentato il Giardino di quelle delizie, sia mostrata la comunanza edenica quotidiana di marxziani e marxziane di fra loro, perché su questo io non dirò niente).

Comunque, dopo l’arrivo sul pianeta Marx anch’io ho dovuto superare lo sconcerto, descritto da Ray Bradbury in Cronache marziane, che subirono i terrestri approdati nel 1999 su Marte quando, vantandosi del loro viaggio interplanetario, ricevevano dai marxiani (prima di sterminarli con una epidemia di morbillo d’importazione) la più olimpica indifferenza: «“Che cosa volete” domandò la signora Ttt. “Lei è marziana!”. L’uomo sorrise. “La parola non le è certamente familiare, dato che è una espressione in uso sulla Terra. Ma lei è la prima marziana che vediamo!”. “Marziana?” La signora Ttt inarcò le sopracciglia. “Questo pianeta si chiama Tyrr” disse lei “se proprio volete sapere il suo vero nome”. “Tyrr, Tyrr”. Il capitano Williams rise di cuore. “Che nome magnifico! Ma, mia buona donna, come mai lei parla un inglese tanto perfetto?” “Io non parlo, penso” disse la signora. “Telepatia! Buongiorno!” E sbatté loro la porta in faccia».

mercoledì 27 gennaio 2021

Per una democrazia pluralista, conflittuale e sociale - Alessandra Algostino

Da: https://volerelaluna.it - Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale nell’Università di Torino, studia da sempre i temi dei diritti fondamentali e delle forme di partecipazione politica e di democrazia diretta con particolare attenzione alla loro concreta attuazione. Tra i suoi molti scritti: "Diritto proteiforme e conflitto sul diritto" (Giappichelli, Torino, 2018) e “Democrazia, rappresentanza, partecipazione. Il caso del movimento No Tav” (Jovene, Napoli, 2011). 


Qui l'intervista di Radio Quarantena a Alessandra Algostino: https://www.spreaker.com/user/11689128/210123-audio-algostino

Il quadro è fosco. La rappresentanza scivola in rappresentazione ed è surrogata dalla governabilità; il Parlamento è ridotto al ruolo di organo di ratifica; le scelte politiche sono sempre più eterodirette e incanalate in rigidi parametri economici assunti come dogmi; la discussione e la formazione di norme attraverso processi di integrazione e mediazione politica cedono alle imposizioni della governabilità; i partiti politici, da veicolo fra società e istituzioni e organizzazione in forma collettiva di rivendicazioni e visioni del mondo, divengono partiti liquidi, leggeri, catch all, appiattiti sulle istituzioni, tesi alla propria riproduzione, governati dal leaderismo, comunicanti attraverso slogan o tweets.

È un processo che parte ormai da lontano; per citare solo qualche passaggio: nel 1975 la Trilaterale lamenta l’eccesso di democrazia; degli anni Ottanta è la svolta (non solo italiana) in senso neoliberale; nel 1993 è adottato un sistema elettorale maggioritario; del 2013 è l’emblematica critica della J.P. Morgan alle Costituzioni dei paesi del Sud Europa, per la debolezza degli esecutivi e l’eccessiva tutela dei lavoratori e del diritto di protesta. Elementi eterogenei, quelli appena citati, ma che restituiscono l’intensità del processo che sta svuotando la democrazia, come democrazia politica, economica e sociale, i tre profili che, non a caso, la Costituzione associa.

Che fare? Occorre ripartire dal cuore della Costituzione, l’art. 3, secondo comma, assumendo come obiettivo «l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», ovvero occorre mettere al centro la partecipazione come essenza della democrazia nella pluridimensionalità con la quale è scritta nella norma costituzionale. Questo significa reagire su più fronti.

La crisi del Parlamento è parte di una degenerazione più ampia della democrazia, che la revoca in dubbio anche nella sua declinazione economico-sociale. Pensiamo alla deregolamentazione nel mondo del lavoro, che contraddice la tutela dei lavoratori e l’idea stessa di una Repubblica fondata sul lavoro inteso come strumento di dignità ed emancipazione; alla contrattazione aziendale – per restare alle relazioni industriali – che sostituisce quella a livello nazionale prevista dalla Costituzione per contrapporre la forza del numero, per dirlo con Mortati, alla forza di chi possiede i mezzi di produzione; pensiamo, in senso ampio, alla regressione nella garanzia dei diritti sociali (quanto mai evidente oggi, in epoca di epidemia, in relazione, ad esempio, all’abbandono della medicina territoriale).

martedì 26 gennaio 2021

Il 30° anniversario della Prima Guerra del Golfo - Alessandra Ciattini e Giacomo Turci

Da: https://www.lacittafutura.it
Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. 
Giacomo-Turci ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore de https://www.lavocedellelotte.it 

17 gennaio 1991: 30° anniversario della Prima Guerra del Golfo: ce ne siamo dimenticati? 


Prima di ricordare l’anniversario della Prima Guerra del Golfo vogliamo menzionare un altro crimine dell’imperialismo sempre caduto il 17 gennaio, seppure qualche anno prima: l’assassinio del leader congolese Patrice Lumumba, ucciso con la complicità dell’allora Union Miniére e della Cia per la sua politica antimperialista; evento avvenuto nel 1961 che segnò la controffensiva contro il processo di decolonizzazione appena avviato

Passando all’Iraq, come si diceva, Il 17 gennaio è caduto il trentesimo anniversario dell’avvio dell’operazione Desert Storm, fase della Prima Guerra del Golfo, iniziata il 6 agosto 1990 con l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. A questo intervento rispose la controffensiva di una coalizione internazionale che, a seconda delle valutazioni sulla partecipazione dei singoli membri, andava da 31 a 40 stati – dove in ogni caso il grosso dello sforzo era sostenuto dagli Stati Uniti, con qualcosa come settecentomila truppe su quasi un milione di uomini impiegati

La prima guerra “dal vivo”, propriamente mediatica, trasmessa nelle televisioni di tutto il mondo quasi come un videogioco. Per la prima volta nella storia umana è stato possibile vedere con i propri occhi, in tempo reale, gli orrori delle guerre imperialiste. Ricordiamo in particolare i lampi di luce che illuminavano Bagdad e il terribile bombardamento del rifugio di Al Amiriya, nel quale sia erano rifugiate circa 1000 persone, donne, vecchi, bambini, con la speranza di salvarsi perché l’edificio era stato segnalato come struttura per la difesa civile. Purtroppo gli aerei statunitensi ignorarono questo fatto e circa 400 persone perirono bruciate. 

Perché questa escalation di “guerra calda” dopo un periodo relativamente lungo, dopo la guerra del Vietnam, in cui non c’erano più interventi militari diretti così imponenti da parte delle potenze imperialiste?

lunedì 25 gennaio 2021

Rosa Luxemburg - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7


                                                                            

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