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domenica 6 settembre 2015

Roberto Finelli, l’astrazione reale e la riconquista della nostra individualità - Carlo Scognamiglio

   i marxisti pentiti degli anni Novanta hanno sepolto i propri “errori” giovanili seguendo pressappoco tre distinte strategie: la capriola, intesa come sposalizio repentino con i grandi classici del pensiero liberale e liberista; la provocazione, perseguita mediante la sostituzione dei padri del marxismo con autori provenienti dall’area indicata da Lukács come “irrazionalista” (Nietzsche, Heidegger, Schmitt); la scappatoia, cioè l’adozione di nuovi modelli concettuali che non evidenziassero una rottura radicale tra un prima e un dopo, per non rivelare chiaramente la propria diversione (ma anche perché “non si sa mai”, il marxismo avrebbe potuto tornare a essere utile da un momento all’altro), e concentrandosi su quei “beni rifugio” in cui consistono ad esempio gli studi fenomenologici, politicamente innocui, e tali da poter essere serviti con ogni tipo di condimento. 
   Coloro che invece hanno tentato di mantenere un contatto con Marx, ma soprattutto con l’idea del superamento del sistema capitalistico, come prontamente segnala Finelli nell’introduzione al suo libro, sono stati disorientati dalle trasformazioni dell’epoca postfordista, e hanno cercato in vario modo di mettere a punto un diverso marxismo, capace di cogliere le dinamiche e le possibilità di superamento dell’esistente. Le difficoltà derivate da uno smarrirsi dei movimenti di fine anni Sessanta in sterili infantilismi, attraversando poi i tragici momenti del terrorismo, sollecitò la dismissione forse prematura di quelle che da tempo erano state considerate dogmaticamente le chiavi concettuali di una lettura storico-sociale d’impianto marxista, come il feticismo, il rapporto struttura-sovrastruttura o lo stesso materialismo storico. L’abbandono di quel carico teorico lasciava spazio a un marxismo più leggero, meno tedesco e più francese, mediato da autori come Althusser, Lacan, Deleuze e Foucault, «assai meno controllati e rigorosi»

giovedì 5 agosto 2021

Una recensione del libro di Bellofiore "Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica" - Giorgio Rodano

Da: https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17521 

Giorgio Rodano, Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma "La Sapienza", dove è stato titolare dell'insegnamento di Economia Politica e ha l'affidamento dell'insegnamento di Politica Monetaria. Dal 2009 è titolare degli insegnamenti di Istituzioni di Economia e di Macroeconomia presso il Corso di Laurea di Ingegneria gestionale della Facoltà di Ingegneria dell'informazione dell'università "Sapienza" di Roma. È socio della Società Italiana degli economisti e della American Economic Association. È consulente scientifico per i libri di economia per le case editrici Laterza e Carocci.

Vedi anche: Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore 

Quale attualità di Claudio Napoleoni: il contributo di Politica Economica

Leggi anche: Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

Pensare il proprio tempo. Ateismo positivo e uscita dal capitalismo in Claudio Napoleoni e Franco Rodano. - Riccardo Bellofiore - 



Bellofiore R. (2020), Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Torino: Rosenberg & Sellier


Complimenti a Moneta & credito, e a Carlo D'Ippoliti, che hanno scelto Giorgio Rodano come recensore del mio ultimo libro. Non avevo proprio idea di come lo avrebbe "letto", e ne ero proprio curioso.

Giorgio recensì nel 1992 il mio primo libro (*La passione della ragione. Scienza economica e teoria critica in Claudio Napoleoni*, Unicopli, Milano 1991, libro che costruì nei due anni precedenti perché me lo chiese Marzio Zanantoni) [1]. La sua recensione di quel libro - che uscì su Economia e politica, nell'agosto 1992 - sta per me nella Top 3 con quelle di Marcelo Messori e Roberto Finelli, entrambe davvero molto attente. Erano due autori che conoscevano bene il mio percorso: con Marcello avevo condiviso quasi tutto sino al 1985, e da Roberto passavo regolarmente a discutere, ospitato in via del Paradiso per tutto quel decennio.

Ma, per dirla tutta, quella di Giorgio stava al primo posto, forse proprio perché era scritta da più "distante" - e continuo a pensare che "sopprimere la distanza uccide". Il perché mi piacesse molto lo si capisce appunto dalle righe finali, queste:

«La ricostruzione di Bellofiore [delle varie fasi del pensiero di Napoleoni] è accurata, documentata e spesso illuminante, anche se è chiaro che non sempre la sua interpretazione mi convince. Bellofiore ha le sue idee, ed è inevitabile che esse ne influenzino la ricostruzione del pensiero di Napoleoni. Oltretutto, in più di un punto esse non collimano con quelle del suo maestro. Perciò non si limita a ricostruirne il pensiero; lo sottopone anche a una attenta riflessione critica. Tuttavia Bellofiore ha cura di distinguere chiaramente, in ogni capitolo, le parti in cui ricostruisce il pensiero di Napoleoni da quelle in cui presenta il suo pensiero al riguardo. E anche questa è una qualità che rende decisamente apprezzabile il suo lavoro.»

È uno stile a cui ho cercato di restare fedele, chiunque fosse l'autore o la corrente di cui scrivevo, anche quando in fondo parlavo di me. Credo che questo (il fare teoria quando si faceva storia) si applichi anche a Napoleoni, con meno attenzione forse alla distanza nel suo caso (il che rischia di creare cortocircuiti). E dovrebbe stare, a me pare, nell'abc del metodo di fare "storia a ritroso".

Questa volta, quasi trent'anni dopo (quando siamo ormai *quasi* coetanei), Giorgio chiude la sua lunga recensione così:

domenica 26 dicembre 2021

LA LIBERTÀ, LA MORTE, LO STATO. FILOSOFIE E IDEOLOGIE DELLA QUESTIONE PANDEMICA - Emiliano Alessandroni

 Da: https://filosofiainmovimento.it - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo'. 

Leggi anche: Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini 

Sul privilegio. Note critiche su Agamben-Cacciari - Roberto Finelli, Tania Toffanin 

Che cos'è la libertà? Il Covid-19 e la difesa del diritto alla vita - Emiliano Alessandroni 



1. Libertà 
2. Società 
3. La meditatio mortis
4. Cospirazionismo e complottismo 
5. Il quadro internazionale



1. Libertà

Pochi esempi sembrano così eloquenti, per quanto concerne le influenze esercitate dall’ideologia sulla semantica, di ciò che nella storia del linguaggio è accaduto alla parola “libertà”, oggi al centro di un acceso dibattito filosofico e politico sul valore delle misure anti-pandemiche. Questa parola è stata infatti evocata, nel corso della storia, all’interno delle circostanze più svariate e di rivendicazioni fra loro persino contrapposte. “Libertà!” gridavano, ad esempio, gli schiavi neri in rivolta a Santo Domingo e negli Stati Uniti del Sud. Ma “libertà!” gridavano anche i proprietari di schiavi che negli Usa agognavano la secessione dal Nord per continuare a perpetrare la schiavitù su base razziale e chiedevano che lo Stato, il governo centrale, non si intromettesse nei propri affari commerciali. 

Nell’ambito della modernità occidentale, in particolar modo, vediamo spesso incontrarsi e non molto meno spesso scontrarsi, almeno tre idee generali di libertà. 

lunedì 2 luglio 2018

- “L’attualità del Capitale – Nel bicentenario della nascita di Karl Marx” - É.Balibar, G.Marramao, A.M.Iacono, C.Giorgi, C.Offe, A.Del Re, R.Bellofiore, S.Petrucciani, L.Basso, P.Favilli, L.Pennacchi, G.Cesarale, A.Montebugnoli, R.Finelli, A.Amendola.

Da: fondazione basso 
Questo seminario intende rileggere il lascito di Marx e in particolare del Capitale alla luce di questioni che oggi rendono particolarmente vive le analisi marxiane, facendo di questa opera uno strumento irrinunciabile al fine di comprendere le dinamiche del capitalismo contemporaneo. Non a caso negli ultimi anni Marx torna ad essere interrogato da più parti del globo e le sue categorie interpretative tornano ad essere utilizzate per far luce sia sui rapporti di dominio odierni, sia sui conflitti e le lotte che sfidano le dinamiche, i dispositivi e l’organizzazione dell’attuale capitalismo. I temi proposti intendono interrogare il Capitale alla luce del presente, sulla base dell’assunto che il pensiero di Marx è stato ed è ancora, più che mai nel contesto odierno, un metodo per interpretare e per pensare ad una trasformazione possibile. «Leggere Il Capitale» è ancora all’ordine del giorno.



ÉtienneBalibar, L’attualità del Capitale di Marx (11,50)
Giacomo Marramao, General Intellect: il cervello sociale come bene comune (47,50)
Alfonso Maurizio Iacono, La cooperazione (1,26,50)
Chiara Giorgi, L’interpretazione di Lelio Basso (1,56,00)
Claus Offe, The liberal democracy ‘cube’ under the onslaught of populist politics (2,27,13)
Alisa Del Re, Inchiesta operaia e riproduzione (3,43,53)
Stefano Petrucciani, Reificazione: le avventure di un concetto (4,22,20)
Luca Basso, Lo Stato nel Capitale fra genealogia e pratica politica (4,51,58)
Paolo Favilli, Il Capitale e la storia: appunti (5,24,25)
Laura Pennacchi, Feticismo della merce e alienazione (6,02,42)
Giorgio Cesarale, Logica e processo conoscitivo nel Capitale (6,41,22)
Alessandro Montebugnoli, La questione della produzione materiale (7,07,35)
Roberto Finelli, Il Capitale come Soggetto. Il circolo del presupposto-posto (7,35,36)
Adalgiso Amendola, Produzione di merci/produzione di soggettività (8,05,05)
Riccardo Bellofiore, Teoria del valore e critica dell’economia politica: la riscoperta del Capitale come teoria monetaria dello sfruttamento (8,32,00)

sabato 24 aprile 2021

I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani

Da: http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/index Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19, a cura di Paolo Ercolani, pp. 305-325, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 - 
Paolo Ercolani (www.filosofiainmovimento.it) insegna storia della filosofia e teoria e tecnica dei nuovi media all’Università di Urbino. E’ iscritto all’ordine nazionale dei giornalisti ed autore di numerosi articoli per testate nazionali. Collabora all’inserto culturale del Corriere della sera («La Lettura»), è redattore de «Il rasoio di Occam» («MicroMega») e della rivista Critica liberale.

Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche*- Paolo Ercolani 

"Il Dio cattivo" - L'insurrezione della Nuova Umanità - Paolo Ercolani 

RIVOLUZIONE DIGITALE - Roberto Finelli e Pietro Montani in dialogo. 


L’emergenza sanitaria, seguita alla comparsa del virus denominato Covid-19, ha prodotto due effetti sostanziali: il primo concerne l’esperienza traumatica, fondamentalmente a livello psicologico, di un fenomeno che ha scardinato le sicurezze dell’uomo odierno rispetto alla sua capacità di padroneggiare (o perlomeno controllare) quell’ecosistema biologico di cui è ospite e non padrone; il secondo riguarda la vera e propria crisi sociale che, in più contesti, ha rivelato fino in fondo le storture del modello neoliberista, ormai dominante nello scenario internazionale almeno a partire dalla data simbolica del 1989.

Nel primo caso, per esprimersi in termini freudiani, possiamo parlare dell’ennesima «ferita narcisistica» subìta da un soggetto, l’uomo, soventemente invaso da un irrealistico delirio di onnipotenza, che in questa situazione di emergenza sanitaria si è tradotto nell’individuazione di «verità» alternative e nella negazione dell’emergenza stessa, a fronte dell’individuazione «paranoica» di complotti e trame segrete1. 

Nel secondo caso, che poi è quello che qui ci interessa specificamente, possiamo cogliere l’occasione per ricostruire e al tempo stesso mettere in discussione i fondamenti filosofici su cui si fonda il liberismo. Ossia quella teoria che ha plasmato il sistema sociale e valoriale del nostro tempo, imponendo un «ordine» in cui l’umano e il fisiologico sono ridotti a strumento al servizio di scopi che non possono deragliare dal profitto economico e dal progresso tecnologico. Si tratta di un mix, quello che somma emergenza sanitaria e socio-economica, in grado di richiamare alla mente l’«invertebrazione» della società di cui parlava il filosofo spagnolo Ortega Y Gasset, ossia un contesto in cui «la massa rifiuta di essere massa – quindi di seguire la minoranza dirigente – la nazione si disfa, la società si smembra e sopravviene il caos sociale»2.

Vedremo che i due scenari della ferita narcisistica e della crisi sociale sono intimamente connessi3, ma qui concentreremo la nostra analisi sul secondo, cercando di dimostrare come (e quanto) i fondamenti filosofici del liberismo, essendosi imposti sia in termini di ideologia dominante che di prassi consolidata, hanno plasmato l’intero scenario umano e sociale del nostro tempo, fino a determinare quella che chiameremo la «società virale».

Da una società siffatta si può pensare di uscire soltanto a patto di rimettere in discussione proprio i fondamenti filosofici di cui sopra, iniziando dal recupero di un «pensiero forte» che sia in grado di riposizionare l’umano e il sociale al centro dell’agire politico (al posto dell’artificiale e dell’individuale, che oggi lo monopolizzano).

1. Nietzsche e l’«innocenza del divenire»

mercoledì 8 luglio 2015

Karl Marx, "Il Capitale" - Roberto Finelli

“Ho sempre
pensato che se non riesci a spiegare le grandi questioni economiche in un
linguaggio comprensibile anche agli adolescenti, vuol dire semplicemente che
non le hai capite”
 
(Yanis Varoufakis)



Parte finale:
https://www.youtube.com/watch?v=A8fcByMD9zw

Per una ulteriore chiarificazione...
https://www.youtube.com/watch?v=OMg7fFhVEkk

martedì 21 dicembre 2021

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio

Da: Manifesto Nuova Scuola - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it

Vedi anche: Carla Maria Fabiani intervista Roberto Finelli: "DAL PROBLEM SOLVING AL THEORY BUILDING" - https://www.youtube.com/watch?v=oxNB7HjEsTc 


Incontro con il prof. Emiliano Brancaccio (Università del Sannio) per discutere sulle esigenze economiche che imporrebbero una riforma radicale della scuola. Una necessità in vista della ripresa del paese o una strumentale operazione politico-ideologica? 
(A cura di  G. Carosotti e S. Arangino)

                                                                            

martedì 3 maggio 2016

Un'etica d’ispirazione psicoanalitica - Roberto Finelli*



Oggi io credo - attraverso il confronto, sempre più indispensabile ed inevitabile, con la cultura della psicoanalisi - etica e politica, scienze umane e filosofia, possono giungere a ragionare di un nuovo materialismo che includa nei bisogni originari e imprescindibili dell'umano, accanto alla bisognosità più esplicitamente fisica e biologica, il bisogno dell'esser riconosciuti, pena l'assenza dell'accendersi della stessa vita psichica. 

Così come possono giungere a meditare su quella complicazione ed arricchimento psicoanalitici del concetto moderno di libertà, per cui libertà non è più solo la libertà liberale «di» (pensiero, religione ..) o la libertà comunista «da» (bisogni e necessità materiali), ma, oltre a queste, una libertà, postliberale e postcomunista, da intendersi come l’assenza, al più alto grado possibile, di quei divieti e di quelle censure, di quel terrorismo interiore che fa divieto al soggetto umano di comunicare con il suo più profondo e proprio Sé. 

Solo una cultura civile e politica che si rifondasse a muovere da tale nuovo materialismo, da tale nuova antropologia, sarebbe forse in grado, io credo, di proporre un economico, e con esso un paradigma di ricchezza, ulteriore a quello moderno e contemporaneo. Solo una cultura etica e filosofica che riconoscesse il grande debito accumulato dalle acquisizioni e dalle conquiste teoriche e cliniche maturate dalla psicoanalisi, nel corso ormai di un secolo, potrebbe, a mio avviso, proporre un'ideale di trasformazione all’altezza della drammaticità dei problemi contemporanei...

Ma questa è la speranza, di poter contrapporre a un vecchio e consunto paradigma di ricchezza, che sta diffondendo disperazioni, terrori e tremori, un nuovo paradigma di ricchezza e fecondità antropologica.

Se tutto ciò potrà mai avvenire, sottraendosi alla dimensione del mero sogno e del mero congetturare utopico, solo un Dio, cioè il tempo dell’ad/venire, ce lo potrà dire.

lunedì 9 giugno 2014

Materialismo “contra” spiritualismo. - Roberto Finelli



 Il sentire è il piano intermedio tra corporeità e psichicità. Ed è dunque qui che Freud colloca, topologicamente e dinamicamente, l’Altro. L’Es è l’altro dell’Io, in quanto è alterità in sé stesso, rappresentanza - e non rappresentazione - del corpo nella mente e come tale funzione simbolica che assegna il senso e la verità non al conoscere ma al sentire. Perché attraverso il sentire è il corpo che si fa a se stesso simbolo, traducendosi nel sentire della mente. E’ qui che a mio avviso va collocato il fondamento di una concezione materialistica dell’uomo e della sua natura simbolica. Non nella semplice capacità di produrre e di usare simboli linguistici, ma nella sua capacità di essere simbolo a se stesso in quanto mente che assume il corpo ad oggetto primo e permanente, privilegiato e intrascendibile, del proprio pensare, in quanto mente cioè la cui funzione primaria è quella di riconoscere e di rappresentarsi un corpo che di per sé non può mai essere completamente ridotto a rappresentazione. [...] Freud riafferma nel Compendio che, affinché il mondo interno riesca a giungere alla coscienza, è necessario che le scene emozionali si connettano a rappresentazioni verbali, le quali costituiscono appunto il medium percettivo con cui il mondo inconscio giunge a farsi conscio.  [...]                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Kojève si concentra, com’è noto, sulle sole pagine (Fenomenologia dello Spirito) della famosa lotta per il riconoscimento che Hegel illustra nella sezione sull’autocoscienza a proposito della dialettica di signore e servo. E quelle pagine per l’interprete russo valgono come l’inizio: l’inizio della storia umana e la sua fuoriuscita dalla natura. Un passaggio, che vede da un lato il mondo naturale come caratterizzato solo dal “bisogno”, ossia dalla necessità di riproduzione fisica e materiale degli individui viventi che lo compongono, e dall’altro il mondo umano, della storia e della cultura, fondato invece sul “desiderio”, ossia sulla volontà di essere riconosciuto, ciascuno nella propria incomparabile ed irriducibile soggettività, da tutti gli altri. Da un lato il mondo dei corpi e della vita biologica legata alla nascita e alla morte, nel costante timore del non soddisfacimento del bisogno e del venir meno della vita, dall’altro il mondo degli esseri umani, capaci di superare la naturalità biologica, la paura della morte, e di gareggiare in lotta con gli altri simili, per imporre il riconoscimento del proprio sé. Salvo non esser capaci di rifiutare la naturalità e di accedere alla dimensione del riconoscimento tutti quegli esseri umani   che, schiavi del corpo e della paura della morte, non lottano fino in fondo, fino alla morte, con l’altro per l’affermazione di sé: ma cedendo appunto di fronte all’altro, lo riconoscono come padrone, facendosene servi. Di qui l’asimmetria delle classi e la genesi, appunto. della storia umana come storia, secondo l’impianto marxiano, di classi e di lotta di classi.  [...]                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Per Lacan , data la riduzione del corpo a non-essere e data perciò l’impossibilità di ancorare il senso al sentire del corpo, il luogo del senso sta nel «non senso». Sta nel non senso di tutte le parole e i discorsi che pretendono di dare identità al soggetto, per via immaginaria, attraverso il susseguirsi di identificazioni speculari e simbiotici con l’altro/i. Perché solo la riduzione a non senso dell’identità immaginaria del moi, può aprire il vero senso del je, della vera soggettività, consistente nella capacità di non fermarsi in nessuna delle forme identitarie ma di attraversare, senza complicità di permanenza, tutte le opportunità del divenire. Il senso infatti sta nel venire meno dell’«immaginario» e nella possibilità dell’accesso al «simbolico», quale coincidenza del soggetto con la sua condizione alternante di «più» e di «meno», di più di identità e di meno di identità, di essere e di non-essere. E d’intendere con ciò che la verità del soggetto umano sta nel non cessare mai d’identificarsi e, poi, nel superare l’identificazione: in un perenne domandarsi «chi sono?», che non può e non deve mai trovare una forma definitiva e rassicurante.                                                                                                                                                                                                     http://www.consecutio.org/2014/05/materialismo-contra-spiritualismo-sigmund-freud-e-jacques-lacan/                                                                                      

sabato 19 giugno 2021

lo sdoppiamento virtuale dello spazio pubblico - Renato Curcio

Da: https://www.citystrike.org - https://sinistrainrete.info - testo ripreso da “Su la testa” di maggio (qui il link) - 

Renato Curcio è un saggista e sociologo italiano. Socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui: L’impero virtuale; L’egemonia digitale; La società artificialeL’algoritmo sovranoIl futuro colonizzato. - https://www.facebook.com/sensibiliallefoglie - https://www.libreriasensibiliallefoglie.com - http://www.sensibiliallefoglie.it 




Con l’inizio del terzo millennio l’espansione del continente digitale planetario ha investito l’Italia e coinvolto nell’erosione progressiva dello spazio pubblico gran parte dei suoi cittadini. Con “spazio pubblico” non intendo soltanto quell’insieme di luoghi aperti e reali, ovvero non virtuali, entro cui lo Stato dovrebbe garantire a tutti la libertà di esercitare apertamente i diritti di cittadinanza, d’informazione, di attività culturale e politica in tutte le varianti. Ancora prima, infatti, lo si dovrebbe considerare come uno spazio strategico per la maturazione e il consolidamento delle nostre abilità relazionali; delle capacità di progettazione comune, di collaborazione empatica e di operatività condivisa. Come una grande rete di luoghi immaginati, voluti e liberamente istituiti da aggregazioni sociali autonome e autogestite. Luoghi aperti, dunque, in virtù dei quali possano svilupparsi e assumere una forma storica i momenti di confronto e le forme sorgive della creatività e del mutamento sociale. 

Nella seconda metà del Novecento gli spazi pubblici post-bellici avevano vissuto in questo Paese un importante scossone. Le deboli attrezzature associative istituite per via burocratica dallo Stato dovettero cedere il passo a nuove esigenze culturali portate avanti da un fermento generazionale e laico nato in alternativa anche ad altre istituzioni robustamente sostenute da enti religiosi o privati. Negli anni ‘60 e ‘70 si è data infatti una fioritura rigogliosa di energie istituenti e ha preso vita un vasto arcipelago di inedite associazioni culturali, formazioni politiche, fermenti sindacali, centri sociali e movimenti extra-parlamentari accomunati, pur nella loro varietà spesso conflittuale, a forti attese di progresso sociale. 

Negli ultimi vent’anni, gran parte di questo processo si è tuttavia inaridito confluendo nella grande ragnatela di internet e nei suoi incanti; ragnatela che ha saputo presentarsi al mondo come un’offerta di libertà per tutti pur che si fossero dotati di dispositivi mobili e avessero aperto profili e account nelle sue maglie. Abbiamo visto così un grande esodo verso le nuove community disseminate nello spazio virtuale messo a disposizione “gratuitamente” dalle piattaforme e sapientemente mitizzato dalle loro agenzie di marketing prodighe di allettanti inviti ad esplorare le sue meraviglie. Lentamente rispetto ad altre aree del mondo, ma velocemente per i tempi del rinnovamento sociale che caratterizzano i processi storici dell’Italia, molti cittadini hanno così aperto profili social su questa o quella piattaforma e trasferito lì gran parte delle loro pubbliche attività. Non si può dire che questa migrazione, avvenuta in ordine sparso, sia stata accompagnata da una riflessione critica e matura. Al contrario la penetrazione delle imprese digitali planetarie è stata ingenuamente accolta come una gradita ventata di progresso e all’invito a trasferirsi “online” si è obbedito senza aver contezza di ciò che ne sarebbe conseguito. Confondendo il progresso tecnologico con il progresso sociale, sia lo Stato, sia un gran numero di cittadini hanno in tal modo attivamente contribuito al declino e alla degradazione degli spazi pubblici in lande virtuali dove la vita di relazione viene sempre più confusa con le pratiche di connessione. In poco meno di vent’anni, questo sdoppiamento digitale, infine, è riuscito a consolidare un nuovo contesto societario colonizzato dai padroni delle piattaforme entro cui gli attori mentre si illudono di agire vengono invece agiti. 

Dicendolo con un paradosso: ha generato un simil-spazio pubblico radicalmente privatizzato.

venerdì 10 aprile 2020

Il marxismo e lo Stato. Un dibattito italiano 1975-1976 - Carla Maria Fabiani

Da: CARLA MARIA FABIANI. TESI DI LAUREA, A.A. 1997-1998, UNIVERSITà DEGLI STUDI DI ROMA “LASAPIENZA”, TITOLO: IL PROBLEMA DELLO STATO IN KARL MARX. - APPENDICE - http://www.dialetticaefilosofia.it - https://www.academia.edu/1424146/Il_problema_dello_stato_in_Karl_Marx?email_work_card=view-paper 
Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities 

                        "DEMOCRAZIA" - Norberto Bobbio 


 Il marxismo e lo Stato.

Il dibattito aperto nella sinistra italiana sulle tesi di Norberto Bobbio1.


In questa appendice vorremmo dar conto di una polemica aperta alla fine degli anni settanta da Norberto Bobbio, a proposito della mancanza in Marx e nei marxisti contemporanei di una dottrina articolata e compiuta sullo Stato. Gli interventi in risposta a Bobbio sono numerosi e non tutti prendono direttamente in considerazione la questione teorica se e in che modo Marx abbia criticato lo Stato capitalistico e soprattutto fino a che punto nei suoi testi sia rintracciabile una costruzione positiva di uno Stato ‘altro’ da quello borghese. Tutti invece (Bobbio compreso)discutono del rapporto democrazia-socialismo, incalzati dalle “dure repliche della storia” che l’hanno reso assai problematico, anche e soprattutto in una prospettiva di modificazione politica della realtà capitalistica dell’Occidente europeo e italiano nella fattispecie2.

Certamente l’accenno marxiano - presente già nell’Ideologia tedesca, in Miseria della filosofia, poi nel Manifesto, e nel saggio sulla Comune, oltre che in misura minore nel Capitale -al necessario superamento dell’ordinamento sociale borghese, delle sue classi e quindi della sovrastruttura statale che gli corrisponde, viene da tutti citato, ma al contempo considerato solo come un accenno e non come una vera e propria teoria politica di Marx. D’altra parte il Marx del1843 – la Critica a Hegel - non viene ricordato, e nemmeno viene presa in considerazione la concezione sostanzialmente etica che quel Marx aveva del sistema statale; non viene altresì considerato il passaggio alla critica dell’economia politica, o meglio, viene visto come un’esclusione da parte di Marx di una riflessione che sia tutta incentrata sullo Stato, sulle istituzioni politiche borghesi e su quelle ad esse tendenzialmente opposte.

La critica marxiana allo Stato capitalistico borghese non si presenta perciò - secondo la tesi di Bobbio e pure secondo quei marxisti sollecitati dalla polemica - connessa a una costruzione teorica che dia conto delle diverse forme in cui si organizza il dominio della borghesia(soprattutto la forma democratica di Stato che dovrebbe poi mantenersi all’interno di quello Stato socialista che Marx non ha comunque articolato), ma prende di mira l’essenza violenta - lo Stato come “violenza concentrata e organizzata della società” - di quel sistema di dominio di una classe sull’altra, della borghesia sul proletariato, che potrà superarsi solo attraverso una rivoluzione strutturale della società, all’indomani della quale si porrà allora il problema concreto di come organizzare praticamente la transizione al comunismo. Alla nuova società senza classi esenza Stato si dovrà arrivare comunque attraverso un processo politico, rispetto al quale, dicono Bobbio e gli intellettuali marxisti, nei testi di Marx non c’è un riferimento particolareggiato, non ci sono indicazioni in proposito.

L’urgenza politica che Bobbio manifesta è quella di concentrarsi da una parte sul concetto di democrazia - rappresentativa e/o diretta - e comunque sulle forme e gli istituti democratici che l’ordinamento borghese ha prodotto, e dall’altra sulla compatibilità fra questa e il ‘socialismo’,visto al di fuori della sua realizzazione pratica nell’Unione Sovietica, ma al di dentro di una prospettiva teorico-politica vicina al marxismo italiano, che deve prendere atto però dell’insufficienza teorica marxiana sulla questione dello Stato (seppure realisticamente definito come dominio basato sulla forza di un interesse sull’altro) e tentare di riempire il vuoto lasciato dal teorico della “rivoluzione sociale”, con uno studio finalmente incentrato sui rapporti, sulle istituzioni e sulle forme alternative possibili a quelle specificamente borghesi.

Considereremo in margine anche un intervento di Antonio Negri3 sull’argomento discusso da Bobbio e i marxisti ; l’interesse che può suscitare è dato dal fatto che Negri riporta la discussione sullo stretto nesso economico-politico, individuato da Marx, fra Stato e capitale, ma,curiosamente, tende a interpretare e ricostruire il pensiero marxiano utilizzando essenzialmente i Grundrisse ed escludendo invece proprio l’opera principale di Marx, il Capitale, nella quale – già nel 24° capitolo del I libro - è rintracciabile una trattazione non accidentale di quel nesso4.

Si vuole inoltre precisare che non daremo conto di tutti gli interventi di risposta a Bobbio,ma solo di quelli che esplicitamente fanno riferimento ai testi o al pensiero di Karl Marx. 

Le Tesi di Bobbio  

martedì 21 aprile 2020

- Breve introduzione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - www.ilgiardinodeipensieri.eu - Questa Introduzione accompagna la Sintesi dei Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel, condotta sulla edizione italiana curata da V. Cicero (Rusconi, Milano 1996). -
Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI
Leggi anche: Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani 
                       IL PROBLEMA DELLO STATO IN KARL MARX - CARLA MARIA FABIANI 
                       La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli 


Tutta la Filosofia del diritto è Scienza del diritto. Come dice Hegel, è l’Idea del Diritto; cioè è la realtà oggettiva (i rapporti oggettivi quali la proprietà, l’azione morale, la famiglia, la società civile, lo Stato) che lo Spirito (di un popolo) produce nella Storia ed è al contempo l’esposizione adeguata di questa realtà che si mostra intimamente razionale (arrivati alla fine del suo sviluppo storico possiamo esporne tutte le tappe, cogliendo il senso di questa totalità ormai dispiegata). Il cammino dello Spirito nel mondo è un cammino di Libertà; la realizzazione e la comprensione della Libertà è il contenuto filosofico della scienza del diritto.

E’ una parte del sistema filosofico hegeliano collocata all’interno della filosofia dello Spirito (è lo spirito oggettivo); è il cammino etico intrapreso dallo Spirito oggettivo.

Si articola in tre parti: Diritto astratto, Moralità ed Eticità. Per Hegel il vero è l’intero; dunque la verità dell’eticità è tutto il percorso etico, dall’astratto al concreto, articolato in momenti, ognuno dei quali si presenta autonomo dall’altro, ma, secondo il metodo dialettico, si toglie e si conserva nell’altro.

E’ importante considerare i tre momenti della filosofia del diritto (diritto astratto, moralità, eticità) come momenti organici, i quali hanno ognuno un loro particolare diritto, che venendo a un certo punto in contraddizione con se stesso passa in quello successivo, logicamente più esplicativo e realmente più elevato.

L’ordine che Hegel dà all’esposizione d’altra parte non coincide - e ce lo dice lui fin da subito - con l’ordine che si presenta nella realtà: è anzi l’esatto opposto. I concetti (le categorie del diritto) vengono esposti a partire da quelli più astratti fino ad arrivare a quelli più concreti e organici; viceversa nella realtà le figurazioni (le forme reali che il diritto assume nella storia) più astratte e semplici esistono e sussistono solo all’interno di quelle più concrete. Il compito della filosofia del diritto è quello di comprendere l’oggettività che lo Spirito produce nella storia; comprenderla come prodotto dello Spirito e come realtà oggettiva massimamente sensata e razionale. La forma della comprensione, per così dire, percorre la strada inversa rispetto a quella della realtà. Beninteso, secondo Hegel, le due strade (una all’insù e l’altra all’ingiù) sono la stessa.

Il principio essenziale della sfera del Diritto astratto è la ‘persona’; la realtà più concreta in cui si trova ad operare la persona è il contratto di proprietà. La persona si trova in rapporto con altre persone proprio per via della proprietà esercitata sulle cose. L’arbitrio è il massimo grado di libertà presente in questa prima sfera etica, che, al dunque, si rivela fortemente contraddittoria. Così come il contratto viene stipulato arbitrariamente, così arbitrariamente può essere rotto e non rispettato da uno dei due contraenti.

Si passa dialetticamente alla Moralità (c’è una negazione del contratto rappresentata dall’arbitrio-illecito e c’è la negazione della negazione, rappresentata dalla punizione dell’illecito-delitto). Nel momento del Diritto astratto la punizione della persona piega il diritto sulla soggettività, ma lo piega in modo non completamente positivo (la punizione ristabilisce l’intero etico, però punisce proprio l’arbitrio); da questa condizione non pienamente stabile si passa a una categoria etica più alta e più comprensiva: la Moralità. La soggettività prende coscienza di sé diventando il principio motore dell’etica. L’azione morale del soggetto è il centro della discussione ed è, a questo livello, il nodo etico-kantiano fondamentale. Il giudizio morale, il rapporto tra il soggetto e il Bene, tra il soggetto e il Male, l’interiorità del soggetto, la realtà con cui quest’interiorità viene a scontrarsi, sono il contenuto fondamentale della trattazione morale del Diritto.

Come si passa e perché si passa all’Etica? E cioè perché si passa alla scienza dello Stato?

Lo Stato, secondo Hegel, è la realtà etica realizzata. E’ il rapporto dello Spirito di un popolo con sé stesso, è la produzione consapevole della vita del popolo. Il vero soggetto perciò è lo Spirito, non il soggetto morale, tutto chiuso in sé stesso ed estraniato da una realtà - quella storica - che non riesce proprio a comprendere, che lo mette anzi in difficoltà, stravolgendo la sua azione morale che tende a un Bene considerato come un dover essere, che, per definizione, non è essere.

Lo Stato è invece l’ESSERE dello Spirito oggettivo; la sua più alta produzione reale e razionale insieme.

Lo Stato è Sistema organico. E’ un’articolazione viva, nella quale sono presenti e si riproducono la famiglia (con la sua etica della riproduzione), la società civile (con la sua etica del lavoro) e lo Stato stesso con la sua etica ricomprensiva delle altre due. Un’etica che riproduce e sa di riprodurre un Bene comune reale; lo sistema, mediando le sue interne articolazioni, creando la moderna società politica (la costituzione, i rapporti fra i poteri, etc.), la quale sa e vuole essere un organismo reale, pieno di vita, ma anche un sistema, ossia una realtà razionale e sensata, una totalità concreta che abbia come principio interno la realizzazione del bene comune, saputo e voluto da tutti, in quanto cittadini.

L’etica dello Stato (singolo) però si rivolge necessariamente nei confronti dell’etica degli altri Stati, dando luogo alla storia del mondo, a un teatro etico-politico mondiale; necessariamente superiore a quello nazionale.

venerdì 1 marzo 2019

COSA E' IDEOLOGIA - Stefano Petrucciani

Da: LuissGuidoCarli - stefano-petrucciani è Professore ordinario di Filosofia Politica presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell‘Università di Roma "La Sapienza".
Vedi anche: COSA E' IDEOLOGIA - Roberto Finelli
Leggi anche: Marx e la critica del liberalismo - Stefano Petrucciani 

                                                                                 

giovedì 13 agosto 2015

Un parricidio compiuto (un parricidio al quadrato). Il confronto finale di Marx con Hegel - Intervista a Roberto Finelli a cura di Ambrogio Garofano

    "...per me l’analogia è tra Hegel e il Marx della maturità, perché, torno a dire, il Marx che precede la maturità è tutto subalterno a Hegel. Feuerbach e il primo Marx usano una strumentazione hegeliana e di questo loro utilizzo non sono consapevoli fino in fondo. Invece, con il Marx della maturità l’analogia con Hegel consiste in questo: nel fatto che per entrambi la filosofia o la teoria in tanto è scienza in quanto produce una riunificazione delle scissioni reali. Per Hegel la filosofia è scienza perché conduce dalla scissione iniziale alla mediazione finale, sia la scissione della Fenomenologia dello spirito (sensibile concreto e universale astratto) sia la scissione iniziale della Scienza della logica (essere e nulla). La filosofia per Hegel è compenetrazione progressiva di questi poli inizialmente l’uno opposto all’altro. E appunto come ho provato a dire è il circolo del presupposto/posto che alimenta il rigore scientifico di questo percorso. Ora, Marx a me sembra che nel Capitale faccia esattamente il medesimo, a partire da una soggettività che, come dicevo all’inizio, non è quella degli esseri umani, degli individui agenti della storia, ma è quella di una soggettività impersonale che io chiamo la ricchezza astratta del capitale e dalla sua tendenza illimitata all’accumulazione quantitativa. Marx deve riuscire a dar conto dell’esistenza di questo soggetto come cuore della modernità e come soggetto tendenzialmente totalizzante a partire da una costatazione fenomenologica di scissione. Ed è qui che sta l’analogia con Hegel: sia Hegel che Marx hanno un inizio fenomenologico. Per entrambi l’inizio è non arbitrario, non soggettivo, è fenomenologicamente ciò che è più a portata di mano, il dato più diffuso: la certezza sensibile o l’essere come prima categoria in Hegel, la merce per Marx. Si tratta della datità più generale, quindi un inizio fenomenologico per entrambi, che deve sottrarre l’inizio dell’esposizione scientifica ad una arbitrarietà di scelta soggettiva e a partire da questo inizio obbligato dare vita ad un percorso di svolgimento categoriale prodotto dalle scissioni dell’inizio medesimo." 

lunedì 1 luglio 2019

"Lo Schelling post-hegeliano" - Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci (Sapienza Università di Roma - IISF)
Vedi anche: La logica di Hegel "una grottesca melodia rupestre"- Paolo Vinci                                                                                                                                                                                                                                              
                                             Secondo incontro: 


               L’idealismo tedesco nei suoi critici. 
                        Fratture e permanenze? 
                                     Schelling, Feuerbach, Marx, Schopenhauer, Nietzsche. 

(1/5) - Marco Ivaldo "Da Hegel a Nietzsche. Rileggendo Löwith"

(2/5) - Paolo Vinci - "Lo Schelling post-hegeliano"

(3/5) - Matteo d’Alfonso "Schopenhauer e la ragione pratica di Kant"

(4/5) - Roberto Finelli "Il pensiero di L. Feuerbach come limite allo sviluppo teorico di Karl Marx"

(5/5) - Marcello Musté "La volontà di potenza in Nietzsche: genesi, significato, conseguenze"


lunedì 17 maggio 2021

La grande migrazione online: costi e opportunità - Juan Carlos De Martin

Da: Politecnico di Torino - Juan Carlos De Martin è professore ordinario di ingegneria informatica al Politecnico di Torino e Vice Rettore per la cultura e la comunicazione. È titolare del corso "Tecnologie digitali e società" e co-dirige, con Marco Ricolfi (Università di Torino), il Centro Nexa su Internet e Società. Dal 2011 è associato al Berkman Klein Center della Harvard University. E' membro del consiglio scientifico dell’Enciclopedia Treccani e del comitato d'indirizzo di Biennale Democrazia. Dal 2014 al 2018 è stato membro della Commissione per i diritti e i doveri in internet istituita dalla Presidente della Camera dei Deputati. E' membro dell'IEEE - Institute of Electrical and Electronic Engineers ed è autore di oltre 120 articoli scientifici, capitoli di libri e brevetti internazionali. De Martin è stato - insieme a Luca De Biase - il curatore scientifico del Festival della Tecnologia del 2019 e della prima edizione di Biennale Tecnologia (2020). E' autore del libro Università futura – tra democrazia e bit e ha curato, insieme a Dulong de Rosnay, il libro The Digital Public Domain: Foundations for an Open Culture



Da circa trent’anni molte attività di una parte considerevole dell’umanità hanno iniziato a migrare – in tutto o in parte – online. Altre attività sono rimaste inevitabilmente fisiche, ma sono state innervate, o sono addirittura governate, dal digitale. In altri casi ancora le attività sono rimaste fisiche, ma hanno acquisito un’estensione digitale, creando configurazioni ed esperienze inedite. Un processo graduale, come tutti i processi sociali, con grandi successi e con non trascurabili fallimenti, un processo che ha rivoluzionato non solo le nostre vite, ma anche l’assetto stesso del potere mondiale. Nel marzo 2020, col primo confinamento sanitario, però, è successo qualcosa senza precedenti: nel giro di pochissimo tempo, infatti, molti milioni di italiani hanno dovuto trasferire – in tutto o in parte – su Internet, attività, anche molto importanti per le loro vite, che fino a quel momento avevano svolto prevalentemente, o anche esclusivamente, nel mondo fisico. Che cosa è successo di preciso? Chi è riuscito ad andare online, e per fare cosa, e chi invece è rimasto nel mondo fisico, e perché? Quali sono state le conseguenze - e per chi? Che cosa abbiamo imparato? Guardando avanti: a distanza di 14 mesi dall’inizio della Grande Migrazione Online, che forma vogliamo dare al futuro?