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sabato 25 novembre 2023

Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini

Da: https://www.marx21.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it 

Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini  

Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini  

Chiarezza - Shlomo Sand 

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi

PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz

Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva 

Vedi anche: La nascita dello Stato d'ISRAELE

La Nakba - Joseph Halevi 

Le reazioni dei governi del cosiddetto occidente collettivo e i loro super-controllati portavoce mediatici hanno il potere – come hanno già fatto per la guerra NATO-Ucraina – di stabilire dove comincia la storia, stabilendo ovviamente che il momento iniziale dello scontro è avvenuto il giorno che a loro fa può comodo; scelta che permette ad essi di nascondere le loro numerose e precedenti violazioni dei tanto celebrati diritti umani e del diritto internazionale spesso con la complicità dell’ONU. Nello stesso tempo un’altra loro collaudata tecnica, impiegata da secoli da tutti coloro che debbono aver ragione a tutti i costi, consiste nella demonizzazione dell’avversario, ossia Hamas, coinvolgendo in questo tutta la popolazione della Palestina, e diffondendo notizie sempre più macabre e terribili, ma non verificate, come la decapitazione di inermi lattanti. Già in passato erano state diffuse simili informazioni quando furono a suo tempo additati a pubblico ludibrio i soldati iracheni, che in Kuwait avrebbero strappato dalle incubatrici alcuni neonati per farli morire sul pavimento durante la prima guerra del Golfo. La fonte della notizia non era una povera profuga ma addirittura la figlia dell’ambasciatore del Kuwait a Washington.

La demonizzazione di Hamas può esser fatta senza problemi perché non si ricorda – come ha fatto in questi giorni Seymour Hersch – che è stato proprio Israele a finanziare questa organizzazione terroristica (non meno terroristica dello stesso Israele) con lo scopo di creare divisioni all’interno della comunità palestinese, favorendo la contrapposizione con Al Fatah, altra fazione sconfitta alle elezioni del 2006, con l’obiettivo di ostacolare in tutti modi la formazione di uno Stato degli abitanti originari della regione, nonostante i numerosi accordi in questo senso.

Ormai dovremmo saperlo tutti, sono queste operazioni psicologiche (psyop), di guerra informatica, attacco informativo etc., di cui un buon esempio fu il CPI istituito da Woodrow Wilson nel 1917 [1], il cui scopo è alimentare un consenso tra le masse mondiali disorientate e stremate dalla cosiddetta policrisi o meglio crisi sistemica capitalistica, che sembra attorcigliarsi ogni giorno di più attorno ai nostri esausti corpi, stringendoci nelle sue spinose spire.

mercoledì 17 maggio 2023

Verità sulla Nakba - Ilan Pappè

Da: https://pagineesteri.it - Questa intervista è stata pubblicata dal quotidiano iI Manifesto https://ilmanifesto.it/la-verita-sulla-nakba - Ilan Pappè è uno storico israeliano.

Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Pagine Esteri, 15 maggio 2023 – Nei giorni in cui Israele celebra la sua fondazione 75 anni fa, i palestinesi sono impegnati con raduni, sit in, conferenze, dibattiti a tenere viva la memoria della Nakba, la loro «catastrofe nazionale» parallela alla nascita dello Stato ebraico nel 1948. Una memoria fatta di esilio per centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini diventati profughi in campi allestiti nei paesi arabi vicini, di case e terre perdute e poi confiscate, di famiglie divise per sempre. Eppure, per quanto sia sempre viva e duratura tra i palestinesi, più parti, non solo Israele, spingono per spegnerla, per impedire che sia riconosciuta e prenda il posto che merita nella storia. Ne abbiamo parlato con lo storico Ilan Pappè, docente all’Università di Exeter, autore di saggi sulla storia di Israele e della Palestina tradotti in molte lingue.

Professor Pappè perché la Nakba viene oscurata, perché è sempre più difficile parlarne in pubblico?

domenica 14 maggio 2023

L’inflazione è da profitti - Joseph Halevi

Da: https://contropiano.orghttps://sinistrainrete.info - Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino. 


Pubblichiamo il testo leggermente rivisto e ampliato dall’autore, scritto da Joseph Halevi come introduzione all’opera collettiva (Giacomo Cucignatto e altri), “L’inflazione. Falsi miti e conflitto distributivo”, edizioni Punto Rosso, Milano, marzo 2023 (https://contropiano.org



Dal 2020 l’economia mondiale è rientrata in un periodo di inflazione. Contrariamente al precedente episodio, avvenuto nel periodo che va dai primi anni Settanta ai primi anni Ottanta, questa volta le cause sono assai chiare.

Nel primo episodio le condizioni europee dell’inflazione furono diverse da quelle statunitensi, mentre il Giappone subì da un lato un’inflazione importata e dall’altro ricevette dagli Stati uniti un cazzotto monetario in piena faccia – rappresentato dalla rapida e ripidissima rivalutazione dello yen – tale che avrebbe travolto anche un paese come la Germania, fortunatamente protetta dallo scudo rappresentato dall’area commerciale della CEE, già allora sbocco principale del suo export.

Il Giappone invece pur non avendo un hinterland economico resistette alquanto bene rafforzando grandemente il livello tecnologico e la proiezione mondiale della sua industria.

In quegli anni in Europa occidentale maturò un conflitto distributivo tra lavoro e capitale intenso e pluriennale in Gran Bretagna ed in Italia, che in ambo i paesi si spense in forme diverse tra l’ultimo biennio degli anni Settanta e i primissimi anni del decennio successivo.

mercoledì 21 dicembre 2022

Tra autarchia e dipendenza? - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.altrenotizie.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la citta futura. 

Leggi anche: Crisi ucraina: un primo bilancio delle sanzioni contro la Russia - Andrea Vento 

Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra - Joseph Halevi 

La dittatura della finanza e il mercato del gas – Andrea Fumagalli

Vedi anche: "Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros


E’ noto quanto sostenevano gli antichi: gli dei accecano coloro che vogliono perdere. Questa considerazione si attaglia perfettamente alle élites del cosiddetto occidente collettivo che, per smania di potere e per megalomania, sono accecate e non vedono l’abisso verso il quale si stanno dirigendo a capofitto. Questa catastrofe - o meglio una liberazione per noi - non ci farebbe versare nessuna lacrima se ahimè, del tutto nolenti, non fossimo ad esse legati; pertanto, se non ci sganciamo presto subiremo la loro stessa sorte. Per sottrarci a questo destino non voluto - e del resto evitabile se ci animassero il buon senso e il raziocinio - dovremmo risvegliarci dal torpore che appesantisce la nostra mente distratta e affaticata.

 

Uno dei motivi più ripetuti fino all’ossessione dai media dominanti è quello della necessità di raggiungere l’indipendenza, in particolare non dipendere più dalle risorse energetiche russe. In realtà i nove pacchetti di sanzioni varati dall’Unione europea, formata dagli europeones, vogliono tagliare molte altre dipendenze, che purtroppo per le suddette élites sono ineliminabili (per es. la Francia usa per le sue centrali uranio trattato in Russia), fatto che è quanto mai evidente a chi vuol vedere.

Questa questione, che ricorda l’autarchia fascista, a causa della quale si dovette fare il caffè con la cicoria, può essere affrontata da un punto di vista filosofico e da un punto di vista empirico.

sabato 15 ottobre 2022

Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra - Joseph Halevi

 Da: https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/index - https://www.sinistrainrete.info - 

Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino. 

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Questa breve nota di riflessione cerca di cogliere le possibili conseguenze del conflitto russo-ucraino sulle prospettive di sviluppo di lungo periodo dello spazio economico che abbiamo definito blocco tedesco. Dopo un excursus storico che ne descrive la formazione, vengono esaminate le caratteristiche dei paesi che lo compongono, osservando che le forze dinamiche che lo caratterizzano si proiettano particolarmente verso la Cina, con un ruolo cruciale della Russia.




In questa breve nota di riflessione tratterò alcuni aspetti dell’economia tedesca nell’ambito europeo, cercando di cogliere le possibili implicazioni delle rotture causate dal conflitto russo-ucraino sulle prospettive di lungo periodo che si andavano delineando nell’ambito di detta economia e della zona con cui è direttamente connessa.

A tal fine verrà descritto uno spazio economico che chiameremo blocco tedesco, termine privo di qualsiasi connotazione politica, utilizzato solo per definire un livello di rapporti settoriali e di scambio molto più interconnessi della semplice egemonia economica.

La nota inizia con un excursus storico il cui obiettivo consiste nel definire il passaggio dall’egemonia della Germania in Europa alla formazione di un gruppo di paesi ad essa strettamente connessi.

In tale quadro verranno esaminate le caratteristiche di alcuni stati dell’Europa orientale. Verrà poi osservato che le forze dinamiche del blocco tedesco si proiettano particolarmente verso la Cina, ma che tale proiezione non può essere mantenuta senza il coinvolgimento della Russia. In tal caso si renderebbe possibile una crescita europea trainata dalle esportazioni nella maniera concepita da Nicholas Kaldor.

Dopo aver sottolineato che recenti studi effettuati in Germania mostrano piena consapevolezza del problema, la nota si conclude con una visione piuttosto pessimista a causa della guerra russo-ucraina.

mercoledì 17 agosto 2022

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Editrice, storica, giornalista, libraia

Edward Said (1º novembre 1935 – New York, 25 settembre 2003) è stato uno scrittore e docente statunitense, di padre americano di origini palestinesi e di madre palestinese, entrambi cristiani protestanti; ed egli stesso palestinese di nascita, vissuto tra la Palestina mandataria e l'Egitto fino ai 15 anni di età. Fu anglista, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, critico e polemista, particolarmente noto per la sua critica del concetto di Orientalismo. Fu, tra gli altri, influenzato dalle letture di Antonio Gramsci, Frantz Fanon, Aimé Césaire, Michel Foucault e Theodor W. Adorno.

Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
Chiarezza - Shlomo Sand
Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi
Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini
https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie/
Quattro ore a Chatila - Jean Genet 
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Pagine Esteri, 26 luglio 2021 –
 “L’unica decisione che sarà necessario prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o da avanti all’indietro (Tertuliano Màximo Afonso). 



Si potrebbe cominciare raccontando del caprone e dell’acro di Weizmann oppure dell’ultima escalation militare, quella dello scorso maggio, tra Israele e Hamas; si potrebbe partire da Sheikh Jarrah o dall’occupazione israeliana del 1967. È complicato individuare un altro storico, scrittore, intellettuale che sia tanto legato al suo tempo e al suo luogo pur riuscendo ad attraversarli, superarli e ritornarvi.

Nel 1996 Edward Said scriveva, in uno dei suoi interventi meno pessimisti sul futuro, che “La scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.

All’inizio di luglio la Corte Suprema israeliana ha decretato la legittimità della cosiddetta Legge fondamentale o legge Stato-Nazione, che la Knesset aveva approvato nel 2018. Ha rigettato le obiezioni di chi riteneva che questa legge non fosse democratica e rispettosa delle minoranze. La legge Stato-Nazione è il provvedimento che sistema giuridicamente e rende legale la definizione di Israele come Stato della nazione Ebraica. Lo stato degli ebrei.

In Israele circa il 21% della popolazione è composta da arabi, dai palestinesi. La legge Stato-Nazione dichiara che “l’adempimento del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è unico per gli Ebrei” e fa esplicito riferimento alla Terra d’Israele quale patria storica degli ebrei. La Terra d’Israele così intesa è la Palestina storica, tutta la regione, quindi che comprende ora Israele e i Territori Palestinesi Occupati. E la norma vi promuove lo sviluppo dell’insediamento ebraico.

Cosa significa tutto questo? 

venerdì 28 gennaio 2022

La pandemia ha spaccato anche il capitale - Redazione Contropiano - Joseph Halevi

Da: https://contropiano.org - Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino. 


Vedi anche: Marco Veronese Passarella su "Democrazia sotto assedio" di Emiliano Brancaccio - https://www.twitch.tv/videos/1273141735?t=1h13m30s


Gli effetti sistemici della pandemia sull’economia mondiale sono ancora ben poco studiati, e quindi compresi. Di sicuro si vedono a occhio nudo quelli sulle popolazioni (riportiamo qui in fondo un articolo dell’agenzia Agi sulle “preoccupazioni” del Fondo Monetario Internazionale – un’organizzazione criminale, di fatto – sui 70 milioni di “poveri estremi” provocati dalla crisi sanitaria).

Ma restano avvolti nella nebbia quelli sui sistemi economici, già sotto stress – dal 2008 a fine 2019 – per altre ragioni finanziarie, nonché per il disfacimento delle relazioni tipiche della fase chiamata “globalizzazione”.

Questo illuminante intervento di Joseph Halevi – docente emerito di economia all’università di Sidney, marxista formatosi a Roma negli anni ‘70 – mette sotto i riflettori una divaricazione rilevante tra settori produttivi che si sono avvantaggiati con la pandemia (ovviamente il farmaceutico, ma anche piattaforme e informatica), a scapito di tutti gli altri.

Una divaricazione che gli Stati neoliberisti occidentali – inchiodati come sono al dogma del “privato è meglio” – non solo non hanno contrastato, ma a cui si sono piegati senza alcuna resistenza. Di fatto, la spesa pubblica è stata determinata dagli interessi di quel “blocco”, senza alcun interesse per la tenuta del sistema nel suo complesso.

Una “contraddizione in seno al capitale” che, non ci stancheremo mai di sottolinearlo, è un concetto – una categoria dell’analisi – che si concretizza in molti capitali in concorrenza tra loro.

Non vedere questo tipo di contraddizioni, e immaginare che “il capitale” sia capace di un “grande piano” per controllare il mondo (e i relativi antagonismi di classe) porta o all’impotenza politica (“sono troppo forti, non ce la possiamo fare”) o alle fughe nell’irrazionalismo (inutile fare esempi, ce ne sono a centinaia).

Buona lettura. (Redazione Contropiano)

lunedì 19 luglio 2021

SULLA RIVOLTA PALESTINESE - Cinzia Nachira

Da: http://rproject.it - CINZIA NACHIRA, è un membro dell'organizzazione italiana Sinistra Critica e un'attivista di lunga data del movimento di solidarietà con la Palestina. 

Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini
Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri
PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
La definizione di antisemitismo dell’IHRA - Ugo Giannangeli
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
RELIGIONE, FONDAMENTALISMI, VIOLENZA* - Alessandra Ciattini
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi 


Lo scoppio della nuova ondata di rivolta in Palestina/Israele negli ultimi dieci giorni dello scorso aprile è qualcosa di diverso da ciò cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.

Questa volta la rivolta rimette al centro dell’attenzione il cuore stesso del problema palestinese: l’espulsione dei palestinesi. Dal quartiere di Sheikh Jarrah alla Spianata delle Moschee e non viceversa è la strada percorsa. Questo è il vero elemento di novità e di speranza. Da molte settimane prima che noi ce ne accorgessimo nelle città miste di Israele bande scatenate di ebrei israeliani ultraortodossi e ultraconservatori si rendevano protagoniste di vere e proprie spedizioni punitive nelle zone delle città abitate dai palestinesi israeliani al grido di “Morte agli arabi!” a cui questi ultimi rispondevano con altrettanti attacchi; producendo un livello di scontro inedito per l’intensità.

In pochi giorni il groviglio di discriminazione e spoliazione in cui vivono i palestinesi israeliani è venuto al pettine svelando una elementare verità: il “conflitto” israeliano palestinese non è religioso, ma territoriale. Gerusalemme è al centro di questo non solo come cuore religioso dell’Islam ma come città la cui origine araba e palestinese non può che essere negata dal sionismo che come progetto coloniale si è potuto realizzare esclusivamente grazie all’espulsione di massa degli abitanti autoctoni. Questi ultimi, come diceva Maxime Rodinson, quando il sionismo si affermava come movimento colonialista di stampo occidentale alla fine del XIX, facevano in qualche modo parte del panorama delle terre di conquista, ma restavano per i colonizzatori sullo sfondo: ostacoli facilmente eliminabili sulla via della conquista.

lunedì 31 maggio 2021

Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it
Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it

Leggi anche: Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini 

Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri 

Chiarezza - Shlomo Sand

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi

Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina



 Ci sono ragioni oggettive per sostenere la lunga lotta del popolo palestinese che continua a essere massacrato sotto i nostri occhi.








Purtroppo tutti i mezzi di comunicazione non fanno che creare confusione e mistificazioni per impedirci di comprendere cosa sta succedendo in questi giorni drammatici in Medio Oriente. Per questo motivo ho deciso di indicare brevemente quali sono le ragioni per le quali noi stiamo dalla parte dei palestinesi e auspichiamo la loro autodeterminazione e indipendenza.

Prima ragione. Non siamo antisemiti, perché anche i palestinesi sono semiti, ma siamo antisionisti. Gli ebrei sono detti semiti per il semplice fatto che parlano una lingua, simile a quella araba, che fa parte della famiglia linguistica semitica. Dal momento che noi stiamo con i palestinesi e guardiamo con ribrezzo ai tutti i crimini di cui sono stati oggetto gli ebrei, non siamo antisemiti, ma (le parole contano e bisogna imparare a usarle) antisionisti. Questi ultimi costituiscono quel gruppo di individui di religione ebraica, inizialmente una minoranza, che sostiene di aver ricevuto gran parte del Medio Oriente direttamente da Dio e che considera cittadini dello Stato di Israele solo coloro che sono di religione ebraica. Queste pretese sono inaccettabili oltre che giuridicamente inammissibili.

martedì 18 maggio 2021

Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri

Da: https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Articolo apparso su "Il Manifesto", 15/05/2021. - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017)

Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz 

Chiarezza - Shlomo Sand 

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi 

Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini 

https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie/ 

Quattro ore a Chatila - Jean Genet

Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Le proteste degli arabi minacciati di espulsione dal quartiere di Sheik Jarrah vengono viste come il casus belli di questa guerra. In realtà prima del 1948, della sconfitta araba e della Nakba ricordata ieri, il 77% delle proprietà nel lato Ovest di Gerusalemme appartenevano ai palestinesi, sia cristiani che musulmani. 

Difendiamo con la stessa maschera dei governi israeliani la nostra insostenibile ipocrisia e disonestà intellettuale. 


La rivolta arabo-palestinese è quella di tutti noi, per la giustizia e la vera pace, contro ogni doppio standard che da decenni avvelena Gerusalemme, la Palestina e tutto il Medio Oriente. Israele vive, da noi pienamente tollerato, nella condizione di uno Stato fuorilegge, i palestinesi, a causa anche della sua dirigenza e di Hamas, sono perpetuamente nella lista nera dei popoli criminali, non degli stati criminali semplicemente perché i palestinesi hanno diritto a uno Stato solo nella retorica occidentale che si lava le mani della questione. 

La posizione mediana assunta dai politici e dalla maggior parte dei media occidentali in realtà è la più ipocrita di tutte le sanzioni architettate in Medio Oriente. Quella che pagheremo forse in un prossimo futuro: le guerre altrui entreranno in casa nostra, come è già accaduto un decennio fa quando le primavere arabe si trasformarono, come in Siria, in guerre per procura e nel jihadismo. Finora Israele, nelle mente degli europei, ha fatto da antemurale alle rivolte e alla diffusione del estremismo islamico: in realtà ha alimentato l’incendio – Hamas sin dalla sua fondazione negli anni Ottanta serviva a mettere sotto scacco Al Fatah e i laici – e incoraggiato ogni degenerazione perché lo stato di guerra perpetuo giustifica la sua impunità e il non rispetto assoluto dei diritti degli arabi, delle leggi internazionali e delle Risoluzioni delle Nazioni unite. 

Ma la maschera israeliana, come pure la nostra, sta per cadere. È scattata la sirena d’allarme, non soltanto quella per i razzi di Hamas, ma dei linciaggi e delle rivolte nelle città israeliane abitate «anche» dagli arabi. Il venti per cento della popolazione di un Paese che si dichiara lo Stato degli ebrei ignorando tutti gli altri. 

Come scriveva questa settimana su il manifesto Tommaso Di Francesco non basta dire che entrambi i popoli hanno diritto a vivere in pace, di questa frasette inutili ne abbiamo piene le tasche e molto più di noi i palestinesi. E persino una parte consistente dell’opinione pubblica arabo-musulmana, anche di quei Paesi entrati nel Patto di Abramo, nella sostanza un’intesa che non è un accordo di pace, come è stato venduto dalla propaganda, ma di fatto un via libera a Israele per fare quello che vuole.
Come fai a vivere in pace quando confiscano le tue terre, la tua casa viene demolita, i coloni moltiplicano gli insediamenti e ogni giorno viene eretto, oltre al Muro, un reticolato di divieti di cemento difesi con il mitra spianato? La terra viene divorata, i monumenti della tua cultura sono vietati e si cambia la faccia del mondo che conoscevi: tutto questo avviene sotto occupazione militare, cioè contro il diritto internazionale. E noi qui vorremmo che gli arabi rispettassero leggi di cui noi stessi ci facciamo beffe? 

Gerusalemme è diventato il simbolo di tutte queste ingiustizie, di tutte le violazioni del diritto internazionale. Questa storica e magica città non è per niente la capitale delle tre religioni monoteiste come viene ripetuto fino alla noia: è la capitale soltanto dello Stato di Israele, come ha sancito Trump nel 2018 trasferendo l’ambasciata americana da Tel Aviv. In questa città Israele decide quello che vuole non solo per gli ebrei ma anche per musulmani e cristiani. Anche questa è una violazione del diritto internazionale, delle Risoluzioni Onu e degli Accordi di Oslo: non solo non abbiamo fatto niente per evitarlo ma lo abbiamo accettato senza reagire. Tollerando che avvenga pure senza testimoni con il bombardamento del centro stampa internazionale di Gaza e l’uccisione di una collega palestinese Reema Saad, incinta al quarto mese, polverizzata da una bomba insieme alla sua famiglia. 

Oggi le proteste della famiglie arabe minacciate di espulsione dal quartiere di Sheik Jarrah vengono viste come il casus belli di questa ultima guerra. In realtà prima del 1948, della sconfitta araba e della Nakba ricordata ieri, il 77% delle proprietà nel lato Ovest di Gerusalemme appartenevano ai palestinesi, sia cristiani che musulmani. Ma i loro beni, una volta cacciati via e i proprietari classificati come «assenti» sono stati espropriati e venduti allo Stato o al Fondo nazionale ebraico. Così si costruisce con l’ordine «liberale» del «diritto di proprietà» ogni ingiustizia. Non solo: gli ebrei possono reclamare le case che possedevano a Gerusalemme prima del 1948 ma questo diritto non è previsto per i palestinesi. Una beffa. Queste le chiamate leggi, questa la possiamo chiamare giustizia? Si tratta soltanto di un sopruso accompagnato quotidianamente dall’uso della forza militare. 

«Le vite palestinesi contano», ammonisce il leader democratico Bernie Sanders. Ma il presidente americano Biden che ieri ha mandato un inviato per verificare le possibilità di una tregua deve uscire dall’ambiguità: se concede a Israele di violare tutte le leggi e i principi più elementari di giustizia diventa complice di Trump e delle sue scellerate decisioni. In ballo non c’è soltanto un cessate il fuoco ma un’esecuzione mortale: quella che viene perpetrata ogni giorno al popolo palestinese messo al muro dalla nostra insipienza. E con le spalle al muro ci siamo pure noi che difendiamo con la stessa maschera dei governi israeliani la nostra insostenibile ipocrisia e disonestà intellettuale. 

sabato 8 maggio 2021

"Da Smith a John Stuart Mill: la missione civilizzatrice del capitale." - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)


1° incontro del ciclo di lezioni aperte al pubblico IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca Intervengono anche Ferruccio Capelli e Vittorio Morfino

                                                                           

lunedì 22 marzo 2021

Corpo biologico e corpo politico sono diventati la stessa cosa - Francesco Fistetti

Da: Nuovo Quotidiano di Puglia (Brindisi) - https://www.facebook.com/francesco.fistetti.5 -francesco fistetti insegna Storia della Filosofia Contemporanea, Università di Bari.
Leggi anche: Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze

Pandemia nel capitalismo del XXI secolo - A cura di Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

"L'oblio del Covid è vicino, ma il tempo pandemico è appena iniziato" - Nicola Mirenzi intervista Telmo Pievani

Proletari di tutto il mondo, la vera pandemia è la disuguaglianza - Pasqualina Curcio

La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Come cambia l’economia dopo la pandemia? Ne parliamo con F. Schettino

I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione a cura di Alessandra Ciattini e Marco A. Pirrone

Covid e la fine del sogno americano - Alessandro Carrera

Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou

Dopo Covid, “Rischi di esplosione delle disuguaglianze” - Intervista a Joseph Halevi

Come si muove una pandemia. Il tallone d’Achille della globalizzazione

Possibili conseguenze della pandemia: dal turismo di massa a quello di classe. - Paolo Massucci

IL COVID-19 BUSSA ALLA PORTA DELLA BARBARIE, NON DEL SOCIALISMO. - Paolo Ercolani

ECON-APOCALYPSE: ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CRISI DEL CORONAVIRUS* - Riccardo Bellofiore

Il j’accuse di Manon all’occidente liberista - Sergio Cararo 



Una breve riflessione su che cosa ci sta insegnando il fenomeno mondiale della pandemia. Essa, come avrebbe detto M. Mauss, non è un episodio congiunturale, ma un "fatto sociale totale". Ma a questa dimensione totale non corrisponde ancora un "pensiero planetario" necessario per abbandonare le illusioni neo-liberiste e cambiare in senso convivialista le nostre forme di vita. 



Ad un anno esatto dal primo lockdown nazionale la situazione sanitaria non solo in Italia, ma in tutta Europa non accenna a migliorare. In Italia abbiamo già superato la soglia delle centomila vittime da Covid-19 e la scarsa disponibilità dei vaccini rende problematica l’accelerazione della campagna per debellare il virus. 

Al di là delle sterili polemiche di casa nostra tra “aperturisti” e “rigoristi” (tra sostenitori del primato dell’economia e sostenitori del primato della salute), ciò che colpisce è che a distanza di un anno è cambiata la percezione collettiva dell’evento che stiamo vivendo a livello globale. Se fino a qualche tempo fa il sentimento dominante era la paura o lo sconcerto di fronte a un fenomeno ignoto che metteva in pericolo la vita delle persone, ora sembra essere subentrato un senso di impazienza, una voglia di ritornare il prima possibile al mondo di ieri. Anche a costo di lasciare per strada coloro che per una ragione o per l’altra non ce la fanno. È come se una componente di darwinismo sociale – riassumibile nell’assunto che è naturale che i più deboli periscano - fosse penetrata di soppiatto nel senso comune senza un’esplicita articolazione linguistica. In altre parole, l’illusione che si possa ritornare alle abituali forme di vita del passato non può che generare impazienza, dal momento che il presente non viene visto nei suoi caratteri di novità, ma assume la forma della mancanza del mondo di prima: rispetto al quale lo stato d’animo predominante è l’attesa del ritorno alla cosiddetta normalità. 

giovedì 4 marzo 2021

La lezione di De Cecco - Riccardo Bellofiore

 Da: https://sbilanciamoci.info - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)

Leggi anche: 

Un economista ‘inattuale’: Augusto Graziani, o dell’economia critica come vera conoscenza. - Riccardo Bellofiore

L’economista in tuta da lavoro: Federico Caffè e il capitalismo in crisi - Riccardo Bellofiore

IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 5 dicembre 2011

Pensare il proprio tempo. Ateismo positivo e uscita dal capitalismo in Claudio Napoleoni e Franco Rodano. - Riccardo Bellofiore -

Federico Caffè e l’«intelligente pragmatismo». (in appendice “Intervista a Federico Caffè” di «Sinistra 77») - Fernando Vianello

Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore)

Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore 

Quale attualità di Claudio Napoleoni: il contributo di Politica Economica

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore -

La Grande Recessione e la Terza Crisi della Teoria Economica - Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi -

Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore

Vedi anche: ECONOMIA PER I CITTADINI - RICCARDO BELLOFIORE

Le principali teorie economiche - Riccardo Bellofiore

Augusto Graziani e la Teoria Monetaria della Produzione*- Giorgio Gattei 



“La lezione di un conservatore illuminato”

Un ricordo di Marcello de Cecco, economista sempre stato attento a non separare mai i suoi studi sul potere e sull’economia da un impegno civile e, in fondo, patriottico.


La notorietà internazionale venne a Marcello de Cecco dai suoi studi sul sistema monetario internazionale. Il libro più celebre è Moneta e impero. Il sistema finanziario internazionale dal 1890 al 1914 (Einaudi, Torino 1979). Il volume era in realtà già comparso in una prima versione dall’editore Laterza, nel 1971, con il titolo Economia e finanza internazionale dal 1890 al 1914. La ricerca risaliva al 1968, ed era stata stimolata dalla svalutazione della sterlina dell’anno precedente, come anche dalla impressione che l’autore sempre più nutriva che il sistema di Bretton Woods, fondato su ‘cambi fissi ma aggiustabili’, fosse sulla via del collasso. Grazie alla partecipazione ad un progetto di Robert Mundell sulle crisi per la National Science Foundation statunitense de Cecco potè studiare, a Chicago e a Londra, la presunta età dell’oro del gold standard, ma anche la sua interna e crescente fragilità. In un articolo del 1973 comparso, ancora in italiano, nella Rivista internazionale di storia della banca, de Cecco proseguì il discorso commentando la crisi bancaria del 1914, ed impiegando materiali che allora non erano ancora stati resi noti, in particolare le Crisis Conferences tenute da Lloyd George in occasione della crisi del luglio 1914, trascritte dalla moglie Julia Bamford (professoressa di lingua inglese all’Orientale di Napoli). Questo saggio divenne l’ultimo capitolo di una versione ampliata in lingua inglese: Money and Empire. The International Gold Standard, 1890-1914, pubblicata da Basil Blackwell nel 1974. Il volume fu riedito dieci anni dopo da Frances Pinter, con il titolo invertito (The International Gold Standard. Money and Empire), una nuova prefazione e la correzione di una serie di errori segnalati dai recensori della prima edizione.

L’argomentazione di de Cecco era originale e in contrasto con le interpretazioni allora consuete.

domenica 13 settembre 2020

Crisi del welfare e crisi del lavoro, dal fordismo alla Grande Recessione: un’ottica di classe e di genere. - Riccardo Bellofiore, Giovanna Vertova

Da: Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - In: la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 1/2014, pp. 103-122.
Giovanna Vertova, Università di Bergamo, Dipartimento di Scienze Aziendali, Economiche e Metodi Quantitativi. -
Riccardo Bellofiore, Università di Bergamo, Professore ordinario di Economia politica. -
Leggi anche:   POTENZIALITÀ E LIMITI DEL REDDITO DI BASE - Giovanna Vertova 
                         Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore 
                         All’Europa serve un “new deal” di classe - Riccardo Bellofiore 
                         Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore  
                         La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore 
                         La Grande Recessione e la Terza Crisi della Teoria Economica - Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi 
                         Di una economia di mercato compatibile con la socializzazione delle sovrastrutture finanziarie - Federico Caffè 
                         IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 5 dicembre 2011 
                         Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore)
Vedi anche:   Donne e crisi - Giovanna Vertova


  1. Nelle pagine che seguono proveremo a impostare un discorso – sicuramente parziale – sull’intervento dello Stato in economia e la natura del welfare state. Discuteremo, in particolare, le proposte di introduzione di un reddito di esistenza e di riduzione di orario di lavoro, mettendole a confronto con una prospettiva incentrata invece sulla socializzazione dell’investimento e su un piano del lavoro, in un’ottica orientata ad una piena occupazione degna di questo nome. Nel nostro ragionamento, che muoverà sullo sfondo della dinamica capitalistica dal «fordismo» al neoliberismo e alla crisi attuale, ci muoveremo integrando la questione di classe con quella di genere.
  2. Definiamo come welfare quelle forme di intervento statale sulle economie di mercato che mirano a ridurre l’insicurezza nella soddisfazione dei bisogni fondamentali mediante l’erogazione di trasferimenti monetari, e/o di politiche regolative, e/o della fornitura di beni e servizi, e/o della creazione di infrastrutture. Tra le insicurezze cui porre rimedio vi è la disoccupazione – e dunque nel welfare rientra l’erogazione di un reddito indipendentemente dal lavoro; come anche le stesse politiche keynesiane di gestione della domanda, se finalizzate al pieno impiego. Altre forme di assicurazione sociale coprono malattie o infortuni, aiutano nella vecchiaia o nella maternità. Se passiamo dal lato della domanda di welfare a quello dell’offerta, o meglio della copertura dei suoi costi, troviamo (con maggiore o minor peso nelle diverse esperienze) i contributi sociali, l’imposizione fiscale, la fissazione di prezzi dei servizi, o ancora servizi in natura.
  3. Il welfare va ovviamente ricompreso nel sistema di riproduzione sociale della forza lavoro, essenziale per il sistema (capitalistico) di produzione di beni e servizi nella forma di merci. Il sistema di riproduzione sociale non si esaurisce nel sistema di welfare pubblico, che ne costituisce solo un sottoinsieme. Un secondo sottoinsieme è il sistema di welfare familiare, basato sul lavoro volontario e non pagato dei componenti della famiglia (ma anche sul lavoro pagato delle immigrate). Per riprodurre la forza lavoro non basta acquistare merci sul mercato o ottenerle tramite il settore pubblico, è necessaria pure una ingente quantità di lavoro non pagato per rendere queste merci usufruibili. Inoltre, è necessario che qualcuno/a si prenda cura dei bambini e degli anziani. Tutto questo lavoro non pagato comprende sia il lavoro domestico che il lavoro di cura.