Da: alternative per il socialismo, N. 65, Castelvecchi ed. - Luciano Beolchi Università degli studi Milano.
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EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur
Il riformismo sovietico ha una lunga storia, pressochè ignorata dagli studiosi occidentali. Basti pensare che il ruolo dei Soviet, l’organo Istituzionle che dà il nome allo stato – Unione Sovietica - e attraverso cui si esercita il potere costituzionale del popolo, era stato modificato già tredici volte solo nei precedenti quindici anni prima che Gorbaciov, scomparso lo scorso 30 agosto, ne promuovesse la quattordicesima modifica nel 1987.
In tempi recenti, dopo quello di Kruscev, il tentativo più consistente di riforme si deve al Primo Ministro Alexsej Kosygin, negli anni sessanta ed era incentrato su una riforma delle imprese e della gestione dell’economia non molto diversa da quella poi avviata da Gorbaciov e che conosciamo come Perestrojka (ricostruzione o ristrutturazione).
Jurij Andropov, successore di Brežnev alla guida del Pcus, alla fine degli anni Settanta aveva commissionato uno studio per calcolare il Pil sovietico secondo criteri qualitativi occidentali, con l’integrazione del concetto di valore aggiunto e non più solamente basato sul volume della produzione: in base a quello studio l’Urss si vide sorpassata da Germania e Giappone1.
Più o meno negli stessi anni, nel 1983, si pubblicò il documento noto come Manifesto di Novosibirsk, con una tesi suggestiva che Gorbaciov riprese pari pari nel suo libro Perestrojka, senza peraltro citare né la fonte né l’origine. È la tesi secondo cui la crisi economica dell’Urss sarebbe dipesa dal fatto che il sistema dei rapporti di produzione fosse notevolmente arretrato rispetto al livello di sviluppo delle forze produttive. Quindi proprio un eccesso di forze produttive a fronte di un’incapacità di un loro pieno utilizzo all’interno dei rapporti esistenti poteva spiegare compiutamente la situazione economica dell’Urss.
Nel 1985 Alexandr Jakovlev, tornato da poco dal Canada dove aveva ricoperto la carica di ambasciatore, elaborò un documento di indirizzo ben diverso intitolato “Gli imperativi dello sviluppo politico” che venne inviato a Gorbaciov e che costituì un abbozzo di quello che diventerà in seguito il programma della Glasnost (trasparenza). Un secondo documento che svilupperà le stesse tesi e quelle della Perestrojka fu sviluppato nel 1986.
Insieme a Jakovlev, Grigorijj Javlinskij, tutt’ora sulla breccia come capo del partito d’opposizione liberale Jabloko, cominciava in quegli stessi anni, tra 1982 e1983, a esporre i principi di un passaggio rapido e violento dal sistema socialista a quello capitalista, quelli che poi sarebbero confluiti nel Programma dei Cinquecento giorni, sostanzialmente attuato da Boris Eltsin nel modo che portò al primo disastro dell’economia russa tra 1991 e 1994. Entrambi assunsero ruoli decisivi nella gestione dell’economia sotto Gorbaciov e conservarono la loro posizione con El’tsin che presto li sostituì con i più spregiudicati Egor Gajdar e Anatolij Chubajs, di orientamento decisamente filoliberista, mascherato dietro la cosiddetta “economia socialista di mercato”.
Il Manifesto di Novosibirsk corrisponde alla relazione della sociologa ed economista Tatyana Zaslavskaya (1927-2013) “Sul miglioramento dei rapporti di produzione del socialismo e dei compiti della sociologia economica” presentata al seminario scientifico “Il Meccanismo sociale dello Sviluppo Economico”) che si tenne appunto a Novosibirsk nell’aprile del 1983.
Il manifesto si apriva con queste considerazioni sul peggioramento dell’economia sovietica: “Per decenni lo sviluppo sovietico è stato caratterizzato da tassi elevati e grandi stabilità. Ciò ha involontariamente ispirato l’idea che quelle caratteristiche fossero organiche per un’economia socialista pianificata. Tuttavia, nel corso degli ultimi dodici-quindici anni lo sviluppo dell’economia nazionale ha iniziato a mostrare una tendenza verso una notevole diminuzione del tasso di crescita del reddito nazionale. Se nell’VIII Piano quinquennale la crescita media era del 7.5% e nel IX del 5.8%, nel X è scesa al 3.8% e nei primi anni dell’XI è stata del 2.5% (con la crescita della popolazione in media dello 0.8% annuo). Ciò non garantisce né il tasso di crescita richiesto nel tenore di vita delle persone, né un intenso ammodernamento tecnico della produzione.”
Gorbaciov e le carte vincenti