sabato 22 ottobre 2022

L'Olocausto "dimenticato" di Salonicco - Alberto Negri

Da Bazar Mediterraneo - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021) 

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Gli ebrei erano quasi la metà della popolazione di Salonicco: dai campi di sterminio ne tornarono poche centinaia e altri scamparono con carte di identità rilasciate dal console italiano. 

La fine di ogni illusione a Salonicco avvenne di colpo, in un calda giornata d’estate. Fu uno shock quando, senza alcun preavviso, l’8 luglio 1942 il comandante della Wermacht ordinò a tutti i maschi ebrei tra i 18 e i 45 anni di venirsi a registrare. “Chiunque appartenga alla razza ebraica è considerato ebreo, indipendentemente dalla religione che professa oggi”. In piazza Eleftheria, piazza della Libertà, vennero radunati tutti gli uomini ebrei della città per portarli nei campi di lavoro forzato. Quello che colpì gli osservatori furono le umiliazioni e le sevizie imposte pubblicamente agli ebrei. 

Una crudeltà che aveva impressionato il console italiano Guelfo Zamboni: “Finora _ scriveva nei suoi rapporti a Roma _ non erano stati emanati chiari ordini antisemiti. Adesso all’improvviso, dopo alcuni segnali premonitori passati quasi inosservati, la questione è stata sollevata in tutta la sua pienezza”. Zamboni non riuscì a evitare la tragedia, però fece quanto si poteva per salvare gli ebrei italiani. Riuscì anche a estendere la cittadinanza italiana provvisoria a 280 ebrei greci. I certificati di nazionalità italiana, con l'aggiunta a mano “provvisorio”, furono concessi a persone che non conoscevano una parola di italiano, ricorrendo allo stratagemma dei lontani parenti. Il loro numero si accrebbe fino a toccare le 350 unità. Zamboni li salvò dalla deportazione. Lasciò Salonicco il 18 giugno 1943 per tornare a Roma. La protezione degli ebrei venne proseguita dal successore Giuseppe Castruccio che organizzò il “treno della salvezza”, il convoglio che trasportò gli ebrei con passaporto italiano ad Atene, situata nella zona d’occupazione italiana. Zamboni rimase un perfetto sconosciuto in patria fino alla soglia dei 95 anni (nel 1992), quando concesse la prima intervista dopo una lettera inviatagli dall'istituto ebraico Yad Vashem. 

Sephiha, capo negli anni Novanta della residua comunità ebraica di Salonicco, mi accolse parlando il judezmo, la lingua ladina conservata per secoli degli ebrei sefarditi della città e mi confermò tutto: “Ecco vede _ disse estraendo un documento dal portafoglio _ questa è la carta di identità italiana che mi ha consentito di fuggire da qui durante i rastrellamenti nazisti”. Sephiha la portava sempre con sé, come un salvacondotto irrinunciabile. Il console italiano continuava a vivere nella memoria degli ebrei sopravvissuti. 

Le proprietà degli ebrei cominciarono a essere espropriate, accompagnate da una campagna di propaganda di agenti collaborazionisti greci e poco tempo dopo, su richiesta della stessa municipalità di Salonicco, cominciò anche la distruzione del cimitero ebraico con 500 operai che distrussero migliaia di tombe, alcune delle quali risalenti al 15° secolo: il cimitero era assai vasto, 35 ettari, e ospitava centinaia di migliaia di tombe. Dopo qualche settimana di sbancamenti la necropoli sembrava fosse stata bombardata o colpita da un’eruzione vulcanica. Dopo la guerra le autorità greche decisero che quella zona era stata definitivamente espropriata e oggi vi sorge il campus dell’università Aristotele. 

Stava cominciando la soluzione finale anche per gli ebrei di Salonicco. Gli italiani se ne accorsero e informarono gli ebrei con cittadinanza italiana che sarebbero stati protetti se fossero state introdotte le politiche razziali tedesche. Le SS protestarono con Roma mentre Adolf Eichmann, responsabile della logistica, mordeva il freno e nel gennaio 1943 inviò due esperti aguzzini tra cui il suo braccio destro Alois Brunner e Dieter Wisliceny per avviare le deportazioni e mandare gli ebrei nelle camere a gas. La faccenda doveva risolversi in due tre-mesi, questo era l’ordine del “contabile” di Hitler che finì poi impiccato in Israele mentre Wisliceny venne giustiziato in Cecoslovacchia nel 1948. Brunner invece camperà a lungo e, come vedremo, la sua sorte sarà assai diversa e per certi versi sorprendente. 

Brunner e Dieter Wisliceny arrivarono il 6 febbraio 1943 e fecero applicare le leggi di Norimberga in tutto il loro rigore, imponendo l'uso della stella gialla e restringendo drasticamente la libertà di circolazione degli ebrei. Questi furono radunati alla fine di febbraio 1943 in tre ghetti, poi trasferiti in un campo di transito nel quartiere del barone Hirsch in prossimità della stazione, dove li attendevano i treni della morte. Per facilitare l’operazione i nazisti si appoggiarono sul rabbino Zwi Koretz (che morì tre mesi dopo la liberazione dei russi di Bergen-Belsen), che pretendeva la totale obbedienza agli ordini dei nazisti, e su una polizia ebraica diretta da Vital Hasson che percorreva a cavallo mulinando il frustino i quartieri ebraici abbandonandosi al saccheggio e ad atti di inaudita violenza contro il resto della comunità. 

Il primo convoglio partì il 15 marzo. Ogni treno trasportava da 1000 a 4000 ebrei, attraversando tutta l’Europa centrale principalmente verso Birkenau, un convoglio partì per Treblinka ed è possibile che siano avvenute deportazioni verso Sobibor, poiché vi si ritrovarono alcuni ebrei di Salonicco. La popolazione ebrea di Salonicco era talmente numerosa che la deportazione si protrasse per alcuni mesi fino al 7 agosto. 

54000 sefarditi di Salonicco furono spediti nei campi sterminio. Circa il 98% della popolazione ebraica della città fu eliminata durante la guerra. 

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