Da:
la
Contraddizione n. 84 (2001) - https://rivistacontraddizione.wordpress.com/ - gianfrancopala è
un economista italiano.
Leggi anche: https://rivistacontraddizione.wordpress.com/2018/11/25/tiremm-innanz/
La
“Casa” ovvero la Cosa dell’Altro mondo
Freedom
house: questo è il
nome, brillantissimo, di una delle più cospicue Ong
[le cosiddette organizzazioni
non governative!],
segnalatasi per le sue ripetute operazioni a pro del grande capitale
transnazionale – e a propaganda di esso – e delle istituzioni
sovrastatuali che l’assecondano; essa dice di sé: “è una
organizzazione non
profit e non di parte,
una voce chiara per la democrazia e la libertà nel mondo, che opera
sull’intero pianeta per diffondere la libertà politica ed
economica”. Quanto al suo carattere “governativo”, che invoca
“libertà” e “democrazia” per l’universo mondo, non
c’è ombra di dubbio, dalla forma di governo nazionale a quella
sovranazionale. Per quei pochi che ancora
non sono avvezzi alla lingua inglese, è bene far osservare che
“freedom house”
sta a significare semplicemente “casa
della libertà”! Si
soppesi, perciò, quanta sia la fantasia con cui il prof. Buttiglione
abbia suggerito al cav. Berlusconi il nome per il suo “polo” –
in perfetto allineamento Cia.
Che
la “n”
di codeste organizzazioni stia per “non
poco”, anziché per
il preteso “non”, l’abbiamo già ripetutamente detto, ancorché
non sistematicamente [cfr. nn. 46, 47, 60, 72-75, 77, 80, 81, 83].
Merita adesso con maggiore precisione riepilogare il tutto per fare
il punto sulle loro caratteristiche “governative”; queste
sono tese sia a procurare vantaggi economici al grande capitale,
quello soprattutto che vola all’estero, sia a bieche operazioni di
“copertura”, che in italiano convien chiamare di “spionaggio”,
di propaganda, ovvero di filtro per attività illecite (finanziamenti
neri, traffico di droga, fornitura di armi, ecc). La subordinazione
che asseconda la falsa coscienza dell’“umanitario” apre una
fetta di mercato, come si dirà più oltre, attraverso la formazione
di varie O(n)g,
banche etiche, istituzioni (come Medici
senza frontiere),
fondazioni come quella “per
una società aperta”
di Soros, ecc., le quali agevolano la stratificazione di un mercato
finanziario parallelo e funzionale alle grandi linee creditizie.
Quello
“umanitario” è un mercato facile, redditizio e di sicura
espansione. Nell’era del capitale transnazionale, “aiuto”
equivale a guadagno, e pertanto i gestori degli “aiuti” debbono
azionare microimprenditori, anche individuali, per rispondere agli
interessi della macroeconomia dominante. I movimenti di classe e il
loro sviluppo teorico non possono ignorare l’ampiezza e la
portata mondiale di questa messinscena e aggressione antiproletaria,
che non è solo menzogna o dispotismo ma soprattutto utile, profitto.
Ma proprio per la complessità di tali funzioni “governative”,
conviene procedere con ordine, cominciando da quelle economiche per
finire con quelle maggiormente legate ai servizi segreti.
Una
precisazione è opportuna prima di procedere. Va da sé – come è
normale – che si può mandar salva dall’impostazione stessa delle
critiche, che precede, e dal loro successivo sviluppo quella piccola
minoranza di Ong
che certamente c’è e che prosegue con relativa indipendenza nella
sua lotta di classe antimperialistica. Non per nulla codeste
organizzazioni antagoniste non ricevono fondi da Bm, Fmi o
istituzioni “governative” usamericane ed europee, e si
sostengono solo assai limitatamente con l’autofinanziamento
militante. Tuttavia non li ricevono neppure organizzazioni
“volontarie” minori che con la lotta di classe non hanno nulla a
che fare, anzi; esse pretendono di diffondere l’ideologia
“buonista” e caritatevole, del soccorso ai diseredati, agli umili
e ai poveri, secondo cui non ci sono “né buoni, né cattivi”
[come sostengono, nettamente al contrario di noi, quelli di
Emergency],
ideologia che fa il paio con la sparizione “neo-revisionistica”
delle differenze tra destra
e sinistra.
Ma,
appunto per questo – cioè la loro scarsissima forza, ossia la loro
disarmante debolezza – rispetto all’invadenza delle grandi O(n)g
[paradossalmente, si può dire che tra queste la meno compromessa
potrebbe essere proprio una delle più antiche organizzazioni, ricca
di suo, Amnesty
international,
nonostante le sue frequenti “amnesie” filoamericane di contro
alla sua ferrea memoria anticomunista] legate alle transnazionali e
alle organizzazioni sovrastatuali, l’infima minoranza di quelle
piccole e autonome può ben poco, oggi, sotto il predominio del modo
capitalistico della produzione sociale: questa è esattamente la
stessa cosa che si può dire a proposito degli “ectoplasmi”
delle esistenti organizzazioni politiche comuniste sparse nel mondo e
nei singoli paesi.
Va
anche premesso a scanso di equivoci – ma ciò dovrebbe spiegare
molte cose ai “comunisti” – che mai le O(n)g
hanno preteso di porsi in antitesi al modo di produzione
capitalistico, e mai perciò hanno rivendicato la proprietà delle
condizioni oggettive della produzione. Ma non sono neppure arrivate
almeno ad “accettare” negativamente
il sistema capitalistico, a es. come i sindacati di classe i quali
fanno della lotta economica sulle condizioni antagonistiche del
lavoro salariato il loro fulcro. Molti nell’“asinistra”
affrontano la questione solo nel suo aspetto esterno incombente [Bm
e Fmi]
e non nei suoi potenziali aspetti “dal basso”, accompagnando il
pentimento degli ex marxisti e la loro conversione al “nuovismo”.
Cosicché America latina, Europa dell’Est, Africa, possano essere
portati dagli organismi sovrastatuali come “testimonianze” del
trionfo del “libero mercato” e della “crisi del marxismo”.
Si
può anche rammentare quanto ebbe a scrivere Marx [per le Istruzioni
ai delegati Ail, nel 1864 – cfr. L’inchiesta
operaia, la Città del
Sole, Napoli 1994-2000], a proposito delle piccole cooperative.
“Ristretto tuttavia alle forme insignificanti in cui i singoli
schiavi salariati possono elaborarlo con i loro sforzi
individuali, il sistema
cooperativo non
trasformerà mai la società capitalistica. Per modificare la
produzione sociale in un unico sistema vasto e armonioso di lavoro
libero e cooperativo, si richiedono cambiamenti
sociali generali –
cambiamenti delle
condizioni generali della società
che non saranno mai realizzati se non con il trasferimento delle
forze organizzate della società, cioè il potere dello stato,
dai capitalisti e dai proprietari fondiari ai produttori
stessi”.
La
magnifica invenzione