martedì 7 ottobre 2025

Lavrov all’ONU: “Vogliono la guerra totale” | Conferenza stampa integrale

Da: frontezeroSergej Viktorovič Lavrov è un diplomatico e politico russo, attuale Ministro degli affari esteri della Russia. È attualmente il secondo ministro degli esteri al mondo per permanenza in carica.


Conferenza stampa integrale di Sergey Lavrov del 27 settembre 2025 a margine della settimana di alto livello dell’Assemblea Generale ONU. Il Ministro degli Esteri russo risponde a domande su Ucraina, Gaza, Iran, multipolarismo e ruolo delle Nazioni Unite.

                                                                         

lunedì 6 ottobre 2025

Il capitale di Marx oggi - Roberto Fineschi

Da: Materialismo Storico, n° 1/2025 (vol. XVIII) – E-ISSN 2531-9582 -  https://marxdialecticalstudies.blogspot.com - 

Roberto Fineschi (https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Fineschi) è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). - 

Vedi anche: "MARX e HEGEL Fondamenti per una rilettura" - Roberto Fineschi 

Leggi anche: Il «nuovo» Capitale: una teoria in costruzione - Sebastiano Taccola  

L’attualità del Capitale, liberato dalle secche di interpretazioni superate - Ascanio Bernardeschi intervista Roberto Fineschi 


Buonasera a tutti. Grazie al prof. Azzarà per aver organizzato questo evento e a tutti i colleghi che si sono resi disponibili per venire a discuterne. Estendo i ringraziamenti ai presenti per la loro partecipazione. 

Iniziamo dal feticcio: il libro è editorialmente bellissimo, arricchito da stampe di dipinti otto-novecenteschi sulla storia del lavoro. Una prima nota da mettere in evidenza è che il volume è uscito nei Millenni di Einaudi, vale a dire un classico che resiste al tempo e che dura nei secoli. Qualcuno potrebbe interpretarla come una sorta di imbalsamazione, il bel monumento... ai caduti. Invece, almeno per i contatti che ho avuto io con la casa editrice, mi è parso che ci fosse l’idea di un contenuto politico,di politica culturale. Come se ci fosse una sorta di malessere anche all’interno della cultura ufficiale “borghese” nei confronti delle teorie predominanti. Probabilmente anche una borghesia diciamo moderatamente progressista e di vedute più ampie si rende conto che certi paradigmi mainstream, ahimè spiegano sempre meno e che quindi una strumentazione che parta da un paradigma diverso, anche senza volerlo abbracciare ovviamente in toto, può essere presa in considerazione; forse certe categorie non sono da buttar via. C’era anche una dimensione culturale, di politica culturale, per dare degli spunti contenutistici anche a un possibile movimento progressista in senso lato. 

Veniamo più concretamente all’edizione. Innanzitutto è una ritraduzione completa, non solo mia; diamo onore ai miei collaboratori che sono Stefano Breda, Gabriele Schimmenti e Giovanni Sgro’. Abbiamo diviso in quattro eque parti e poi chiaramente è stato rimesso insieme, omogeneizzato dal sottoscritto. 

domenica 5 ottobre 2025

"Il revisionismo storico. Problemi e miti" - Domenico Losurdo

Da: osservatorio filosofico - Domenico Losurdo (Sannicandro di Bari, 14 novembre 1941 – Ancona, 28 giugno 2018) è stato un filosofo, saggista e storico italiano. - http://domenicolosurdo.blogspot.com 


"Il revisionismo storico. Problemi e miti", di Domenico Losurdo. Un testo che, con una mole impressionante di aneddoti e riferimenti, spiega ampiamente come e perché a scrivere la Storia sono sempre quelli che vincono. 

                      

sabato 4 ottobre 2025

Intervento di Susan Abulhawa al dibattito della Oxford Union* -

Da: https://www.assopacepalestina.org - https://www.anbamed.it - Susan Abulhawa è una scienziata, scrittrice e attivista palestinese-americana. Il suo primo romanzo, Ogni Mattina a Jenin, è stato tradotto in 32 lingue e ha venduto più di un milione di copie.

Vedi anche: Chi è Susan Abulhawa https://www.anbamed.it/2025/01/01/intervista-a-susan-abu-alhawa 
Leggi anche: “A Gaza l’imperatore è nudo, la sua malevolenza è chiara. Chi tace è complice” - Maria Tavernini e Alessandro Di Rienzo

Per ascoltare il discorso in inglese: 
Susan Abulhawa | This House Believes Israel is an Apartheid State Responsible for Genocide https://www.youtube.com/watch?v=2ZCWCGebAuU 

Non risponderò alle domande finché non avrò finito di parlare, quindi, per favore, astenetevi dall’interrompermi.

Al Congresso Mondiale Sionista del 1921 Chaim Weizman, un ebreo russo, in merito al problema di cosa fare degli abitanti indigeni del territorio, disse che i palestinesi erano simili alle “rocce della Giudea, ostacoli che devono essere eliminati come su un difficile sentiero”.

David Gruen, un ebreo polacco che cambiò il suo nome in David Ben Gurion per sembrare appartenere alla regione disse: “Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto”.

Ci sono migliaia di conversazioni di questo tipo tra i primi sionisti che pianificarono e attuarono la colonizzazione violenta della Palestina e l’annientamento del suo popolo nativo. Ma ci riuscirono solo in parte, assassinando o epurando etnicamente l’80% dei palestinesi, il che significa che il 20% di noi è rimasto, un ostacolo resistente alle loro fantasie coloniali che divenne oggetto delle loro ossessioni nei decenni successivi, soprattutto dopo aver conquistato ciò che restava della Palestina nel 1967.

I sionisti si lamentano della nostra presenza e dibattono pubblicamente in tutti i circoli (politici, accademici, sociali, culturali) cosa fare di noi, cosa fare del tasso di natalità palestinese, dei nostri bambini che loro definiscono una minaccia demografica.

Benny Morris, che originariamente avrebbe dovuto essere qui, una volta espresse rammarico per il fatto che Ben Gurion “non avesse finito il lavoro” di sbarazzarsi di tutti noi, il che avrebbe evitato quello che loro chiamano il “problema arabo”. Benjamin Netanyahu, un ebreo polacco il cui vero nome è Benjamin Mileikowsky, una volta si lamentò dell’occasione mancata, durante la rivolta di piazza Tienanmen del 1989, di espellere ampie fasce della popolazione palestinese “mentre l’attenzione mondiale era concentrata sulla Cina”.

Alcune delle loro argomentate soluzioni per il fastidio provocato dalla nostra esistenza includono la politica di “rompergli le ossa” negli anni ’80 e ’90, ordinata da Yitzhak Rubitzov, ebreo ucraino che cambiò il suo nome in Yitzhak Rabin (per le stesse ragioni).

Quella politica orribile che ha reso disabili generazioni di palestinesi non è riuscita a farci andare via. E, frustrati dalla resilienza palestinese, è emerso un nuovo discorso, soprattutto dopo che un enorme giacimento di gas naturale è stato scoperto al largo della costa settentrionale di Gaza del valore di trilioni di dollari.

venerdì 3 ottobre 2025

Operazione Bluemoon - Eroina di Stato -

Da: vincitorige - 

Documento della Rai sull'operazione Bluemoon. Nel periodo più duro dello scontro di classe avvenuto negli anni 70, nelle piazze italiane fa la sua comparsa un nuovo tipo di droga "L'eroina". Un mare che avanza inesorabilmente, propagandato e pubblicizzato come atto liberatorio di fatto inghiotte e fagocita le coscienze e l'azione di migliaia di giovani militanti dell'autonomia (dopo il 77 il mare divenne un oceano) arrivando lì dove il bastone dello stato borghese non poteva colpire.

                                                                            

La storia riguardo le motivazioni è abbastanza veritiera. Il fatto che i giovani dei primi anni '70 come me, credessero che la mariuhana (che poi era l'hashish che girava, l'erba era troppo leggera ed ingombrante da trasportare attraverso le frontiere) fosse la "droga" più pericolosa in assoluto, è un'emerita stronzata. Lo sapevamo benissimo che l'hashish non provocava dipendenza. I fatti si sono svolti diversamente. Nei primi anni '70 Roma era piena di fumo di tutti i colori, odori e provenienze. Già allora fumava molta gente che si riforniva in diversi bar, muretti, parchi. Improvvisamente un "bel" giorno il fumo scomparve. Andavamo in giro a chiedere fumo e tutti ci dicevano la stessa cosa: "Il fumo non c'è, c'è solo eroina". Non è neanche vero che non si sapesse niente dell'eroina, perchè dall'America erano arrivate le notizie di cosa provocava. Solo che erano voci che si spargevano a livello di passaparola. Perchè penso che questa "operazione blue moon" era allo studio già da un po', quindi i media non ne parlavano proprio. Quando la provai per la prima volta, ero consapevole che non era una cosa da fare in modo continuato come il fumo. Quello che non sapevo e non sapevano molti altri, era che una volta che l'avevi assaggiata, sarebbe stato molto difficile, anzi, diciamo pure quasi impossibile, non ripetere l'esperienza. Per poco più di un mese non successe niente. La compravo perchè mi piaceva. Non perchè il mio corpo ne avesse bisogno. Poi sono cominciati i fastidi: sbadigli e lacrimazione incontrollabili, mal di schiena, le gambe che non ti sostenevano, i muscoli incordati, l'ansia alle stelle e la mente che non riusciva a pensare ad altro. Non me la sono mai presa più di tanto per quello che ci avevano fatto. Eravamo la prima generazione scolarizzata di massa. Conoscevamo la Costituzione, i nostri diritti e li reclamavamo a brutto muso. Se guardo la cosa coi loro occhi, la sola cosa che potevano fare era distruggerci psicologicamente e fisicamente. Si parlava nelle prime radio private, nelle piazze e nei cortei ed eravamo credibili perchè parlavamo Costituzione alla mano. Non avrebbero potuto in nessun modo screditarci politicamente. Eravamo pericolosi per il sistema. Si sono studiati una bella trappola a tavolino e noi ci abbiamo infilato dentro tutti e due i piedi. Purtroppo la cosa brutta è stata che l'eroina non è un arma da cecchini, ma un'arma di distruzione di massa. Ci sono caduti e ci sono morti un sacco di giovani che con la politica non avevano niente a che fare. Ma loro ci avevano visto giusto, perchè tra quelli che non ci sono cascati, parecchi poco tempo dopo hanno dichiarato guerra armata allo stato. Se non ci fossimo caduti in tanti quell'esercito contro lo stato sarebbe stato molto più numeroso. Certo non li giustifico, ma nemmeno riesco ad odiarli, perchè ci hanno visto più lontano di noi. Poi non era nemmeno impossibile scoprire dove sarebbero andati a parare. Si sapeva cosa era successo negli USA, non serviva la sfera di cristallo per scoprire che stavano facendo la stessa cosa qui. Era una guerra e purtroppo le guerre pulite non esistono. 

giovedì 2 ottobre 2025

Dallo sciopero al fronte di lotta internazionale - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 

L’atroce genocidio dei palestinesi ha suscitato negli ultimi tempi numerose manifestazioni in tutte le parti del mondo, compresa l’Italia. Ha anche spinto molti capi di Stato nella recente Assemblea generale delle Nazioni Unite ad attaccare la folle politica dello Stato sionista e l’appoggio fornito a esso dagli Usa, che hanno bloccato qualsiasi possibilità di intervento umanitario volto a poner termine all’eccidio. L’aspetto importante di queste proteste sta nel fatto che, accanto all’assoluto sostegno al popolo palestinese, sono apparse anche rivendicazioni di carattere politico e sociale, che mostrano come stia divenendo sempre più chiaro il legame tra la politica bellicista del blocco euroatlantico e l’austerità fascista che si vuole imporre ai lavoratori del mondo. 


Le numerose manifestazioni contro l’atroce genocidio perpetrato in Palestina, che si sono svolte in molte città italiane lo scorso 22 settembre con la partecipazione di lavoratori, famiglie, giovani, bambini, indette dall’Usb, dai sindacati di base e da altre organizzazioni radicali, hanno riunito circa un milione di persone. Un evento che è stato da molti definito storico, caratterizzato da uno sciopero generale e dai blocchi ai porti di Genova, Salerno, Marghera, Livorno, delle stazioni di Napoli, Milano e Roma e di alcune tangenziali senza suscitare le disapprovazione degli automobilisti che sono rimasti in coda. Molti esultano affermando che la rassegnazione, il sentimento di impotenza delle masse sono finalmente finiti e che ora probabilmente comincia un’altra fase, non solo in Italia come vedremo, che riporterà – ci auguriamo – i lavoratori al centro dell’iniziativa politica non solo contro quello che sta avvenendo a Gaza, ma anche contro la guerra in tutte le sue forme e contro tutte quelle politiche antipopolari che sono la diretta conseguenza delle folli scelte belliciste degli Usa e del suo vile e corrotto sottoposto: l’Unione Europea.

L’evento era stato preceduto da una serie di altre proteste, che non hanno avuto la stessa affluenza, tra cui la mobilitazione indetta dalla Cgil insieme a uno sciopero di 4 ore dei lavoratori, con un presidio a Roma davanti a Montecitorio. Naturalmente, in questo momento così difficile e pericoloso (per alcuni saremmo già entrati nella Terza guerra mondiale) la celebrazione di due manifestazioni distinte, dovute al fatto che la cosiddetta sinistra (Pd e company), deve sempre difendere la sua immagine moderata e mite, costituisce un controsenso e anche un’espressione di vigliaccheria da parte di questo settore che suscita sempre meno interesse in gran parte della popolazione. Tuttavia, molti di quelli che continuano a essere legati a queste organizzazioni sono scesi in piazza il 22 settembre, esprimendo la volontà di una presa di posizione forte contro il genocida Israele e a difesa della Global Sumud Flotilla, che sta tentando di portare aiuti allo stremato popolo di Gaza. 

mercoledì 1 ottobre 2025

La sparizione della Palestina: cos’è la pulizia etnica in Cisgiordania - Roberta De Monticelli

Da: https://www.phenomenologylab.eu - Roberta De Monticelli è una filosofa italiana. Ha insegnato filosofia del linguaggio all'Università di Pisa e alla Università degli Studi di Milano. Ha poi insegnato dal 1989 al 2004 Filosofia moderna e contemporanea all'Università di Ginevra
Vedi anche: Libertà del volere: un'illusione antica? - Roberta De Monticelli 


 Questo pezzo, uscito il 24 settembre 2025 sul “manifesto” e ripreso sul sito di Assopace Palestina non è che una prima sintesi del viaggio che sotto la guida di Luisa Morgantini, anima viva della Palestina resistente nonviolenta, e con l’organizzazione – miracolosa, di questti tempi – di Assopace Palestina ha visto una quarantina e più di persone delle più varie età e provenienze – e fra loro molti giornalisti – attraversare in lungo e in largo per oltre 10 giorni quello che resta della Cisgiordania, di Gerusalemme est, e di alcune città un tempo a prevalenza araba inglobate nello Stato di Israele. Molto ancora verrà dai report dei partecipanti. Ho scelto a simbolo di questo viaggio  La zona d’ombra che vela il cerchio di pietre intorno al sangue di Awdi, leader e resistente nonviolento della piccola comunità di Umm Al Kheir, apparentemente condannata dalle ruspe dei coloni  che avanzano implacabili (si sentiva il loro rumore sullo sfondo). A pochi metri da lì abbiamo visto l’assassino aggirarsi impunemente, col suo mitra a tracolla. E’ come il seguito del film No Other Land, che proprio in quell’area, Masafer Yatta, si svolge. 


E’ già sulle pagine dell’Economist. Mentre anche alcuni stati d’Europa si apprestano a riconoscere lo stato di Palestina, la Palestina sta sparendo, sotto i nostri occhi. La lunga, lunghissima sosta che ai veicoli provenienti da Gerico viene imposta dalla polizia israeliana di frontiera al valico di Allenby ci lascia il tempo di sfogliare la stampa internazionale. Certo, è in crude parole il senso più comunicabile di questo viaggio nel basso inferno, che ancora una volta Assopace Palestina e la sua anima illuminata, Luisa Morgantini, ha permesso di fare a chi ha fame e sete di conoscenza, ancora prima che di giustizia.

La Palestina sta sparendo – è la sola certezza sopravvissuta a  questa decina di giorni di traversata del dolore, dell’umiliazione, dell’angustia estrema che provoca  il cappio inesorabile di muri e cancelli e violenza bruta, stretto intorno al collo magrissimo della Cisgiordania. Che ti pare di respirare a fatica, di sentirlo intorno al tuo collo, quel cappio. Il cappio della pulizia etnica, che è rubare terra, demolire case, gettare cemento nei pozzi, affamare i dipendenti delle amministrazione sempre più stracciate delle aree A, fino a che  non amministrino più che miseria, sporco e disperazione. Perché l’annessione è questo: prendersi la terra, l’acqua e ogni risorsa, appropriarsi perfino delle ricette tradizionali palestinesi, dopo aver ridotto a quasi nulla le risorse dell’UNRWA la United Nations Relief and Works Agency for Palestine, cioè dell’ultimo resto di quella che fu l’umanità comune e la nostra solidarietà, con un sistema di scuole che aveva reso la Palestina il più alfabetizzato dei Paesi arabi e certo anche di molti paesi occidentali. E’ rapinare le terre dove c’è memoria dei millenni umani, a costo di farne falsi, ridicoli trofei al mito di Sion, come le mura di Gerico crollate al suono dello shofar, quasi voleste metter sotto teche nazional-tribali le piume degli angeli, o mettere nelle bottigliette dei turisti la Ruah, il soffio di Gerusalemme. E’ sradicare ulivi e ammazzare bestiame, è distruggere scuole e teatri, è uccidere: per annettere la Palestina, non i palestinesi. Quelli vanno ormai esplicitamente, senza vergogna, chiusi nei ghetti sempre più stretti, sorvegliati, chiusi, delle loro città.

Ci scorrono nella mente le immagini delle  città palestinesi  che abbiamo attraversato – Gerico l’antichissima, Betlemme inginocchiata sulla sua mangiatoia vuota, deserta di turisti, Gerusalemme Est nel cappio dei sequestri di case e proprietà palestinesi a Jeikh Sharrah, Ramallah che pulsa intorno al grande cuore di Fadwa Bargouti, moglie e avvocata di Marwan Bargouti – quello che chiamano il Nelson Mandela palestinese, che da oltre vent’anni è nelle carceri israeliane. Quello che un torvo gaglioffo chiamato Ben Gvir, che oggi rappresenta lo stato di Israele si è permesso poche settimane fa di andare vigliaccamente, con un suo manipolo di manigoldi, a minacciare a favore di telecamere fin dentro la sua prigione di tortura e fame.

E poi Jenin, Jenin e la meravigliosa avventura del Freedom Theatre, oh guardatevi almeno le sue origini, che sono le origini stesse della tragedia israelo-palestinese, nel film Arna’s Children, girato dal suo fondatore Juliano Mer Khamisun omaggio a sua madre o forse alla sua terra. E Nablus e il campo di Balata, e Tulkarem – la triade dei campi profughi svuotati, oltre quarantamila negli ultimi due anni. E Hebron, naturalmente, questa metafora del male che si insedia in alto, come gli avamposti dei coloni cresciuti a dismisura in questi due anni, e avvelena e isterilisce e insozza tutto ciò che tocca, ma a Hebron l’alto vuol dire i piani alti delle case, rubati alla città araba, il cui nome invece, Al Khalil, vuol dire l’Amico, così come Haram el Khalil è la tomba dell’Amico, la cui supposta sepoltura verrà presto totalmente appropriata da una nazione che pare sempre più abissalmente precipitare verso lo stato tribale. L’Amico è Abramo, il padre delle genti. Di tutte le genti del libro.

Se a Gaza c’è il genocidio, nel resto della Palestina c’è la pulizia etnica, che è questo: questo stringersi inesorabile del cappio al collo di un impiccato, questo abbattersi implacabile dei martelli sui chiodi di un crocefisso. Mille morti ammazzati dall’esercito o dai coloni, 10.000 prigionieri di cui 3500 in detenzione amministrativa, senza formalizzazione di accusa e possibilità di difesa contro tortura e fame; 40.000 rifugiati sfollati, 30 comunità contadine espulse dalle loro valli, il progetto E 1 della grande area da ripulire a nord est di Gerusalemme, che lascerà il cuore della Palestina per sempre separato da ciò che ne resta – le sei città-prigione dove il futuro è abolito. E’ questo, che è successo qui dopo il 7 ottobre.

martedì 30 settembre 2025

LORO TRUMP, NOI LULA

 Da: Maurizio Acerbo - 



Da leggere il discorso del Presidente del Brasile Lula - che ha riconosciuto lo Stato di Palestina 15 anni fa! - all'apertura del dibattito generale dell'80ª Assemblea generale delle Nazioni Unite (New York, 23 settembre 2025). Il compagno Lula ha criticato gli USA, difeso la Palestina, condannato la guerra a Gaza e in Ucraina, reso omaggio a José Pepe Mujica e Papa Francesco. Eccovi l'intero testo tradotto. Merita una lettura attenta. (M. Acerbo) 



Signora Presidente dell'Assemblea Generale, Annalena Baerbock,
Signor Segretario Generale António Guterres,
Cari Capi di Stato e di Governo e rappresentanti degli Stati membri qui riuniti.
Questo dovrebbe essere il momento di celebrare le Nazioni Unite.
Creata alla fine della guerra, l'ONU simboleggia la massima espressione dell'aspirazione alla pace e alla prosperità.
Oggi, tuttavia, gli ideali che ispirarono i suoi fondatori a San Francisco sono minacciati, come mai prima nella loro storia.
Il multilateralismo si trova a un nuovo bivio.
L'autorità di questa organizzazione è tenuta in ostaggio.
Stiamo assistendo al consolidamento di un ordine internazionale caratterizzato da ripetute concessioni alla politica di potenza.
Gli attacchi alla sovranità, le sanzioni arbitrarie e gli interventi unilaterali stanno diventando la regola.
Esiste un chiaro parallelismo tra la crisi del multilateralismo e l'indebolimento della democrazia.
L'autoritarismo si rafforza quando non riusciamo ad agire di fronte ad atti arbitrari.
Quando la società internazionale vacilla nel difendere la pace, la sovranità e lo stato di diritto, le conseguenze sono tragiche.
In tutto il mondo, le forze antidemocratiche cercano di soggiogare le istituzioni e soffocare le libertà.
Adorano la violenza, lodano l'ignoranza, agiscono come milizie fisiche e digitali e limitano la stampa.
Anche sotto un attacco senza precedenti, il Brasile ha scelto di resistere e di difendere la sua democrazia, riconquistata quarant'anni fa dal suo popolo, dopo due decenni di governi dittatoriali.
Non vi è alcuna giustificazione per misure unilaterali e arbitrarie contro le nostre istituzioni e la nostra economia.
L'aggressione all'indipendenza del potere giudiziario è inaccettabile.
Questa ingerenza negli affari interni è favorita da un'estrema destra sottomessa, nostalgica delle egemonie del passato.
Falsi patrioti pianificano e promuovono pubblicamente azioni contro il Brasile.
La pace non può essere raggiunta impunemente.

lunedì 29 settembre 2025

Russia e Polonia si spartiranno l’Ucraina? Scott Ritter spiega lo scenario

Da: frontezero - Scott Ritter è un ex ufficiale dell’intelligence del Corpo dei Marines degli Stati Uniti che ha prestato servizio nell’ex Unione Sovietica applicando i trattati sul controllo degli armamenti, nel Golfo Persico durante l’operazione Desert Storm e in Iraq supervisionando la disattivazione delle armi di distruzione di massa. Il suo libro più recente è Il disarmo al tempo della perestrojka, pubblicato da Clarity Press.

In questa intervista del 17 settembre 2025, l’analista militare ed ex ispettore ONU Scott Ritter risponde alle domande del professore Glenn Diesen sulle tensioni tra NATO, Russia e Polonia. Secondo Ritter, la guerra in Ucraina sta entrando in una fase decisiva: con l’esercito ucraino allo stremo e milioni di perdite, l’ipotesi di una spartizione del paese tra Mosca e Varsavia non è più fantapolitica, ma uno scenario concreto. 

Si parla delle esercitazioni Zapad 2025, del ruolo della Polonia e dei suoi 40.000 soldati al confine, del possibile “assorbimento” dell’Ucraina occidentale e delle reali capacità militari della NATO. Ritter sottolinea come gli Stati Uniti si stiano progressivamente “disconnettendo” dal conflitto, lasciando l’Europa a fronteggiare le conseguenze. 

                                                                           

domenica 28 settembre 2025

La politica contraddittoria degli Usa e dell’Ue verso la Russia - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.  E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 

Usa e Ue condannano la Russia di Putin e minacciano di piegarla, riducendola in miseria. Purtroppo per loro, la realtà fattuale e gli stessi meccanismi del sistema economico dominante impediscono l’effettiva rottura con il paese euroasiatico, straordinariamente ricco di risorse. Inoltre, se questo avvenisse, per l’Europa, vaso di coccio tra vasi di ferro, sarebbe il disastro che già si sta delineando.

Il passato 28 agosto è uscito un interessante articolo sulla CNN, a firma di Laurent Kent, sul commercio tra Usa ed Europa da un lato, e Federazione Russa dall’altro, che nonostante vari anni di guerra, continua imperterrito e ammonta a svariati miliardi di dollari. Naturalmente, non avendo sbocchi al mare, né Ungheria né Slovacchia possono fare a meno del petrolio russo, che arriva loro attraverso l’oleodotto via terra Druzhba (Amicizia), bombardato in varie occasioni da Zelensky, e, pertanto, restano nel 2025 i maggiori importatori di questa risorsa energetica.

Come è noto, il grande Trump ha raddoppiato i dazi all’India, portandoli  al 50%, con lo scopo dichiarato di castigare il paese asiatico per aver sostenuto la Russia nella guerra in Ucraina, mantenendo in piedi questa per lei vantaggiosa relazione commerciale. Da parte sua, l’India ha correttamente sostenuto di essere stata ingiustamente punita, dal momento che molti altri paesi continuano a commerciare tranquillamente con il paese di Putin, dichiarando che avrebbe varato “dazi secondari”. Dopo aver banchettato nel castello di Windsor con i soliti straricchi, Trump è tornato a invitare gli europei a smettere di comprare il petrolio e il gas russi e a sanzionare chi li compra, ossia soprattutto Cina e India, con le quali l’Ue non può assolutamente non mantenere convenienti relazioni commerciali. A suo parere, solo in quel momento il prezzo del greggio si abbasserebbe e Putin sarebbe costretto a desistere della sua politica aggressiva contro l’Ucraina. Utilizzando esplicitamente il ricatto, ha dichiarato che non metterà altre sanzioni alla Russia, con cui probabilmente in Alaska ha prefigurato nuovi progetti commerciali ed economici e da cui vorrebbe essere nella sua immaginazione aiutato per confrontarsi con il suo principale nemico, se gli europei non faranno altrettanto con la Russia e con i paesi che a suo parere la sostengono. Sempre inginocchiandosi religiosamente, l’Ue ha annunciato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni, spergiurando che nel 2027 cesserà di acquistare le risorse energetiche dal paese euroasiatico.

sabato 27 settembre 2025

La guerra del Peloponneso e quelle di oggi. - Luciano Canfora

Da: Il Fatto Quotidiano - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast
Ascolta anche: Luciano Canfora — Il falso mito dell'Occidente https://www.youtube.com/watch?v=-O67CJIrZNY (Inedito, 2025)

                                                                         

venerdì 26 settembre 2025

Moneta e memoria - Giorgio Agamben

 Da: https://www.quodlibet.it - Giorgio Agamben è un filosofo italiano. Ha scritto diverse opere che spaziano dall'estetica alla filosofia politica, dalla linguistica alla storia dei concetti, proponendo interpretazioni originali di categorie come forma di vita, homo sacer, stato di eccezione e biopolitica. La sua opera è studiata in tutto il mondo.

Leggi anche: "Il vecchio e il nuovo" - Giorgio Agamben

Semiotica e Moneta*- Carlo Sini 

L'uomo e il denaro*- Carlo Sini 

Del denaro. I mezzi e i fini - Remo Bodei 

Moneta, il termine latino dal quale il nostro deriva, viene da moneo, «ricordare, pensare» ed era in origine la traduzione del greco Mnemosyne, che significa «memoria». Moneta divenne così a Roma il nome del tempio in cui si celebrava la dea memoria e si coniava la moneta. È a partire da questo nesso etimologico fra la moneta e la memoria che si dovrebbe guardare al riaccendersi oggi delle discussioni sull’abolizione della moneta unica europea e del recupero di ogni paese della propria moneta tradizionale. Sotto l’urgente questione «monetaria» agisce una non meno urgente questione di memoria, cioè nulla di meno che la riscoperta della memoria propria di ciascuno dei paesi europei che, abdicando alla sovranità sulla propria moneta, hanno senza accorgersene in qualche modo abrogato anche il proprio patrimonio di ricordi.

Se la moneta è innanzitutto il luogo della memoria, se nella moneta, in quanto può pagare per tutto e stare al posto di tutto, ne va per il singolo e per la collettività del ricordo del passato e dei morti, non sorprende allora che nella rottura del rapporto fra passato e presente che definisce il nostro tempo emerga con inaggirabile urgenza il problema monetario. Quando un illustre economista dichiara che il solo modo che la Francia (come forse ogni paese europeo) ha di uscire dalla sua crisi è di riacquistare l’autorità sulla propria moneta, egli sta in realtà suggerendo a quel paese di ritrovare il rapporto con la propria memoria. La crisi della comunità europea e della sua moneta che è ormai alle porte è una crisi della memoria e la memoria – è bene non dimenticarlo – è per ogni paese un luogo eminentemente politico. Non c’è politica senza memoria, ma una memoria europea è altrettanto inconsistente della sua moneta unica. 

23 settembre 2025

giovedì 25 settembre 2025

“La brutalità di Israele è il segno della sua fine” - Ilan Pappé

Da: frontezero - Video originale BreakTrough News  • Is Zionism Collapsing? w/ Historian Ilan P... - Traduzione e doppiaggio a cura di Frontezero
Ilan Pappé è docente presso l’Università di Exeter ed è stato senior lecturer di scienze politiche presso l’Università di Haifa. È l’autore de “La Pulizia etnica della Palestina” e “Dieci Miti su Israele”. Pappé è definito come uno dei “nuovi storici” che, dopo la pubblicazione di documenti britannici e israeliani a partire dai primi anni ‘80, hanno riscritto la storia della fondazione di Israele nel 1948. (Ilan Pappé)

Il 19 settembre 2025 lo storico israeliano Ilan Pappé ha rilasciato questa intervista a BreakThrough News, analizzando il genocidio in corso a Gaza, la crisi interna della società israeliana e il futuro della Palestina. Dall’implosione del progetto sionista alle prospettive di uno Stato unico democratico, Pappé spiega perché la brutalità estrema di Israele non sia un segno di forza ma di debolezza.

                                                                           

mercoledì 24 settembre 2025

"MARX e HEGEL Fondamenti per una rilettura" - Roberto Fineschi

Roberto Fineschi (https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Fineschi) è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). - 
Vittorio Morfino insegna Storia della filosofia presso la Facoltà di Scienze della formazione dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. - 
Gennaro Imbriano Professore Associato presso il Dipartimento delle Arti, svolge le sue ricerche nell'ambito della Storia della filosofia.


Presentazione presso la Casa della cultura di Milano di 
Marx e Hegel. Fondamenti per una rilettura
Napoli, La scuola di Pitagora, 2024.
Ne hanno discusso con l'autore Gennaro Imbriano e Vittorio Morfino. 

                                     

martedì 23 settembre 2025

Gaza che fare, rivedi il dibattito con Francesca Albanese, Aya Ashour, E...

Da: Il Fatto Quotidiano - Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati (Francesca Albanese). - Elena Basile è un'ex diplomatica e scrittrice italiana. Dal 2013 al 2021 ha prestato servizio come ambasciatrice in Svezia e Belgio e nel 2023 ha lasciato il servizio diplomatico con il grado di plenipotenziario (https://www.facebook.com/elena.basile11 - Elena Basile). - Aya Ashour è una ricercatrice palestinese ed è riuscita a fuggire all’inferno di Gaza anche grazie a Tomaso Montanari e all’università per stranieri di Siena, che l’ha accolta a braccia aperte e dove ha potuto tornare a fare il suo lavoro. - Vincenzo Porpiglia Emergency Coordinator | Medici Senza Frontiere. 

Vedi anche: GAZA, Il lato oscuro del conflitto che non conosci: https://www.facebook.com/share/r/1Z5hoPBPPR 

                                                                         

lunedì 22 settembre 2025

Il conflitto delle interpretazioni. Hegel e il sapere assoluto - Paolo Vinci, Lucio Cortella, Giorgio Cesarale



Il conflitto delle interpretazioni. Hegel e il sapere assoluto. 
In collaborazione con “Dialettica&Filosofia” 

A cura di Giovanni Andreozzi (Università di Parma, Universität Kassel) e Andrea Bianchi (Sapienza Università di Roma, Dialettica&Filosofia) Paolo Vinci (Sapienza Università di Roma). 

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Primo incontro, Palazzo Serra di Cassano, 12 febbraio 2025 
Paolo Vinci (Sapienza Università di Roma) 

Sapere assoluto e riconoscimento 
Il rapporto tra la dimensione speculativa della filosofia hegeliana e il pensiero contemporaneo è attraversato da una peculiare ambivalenza. È possibile farne rivivere le potenzialità critiche all’interno delle coordinate del pensiero post-metafisico? O non risiedono invece queste proprio nella sua irriducibilità al pensiero contemporaneo, nella sua capacità di metterne in evidenza i limiti? Si tratta quindi di scoprire la natura già post-metafisica del sapere assoluto, oppure di mettere in discussione il presente a partire dalle pretese della filosofia hegeliana? 
                         https://www.youtube.com/watch?v=41iNfFekED8&t=12s

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Secondo incontro  
Lucio Cortella (Università Ca’ Foscari di Venezia) 
Congedo dal sapere assoluto. Genesi, esito, riscatto 
Palazzo Serra di Cassano, 13 febbraio 2025 

Il rapporto tra la dimensione speculativa della filosofia hegeliana e il pensiero contemporaneo è attraversato da una peculiare ambivalenza. È possibile farne rivivere le potenzialità critiche all’interno delle coordinate del pensiero post-metafisico? O non risiedono invece queste proprio nella sua irriducibilità al pensiero contemporaneo, nella sua capacità di metterne in evidenza i limiti? Si tratta quindi di scoprire la natura già post-metafisica del sapere assoluto, oppure di mettere in discussione il presente a partire dalle pretese della filosofia hegeliana? 

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Terzo incontro 
Giorgio Cesarale (Università Ca’ Foscari di Venezia) 
Negatività, riflessione, sapere assoluto. L’eredità critica del pensiero speculativo hegeliano 
Palazzo Serra di Cassano, 14 febbraio 2025 

Il rapporto tra la dimensione speculativa della filosofia hegeliana e il pensiero contemporaneo è attraversato da una peculiare ambivalenza. È possibile farne rivivere le potenzialità critiche all’interno delle coordinate del pensiero post-metafisico? O non risiedono invece queste proprio nella sua irriducibilità al pensiero contemporaneo, nella sua capacità di metterne in evidenza i limiti? Si tratta quindi di scoprire la natura già post-metafisica del sapere assoluto, oppure di mettere in discussione il presente a partire dalle pretese della filosofia hegeliana? 

domenica 21 settembre 2025

Israele sta conducendo un olocausto a Gaza. La denazificazione è la nostra unica soluzione. - Orly Noy

Da: https://www.972mag.com - La Zona Grigia - Orly Noy è redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa in persiano. È presidente del consiglio direttivo di B'Tselem e attivista del partito politico Balad. La sua scrittura affronta i confini che si intersecano e definiscono la sua identità di Mizrahi, una donna di sinistra, una donna, una migrante temporanea che vive all'interno di un'immigrata perpetua, e il dialogo costante tra loro. 


La mortale supremazia etnica insita nella società israeliana affonda le sue radici più in profondità di Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich. Deve essere affrontata alla radice. 


Gaza City è avvolta dalle fiamme , mentre l'esercito israeliano lancia la sua offensiva di terra a lungo minacciata dopo settimane di bombardamenti incessanti. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, già sottoposto a un mandato di arresto internazionale per sospetto di crimini contro l'umanità, ha descritto quest'ultimo assalto come un'"operazione intensificata". Vi esorto a guardare le immagini in streaming da Gaza e a capire cosa significa veramente questo eufemismo.

Guardate negli occhi le persone in preda a un terrore senza pari, persino nei momenti più bui di questo genocidio durato due anni. Osservate le file di bambini coperti di cenere che giacciono sul pavimento intriso di sangue di quello che un tempo era un centro medico – alcuni a malapena vivi, altri che piangono di dolore e paura – mentre mani disperate cercano di confortarli o di curarli con le scorte mediche rimaste. Ascoltate le urla delle famiglie in fuga senza un posto dove rifugiarsi. Osservate i genitori che perlustrano l'inferno alla ricerca dei loro figli; arti che sporgono da sotto le macerie; un paramedico che culla una bambina immobile, implorandola invano di aprire gli occhi.

Ciò che Israele sta facendo a Gaza City non è il tragico sottoprodotto di eventi caotici sul campo, ma un atto di annientamento ben calcolato, eseguito a sangue freddo dall'"esercito del popolo", ovvero dai padri, figli, fratelli e vicini di casa di noi israeliani.  

"Storie di guerre e di paci" - Alessandro Barbero e Marco Travaglio

Da: Il Fatto Quotidiano - Marco Travaglio è un giornalista, saggista e opinionista italiano, è direttore responsabile de il Fatto Quotidiano. - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare (Alessandro Barbero).


                                                                          

sabato 20 settembre 2025

EDWARD SAID “LA QUESTIONE PALESTINESE” - Lavinia Marchetti

Da: https://laviniamarchetti.altervista.org - Lavinia Marchetti - Edward Said (Gerusalemme, 1935 – New York, 2003) è stato scrittore, critico e professore di Inglese e di Letteratura comparata alla Columbia University di New York e ha insegnato in più di 150 università e scuole negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. I suoi scritti sono apparsi regolarmente su The Guardian, Le Monde diplomatique e Al-Hayat. 

Leggi anche: Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva 


RI-LETTURE FONDAMENTALI, ESTRATTO DA EDWARD SAID “LA QUESTIONE PALESTINESE” (1979 edito in Italia da Il saggiatore, 2011)

Sto cercando di affrontare questo testo prezioso letto ormai tanti anni fa, da una prospettiva nuova, considerando, in questo modo, gli accadimenti recenti a Gaza e in Cisgiordania come un unicum storico, come Said ce lo propone. A tal fine condivido dei passaggi con voi, uno ogni tanto, per garantire alla nostra analisi il punto di vista di uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso (e anche in questo scorcio di secolo), palestinese ed esule. Buona lettura. (L.M.)


Edward Said:

“«Da secoli in una terra chiamata Palestina vi è stata una larga maggioranza costituita da un popolo, in gran parte di pastori, identificabile socialmente, culturalmente, politicamente ed economicamente come tale, la cui lingua era l’arabo e la religione (per la maggior parte) quella islamica. 

Questo popolo – o questo “gruppo” di persone, se vogliamo negargli la moderna consapevolezza di sé come tale – si è sempre identificato con la terra che coltivava e su cui viveva (poveramente o no è irrilevante); un processo di identificazione ancor più accentuatosi da quando, con una decisione quasi esclusivamente europea, venne stabilito di ricolonizzare, ricostituire e rioccupare quella stessa terra per darla agli ebrei che sarebbero stati portati lì da altri luoghi. 

A tale proposito, come tutti possono constatare, non c’è mai stato un solo gesto dei palestinesi volto ad accettare questa moderna riconquista o il fatto che il sionismo li abbia per sempre cacciati dalla Palestina. Perciò la realtà palestinese in quanto tale ieri come oggi, e probabilmente domani, si baserà sempre sulla resistenza a questa forma di colonialismo straniero. 

venerdì 19 settembre 2025

PAZIENTI NON CLIENTI. La Sanità Pubblica nella RDT - Niccolò Monti

 Da: Nicolò Monti - Nicolo-Monti già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI). 

Leggi anche: Die Wende - Nicolò Monti  

La famiglia tradizionale non esiste. La rivoluzione della famiglia nella DDR - Nicolò Monti 


“I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della RDT, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici.” 

Queste le parole di Erich Honecker nel 1992, durante il processo che la Germania Ovest aveva organizzato, politicamente e ideologicamente motivata, contro di lui. 

La sua autodifesa pronunciata dinanzi alla corte è memorabile e quel passaggio sui cittadini della DDR, di cosa avrebbero e stavano perdendo con la fine del Socialismo, coglie un punto fondamentale che divide inesorabilmente capitalismo e socialismo. 

Parliamo della sanità e del diritto a vivere in salute. 

Innanzitutto è doveroso partire dall’approccio che la DDR aveva sulla sanità e avrebbe avuto in tutti i suoi 40 anni di vita. 

La sanità infatti non è la sola “cura” della persona, tramite medici, strutture e medicine, ma riguarda tutta la vita e i suoi molteplici aspetti. 

Per perseguire ciò, in un’ottica improntata alla costruzione della società socialista, la DDR con la guida del SED utilizzò la pianificazione dell’economia e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione per creare una “filiera” orizzontale che andasse dalla gravidanza alla vecchiaia, senza saltare alcuno step

Anche a causa di croniche carenze di mezzi e risorse, la prevenzione era il mantra della politica sanitaria della DDR. E funzionò. 

La creazione di rapporti sociali ed economici collettivi, non basati sulla proprietà privata e sull’individualismo, consentì allo stato tedesco democratico di poter avere una analisi continua delle condizioni di vita dei cittadini. 

La DDR si basava sulle tradizioni della medicina sociale, che affrontava la salute da una prospettiva socio-politica e si concentrava sull'interazione tra il benessere delle persone e le loro condizioni di vita e di lavoro complessive.