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domenica 5 maggio 2024

La filosofia hegeliana del diritto è ancora attuale? - Roberto Fineschi ne discute con Giorgio Cesarale

Da: Laboratorio Critico - Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. - 
Giorgio Cesarale è Professore Ordinario di Filosofia Politica presso il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali di Ca’ Foscari - Università di Venezia.


Alcuni dei temi: 
1) Hegel e la sua Filosofia del diritto in particolare vengono ancora in certa manualistica associati al romanticismo, al pensiero conservatore, ecc. Che cosa pensi di questo accostamento alla luce degli studi oramai decennali che hanno messo in luce i suoi legami con la Rivoluzione francese, o addirittura possibili posizioni più radicali fino a ipotizzare una carica diciamo "eversiva" rispetto allo stesso concetto borghese di "proprietà"? 
2) In particolare nella sua teoria della società civile, sulla scia di autori classici dell'economia politica come Steuart, Smith, Ricardo, Hegel discute filosoficamente alcune delle questioni tuttora centrali della vita economica e sociale, come il concetto di proprietà, di denaro, divisione del lavoro, macchinismo, o questioni sociali come la pauperizzazione, la crisi, ecc. Che cosa è vivo di questa analisi? Ha dei limiti? Che vie di uscita prospetta? 
3) Sembra a me che un aspetto moderno, progressivo e critico della modernità e post-modernità borghese sia il rifiuto dell'individualismo metodologico, l'approccio correntemente dominante in tutti gli ambiti del sapere sociale e umanistico. Che cosa pensi delle contro-accuse di organicismo totalitaristico che vengono in genere mosse in questo contesto? Non è quello di Hegel piuttosto un tentativo complesso di articolare sia sincronicamente che diacronicamente la dinamica uno-molti fuori da un asettico vuoto senza storia, caricandola invece di storicità determinata?  
                                                               

venerdì 23 febbraio 2024

La Filosofia di Lenin. Da "Materialismo ed empiriocriticismo" ai "Quaderni filosofici" -

Da: MarxVentuno Edizioni - Galofaro Francesco è professore associato all’Università IULM di Milano. - 
Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts.  È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken.

                                                                         

domenica 31 dicembre 2023

Perchè i "liberali" odiano la Democrazia? - Carlo Galli

Da: OttolinaTV - Carlo_Galli (Università di Bologna) è un politico, accademico e filosofo politico italiano.
Vedi anche: Vedi anche: Marx e la storia del pensiero politico - Carlo Galli
Marx e la dialettica - Roberto Fineschi, Carlo Galli

Il video ha inizio al m. 2,05 
                                                                           

mercoledì 29 novembre 2023

Calvino è stato marxista. In memoriam - Roberto Fineschi

Da: La città futuraRoberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). 


Presento qui, in occasione della ricorrenza del centenario della nascita e in forma estremamente schematica, alcune idee che sto sviluppando in uno studio di carattere organico sulla “filosofia” di Italo Calvino che uscirà l’anno prossimo. (R.F.)

1. Italo Calvino, sanremese cui “capitò” di nascere a Cuba, è stata una figura di intellettuale tra le più grandi della storia italiana recente, tra i pochi con un ampio respiro internazionale e universalmente apprezzato per originalità e profondità. Viaggiatore del mondo, parigino di adozione, ebbe notoriamente forti legami con il territorio toscano: oltre a morire infaustamente proprio a Siena nel 1985, amò profondamente il litorale prossimo a Castiglion della Pescaia, scenario di alcune delle sue opere; vi passò per molti anni l’estate nella sua residenza immersa nella pineta di Roccamare e scelse la cittadina toscana come luogo per la propria sepoltura.

Al di là della memorialistica locale, mero pretesto per avviare il discorso, è altro il ricordo che vorrei rievocare. Se sempre viene a ragione ricordato il periodo della sua militanza politica diretta come membro del Partito Comunista Italiano - interrotta con le dimissioni del 1957 in seguito ai fatti ungheresi e alla timidezza con cui il PCI procedeva con la destalinizzazione -, meno frequentemente tale esperienza viene collegata a ragioni teoriche e filosofiche - oltre che, ovviamente, pratiche - che lo spinsero a questa adesione e che restarono vive ben al di là del fatidico ‘56. Queste ragioni spingono a sostenere - questa la tesi - non solo che Calvino sia stato e rimasto comunista nell’arco della sua vita, ma che le sue posizioni possano essere identificate come “marxiste”, ovviamente intendendo con questo termine una adesione in senso ampio ad alcune linee di ragionamento derivate da Marx, sulle quali, pur mutando accenti e priorità, non ha mai cambiato idea. Ancora più arditamente credo si possa sostenere che, dieci anni prima della “crisi del marxismo” degli anni Settanta, Calvino ne avesse anticipato i tratti di fondo oggettivi e soggettivi e pure i vicoli ciechi di alcuni dei suoi esiti; ne trasse conseguenze pratiche coerenti dal suo punto di vista, con una sospensione di giudizio che non significò affatto fine della ricerca o assenza di posizionamento critico-intellettuale; si trattò piuttosto di una epochè attiva, inquirente, pungolo costante volto a stimolare la realtà per rendere visibile l’invisibile, dire il non detto. Credo si possa affermare che, in questo senso, non ci fosse intento più realistico del suo interesse per l’utopia e il mondo fantastico-invisibile.

mercoledì 3 maggio 2023

Klossowski e la moneta vivente Considerazioni di un avvocato del diavolo - Roberto Fineschi

Da: Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels. - Trascrizione leggermente rivista della conferenza tenutasi on line sulla pagina facebook di Settima lettera il 1 aprile 2022. 


Klossowski e la moneta vivente. Considerazioni di un avvocato del diavolo1

Dal mio intervento traspariranno chiaramente le mie limitate conoscenze su questo tema. Spero che mi scuserete e che considererete i miei commenti come delle note da parte di un non addetto ai lavori che cerca di entrare in un mondo con il quale non ha particolare familiarità. Questo per avvisare, da una parte, di prendere con la dovuta cautela i miei rilievi e, dall’altra, di considerarli come interventi dell’avvocato del diavolo, di qualcuno che legge e solleva delle possibili obiezioni.

Ho studiato con interesse il testo di Klossowski, trovando alcune difficoltà interpretative sulla sua articolazione complessiva. Naturalmente non posso che commentarlo alla luce della mia specializzazione, vale a dire la filosofia classica tedesca e, soprattutto, Marx, autore nel quale il tema del denaro è assolutamente centrale e in maniera trasversale, tanto nell’opera giovanile che in quella matura. Partiamo dal titolo: moneta vivente. Qui il primo dubbio: moneta o denaro? C’è infatti subito un problema di traduzione che si riscontra anche nelle edizioni francesi del Capitale; in Marx denaro e moneta sono categorie distinte e questo in francese creò problemi a lui stesso, costringendolo a spiegare in nota le sfumature di significato e le differenze categoriali tra i due termini2. La domanda per Klossowski dunque è: a quale delle due categorie sta pensando? Secondo me intende quello che, in termini marxiani, è il denaro.

L’aggettivo “vivente”, invece, immediatamente mi ha fatto pensare alla teoria del feticismo dove il punto chiave per Marx è che il denaro non è una cosa, ma un rapporto sociale che si “cosifica” in un oggetto materiale, ma non per questo cessa di essere un rapporto sociale. In questo senso è di per sé un vivente; non in termini eminentemente biologici evidentemente, ma perché esiste solo nella misura in cui si dà una società mercantile, di scambio e, anzi, in questa società mercantile rappresenta l’incarnazione assoluta della socialità in un oggetto; è quindi un simulacro per eccellenza, l’universalità della società mercantile resasi oggettuale in un materiale. Questo suo carattere “vivente” non si deve certo alla sua fisicità, ma al fatto che esiste la società mercantile. La connessione tra l’oggetto inerte e la vita in Marx assume tale forma: l’oggetto denaro è di per sé vivente nella misura in cui rappresenta questo rapporto sociale. A mio parere, qui si riscontrano delle differenze tra la concezione giovanile di Marx e quella del Capitale, che saranno utili per sollevare dei rilievi a Klossowski3.

mercoledì 19 aprile 2023

Alessandro Mazzone, Per una teoria del conflitto - Roberto Fineschi, Tommaso Redolfi Riva e Salvatore Tinè

Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels. - 
Tommaso Redolfi Riva ha studiato filosofia e storia del pensiero economico presso le università di Pisa e Firenze. Attualmente impegnato in una ricerca su marxismo ed economia politica in Italia negli anni Settanta, si occupa di temi afferenti al pensiero marxiano e alla teoria critica. Ha pubblicato saggi e articoli su riviste italiane e straniere. - 

                                                                           

sabato 11 marzo 2023

Il rapporto sociale «che si presenta in una cosa» - Federico Simoni

 Da: http://www.consecutio.org - Federico Simoni ,Università di Bologna (federico.simoni3@studio.unibo.it). 

Vedi anche: Marx: il capitale come feticcio automatico, e il capitale come rapporto sociale - Riccardo Bellofiore

Leggi anche: Teoria critica della società? Critica dell’economia politica. Adorno, Backhaus, Marx* - Tommaso Redolfi Riva 

Hans Georg Backhaus, Dialettica della forma di valore* - intervista a Tommaso Redolfi Riva 


1. Introduzione

Diversi studiosi marxiani hanno recentemente sostenuto che nel Capitale Marx elaborerebbe, più o meno consapevolmente, una vera e propria rivo­luzione epistemologica. Secondo Michael Heinrich, il pensatore di Treviri presenta nel primo capitolo dell’opera il concetto, del tutto originale, di “forma [sociale] oggettuale di una cosa”, rapporto sociale “che si presenta (darstellt) in una cosa”1 . Tale concetto innerverebbe sia la sua teoria del va­lore sia quella del feticismo delle merci, entrambe presentate in tale capitolo. Esso non è in effetti altro che il valore delle merci:

La forza-lavoro umana allo stato fluido, ovvero il lavoro umano, costituisce va­lore, ma non è valore. Esso diventa valore allo stato coagulato, in forma oggettuale [gegenstandlicher Form ]. Per esprimere il valore della tela come gelatina di lavoro uma­no, esso deve essere espresso come una ‘oggettualità’ [ Gegenstandlichkeit] che sia dis­tinguibile, cosalmente [dinglich], dalla tela stessa e che, allo stesso tempo, sia ad essa in comune con altre merci2.

Per Tommaso Redolfi Riva, in Marx “il carattere di feticcio che assume la socializzazione del lavoro nel modo di produzione capitalistico, il suo carattere oggettuale, è l’origine del feticismo nell’economia politica”3. Il nesso sociale tra produttori privati si trova, in questo “valore”, per così dire tradotto in forma di rapporto di cose. Il valore non rappresenta perciò una qualità dei prodotti come tali (in sé indipendente da questa forma deter­minata, socialmente e storicamente, dello scambio). Esso è però parimen­ti forma oggettuale, ovvero compare necessariamente in forme e rapporti di cose, dei prodotti del lavoro, in virtù diretta di tale nesso. Questo per Marx diviene ed opera realmente come un’oggettualità di fronte ai soggetti sociali stessi che lo attuano, predeterminando la forma della loro “azione sociale”4.

È questo il carattere di feticcio (Fetischcharakter) assunto dal lavoro in forma di valore e dai suoi prodotti in quanto merci, denaro e capitale, le ‘categorie’ economiche dell’economia politica coeva. Tale carattere dà dunque luogo per Marx a strane antitesi, veri e propri enigmi. Per cui, ad esempio, queste forme e rapporti sociali paiono, relativamente al denaro, effetto di una proprietà naturale dei metalli nobili, che qui ne recitano la parte. È il feticismo (Fetischismus) delle merci e del denaro, il quale natura­lizza, spogliandole del loro carattere sociale e storico, tali forme ‘oggettuali’ come forme delle cose stesse e, quindi, i rapporti sociali ‘tra persone’ che le conferiscono.

domenica 29 gennaio 2023

Quello che Dante non è - Lelio La Porta

Lelio La Porta è membro del “Centro per la filosofia italiana” e della “International Gramsci Society Italia”. È studioso di Gramsci, Lukács e Arendt. 

Leggi anche: Dante nei “Quaderni del carcere”: il canto decimo dell’Inferno di Antonio Gramsci. - Giorgio Gattei 

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi 

Marx apprende l’italiano leggendo Dante e Machiavelli. La Divina Commedia e specialmente l’Inferno, nonostante l’orientamento metafisico di Dante, risultano essere in linea con gli interessi della vita di Marx, come il Faust di Goethe e la traduzione di Lutero della Bibbia.

Vanno ricordati alcuni passi significativi dell’opera marxiana nei quali i versi danteschi assumono una torsione non soltanto descrittiva ma anche fortemente contenutistica se non perfino, in alcuni momenti, autobiografica. La conclusione della Prefazione del 1867 alla prima edizione del Capitale suona nel modo seguente:

Segui il tuo corso, e lascia dir le genti! 1

In realtà, Marx opera una variazione rispetto al verso originale che suona così:

Vien dietro me, e lascia dir le genti…

A parlare è Virgilio; sostituendosi al poeta mantovano è come se Marx affidasse a se stesso il compito di percorrere le strade della ricerca seguendo i propri interessi. Ancora: Marx condivide con Dante la sorte di esule. Rispondendo ad “un insultante articolo di fondo del Times” nei confronti degli esuli, in particolare dei rifugiati politici, Marx, dalle colonne del New York Daily Tribune del 4 aprile 1853, risponde con le parole con cui l’antenato Cacciaguida, nel canto XVII del Paradiso, predice a Dante l’esilio ricordandogli com’è amaro il pane degli altri, elemosinato nella povertà dell’esilio, e com’è duro e penoso il cammino nello scendere e salire le scale degli altri in cerca di aiuto e di protezione. Chiosa Marx:

- Beato Dante, un altro esponente di quella infelice categoria chiamata dei “profughi politici”, che i nemici non potevano minacciare con l’infamia di un articolo di fondo del Times! E ancor più beato il Times al quale non è capitato un “posto riservato” nel suo Inferno! -

Eppure anche Dante avrebbe trovato difficoltà a descrivere come luogo infernale una manifattura di fiammiferi del 1833, luogo in cui la disumanizzazione e la brutalità del capitalismo trovano un’esemplificazione così bestiale da non poter essere espressa con un linguaggio letterario2. 

mercoledì 4 gennaio 2023

"Annuntio vobis gaudium magnum: habemus papam!". Ratzinger, a Roma via Friburgo - Roberto Fineschi

Da: https://www.facebook.com/roberto.fineschi - https://marxdialecticalstudies.blogspot.com/ - 
Originariamente apparso su "Marxismo oggi", 2005/2 (https://www.marxismo-oggi.it) - 

Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!).

Leggi anche: Come Ratzinger ha annientato la chiesa del popolo in America Latina - Marc Vandepitte 
“La logica del capitale. Ripartire da Marx” - Roberto Fineschi


Nel remoto 2005 scrissi questo articolo per "Marxismo oggi" sull'elezione al soglio pontificio di Joseph Ratzinger. Il preambolo è il seguente: trovai in una libreria dell'usato un suo testo per ben €2 (Einführung in das Christentum) e lo comprai immediatamente. A casa, con sorpresa, mi accorsi che sul retro di copertina si trovava una dedica autografa dell'autore e all'interno un suo biglietto da visita, nonché vari articoli giornalistici su suoi interventi successivi contro la Teologia della liberazione raccolti probabilmente da chi il libro aveva ricevuto. Da tutto questo nacque l'idea dell'articolo che risente degli ardori giovanili ma che nel complesso mi pare ancora di un qualche interesse filosofico. Rintracciavo nel testo di Ratzinger alcune affinità con la riflessione di Heidegger (suggerite dall'autore stesso). (R.F.) 


1. Il “pastore tedesco”

L'evento è stato mondiale, oggi più che in passato. L'esposizione mediatica cui la Chiesa Cattolica (d'ora in poi CC) è stata sottoposta sotto Giovanni Paolo II ha reso l'elezione pontificia un fatto più internazionale che mai. Chi gode della parabola o delle fibre ottiche sarà ammirato in varie lingue – dall'inglese al francese, passando per il tedesco – agonia e funerali del fu regnante, preparativi ed elezione del nuovo: una vera e propria ubriacatura eterea.

Della concezione politico-sociale di fondo – o della Dottrina Sociale che dir si voglia – della CC si è già detto in passato (vedi Contraddizione, n. 77), vediamo che riflessioni si possono fare oggi a proposito del nuovo pontefice: Joseph Ratzinger. Il “pastore tedesco”, come è stato beffardamente ma efficacemente battezzato dal quotidiano “Il manifesto”, ha sfatato la consuetudine per cui chi entra papa esce cardinale; dato per vincente dai bookmaker, ha pagato poco chi ha scommesso su di lui: entrato papa è uscito papa col nome di Benedetto XVI.

venerdì 25 novembre 2022

“La logica del capitale. Ripartire da Marx” - Roberto Fineschi

Da: https://www.letture.org - https://www.sinistrainrete.info - Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschiMarx. Dialectical Studies  - laboratoriocritico.org!). 

(In questo video Roberto Fineschi, intervistato nel luglio 2022, parla del significato e dell’attualità del pensiero di Marx: https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2022/07/Lattualita-del-pensiero-di-Marx--8fa878ba-e675-418f-9c06-e8facc429af3.html?fbclid=IwAR0Z3anAKHAeuGpHHVuFyrlSZxutAWMWRvADzm5_CgBR0TFPvtX2JoL8CXk). 


 Prof. Roberto Fineschi, Lei è autore del libro La logica del capitale. Ripartire da Marx edito dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: quali condizioni consentono oggi una nuova lettura dell’opera di Karl Marx?

Le condizioni sostanziali sono due. La prima è di carattere scientifico: la nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels (la seconda Marx-Engels-Gesamtausgabe, MEGA2) sta mettendo a disposizione per la prima volta nella storia della ricezione marxiana una serie di testi fondamentali prima inaccessibili. Essi hanno cambiato la faccia di alcune delle opere fondamentali di Marx come i cosiddetti Manoscritti economico-filosofici del ‘44L’ideologia tedesca e, soprattutto, Il capitale. Il Marx che possiamo leggere oggi non è quello che è stato letto fino ad oggi.

La seconda è di carattere storico-politico. Senza esprimere sommari giudizi sulla storia novecentesca, è un dato di fatto che qualunque movimento politico organizzato ha bisogno di una dottrina certa e immutabile su cui basare la propria azione. Il marxismo inevitabilmente aveva ingessato il pensiero di Marx. L’ortodossia sovietica aveva poi finito per influenzare anche le posizioni anti-sovietiche o eclettiche. Al di là della valutazione che si voglia dare di queste esperienze (e sarebbe insensato liquidarle con sufficienza), è evidente che il venir meno di questo contesto nel suo complesso ha senz’altro permesso un più libero approccio al testo di Marx.

 Quali nuove interpretazioni un’analisi filologicamente rigorosa della teoria marxiana?

In primo luogo non bisogna cadere nell’ingenuità di cancellare le interpretazioni passate semplicemente perché non avevano tutti i testi a disposizione. Si tratta di un complesso e stratificato dibattito secolare che ha prodotto risultati importanti e, date certe premesse, credo anche definitivi. Lo stesso testo di Marx, soprattutto per il suo carattere incompiuto, permette sicuramente anche letture multiple che possono trovare appigli importanti nel testo. Detto questo, credo che, grazie ai testi ora disponibili, sia possibile un tentativo di ricostruzione più filologico di ciò che Marx ci ha lasciato. Una testualità più precisa a mio parere permette di considerare alcune delle interpretazioni storiche, anche quelle sviluppate fino alle estreme conseguente, come in sé coerenti, ma forse meno corrispondenti alle intenzioni marxiane.

lunedì 22 agosto 2022

Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini

Da: la Città Futura - https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini intervista un giovane ricercatore indipendente Giacomo Gabellini, sul suo ultimo libro Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale, Diarkos 2022.



Partendo dall’enunciazione della Dottrina Monroe, avvenuta nel 1823, si finisce col ricostruire due secoli di storia del nostro mondo, giacché essa è sempre stata il fondamento, implicito o esplicito, di tutta la politica statunitense, che ha praticamente coinvolto tutte le regioni del pianeta.

Richiamandosi a un’opera assai nota di John Perkins, Confessioni di un sicario dell’economia (2004), l’autore illustra i vari metodi usati per favorire l’espansione statunitense, il cui scopo primario era ed è quello di garantire lauti profitti al capitale statunitense e ai suoi monopoli. Dall’analisi di Gabellini risulta pertanto evidente come lo Stato statunitense sia stato un semplice strumento nelle mani di voraci élite che per incrementare i loro profitti non si sono fermate dinanzi a nessuna sofferenza e distruzione che le loro scelte politiche hanno provocato e continuano a provocare.

                                                                                                                                                  


sabato 6 agosto 2022

Democrazia, bonapartismo, populismo - Michele Prospero

Da: Materialismo Storico, n°  1/2022(vol. XII)–E-ISSN 2531-9582 - https://journals.uniurb.it/index.php/materialismostorico - 
Michele Prospero  (Università di Roma “la Sapienza”) è un filosofo italiano. 


C’e un tema molto importante (quello della torsione autoritaria dei regimi politici nelle crisi di sistema) che attraversa la ricerca di Losurdo e costituisce un nucleo analitico rilevante del suo studio: dal libro della Bollati Boringhieri, Democrazia o bonapartismo, ritorna anche nell’opera postuma su La questione comunista, soprattutto nel capitolo riguardante il neopopulismo. 

Nel libro su Democrazia o bonapartismo il merito di Losurdo è quello di intrecciare la storiografia filosofica delle idee con l’analisi delle dinamiche politiche istituzionali. In particolare, Losurdo raccoglie il nucleo analitico più profondo del 18 brumaio di Marx e ne assume le categorie essenziali come fondamento possibile di un’interpretazione dei momenti critici delle democrazie occidentali. L’assunto che Losurdo sviluppa è che il bonapartismo e il populismo costituiscano fenomeni ricorrenti strutturali. Rappresentano cioè l’ombra delle democrazie di massa nelle giunture problematiche. 

Il bonapartismo emerge nell’analisi di Marx proprio a ridosso della grande crisi di modernizzazione degli istituti politici francesi che introdussero il suffragio universale maschile. Il bonapartismo e il populismo, in questo senso, sono fenomeni che riguardano la difficoltà che i ceti politici e sociali dominanti incontrano nel gestire con le risorse procedurali dell’ordinamento i grandi conflitti della modernità. In tal senso il cesarismo con la personalizzazione del potere indica l’ombra che accompagna la democrazia moderna. Losurdo coglie nel 18 brumaio un tentativo nient’affatto occasionale, ma a suo modo sistematico malgrado il taglio polemico, di evidenziare l’intreccio delle molteplici crisi che coinvolsero le istituzioni politiche della seconda repubblica francese. Vi rintraccia cioè un’interpretazione a più strati della crisi di quella esperienza di democrazia che ricomprende istituti, economia, ideologie, relazioni internazionali. Al centro della riflessione di Marx compare l’incastro della crisi economico-finanziaria, che dà un’accelerazione alla dinamica delle psicologie collettive impaurite dinanzi alla perdita di referenti politici, e della crisi istituzionale che esplode nel contrasto presidente/assemblea dovuto all’ambigua ripartizione dei poteri connaturata all’ossatura del semipresidenzialismo. Si tratta di un contrasto che esplode in tempi critici che lasciano lo scioglimento della contraddizione dell’antinomia istituzionale alla risorsa di un colpo di mano. Sull’esito della crisi politica pesò la fragilità politica degli operai, che si fecero sorprendere dagli eventi per l’assenza di capi, di una leadership adeguata, e per l’incapacità di definire le politiche di alleanze indispensabili per gestire una situazione critica di alienazione di massa. 

lunedì 25 luglio 2022

Ideologia. La lotta per l’oggettività - Carlo Galli -

Da: AccademiaIISF - Carlo_Galli (Università di Bologna) è un politico, accademico e filosofo politico italiano.

Marx e la dialettica - Roberto Fineschi, Carlo Galli



Primo incontro: L’ ideologia prima dell’ ideologia. Dalla caverna al velo di Maja.


Secondo incontro: L’età delle ideologie. Le visioni razionali del mondo e i loro conflitti irrazionali.


Terzo incontro: L’ ideologia dopo le ideologie. Le nuove oggettività soggettive. Il neoliberismo e il politicamente corretto.

 

giovedì 21 luglio 2022

Mazzini e “noi”, oblio e memoria nel capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Da: La città futura - Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi

Orientamenti politici e materialismo storico - Roberto Fineschi

Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci - Roberto Fineschi

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi 



Nel centocinquantenario della morte di Mazzini si impongono alcune riflessioni sull’identità culturale e politica della crepuscolare Italia contemporanea e del ruolo che nella costituzione della sua identità collettiva ha il patriota genovese.

1. Quest’anno ricorre il centocinquantenario della morte di Giuseppe Mazzini e l'evento non pare scaldare i cuori. Non per fare gli astratti patrioti destrorsi (notoriamente c’è chi ha voluto leggere Mazzini come antesignano del fascismo, o meglio il fascismo come “completamento” del Risorgimento); nemmeno per idealizzare il patriota democratico fino al punto di non vedere i limiti della sua proposta sociale basata su interclassismo, modesto intervento sui diritti di proprietà, ecc.; e senza neppure dimenticare la sua polemica anticomunista, le critiche lui rivolte da Marx e via dicendo. Insomma, senza santini o demonizzazioni [1]. Detto questo, ha senso ricordare Mazzini?

domenica 3 luglio 2022

"Ipocrisia" - Carlo Rovelli

Da: Carlo Rovelli - https://www.kulturjam.it - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia. 

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Fare la pace o fare la guerra? - Roberto Fineschi

Occidentali’s Karma - Giovanni Iozzoli

NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare

 Vedi anche: Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA


Poche volte mi sono sentito come in questo periodo, così lontano da tutto quanto leggo sui giornali e vedo alla televisione riguardo alla guerra ora in corso in Europa orientale. 

Poche volte mi sono sentito così in dissidio con i discorsi dominanti. Forse era dai tempi della mia adolescenza inquieta che non mi sentivo così ferito e offeso dal discorso pubblico intorno a me. 

Mi sono chiesto perché. In fondo, sono spesso in disaccordo con le scelte politiche e ideologiche dei paesi in cui vivo, ma questo è normale — siamo in tanti e abbiamo opinioni diverse, letture del mondo diverse. Anche del mio pacifismo, poi, sono poi così sicuro? Ho dubbi, come tutti. 

Allora perché mi sento così turbato, ferito, spaventato, da quanto leggo su tutti i giornali, e sento ripetere all’infinito alla televisione, nei continui discorsi sulla guerra? 

Oggi l’ho capito. L’ho capito proprio ritornando col pensiero al periodo della mia prima adolescenza, quando tanti anni fa la gioventù di tanti paesi del mondo cominciava a ribellarsi a uno stato di cose che le sembrava sbagliato. Cos’era stata quella prima spinta al cambiamento? Non era l’ingiustizia sociale, non erano i popoli massacrati dal Napalm come i Vietnamiti, non era il perbenismo, la bigotteria, l’autoritarismo sciocco delle università e delle scuole, c’era qualcosa di più semplice, immediato, viscerale che ha ferito l’adolescenza di mezzo secolo fa e ha innescato le rivolte di tanti ragazzi di allora: l’ipocrisia del mondo adulto. 

L’istintiva realizzazione da parte della limpidezza della gioventù che gli ideali ostentati erano sepolcri imbiancati. Che i nobili valori dichiarati erano coperture per un egoismo gretto. Che l’ostentato moralismo, la pomposa prosopopea della scuola, la pretesa autorità delle istituzioni erano coperture per privilegi, sfruttamento e bassezze. Questo d’un tratto era insopportabile, per gli occhi limpidi di un ragazzo o una ragazza. 

Sono passati tanti anni da allora. Il mondo mi appare infinitamente più complesso, difficile da decifrare, difficile da giudicare, di quanto non mi apparisse allora. L’illusione che tutto possa essere pulito e onesto nel mondo l’ho persa da tempo. Ma l’esplosione dell’ipocrisia dell’Occidente in questo ultimo anno è senza pari. 

domenica 26 giugno 2022

Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani

 Da: https://www.analisidifesa.it - Gianandrea Gaiani Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa.


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 Il ritorno della guerra, quella “vera”, convenzionale, brutale e ad alta intensità sta determinando reazioni e riflessioni in Europa oltre a decisioni politiche e finanziarie di rilievo come l’adesione ormai diffusa presso molte nazioni (Italia inclusa) all’obiettivo di portare le spese militari al 2 per cento del PIL, addirittura al 3 per cento nel caso della Polonia che ha varato un massiccio riarmo, o come il fondo speciale per Difesa tedesco da 100 miliardi di euro.

“L’Europa si sente vulnerabile non solo per il fatto che i missili russi potrebbero colpirla ma anche perché, facendo un inventario delle capacità disponibili in termini di dotazioni i singoli Paesi si sono resi conto di non essere in grado di affrontare questo scenario”,  ha affermato Emanuele Serafini, direttore per l’Europa Occidentale e Nato di Lockheed Martin nel corso del convegno “Industria della Difesa, scenari e prospettive nella crisi post Ucraina”, organizzato al palazzo dell’Esercito, a Roma l’8 giugno.

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Una definizione che ben fotografa la drammatica realtà emersa dalle prime indicazioni fornite dal conflitto in Ucraina.

Difficile prevedere quando e con quali esiti potrà avere termine la guerra che prese il via nel 2014 nella regione orientale del Donbass ma ha subito una rapida escalation dal 24 febbraio scorso con l’intervento militare russo e il coinvolgimento indiretto degli stati membri della NATO quali fornitori di massicci aiuti militari e programmi di addestramento alle truppe di Kiev.

Dopo quasi 4 mesi di combattimenti ad alta intensità è forse presto per parlare di “lezioni” ma è certo possibile tracciare alcune indicazioni che questo conflitto fornisce all’Occidente e alle nazioni europee, determinate non solo dagli sviluppi bellici sul campo di battaglia ma anche dalla natura di questa guerra.

domenica 5 giugno 2022

RICORDO DI ALESSANDRO MAZZONE concetti hegeliani e materialismo storico - Roberto Fineschi, La Contrddizione

 Da: https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Roberto Fineschi è un filosofo italiano. Allievo di Alessandro Mazzone, ha studiato filosofia a Siena, Berlino e Palermo. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels. (Marx. Dialectical Studies). 

Leggi anche: Le classi nel mondo moderno* - Alessandro Mazzone

AUTOGOVERNO E TIRANNIDE*- Alessandro Mazzone

Classe lavoratrice, sindacato, storia del Movimento Operaio* - Alessandro Mazzone

Modo di produzione capitalistico*- Alessandro Mazzone

Classi e lotta di classe dopo la “crisi del marxismo”?* - Alessandro Mazzone

L'egemonia borghese c'è. Ma è invincibile? - Questioni di teoria* - Alessandro Mazzone

Il 1 giugno è stato il decennale della morte di Alessandro Mazzone, mio compianto maestro. Allego qui il link - https://ilconfrontodelleidee.blogspot.com - a un articoletto che scrissi a suo tempo sia sul rapporto intellettuale che si era creato in venti anni di frequentazione sia su alcuni aspetti salienti del suo contributo teorico (ci sono anche dei link ad altre pubblicazioni). In questo credo/spero di cogliere anche il sentimento comune dei “mazzoniani” di allora. 

Colgo l’occasione per pre-annunciare la nascita di un’associazione culturale - “Laboratorio critico” - che tra i suoi scopi si pone anche la valorizzazione del suo lascito teorico e librario. (R. F.)


Se consideriamo la società borghese nel suo complesso, compare come risultato ultimo del processo sociale di produzione, compare sempre la società stessa, cioè l’uomo nelle sue relazioni sociali.
Tutto quello che ha forma fissata, come prodotto ecc., compare come momento dileguante in questo moto.
Anche il processo di produzione immediato compare qui solo come momento.


[Karl Marx, Lineamenti, La vera comprensione del processo sociale di produzione] 


1. La mia frequentazione diretta con Alessandro Mazzone è durata quasi venti anni. Con lui ebbi la mia prima lezione universitaria nell’ottobre del 1992, un corso di Filosofia della storia, dove si leggeva la Filosofia del diritto di Hegel. Inutile negare che tutti noi studenti, per lo più al primo o al secondo anno, subimmo il fascino di un professore molto diverso dagli altri che avevamo o avremmo conosciuto. Eravamo probabilmente giovani ed ingenui, ma avevamo la chiara sensazione che, grazie a quelle lezioni, venivamo introdotti nel mondo rarefatto e sofisticato della vera filosofia, vale a dire del pensiero capace di pensare le cose. Non era come negli altri corsi, dove si faceva il conto dei libri per l’esame, tot pagine dal manuale, tot dal seminario, ecc.; delle fotocopie fatte in copisteria senza la bibliografia per risparmiare i soldi. Era una cosa molto diversa. La consapevolezza che stavamo vivendo un’esperienza per molti aspetti unica, ci spinse a tenere duro quando ci spaccavamo la testa sulle sottigliezze concettuali hegeliane; capivamo la differenze fra ripetere a pappagallo le formule trinitarie e comprendere la dialettica intrinseca delle cose nel loro svolgimento. Accettammo di studiare per un solo esame, quanto altri non studiavano nemmeno per la tesi. Si creò in questo modo la comunità dei “mazzoniani”, un gruppo di strani personaggi innamorati della filosofia marx-hegeliana e guidati da quella singolarissima figura che era Alessandro Mazzone. Difficile spiegare l’ef­fetto delle sue lezioni a chi non vi abbia assistito. Era forse la percezione della incredibile profondità del suo sapere ad impressionarci; come la capacità di leggere, parlare e scrivere in cinque o sei lingue (per noi che a stento parlavamo italiano). Ci sembrava, in poche parole, che il sapere stesse personificato di fronte a noi e che noi avessimo la grande occasione di parlare con lui guardandolo negli occhi. 

Con Mazzone abbiamo, tutti noi, imparato a studiare; abbiamo capito che senza una solida base non si ha la strumentazione per capire un bel niente; che educazione popolare non significa banalizzare le cose difficili, ma fornire i mezzi per capirle; le scorciatoie purtroppo non esistono. Così siamo cresciuti; abbiamo cercato di imparare le lingue, di leggere i classici, di pensare – pur con tutti i limiti personali – in grande. Questo è il grande insegnamento umano e di metodo che Alessandro Mazzone mi/ci ha dato. 

mercoledì 27 aprile 2022

Discussione intorno al senso della guerra - Roberto Fineschi

Da: https://www.facebook.com/roberto.fineschi -  Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Allievo di Alessandro Mazzone, Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: Fare la pace o fare la guerra? - Roberto Fineschi

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

Vedi anche: Violenza, classi e Stato nel capitalismo crepuscolare" - R.Fineschi, M.Casadio, A.Allegra.



Sabato 9 aprile, il Centro Casa Severino e l'Associazione di Studi Emanuele Severino hanno promosso un incontro interdisciplinare sul tema della guerra. Qui sotto la trascrizione minimamente rivista del mio intervento. 

Da una parte vorrei tentare di fare un discorso più generale diciamo di quadro. Facendo questo inevitabilmente ci si presta alla critica di non cogliere la drammaticità del presente: quando muoiono persone, si distruggono città è difficile distogliere lo sguardo; ovviamente si tenta di farlo non per ignorare il dramma ma per proporre una riflessione più ampia, inquadrata in un contesto di sistema, in questo caso relativo al concetto di guerra e violenza nella modernità e, a fortiori, anche al caso ucraino. 

La guerra non è certo una novità contemporanea; da quando esistono società complesse l'uomo ha sempre fatto guerre; da sempre i filosofi se ne sono occupati, ma più recentemente è nata una disciplina che in modo più politically correct ha cercato di affrontarla in maniera ancora più esplicita: le relazioni internazionali. In esse si cerca di sciogliere il nodo della guerra non per giustificarla da un punto di vista morale, ma per spiegarne la necessità fattuale nel mondo politico (i rapporti di potere producono degli equilibri che non si tratta di giudicare perché belli o brutti, ma semplicemente in quanto instaurano un ordine) o nel tentativo di evitarla proprio per le caratteristiche che ha. 

Tanto gli approcci realisti e neorealisti, quanto quelli che hanno invece cercato una via diplomatica, non violenta alla soluzione delle controversie internazionali di stampo liberale o neoliberale (Bobbio ad esempio), a mio modo di vedere hanno una questione filosofica di fondo che consiste nel partire da una concezione che dal punto di vista di Marx è criticabile, vale a dire il contrattualismo: considerare la formazione dell'istituzione statuale come un contratto sociale, che naturalmente si risolve poi diversamente in diversi filosofi. Il tratto comune è che se si instaura una società che in qualche modo argina la violenza anarchica dello stato di natura a livello interno, il problema si ripropone a livello esterno nelle relazioni internazionali in cui, di nuovo, i singoli funzionano come atomi anarchici. Secondo alcuni la loro interazione porta naturalmente a un equilibrio tra forze contrapposte e, alla fine, stabilisce un ordine che non è necessariamente giusto o bello, ma è un ordine. Invece secondo altri quest'ordine va costruito in qualche modo replicando la dimensione contrattualistica attraverso istituzioni terze che riescano, da una posizione super partes, a riconciliare e ricomporre il dissidio atomico dell'anarchia.