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La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
giovedì 18 settembre 2025
National Defense Strategy: il mondo è troppo grande per gli Stati Uniti - Francesco Dall'Aglio
Vedi anche: National Defense Strategy: gli Stati Uniti si guardano allo specchio - Roberto Buffagni
mercoledì 17 settembre 2025
Dalla egemonia del dollaro al mondo multipolare - Frasi di MARX (7)
martedì 16 settembre 2025
Cina, India e il Sud globale. - Alberto Bradanini
lunedì 15 settembre 2025
Gaza in fiamme: bombardamenti e pulizia etnica mentre Israele pianifica profitti sulle macerie - Eliana Riva
Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (Eliana Riva)
Giorno e notte, il rumore dei bombardamenti e dei colpi di mortaio non si ferma mai. Nel buio di Gaza City si può solo sentire. L’avanzata violenta dei militari israeliani e il pianto spaventato dei bambini. Non si dorme e non si mangia. Ci si scambiano notizie sulla posizione dei carri armati, per capire quando non si potrà più fare a meno di fuggire. Ma negli ultimi due giorni anche ottenere notizie è stato quasi impossibile, perché Tel Aviv ha bombardato e distrutto la principale rete di fibra ottica e le infrastrutture di telecomunicazione. Un blackout quasi totale si è abbattuto sulla Striscia, soprattutto sulle aree del nord.
Qualche video, però, si è riusciti a trasmetterlo. Sono immagini di stragi di civili. Famiglie, donne, uomini e bambini. Ovunque nella Striscia. Nelle tende dei profughi, davanti agli ospedali, per la strada, sui marciapiedi, negli edifici crollati, sotto le macerie. Le aree in cui gli sfollati delle torri si erano rifugiati, sono state attaccate, con l’obiettivo di incutere paura e terrore. Gli aerei volano a bassa quota, i robot esplosivi vengono guidati vicino alle zone ancora affollate. Anche il campo profughi sulla spiaggia è stato attaccato, mentre dal cielo continuano a piovere volantini di minaccia e intimidazione. Il portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano ha fatto sapere che i militari permetteranno alla popolazione di utilizzare un percorso “temporaneo” per lasciare Gaza City. Ma che via Salah al-Din rimarrà percorribile solo per 48 ore, fino a venerdì. L’annuncio di possibilità temporanee e limitate aiuta lo sfollamento, fa pensare di dover cogliere “un’occasione” che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Anche attaccare i luoghi più sensibili serve a dimostrare alla popolazione che non ha scelta, che l’unica opzione a disposizione è quella di andar via. È lo sfollamento forzato, mascherato da premura. Ieri il COGAT, il meccanismo israeliano che gestisce le attività nei Territori palestinesi occupati, si è offerto di “aiutare” i palestinesi a trasferirsi all’estero. Neanche una parola, chiaramente, sul fatto che l’esercito di Tel Aviv ha reso la Striscia invivibile, sull’assedio, sul blocco di beni essenziali alla sopravvivenza, sui massacri, sulla distruzione del sistema scolastico, sanitario, socio-economico, sul livellamento di qualsiasi struttura civile. No. Israele fa passare l’emigrazione come una scelta. E a provarlo sarebbero sei messaggi che, secondo lo stesso COGAT, alcuni palestinesi di Gaza avrebbero scritto alla pagina Facebook dell’agenzia governativa, supplicandola di essere deportati.
Intanto, gli aerei hanno bombardato nei pressi dell’ospedale al-Shifa, uccidendo almeno 14 persone in una delle stragi più orribili degli ultimi giorni. Tanti bambini e bambine, ragazzi, donne, i cui corpi sono stati adagiati nel cortile della struttura sanitaria. I quadricotteri pattugliano le strade e senza preavviso colpiscono chi esce alla ricerca di cibo e di acqua. L’ospedale pediatrico di Gaza City, al-Rantisi, è stato colpito con tre missili, esplosi uno dopo l’altro sui piani più alti della struttura. Chi poteva evacuare lo ha fatto: 40 pazienti sono andati via ma altrettanti sono rimasti, tra cui 12 in terapia intensiva. Le Nazioni Unite, l’Organizzazione mondiale della sanità, le associazioni umanitarie, hanno dichiarato che Israele dal 12 settembre ha chiuso l’unico valico del nord attraverso il quale riuscivano a far entrare un po’ di farina e di carburante. Soprattutto per gli ospedali, che ora rimangono senza combustibile per la stazione dell’ossigeno, per i macchinari medici, per le incubatrici. Tutto potrebbe spegnersi nel giro di pochi giorni. È un altro dei modi per costringere la popolazione ad evacuare. E gli ospedali a chiudere. A Gaza City era già stata dichiarata la carestia. Ora non rimane niente. I carri armati si chiuderanno in un assedio intorno alle strutture sanitarie e agli ultimi edifici che ospitano gli sfollati. Già le esplosioni sono sempre più vicine.
Intanto, entusiasta dei morti e degli sfollati della Striscia, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich già pregusta i guadagni che Israele potrà ricavare dalle macerie. “La Striscia di Gaza sta diventando una miniera d’oro immobiliare”, ha affermato, rivelando che il progetto è già oggetto di colloqui con gli Stati Uniti. “Abbiamo speso enormi somme per questa guerra. Ora dobbiamo stabilire come spartire i lotti di terreno a Gaza. La demolizione è sempre la prima fase del rinnovamento urbano. Quella l’abbiamo completata: è tempo di cominciare a costruire”.
Anche per questo nel sud della Striscia i militari consegnano più armi e promettono più potere e terra alle milizie locali di Abu Shabab, che secondo le informazioni dei media di Tel Aviv, ora “combattono” al fianco dei soldati dello stato ebraico. Il quale però, ammettono funzionari dell’esercito, non può davvero controllarli. Secondo il quotidiano Haaretz, molti ufficiali sul campo esprimono preoccupazione per le possibili conseguenze: “Mi ricorda Sabra e Shatila”, ha detto un comandante. Il riferimento è al massacro che proprio in questi giorni, 43 anni fa, fu compiuto nei campi profughi palestinesi di Beirut, dove le milizie falangiste, sotto la supervisione israeliana, uccisero centinaia di civili con estrema e indimenticabile violenza.
Il Nepal in rivolta tra disagio sociale, spinte reazionarie e rivalità Cina-India - Marco Santopadre
domenica 14 settembre 2025
L'ATTACCO DI DOHA DIMOSTRA CHE NON SI PUÒ RAGGIUNGERE LA PACE RICONOSCENDO ISRAELE - DAVID HEARST
Da: La Zona Grigia - Articolo originale: https://www.middleeasteye.net - David Hearst Editor in Chief of @MiddleEastEye, an independent news website.
Leggi anche: QUANDO SI TRATTA DI PACE, ISRAELE NON PERDE MAI L'OCCASIONE DI PERDERE UN'OCCASIONE - Muhammad Shehada
Un uomo osserva il fumo che si alza da un edificio dopo che un attacco israeliano ha preso di mira i negoziatori di Hamas nella capitale del Qatar, Doha, il 9 settembre 2025 (Jacqueline Penney/AFPTV/AFP)
sabato 13 settembre 2025
"Comunicazione; pensiero critico; complessità; Adorno e la complessità; ..." - Remo Bodei
venerdì 12 settembre 2025
National Defense Strategy: gli Stati Uniti si guardano allo specchio - Roberto Buffagni
giovedì 11 settembre 2025
Solidarietà “terrorista” - Carla Filosa
In attesa di sapere se la Global Sumud Flotilla sarà intercettata dall’esercito israeliano perché definita “terrorista” dal sionismo oscurantista, proponiamo la ripubblicazione di un articolo del 1988 scritto per la rivista “La Contraddizione”, intitolato Palestina/Imperialismo, in cui si curò una cronologia dell’imperialismo, e non solo. Per chi ancora si trastulla sull’uso o meno giuridico del termine genocidio per definire l’intento israeliano sull’attuale sterminio palestinese, può essere utile “rammentare” i precedenti passi di una storia che non comincia il “7 ottobre”.
Il presente sotto gli occhi di tutti viene monitorato in tanti punti informativi, in cui può rimanere difficile distinguere verità da propaganda, realtà oggettive da menzogne politiche. Il passato storico, accompagnato dall’analisi del tempo, non può più veicolare interessi, invece, di cui non si capiscono obiettivi e collusioni perché oggi ancora in via di sviluppo.
mercoledì 10 settembre 2025
Il Vertice della SCO e la vittoria nella Guerra mondiale antifascista - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews - https://giuliochinappi.com - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it -
Leggi anche: Cina, Russia e India serrano i ranghi contro il bullismo globale di Washington - Marco Santopadre
Vedi anche: Orso, elefante e dragone rimodellano l’ordine mondiale | Fabio Mini
Al vertice di Tianjin la SCO rilancia la visione multipolare di Xi, contrapposta all’egemonia statunitense. La parata dell’80° anniversario e gli accordi bilaterali mostrano l’ascesa di un blocco euroasiatico in crescita, mentre l’India pratica un difficile equilibrismo tra potenze.
Si è ormai concluso il vertice di due giorni dei leader dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) tenuto nella città cinese di Tianjin, in un momento di forti tensioni economiche e geopolitiche e di conflitti di non facile soluzione. In quella occasione il presidente Xi Jinping, ha illustrato la sua visione di un mondo multipolare, contrapponendola all’egemonismo e alla politica di potenza, con evidente riferimento agli Stati Uniti. Inoltre, il 3 settembre si è svolta un’impressionante parata militare per commemorare l’80° anniversario della vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l’aggressione giapponese nella Guerra Mondiale Antifascista. Contro il revisionismo storico del blocco euroatlantico, con questa parata e il discorso del leader cinese (https://www.youtube.com/watch?v=cXe0_GGMu80) si è affermata una lettura completamente diversa della guerra del Pacifico, cui gli Usa dettero rispetto alla Cina un contributo limitato nel continente asiatico.
martedì 9 settembre 2025
Calunnie e guerra non in nostro nome - Franco Cardini
Da: ilfattoquotidiano.it - Franco Cardini, è professore emerito di Storia medievale presso l'Istituto di Scienze Umane e Sociali (Firenze, oggi aggregato alla Scuola Normale Superiore di Pisa), saggista e blogger italiano (https://www.francocardini.it).
Vedi anche: STORIA EUROPEA - Luciano Canfora, Franco Cardini
Le falsità per preparare un conflitto contro l’“orco” Putin e la disparità di trattamento degli eccidi compiuti dagli israeliani nella Striscia di Gaza. Bancarotta morale delle democrazie occidentali.
La storia non sarà Maestra di Vita, ma qualcosa ogni tanto la insegna sul serio. Per esempio attraverso certi illustri aforismi di lontana origine ellenico-romana o biblica, trasformati magari in “verità da Bar dello Sport”.
Come quello, di antichissimo sapore ma difficile da rintracciare alla lettera nonostante Wikipedia – parte forse da Sun-Tzu, forse dal Machiavelli – secondo il quale, quando un qualche potere statale si sente arrivato in fondo alla sua parabola e ormai in trappola e in via di liquidazione fallimentare, ha a disposizione solo due vie d’uscita: o dichiara bancarotta o scatena una guerra.
La dichiarazione di bancarotta è più agevole e diretta: certo però implica il riconoscimento di una sconfitta che si può anche attribuire alla malasorte o al destino cinico e baro, ma che insomma comporta esplicitamente o no l’assunzione della responsabilità dei propri errori. Più decorosa e meno certa negli esiti (in fondo, sul campo di battaglia si può anche vincere…) è la dichiarazione di una guerra. Ma per essa occorrono due elementi: una “buona causa” (sic) e un nemico opportunamente scelto.
lunedì 8 settembre 2025
"l'informazione è totalmente pilotata" - Marc Innaro
Marc Innaro, ex corrispondente RAI a Mosca, racconta le nefandezze del giornalismo gestito dal potere. "Mi hanno impedito di intervistare il ministro degli esteri Lavrov..."
domenica 7 settembre 2025
Cina, Russia e India serrano i ranghi contro il bullismo globale di Washington - Marco Santopadre
Mentre con un’aggressività mai vista negli ultimi decenni, gli Stati Uniti tentano di imporre ad alleati e avversari i propri interessi a suon di sanzioni e minacce militari, l’ultimo vertice della “Shanghai Cooperation Organization” (SCO) ha evidenziato la capacità da parte della Cina di fare blocco contro quello che viene definito sempre più spesso il “bullismo globale” di Donald Trump.
La venticinquesima edizione dell’assemblea dell’organizzazione sovranazionale – forse la più importante dall’istituzione dell’organismo – è stata l’ennesima occasione per rivendicare il diritto delle potenze emergenti (definite la “maggioranza globale” dal leader russo) a difendere i propri interessi e ad esercitare la propria egemonia a livello globale contro i colpi di coda della grande potenza americana che si vuole “di nuovo grande” e non accetta un nuovo ordine mondiale che ridimensioni il proprio dominio.
Al vertice di Tianjin, Xi Jinping ha dimostrato la sua forza di attrazione – almeno quando si tratta di contrastare la strategia di Washington – all’insegna della bandiera del multilateralismo e della globalizzazione economica, riunendo venti paesi, tra i quali India, Russia, Bielorussia, Iran, Pakistan, Kazakhistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan.
In nome del contrasto nei confronti di Washington e della difesa delle proprie prerogative, si sono seduti l’uno accanto all’altro i leader di paesi spesso concorrenti se non nemici, come nel caso di India e Pakistan.
sabato 6 settembre 2025
L’impatto delle sanzioni Usa sulla Relatrice Onu Francesca Albanese
venerdì 5 settembre 2025
Orso, elefante e dragone rimodellano l’ordine mondiale | Fabio Mini
giovedì 4 settembre 2025
Il narco-Venezuela: la grande bufala - Pino Arlacchi
Da: Pino Arlacchi - Il Fatto Quotidiano | 30 agosto 2025 - Pino Arlacchi è un sociologo, politico e funzionario italiano (Pino Arlacchi).
Leggi anche: IL GRANDE IMBROGLIO SUL VENEZUELA - Pino Arlacchi
mercoledì 3 settembre 2025
Cisgiordania, l’IDF: “Punizioni collettive per interi villaggi” - Claudia Carpinella
Da: https://it.insideover.com - Claudia Carpinella Nata a Roma, classe 1991, appassionata di storia e di storie. Dal 2016 collabora con diverse testate giornalistiche italiane e appena può prende un aereo per posti lontani, per conoscere meglio il mondo e raccontarlo a parole sue.
L’esercito israeliano ha sradicato oltre tremila ulivi come punizione collettiva contro un intero villaggio palestinese. Già, in Cisgiordania funziona così: l’IDF e i coloni spadroneggiano su quella terra per terrorizzare gli abitanti, in ogni modo possibile. Violenze e soprusi che fanno parte di una politica di lunga data, e che ora — con il genocidio di Gaza in corso — vengono persino rivendicati dagli stessi generali che li ordinano.
Ha fatto notizia l’ennesimo incidente di percorso, che ha visto un colono lievemente ferito da un palestinese mentre guidava un quad su dei terreni rubati. Per ritorsione, il capo del Comando Centrale dell’IDF, Avi Bluth, ha fatto sradicare 3.100 ulivi — poco prima della raccolta delle olive — punendo così non il singolo aggressore che aveva sparato, bensì l’intero villaggio da cui proveniva.
Lo ha rivendicato lo stesso Bluth: “I palestinesi devono sapere che, se commettono un attacco terroristico, pagheranno un prezzo elevato”. Nulla importava, infatti, che, mentre l’esercito era all’opera per devastare gli ulivi di al-Mughayyir, l’aggressore fosse stato già stato identificato e arrestato.
Il generale maggiore Bluth ha rincarato la dose, precisando che tale distruzione “è volta a scoraggiare tutti, non solo questo villaggio [al-Mughayyir, ndr], ma chiunque cerchi di alzare una mano contro i residenti [ovvero i coloni degli insediamenti e degli avamposti illegali, ndr]”. Ha poi chiarito ulteriormente il senso della “giustizia” applicata dall’esercito israeliano nella Cisgiordania occupata: “Se un palestinese compie un attacco, non c’è problema. Accenderemo i riflettori sul suo villaggio con operazioni di ‘ristrutturazione’”.