"Che il pensiero di
Marx sia figlio della rivoluzione industriale lo sappiamo tutti, come sappiamo
che non sarebbe esistito nessun Marx senza il progressivo e sempre più compiuto
sviluppo del modo di produzione capitalistico. Ho spesso pensato (ma non è solo
l'opinione mia) che lo stesso Das Kapital rappresenti in fondo il punto più
alto dell'autocoscienza della stessa società capitalistica. Oltre questo punto
tale società, sul piano del pensiero filosofico, è regredita a forme di
irrazionalismo e non ha più toccato la ricchezza e la profondità di visione di
Marx. Dunque, io credo che mettere Marx dalla parte del torto non abbia un
significato storico effettivo.
La cosa importante non
è, a mio avviso, che egli personalmente credesse o meno nelle "magnifiche
sorti e progressive" del modo di produzione capitalistico, ma che ne abbia
saputo mettere in chiaro la struttura e la dinamica inevitabilmente
contraddittorie anche in assenza, o nei periodi di indebolimento, del conflitto
capitale-lavoro.
Sappiamo benissimo che
questa non è la sola contraddizione del capitale e come quest'ultimo entri in conflitto con se stesso e con la propria
dinamica di sviluppo anche senza lotta di classe operaia. In fondo, la crisi
del 2008 non ci dimostra anche questo?" [Aristide Bellacicco (C.F.M.
Stefano Garroni)]
Il ruolo della tecnica nella problematica del mutamento sociale. Pubblicato su "Ecologie & politique" n°37 2008/3
Quelli
che ci trattano da "distruttori di macchine", dovremmo trattarli noi,
in cambio, da "distruttori di uomini."
Günther Anders [*1]
Per una rilettura della Rivoluzione Industriale
Recentemente, nello spazio di un anno, senza alcuna concertazione, le case
editrici francesi hanno pubblicato quattro opere che riguardano la distruzione
delle macchine [*2]. Fino ad allora, gli editori, riflettendo in
questo l'attitudine della maggior parte degli storici, avevano dimostrato assai
poco interesse alle rivolte contro le macchine avvenute all'alba della
Rivoluzione industriale. Ciò era essenzialmente dovuto al fatto che quei
movimenti venivano percepiti come la manifestazione di un "oscurantismo
tecnologico", una reazione arcaica nei confronti di una dinamica storica
che si presume si svolgesse sotto gli auspici del "Progresso". Lo
attestano i manuali di storia: così, quando i fatti in questione non vengono
puramente e semplicemente ignorati, vengono presentati come un "reazione
primitiva" [*3]. Nell'arte della negazione, David S.Landes
appare come un virtuoso: su circa 750 pagine di un libro consacrato alla
nascita e alla crescita del capitalismo industriale, non dice niente dei
disordini sociali che hanno segnato l'inizio dell'industria tessile in
Inghilterra nei primi decenni del 19° secolo. Ai suoi occhi, "la
Rivoluzione industriale insieme al matrimonio della scienza con la tecnica
costituiscono il culmine di millenni di progresso industriale". E tale
acme apre una nuova era di espansione illimitata, a partire da un
"progresso cumulativo della tecnica e della tecnologia, un progresso
autonomo" ancora più sfrenato dal momento che tradizioni e pregiudizi
vengono abbandonati [*4]. Anche Paul Mantoux, che però disserta a
lungo sul luddismo e su altre forme di distruzione delle macchine, usa
ripetutamente l'epiteto "desueto" per descrivere il metodo di
industria a domicilio, le regole che lo disciplinavano oppure gli argomenti
portati avanti dagli operai al fine di difendere il loro mestiere [*5].