Da: https://www.emilianobrancaccio.it/didattica - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Autore di saggi pubblicati da riviste accademiche internazionali, ha promosso il “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity e l’appello per un ”piano anti-virus”, pubblicati sul ”Financial Times”. Sua è la rubrica Eresie su RAI Radio 1. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012); Il discorso del potere (2019); il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020); Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, Meltemi edizioni; Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico, PIEMME edizioni; www.emilianobrancaccio.it - https://www.facebook.com/emiliano.brancaccio.3
Vedi anche: Catastrofe
o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non
sarà un pranzo di gala"
There
is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier
Blanchard e Emiliano Brancaccio
Regolamentare
il mercato - Daron Acemoglu, Emiliano Brancaccio
Critica
economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio
Però
c’è un problema... - Emiliano Brancaccio
L’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale ha
sostenuto che per scongiurare una futura “catastrofe” serve una
“rivoluzione” keynesiana della politica economica.
La sua tesi
viene qui sottoposta a esame critico sulla base di un criterio di
indagine scientifica del processo storico definito “legge di
riproduzione e tendenza del capitale”. Da questo metodo di ricerca
scaturisce una previsione: la libertà del capitale e la sua tendenza
a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per
le altre libertà e per le istituzioni liberaldemocratiche del nostro
tempo.
Dinanzi a una simile prospettiva Keynes non basta, come non
basta invocare un reddito.
L’unica rivoluzione in grado di
scongiurare una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel
rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la
pianificazione collettiva, intesa questa volta nel senso inedito e
sovversivo di fattore di sviluppo della libera individualità sociale
e di un nuovo tipo umano liberato.
Una sfida che mette in discussione
un’intera architettura di credenze e impone una riflessione a tutti
i movimenti di lotta e di emancipazione del nostro tempo, tuttora
chiusi nell’angusto recinto di un paradigma liberale già in crisi. (E. Brancaccio, Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione. Meltemi editore, 2020.)
Una definizione di “politica economica”
L’economista
neoclassico Lionel Robbins definì la politica economica come “il
corpo dei principi dell’azione o dell’inazione del governo
rispetto all’attività economica” (Robbins 1935).
Tra gli
esponenti delle scuole di pensiero critico, Federicò Caffè ha
proposto la seguente definizione di politica economica: “la
disciplina che cerca le regole di condotta tendenti a influire sui
fenomeni economici in vista di orientarli in un senso desiderato”
(1978).
Si tratta di definizioni molto generali, che in astratto
possono valere per diversi tipi di sistemi economici, siano essi
capitalistici oppure anche pianificati. Quali sono le differenze tra
economia politica e politica economica?
La moderna disciplina
dell’economia politica sorge alla fine del Diciottesimo secolo con
le riflessioni di Adam Smith sull’avvento del capitalismo
concorrenziale. In questo senso, l’economia politica esamina in
primo luogo il funzionamento “impersonale” del sistema
capitalistico quando è lasciato alle forze del mercato e non è
sottoposto a interventi delle autorità di governo.
La politica
economica, invece, può esser concepita come disciplina autonoma nel
senso che indaga principalmente sulle cause e sui possibili effetti
dell’intervento delle autorità di governo sul funzionamento stesso
del sistema economico.
Naturalmente questa è una partizione molto
semplificata: a ben guardare, fin dalle sue origini l’economia
politica non ha mai potuto fare a meno di occuparsi anche dell’azione
del governo, così come la politica economica non può mai
prescindere dallo studio dei meccanismi del mercato.
Economia
politica e politica economica sono quindi discipline strettamente
intrecciate: le differenze tra di esse sono sfumate e rappresentano
più che altro delle convenzioni.
Un possibile criterio generale di
distinzione, comunque, può consistere nel dichiarare che l’economia
politica elabora soprattutto analisi di tipo positivo (o
descrittivo), nel senso che suggerisce una o più interpretazioni del
modo in cui il sistema economico funziona. La politica economica,
invece, è orientata principalmente in senso normativo (o
prescrittivo), dal momento che aiuta a individuare gli strumenti
necessari a modificare il funzionamento del sistema economico per
orientarlo verso obiettivi politici ben determinati, come ad esempio
la piena occupazione, la riduzione delle disuguaglianze, e così via.
Potremmo dire, in altre parole, che mentre l’economia politica
tende a occuparsi di “ciò che è”, la politica economica si
concentra soprattutto su “ciò che deve essere”.
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