domenica 21 giugno 2020

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Da: https://www.lacittafutura.it - Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies). -
Vedi anche:  "Violenza, classi e Stato nel capitalismo crepuscolare" - R.Fineschi, M.Casadio, A.Allegra.  
                        IL RITORNO DELLA RAZZA - ARGINI E ANTIDOTI DALLA CONOSCENZA" 
                        Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
Leggi anche: Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi 
                        Orientamenti politici e materialismo storico - Roberto Fineschi 
                        IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli 
                        LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 
                        RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon 
                        L’occupazione italiana nei Balcani - Angelo Del Boca



Il razzismo non è un fenomeno solo statunitense ma è alla base del pensiero liberale. Aver abolito lo schiavismo non ha intaccato i meccanismi dello sfruttamento dei lavoratori.



1. Come spiega efficacemente Domenico Losurdo in vari suoi studi, la tradizione liberale da sempre ha combinato astratta uguaglianza e libertà con una teoria della classe dominante, secondo la quale esse valgono solo per un circolo di eletti. Credo efficace riportare qualche passo documentario della sua Controstoria del liberalismo dove la crudezza, la ferocia, la “banalità del male” ante litteram, appaiono in tutta la loro drammaticità:

“Proprio in questo ambito il processo di de-umanizzazione ha raggiunto punte difficilmente eguagliabili. In Giamaica, nel britannico impero liberale di metà Settecento, vediamo all’opera un tipo di punizione di per sé eloquente: «uno schiavo era obbligato a defecare nella bocca dello schiavo colpevole, che poi era cucita per quattro o cinque ore»”

Roba per stomaci forti, come la “cronaca” statunitense di inizio novecento che segue:

“Notizie dei linciaggi erano pubblicate sui fogli locali e carrozze supplementari erano aggiunte ai treni per spettatori, talvolta migliaia, provenienti da località a chilometri di distanza. Per assistere al linciaggio, i bambini delle scuole potevano avere un giorno libero. Lo spettacolo poteva includere la castrazione, lo scuoiamento, l’arrostimento, l’impiccagione, i colpi d’arma da fuoco. I souvenirs per acquirenti potevano includere le dita delle mani e dei piedi, i denti, le ossa e persino i genitali della vittima, così come cartoline illustrate dell’evento” (D. Losurdo, Controstoria del liberalismo, Roma-Bari, Laterza, 2005, pp. 333 s.).

venerdì 19 giugno 2020

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

Da: https://www.economiaepolitica.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna.
Leggi anche:  Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni 
                       https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/18076-cristina-re-riccardo-bellofiore-smith-ricardo-marx-sraffa.
                      DIALOGO SOPRA UN MINIMO SISTEMA DELL’ECONOMIA, a proposito della concezione di Sraffa e degli “economisti in libris” suoi discepoli * - Gianfranco Pala e Aurelio Macchioro 
                      Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore) 
Vedi anche:   https://www.facebook.com/watch/live/?v=300969457731929&ref=watch_permalink

(http://www.rosenbergesellier.it/scheda-libro)


1. Ho religiosamente compitato la collazione (rimaneggiata) di scritti che Riccardo Bellofiore ha testé dato alle stampe (R. Bellofiore, Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Rosenberg & Sellier, Torino, 2020) e qui mi provo a recensirla. Per me è stato come compiere un viaggio a ritroso nella mia stessa vicenda intellettuale davanti alla evidenza di un identico sentire (Riccardo, come al solito, non concorderà, ma a me non importa affatto se lui non percepisce, perché io invece sì). E dire che non ci siamo mai frequentati veramente (lui a Torino e a Bergamo, io stabilmente a Bologna), sebbene entrambi avessimo da sempre condiviso l’idea generale che non c’è modo di capire l’economia politica se non se ne ripassa la storia. È stata questa la grande lezione che ha dato ad entrambi Claudio Napoleoni in quelle Considerazioni sulla storia del pensiero economico, dapprima uscite sulla “Rivista trimestrale” e poi raccolte nel 1970 sotto il titolo di Smith Ricardo Marx, che hanno segnato una intera generazione di giovanotti, allora aggressivi e irriverenti, che ambivano a farsi economisti. Poi tanti di loro si sono persi anche solo per «tirare quattro paghe per il lesso» (Giosuè Carducci, Davanti San Guido), ma non Riccardo che ha proprio voluto intitolare questa sua ultima pubblicazione a Smith Ricardo Marx+ Sraffa dove il quarto nome, che nel titolo di Napoleoni non c’era, non è affatto peregrino se proprio Napoleoni è stato il miglior divulgatore in Italia dell’unico libro di alta teoria che sia uscito nella seconda metà del Novecento: quella mitica Produzione di merci a mezzo di merci, per l’appunto, di Piero Sraffa.
Ma da dove cominciare questa mia recensione che vorrei mantenere il più possibile pirotecnica? Dalla certezza, altrettanto condivisa da Riccardo con me, che l’economia politica non tratta per niente di un agire economico in generale (sans phrase, come avrebbe detto Carlo Marx), bensì dell’agire specifico nel cosiddetto “modo capitalistico di produzione”, dove l’aggettivo è tutto un programma. E quale programma? Che il «ricambio organico tra uomo e natura» (copyright, ma piuttosto copyleft dell’inevitabile Carletto) non si pratica più utilizzando lavoro schiavile o servile, bensì con il lavoro salariato. Che tuttavia andrebbe meglio declinato come Lavoro a Salario, per mettere subito in evidenza che due sono gli elementi che entrano in gioco nella “maniera di produrre” che ci governa, ossia il lavoro, necessario affinché si dia una offerta di merci, ed il salario che ne risulta lo stimolo ma pure la domanda di quelle merci. Era ciò che Adamo Smith, “padre nobile” di tutti gli economisti, aveva ben capito introducendo quella categoria del lavoro comandato che io sul momento avevo snobbato parendomi un “pasticciaccio brutto” mettere insieme la fatica e la sua remunerazione. Ma allora ero più ricardiano che smithiano e poi ero giustificato dalla vicenda successiva del pensiero economico che i due termini aveva preso a far correre separatamente con il lavoro, promosso a “sostanza celeste” nel “lavoro contenuto astratto” da David Ricardo (con una “c” soltanto però, perché Riccardo non si allarghi troppo…) ed il salario rigettato sull’istinto di procreazione da contenere con la castità da parte del “prete” Malthus che io, figlio della generazione contraccettiva a venire, ho odiato quanti altri mai perché intendevo fottere e non astenermi! Si sa comunque che da questa divaricazione si sono aperte le due alternative possibili, verso destra, di un “lavoro senza salario” che al giorno d’oggi ha condotto a quella manna per il capitale che è il lavoro volontario (ossia gratuito!) e, verso sinistra, alla utopia (ma mai disperare!) di un “salario senza lavoro” in quel Paese di Cuccagna «dove manco si lavora, più si guadagna».

mercoledì 17 giugno 2020

La scienza tra dubbio e certezza - Giulio Giorello

Da: Festa Scienza Filosofia - Giulio Giorello (Milano, 14 maggio 1945 – Milano, 15 giugno 2020) è stato un filosofo, matematico, accademico ed epistemologo italiano.
Leggi anche: Storia del pensiero scientifico e filosofico* – Ludovico Geymonat 
Vedi anche: CONOSCENZA,SAPIENZA,SAGGEZZA: il triangolo che non c'è più - Silvano Tagliagambe  
                       Isaac Newton*- Paolo Rossi**
                                                                           

martedì 16 giugno 2020

LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx

Da: http://www.criticamente.com
Leggi anche:  Il tema del lavoro secondo Karl Marx*- Giulio Di Donato 
                        Karl Marx (una compiuta critica dell’economia politica)* - Emiliano Brancaccio 
                        Una storia complessa. La teoria dell’accumulazione in Marx - Roberto Fineschi 
                        La produzione capitalistica di fabbrica fondata sulle macchine*- Aleksandr A. Kusin 
                        Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica*- Stefano Garroni 
                        IL CAPITALE: CAPOLAVORO SCONOSCIUTO - a mo’ di allegoria da Balzac - per Marx* - Gianfranco Pala 
                        Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte* - Karl Marx (1852)
                        Das Kapital nel XXI secolo* - Giorgio Gattei 


IL CAPITALE (LIBRO I) 
SEZIONE VII IL PROCESSO DI ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE 
CAPITOLO 25 LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE[253]
L’economia politica fa confusione, in linea di principio, fra due generi assai differenti di proprietà privata, uno dei quali è fondato sul lavoro personale del produttore, l’altro sullo sfruttamento del lavoro altrui. Essa dimentica che questo ultimo genere di proprietà privata non solo costituisce l’antitesi diretta del primo, ma può crescere soltanto sulla tomba di quello.
Nell’Europa occidentale, patria dell’economia politica, il processo dell’accumulazione originaria è più o meno compiuto. Quivi il regime capitalistico o si è assoggettata direttamente tutta la produzione nazionale; o, dove le condizioni economiche sono ancora meno sviluppate, esso controlla per lo meno indirettamente gli strati della società che continuano a vegetare in decadenza accanto ad esso e che fanno parte del modo di produzione antiquato. L’economista politico applica a questo mondo capitalistico ormai compiuto le idee giuridiche e della proprietà del mondo pre-capitalistico con uno zelo tanto più ansioso e con una unzione tanto maggiore, quanto più i fatti fanno a pugni con la sua ideologia.
Nelle colonie le cose vanno altrimenti. Quivi il regime capitalistico s’imbatte dappertutto nell’ostacolo costituito dal produttore che come proprietario delle proprie condizioni di lavoro arricchisce col proprio lavoro se stesso e non il capitalista. La contraddizione fra questi due sistemi economici diametralmente opposti si attua qui praticamente nella loro lotta. Dove il capitalista ha alle spalle la potenza della madre patria, egli cerca di far con la forza piazza pulita del modo di produzione e di appropriazione fondato sul proprio lavoro.

lunedì 15 giugno 2020

Come prima… peggio di prima - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. 
Collabora con:https://www.unigramsci.it - https://www.facebook.com/unigramsci - https://www.lacittafutura.it
Leggi anche: La crisi? Inizierà a settembre. E assomiglia purtroppo al 1929 - Maurizio Novelli


La crisi sanitaria ed economica disvela scenari catastrofici in contrasto con la fiducia che ci vogliono inoculare. Forse il disvelamento alimenterà la forza consapevole di opporsi in quelli che sono stati spinti al basso della piramide sociale.


Nel 1917 qualcuno scriveva La catastrofe imminente…, ma forse l’espressione poteva ben riferirsi a quel momento storico, ora che stiamo per uscire dalla pandemia, nonostante la situazione critica di Paesi come gli Stati Uniti e il Brasile, e possiamo forse sentirci più tranquilli; ma le cose stanno veramente così? In effetti, almeno qui nel Lazio dove scrivo, la gente si muove tranquilla ed ha ricominciato il consueto consumismo, magari più attento.

Analizzerò brevemente alcuni aspetti delle ipotetiche conseguenze della pandemia che si è rovesciata sui paesi capitalistici avanzati e che per questo è stata sempre sulla cresta dell’onda, nonostante la persistenza di epidemie “minori” (per la nostra ottica) in altri continenti. 

Qualcuno si ricorderà che la cosa è iniziata con accuse reciproche da parte di Cina e Stati Uniti a proposito della diffusione del virus, della mancanza di tempestività etc., tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha dato vita ad un’indagine “indipendente” sulle cause, sulle misure adottate, sulla diffusione delle informazioni. 

Nel retroscena è stata collocata l’ipotesi dell’arma biologica, anche se questo non ci deve far dimenticare che le grandi potenze hanno numerosi laboratori proprio per produrre questo genere di agenti patogeni subdoli e sostanzialmente a buon mercato. 

Ovviamente non si fa più menzione del fatto che è proprio la struttura dell’industria agroalimentare e dell’allevamento, connessa alla devastazione della natura, alle rapide forme di inurbamento e di inquinamento, che sta proprio alla base del famoso “salto di specie” attraverso cui un virus, ubicato in un corpo animale, si trasforma ed attacca l’uomo, dando luogo ai fenomeni pandemici a causa degli altri aspetti della globalizzazione (rapidità di spostamenti): non se ne fa menzione, appunto, proprio perché si sarebbe messa in crisi la struttura capitalistica stessa.

sabato 13 giugno 2020

Marx pensatore del globale - Maurizio Ricciardi

Da: Teoria Critica della Società - Università Bicocca - Maurizio Ricciardi Università di Bologna, Storia delle dottrine politiche.
Leggi anche: Sull'accumulazione originaria di Karl Marx , Il Capitale Libro I, Capitolo 24  
                        LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 

                                                                             

IL NAZIONALISMO È L'ARMA CON CUI IL PADRONATO DIVIDE I LAVORATORI

"Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso.

Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. La sua attitudine verso di lui è molto simile a quella dei poveri bianchi" verso i "negri" degli antichi Stati schiavisti degli Stati Uniti d'America. L'Irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda.

Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. E' il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente."

(Lettera di Karl Marx a S. Meyer e A. Vogt, 9/4/1870).

La crisi? Inizierà a settembre. E assomiglia purtroppo al 1929 - Maurizio Novelli


Da: https://www.milanofinanza.it - Maurizio Novelli, gestore del Lemanik Global Strategy Fund (https://www.fondionline.it/societa-di-gestione/lemanik.html)
Leggi anche: Novelli (Lemanik) lancia l’allarme sul debito http://stampafinanziaria.com/1094-2/

La crisi? Inizierà a settembre. E assomiglia purtoppo al 1929E se lo dicono loro stessi...
Insomma, il mondo trabocca di merce ma non c'è abbastanza salario, né abbastanza  profitto, per trasformarla in denaro e per trasformare questo nuovo denaro in altra merce e così via. Quindi si pompa liquidità nel sistema pensando di risolvere il problema, che invece in tal modo  non fa che aggravarsi perché la gran parte di questo denaro se ne va in operazioni di pura finanza (cioè produce altro debito) o in finanziamenti a privati o aziende che non saranno mai in grado di restituirlo.
Crediamo però, un po' presuntuosamente forse, che tutto ciò riguardi prevalentemente il settore dei beni di consumo, vale a dire  quelli che vengono acquistati  dal consumatore ultimo (il cittadino comune). 
Vorremmo che un economista dei "nostri" (se ancora ne esistono) ci spiegasse, al di là del consumo di lusso che regge sempre (ovviamente), quali sono (se ci sono) le aree produttive del capitale nelle quali si genera ancora profitto vero e proprio? (il collettivo)

                                                                                                                                -------------------- 

L’esasperazione del modello basato sui profitti generati da un eccesso di leva finanziaria e da una finanza fuori controllo ha fallito. E ha prodotto il risultato opposto: la nazionalizzazione del sistema causata da eccessi di speculazione finanziaria, esattamente quanto accaduto dopo la crisi del 1929. 

La fine del lockdown può certamente indurre a pensare che la crisi sia ormai in fase di superamento e da qui in avanti possiamo iniziare a scontare una ripresa dell’attività economica ed un ritorno alla normalità. Ma in realtà, la crisi inizia adesso.

Più passa il tempo e più emerge chiara la sensazione che il settore finanziario non sembra aver capito l’impatto e le implicazioni di lungo periodo di questi eventi né di quello che accadrà all’economia reale.

Sebbene le analisi di consenso si concentrino in prevalenza sui rischi di ricadute dovute a possibili ritorni del contagio, è molto più importante pensare alle conseguenze economiche che ci attendono senza ulteriori ipotesi.

venerdì 12 giugno 2020

Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici - Paolo Ercolani

Da: Grandi opere filosofiche - Paolo Ercolani insegna filosofia all'Università  di Urbino Carlo Bo.

                                                                       

domenica 7 giugno 2020

LA GUERRA CHE DURA SEI GIORNI E CINQUANT'ANNI - Joseph Halevi

Da: http://rproject.it - http://www.palermo-grad.com -
Joseph Halevi Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino.
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi 


 SEMBRA UN SECOLO...

Il 5 di giugno del 1967 il governo di Israele - allora diretto da Levi Eshkol del partito sionista socialdemocratico MAPAI, già fondato da David Ben Gurion e da cui quest’ultimo era uscito alcuni anni prima - lanciò l’improvviso attacco militare all’Egitto, Giordania e Siria, che portò alla conquista della penisola del Sinai, della striscia di Gaza, di Gerusalemme orientale, della Cisgiordania e delle alture del Golan. Secondo quanto appena scritto dal quotidiano Ha-aretz all’interno del governo vi fu una discussione se si dovesse giustificare l’attacco con una grande menzogna oppure con una piccola e meno impegnativa bugia. 

Nei primi tempi prevalse la grande menzogna e cioè che Israele aveva risposto a dei movimenti di colonne corazzate egiziane verso il suo territorio. Tale giustificazione durò pochissimo e si passò alla tesi di un’azione preventiva causata dalla concentrazione aggressiva di truppe egiziane nel Sinai e dall’abbandono da parte di Nasser dei caschi blu dell’ONU dallo stretto di Tiiran, laddove il Mar Rosso si divide per formare un budello che arriva al porto israeliano di Elat e a quello giordano di Aqaba. Il contingente delle Nazioni Unite era stato inviato a Sharm El Sheikh - sullo stretto di Tiran appunto - dopo la guerra anglo-franco-israeliana dell’ottobre-novembre 1956 per assicurare la libertà della navigazione marittima in quelle acque dato che Israele si riforniva di petrolio iraniano che veniva scaricato ad Elat. La tesi di una guerra di difesa preventiva durò più a lungo ma alla fine crollò anche quella e oggi nessuno storico dotato di un minimo di serietà ne farebbe uso.

sabato 6 giugno 2020

Che cos'è la sineddoche? - Giuseppe Patota

Da: Giuseppe Patota - Giuseppe Patota è un accademico italiano, professore ordinario di Storia della lingua italiana presso l'Università degli Studi di Siena, sede di Arezzo, dove tiene i corsi di grammatica italiana, didattica e storia della lingua italiana.

                                                                        

"Studio argomenti legati alla lingua e alla letteratura italiana da circa quarant’anni; li studio e poi provo a spiegarli, prima a me e poi ai miei studenti. Perché in questo consiste il lavoro dell’insegnante: rendere facili, per quanto è possibile, le cose difficili. 

In questo canale troverete video che vi aiuteranno a leggere, spiegare e interpretare il testo poetico. 

12 lezioni per studenti e futuri insegnanti: dalla lettura alla parafrasi, dalla comprensione al commento. Il suono, il senso e le loro figure: anafora, antonomasia, chiasmo, climax, epifora, iperbole, litote, metafora, metonimia, ossimoro, similitudine, sineddoche, sinestesia." (Giuseppe Patota)

Qui tutte le lezioni: https://www.youtube.com/playlist?list=PL1OsGfzlvc5CQ01G7G2Bi14bbbqGfGuFZ

venerdì 5 giugno 2020

Il fallimento dell’America - Cornell West

Da: https://francosenia.blogspot.com - Fonte: RealClear Politics - 
Cornel Ronald West è un filosofo, attivista politico, critico sociale, autore e intellettuale pubblico americano.


« Io penso che ciò cui stiamo assistendo, è che l'America, in quanto esperimento sociale, ha fallito. Ciò che intendo dire è che i neri, la loro storia, per più di 200 anni, hanno visto il fallimento dell'America, hanno visto che la sua economia capitalista non è in grado di far sì che le persone possano vivere delle vite decenti. 

Lo Stato-Nazione, il suo sistema di giustizia penale ed il suo sistema legale non sono riusciti a produrre la protezione dei diritti e della libertà. Ed ora, con la nostra cultura, così orientata al mercato, ciascuno viene messo in vendita, tutto è in vendita, non si riesce ad assicurare quel genere di nutrimento reale per l'anima, e non c'è più alcun significato, alcuno scopo. E così, si arriva a questa tempesta perfetta di quelli che sono tutti quanti i molteplici fallimenti, ai diversi livelli, dell'impero americano, e di questo Martin King ce ne aveva già parlato... 

Il sistema non può più riformarsi da sé solo. Ci abbiamo provato a mettere delle facce nere nei posti di comando. E troppo spesso abbiamo visto che i nostri politici neri, la classe professionale, la classe media, diventano troppo accomodanti nei confronti di uno Stato-Nazione militarizzato, troppo asservito alla cultura di mercato delle celebrità, allo status quo, al potere, alla fama, a tutte quelle cose superficiali che significano così tanto per molti nostri cari connazionali. E così avviene che ci troviamo un gangster neofascista alla Casa Bianca, il quale non si preoccupa di niente. 

C'è un'ala neoliberista del Partito Democratico, che ora, dopo il crollo di fratello Bernie, si trova alla guida del partito, e non sa proprio che pesci pigliare, e tutto ciò che riesce a fare è mostrare più facce nere possibile. Ma il più delle volte tutte queste facce nere non fanno altro che perdere ancora più legittimità, dal momento che il movimento "Black Lives Matter" era emerso sotto la guida di un presidente nero, un procuratore generale nero, e un ministro della Sicurezza nazionale nero, e tutti loro non sono riusciti a fare un bel niente. 

Così quando si parla delle masse di neri, dei preziosi poveri e della classe operaia nera, marrone, rossa, gialla, di qualsiasi colore, sono proprio loro quelli che rimangono fuori e si sentono del tutto impotenti, inermi, senza speranza, ed ecco che allora c'è la ribellione. » 

martedì 2 giugno 2020

"Friburgo universitaria. Il pensiero fenomenologico. Husserl" - Carlo Sini

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Carlo Sini è un filosofo italiano.- CarloSiniNoema 
Vedi anche: "Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"- Paolo Vinci 
                     "Husserl e la Lebenswelt" - Carlo Sini
                     Stefano Bancalari - Edmund Husserl, "La crisi delle scienze europee" https://www.youtube.com/watch?v=226l_CRUMrM
                     Roberta De Monticelli - Husserl  http://www.raiscuola.rai.it/articoli-programma-puntate/zettel-presenta-husserl-e-la-fenomenologia-
                     "La frattura fenomenologica e la nuova antropologia"- Aldo Masullo 

                                                                            

lunedì 1 giugno 2020

Possibili conseguenze della pandemia: dal turismo di massa a quello di classe. - Paolo Massucci

Da: https://www.lacittafutura.it- Paolo Massucci Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni.



Se le misure della cosiddetta fase 2 divenissero strutturali, ne potrebbe conseguire uno stravolgimento nel settore turistico ed un inimmaginabile decadimento della qualità di vita dei lavoratori.


Si possono fare alcune semplici riflessioni inerenti il futuro prossimo, con particolare riguardo alla società occidentale in cui viviamo nella quale si è assistito, negli ultimi decenni, ad una progressiva diffusione in tutti gli strati sociali di un certo modello di consumo, in cui viaggi, spettacoli, "cultura" e "grandi eventi" hanno avuto un peso crescente a livello di stile di vita e di giro d'affari: il solo turismo costituisce oggi il 13% del PIL italiano, cui va aggiunto l’indotto e senza contare l’industria “culturale”, cinema, spettacoli, teatro, fiere e grandi eventi. 

Si pensi al prezzo del biglietto degli aerei ridottosi progressivamente con la nascita di compagnie aeree low cost, con sedili sempre più ravvicinati e posti riempiti sempre al 100% (e oltre, con l’overbooking), alla diffusione delle crociere a prezzo “abbordabile”, ai pacchetti turistici economici, all'incremento dell'offerta dei treni ad alta velocità. Le società di trasporto aereo, marittimo, su strada, su rotaie, ecc. come pure l’industria dello spettacolo, culturale e del turismo, hanno puntato sull’economia di scala, sull’aumento dell’offerta, e sull'occupazione completa dei posti disponibili anche ricorrendo alla diffusione di appositi software, alle promozioni e al last minute, riducendo così le tariffe.

Per questo sempre più persone possono “permettersi” di assistere a spettacoli, partecipare ad eventi ed effettuare viaggi e vacanze nelle località balneari e montane o nelle città d'arte maggiori e minori in Italia e all'estero. Come pure si sono moltiplicati spettacoli quali concerti, sia rock sia classici, balletti di danza classica e contemporanea di vario genere e nemmeno definibili in una semplice categoria. Ad esempio, si sono diffusi proprio negli ultimi anni fast-mostre di pittori celebri, cosiddette “The Experience”, come quella, una delle prime, che ci fu a Roma qualche anno fa su Van Gogh presso il Palazzo degli Esami, in cui ai dipinti reali sono sostitute proiezioni sul muro e su grandi tele e il percorso è accompagnato da musica suggestiva, di grande effetto: lo “spettacolo” dura massimo 50 minuti, il pubblico non fatica, si rilassa, è soddisfatto e deve lasciare presto il posto al turno successivo, come al cinema. Sebbene questo vada necessariamente a discapito della conoscenza approfondita, non si può trascurare il beneficio dato dal fatto che tutti si avvicinino all’arte e alla cultura; e molti eventi di massa sono di indubbia qualità, come ad esempio il “Viaggio nei Fori” a Roma -che richiama da qualche anno decine di migliaia di visitatori-, una visita itinerante in cui tra musica e proiezioni di grande effetto che riproducono una ricostruzione degli edifici una volta presenti, si ascolta una descrizione accessibile, ma valida e anche particolareggiata, con la voce del noto giornalista scientifico Piero Angela.

Inoltre, come tutti osserviamo, in tutte le città e nelle località turistiche, alla ristorazione tradizionale, che pure è cresciuta, si sono aggiunti ristoranti fast food, etnici, tematici, come pure gelaterie, friggitorie e quant'altro. Ormai da anni, nei musei, eccetto quelli minori, per entrare ci si deve rassegnare a lunghe file: alla Galleria Borghese occorre prenotarsi on-line con diverse settimane di anticipo, così come se si vuol visitare una mostra di qualche pittore famoso o qualche palazzo o giardino storico, come quello dell'Accademia di Francia a Roma o della residenza papale a Castel Gandolfo. L'industria del divertimento riempie villaggi vacanze all-inclusive al mare o in località sciistiche.

Ora ci si deve chiedere che cosa avverrà nei prossimi anni in seguito all'epidemia ancora in corso?

domenica 31 maggio 2020

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni

Da: mirkobe79 - Stefano Garroni (Roma, 26 gennaio 1939 – Roma, 13 aprile 2014) è stato un filosofo italiano. Assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica (Roma Sapienza) diretta, nell'ordine, dai Proff. U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nel 1973 entrò a far parte del Centro di Pensiero Antico del CNR diretto dal Prof G. Giannantoni.

Qui la registrazione audio dell'incontro: https://www.youtube.com/watch?v=Rja2jXmcPUs&list=PL921DB5CE566485CA&index=8                                                                            
1/10
Lenin insiste molto nel sottolineare la centralità del settore teorico come settore di lotta, e buona parte della polemica che fa contro altre organizzazioni della sinistra russa, quelle che lui definisce spontaneiste, è fortemente centrata proprio su questo tema del ruolo della lotta teorica. 

Senza dubbio questo che dice Lenin è legato a una situazione specifica che lui ha di fronte in Russia; però sicuramente ha un significato assai più generale, e noi possiamo affrontare il tema sganciandolo dai riferimenti puntuali alla situazione russa. Perché qui si tratta appunto di una presa di posizione intorno al senso della lotta del proletariato rivoluzionario, per l’organizzazione politica del proletariato rivoluzionario. 

E incontriamo subito una questione di notevole rilievo che mi pare accennavamo al nostro primo incontro: Lenin sottolinea come grandi marxisti come Kautsky, come Otto Bauer, come Plechanov ecc.. - qui apro una parentesi: è estremamente importante ricordare che tra fine ‘800 e inizio ‘900, c’è una serie di personaggi di grandissimo rilievo culturale e politico, del movimento operaio, che si richiamano direttamente al marxismo, che sono insegnati nell’organizzazione politica del proletariato, di cui onestamente, generalmente si ignora tutto. Voglio dire: personaggi come Max Adler, come Otto Bauer, come lo stesso Kautsky, (che ovviamente è persona nota come nome - però credo che a un’inchiesta risulterebbe che difficilmente è stato letto un rigo di Kautsky) , Hilferding, la Luxemburg; rappresentano tutti un ambiente culturale e politico di enorme statura. E se noi oggi rileggiamo le cose loro, vediamo che loro hanno discusso i problemi di cui noi ora discutiamo. Voglio dire che un obiettivo importante sarebbe proprio quello di recuperare questa cultura del movimento operaio e marxista, e in particolare quella prodotta dall’ambiente europeo, prevalentemente si tratta di letteratura in lingua tedesca perché anche la Luxemburg ovviamente non scriveva in polacco perché sennò non la leggeva nessuno e scriveva in tedesco. Chiusa la parentesi -. Lenin sottolinea come questi grandi marxisti, tuttavia, a un certo punto non si erano più riusciti a dare un’indicazione politica adeguata perché non si sono resi conto del fatto che i problemi fondamentali della lotta di classe avevano cambiato di forma, e che quindi era necessario operare analoghe e corrispondenti mutamenti di forma tattica per poter rispondere alla situazione data. 

Io insisto su questa questione del mutamento di forma, perché è un tema che noi troviamo molto in Marx e in Engels, cioè il tema secondo cui il marxismo è sottoposto a mutamenti di forma in corrispondenza di mutamenti profondi al livello dell’organizzazione economica, della situazione politica, degli sviluppi culturali, scientifici ecc. Il che ci dice che: primo, è una contraddizione in termini “dogmatismo marxista”, nel senso che il marxismo è necessariamente sottoposto alla necessità di una modifica di forma nel momento in cui avvengono mutamenti di rilievo a livello politico economico scientifico ecc. Ma non dobbiamo cadere nell’equivoco: “mutamenti di forma”, detta così sembra come se tu cambiassi la carta, ma la caramella è sempre quella. No, qui stiamo attenti, che si tratta di gente che usa il tedesco, e in tedesco form, non è l’analogo del superficiale, di ciò che appare. Voi sapete per es. che esiste una psicologia che studia il modo di presentarsi delle cose e delle esperienze e questa si chiama la psicologia gestaltica, perché “forma” nel senso del modo di presentarsi; semplicemente del modo di presentarsi empirico delle cose, in tedesco è “gestalt”, non è “form”. Form indica invece le strutture razionali di fondo. Per es. immaginate due espressioni matematiche, due equazioni, una con un’incognita e un’altra con n. incognite. Qui c’è un cambiamento di forma dei due tipi di espressione e capite che non si tratta di una faccenda superficiale ma si tratta di una modifica al livello delle strutture razionali profonde.

Questo vuol dire cambiamento di forma a cui il marxismo deve andare incontro in relazione a mutamenti a livello politico, sociale, culturale, scientifico ecc. Per questo il senso che il marxismo è sottoposto alla necessità di modifiche di forma, ha il ruolo di testimoniare la vocazione antidogmatica del marxismo. Perché si tratta di mettere in questione le strutture stesse della razionalità marxista. Detta in soldoni: se uno dice “dialettica marxista” e ha intenzione di dire una certa forma razionale che è quella, punto e basta, sbaglia. Perché questa forma ha da adeguarsi a mutamenti sostanziali quando questi mutamenti avvengono. 

venerdì 29 maggio 2020

Appunti su “la Distruzione della Ragione”, di György Lukács -

Da: https://sigma.altervista.org - https://revolucionvoxpopuli.wordpress.com - https://sinistrainrete.info -
Gyorgy Lukacs è stato un filosofo, sociologo, politologo, storico della letteratura e critico letterario ungherese. 

Vedi anche: "Il pensiero di Marx come ontologia dell’essere sociale – rileggendo Lukàcs" - Paolo Vinci 


Una lettura significativa degli ultimi tempi è stata “La distruzione della ragione”, pubblicata nel 1954 e scritta da György Lukács.
In questo libro, l’autore sostiene che le filosofie irrazionalistiche sono una parte molto importante (seppur non l’unica) del fondamento ideologico delle politiche reazionarie. Nel seguente articolo proveremo a riassumere quanto osservato dall’autore, espandendo poi il discorso al fine di trarre qualche conclusione iniziale, che ci sarà estremamente utile per il futuro.
INTRODUZIONE E BREVE RIASSUNTO
Il libro è stato completato nel 1954, durante il primo periodo “caldo” della Guerra Fredda. In questo periodo, Lukács era un intellettuale emarginato e dissidente a causa del suo forte marxismo hegeliano, contrapposto al “piatto” ed economicistico “marxismo” staliniano. Egli, come altri intellettuali del tempo (ad esempio Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, Hannah Arendt) dovette rendere conto di come fosse stata possibile la barbarie nazista. Allora la sua ricerca si orientò verso il fondamento ideologico-filosofico del nazismo: l’irrazionalità.
I pensatori affrontati sono soprattutto tedeschi per motivi storici e sociali, ma l’autore fa notare a più riprese come il movimento irrazionalistico (ad esempio quello della “filosofia della vita” di Bergson, Dilthey e James) assuma portata internazionale, riflettendo una vera e propria epoca storica che coincise con le difficoltà di accumulazione del capitale, poco prima del suo “scatenamento imperialistico” nella Prima Guerra Mondiale e successiva “ricaduta” della Seconda Guerra Mondiale.
La tradizione irrazionalistica ha origini relativamente lontane, formandosi in modo coerente a partire dagli “idealisti soggettivi” del primo 1800 (l’autore definisce così gli irrazionalisti in generale), in primis Schelling. A partire dalla filosofia irrazionalistica “feudale” di Schelling, seguiamo l’evoluzione, le differenze e talvolta i contrasti tra pensatori irrazionalisti, pur accomunati dalla sfiducia verso la ragione. Lukács si occupa di pensatori di grande importanza (e attualità) come Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Simmel, Weber, Heidegger e Schmitt, oltre ad altri autori dei loro ambiti. Come è evidente, l’autore non si occupa esclusivamente di filosofi, bensì considera anche il campo della sociologia (dedicando anche un paio di capitoli alla “teoria della razza”), per evidenziare la portata multidisciplinare e la pervasività sociale del fenomeno irrazionalistico.
Essendo l’ideologia la forma politica della coscienza, e non semplice “astrazione” o “formalizzazione” dei rapporti sociali, essa influisce sulla società, attecchendo in modo più o meno fecondo nella coscienza delle persone e, di conseguenza, influenzandone i comportamenti come la prassi politica. Esaminiamo ora gli aspetti principali per cui l’irrazionalismo sarebbe, secondo Lukács, reazionario.

giovedì 28 maggio 2020

Dopo Covid, “Rischi di esplosione delle disuguaglianze” - Intervista a Joseph Halevi

Da: https://www.stamptoscana.it - https://contropiano.org - Joseph Halevi Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016.
Leggi anche:  - Note sulla crisi. Intervista all'economista Marco Passarella - 
                          ECON-APOCALYPSE: ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CRISI DEL CORONAVIRUS* - Riccardo Bellofiore 
                          La Covid19 Economics e il trionfo europeo dei Chicago Boys – Sargent Pepper 

Firenze – Sulle prospettive del dopo Covid, Stamptoscana si rivolge all’economista Joseph Halevi. Halevi è nato a Haifa nel 1946 da madre lucchese e ha studiato a Roma, dove si è laureato nel 1975 in filosofia con una tesi in economia. Sempre nel 1975 ha lasciato l’Italia e ha insegnato economia alla New School for Social Research a New York e alla Rutgers University nel New Jersey. Ha anche insegnato per svariati anni alle Università di Grenoble, di Nizza e di Amiens. Nel periodo compreso fra il 1990 e il 2012 è stato collaboratore del Manifesto. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l’ International University College a Torino.

D. Quale sarà il problema o i problemi più immediati che dovremo affrontare nella fase del dopo coronavirus?

R. La risposta dipende molto dall’angolatura con cui si guarda a tutta la vicenda del Covid 19. Partirei da una visione che combini sia la dimensione di classe che quella strutturale che specificherò dopo una breve premessa. L’aspetto economico principale di questa crisi consiste nel fatto che è la prima vota che il sistema si blocca sia dal lato della produzione, cioè dell’offerta, che dal lato della domanda. Il blocco della produzione ha a sua volta prodotto il blocco degli investimenti che, sommato ai licenziamenti di massa, ha fatto precipitare le economie occidentali in una recessione molto simile ad una grande depressione.

Questo è successo nei paesi sviluppati. Le ripercussioni su quelli molto più poveri che, in maniera mistificante, vengono chiamati mercati emergenti, sono state disastrose. Le catene di valorizzazione – già meccanismi di sfruttamento acuto negli ‘emergenti’ e di precarizzazione del lavoro nei paesi ‘avanzati’ – si sono a loro volta disarticolate sia sul piano produttivo che su quello finanziario. Gli ‘emergenti’ stanno immergendosi fin sopra la testa nella crisi. Fino a poco tempo fa giornali, riviste e siti economici dei paesi occidentali speravano in un andamento a V in cui ad una forte discesa segue una rapida salita.

Ora non ne parlano più. Con le flotte della loro aviazione civile a terra e con le compagnie che stanno smobilitando i loro grossi vettori intercontinentali inviandoli ai parcheggi-deposito nel deserto dell’Arizona e perfino nel centro dell’Australia ad Alice Springs, nei paesi occidentali si sta facendo avanti l’ipotesi che la ripresa sarà probabilmente lenta ed assai problematica. Un certa ripresa probabilmente ci sarà ma bisogna tenere a mente che essa può avvenire con l’economia che complessivamente rimane in uno stato ancora interno alla stagnazione causata dal depressione (esempio: l’economia cala del -10% e si riprende con un 3% per poi trascinarsi con un 0,5, 1%, il che significa che dopo 10 anni non ha ancora raggiunto il livello precedente alla caduta).

D. Lo scenario futuro o immediatamente prossimo potrebbe far emergere diverse reattività da parte dei vari Paesi, nonostante la globalizzazione? In altre parole: la barca è la stessa, ma i passeggeri no? 

mercoledì 27 maggio 2020

Etica Nicomachea di Aristotele - Enrico Berti

Da: Festivalfilosofia - Enrico Berti è un filosofo italiano, Professore emerito di Storia della filosofia presso l'Università degli Studi di Padova. 
                      Etica Nicomachea Libro II (Giusto mezzo)*- Aristotele 
                      ARISTOTELE* - Antonio Gargano