lunedì 7 marzo 2022

LE QUATTRO LEZIONI DELL'UCRAINA. I DOPPI STANDARD OCCIDENTALI - Ilan Pappé

Da: Il Manifesto, 6 Marzo 2022, art. originale https://www.palestinechronicle.com, traduzione a cura di Romana Rubeo -

Ilan_Pappé è docente presso l’Università di Exeter ed è stato senior lecturer di scienze politiche presso l’Università di Haifa. È l’autore de “La Pulizia etnica della Palestina” e “Dieci Miti su Israele”. Pappé è definito come uno dei “nuovi storici” che, dopo la pubblicazione di documenti britannici e israeliani a partire dai primi anni ‘80, hanno riscritto la storia della fondazione di Israele nel 1948.

Gli aerei da guerra israeliani hanno attaccato centinaia di torri e "bersagli" civili nella Striscia di Gaza. (Foto: Mahmoud Ajjour, The Palestine Chronicle)



Secondo Usa Today, la foto diventata virale di un grattacielo ucraino colpito dai bombardamenti russi ritraeva, in realtà, un grattacielo nella Striscia di Gaza, demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021. 

Qualche giorno prima, il ministro degli Esteri ucraino si era lamentato con l’ambasciatore israeliano a Kiev: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani (Haaretz, 17 febbraio 2022). 

Faceva riferimento all’evacuazione forzata dalla Striscia di Gaza delle donne ucraine sposate con uomini palestinesi, nel maggio 2021, ma intendeva anche ricordare a Israele il pieno sostegno dimostrato dal presidente ucraino in occasione dell’aggressione israeliana ai danni della Striscia, sostegno su cui tornerò in seguito. 

In effetti, le aggressioni contro Gaza dovrebbero essere tenute in debita considerazione nel valutare l’attuale crisi in Ucraina. Il fatto che le immagini vengano confuse non è una pura casualità: in Ucraina non sono stati colpiti molti grattacieli, mentre a Gaza è accaduto di frequente. 

Tuttavia, quando si analizza la crisi ucraina in un contesto più ampio, a emergere non è solo l’ipocrisia occidentale sulla Palestina; l’intero sistema di double standards in uso in Occidente andrebbe messo sotto accusa, senza restare indifferenti, neanche per un istante, alle notizie e alle immagini che ci arrivano dalle zone del conflitto in Ucraina: bambini traumatizzati, lunghe file di profughi, edifici danneggiati dai bombardamenti, e la minaccia concreta che questo sia solo l’inizio di una catastrofe umanitaria nel cuore dell’Europa. 

Al contempo, però, chi come noi vive, analizza e denuncia le tragedie che si verificano in Palestina non può fare a meno di notare l’ipocrisia dell’Occidente, né smettere di denunciarla, pur mantenendo salde la solidarietà umana e l’empatia con le vittime di ogni guerra. 

domenica 6 marzo 2022

Crisi russo-ucraina: facciamo un po' di chiarezza - Fabrizio Marchi - + Appendice Pablo Iglesias (Podemos)

 Da: http://www.linterferenza.info - Fabrizio Marchi insegna Filosofia, è direttore della rivista "l'interferenza". 

vedi anche: Guerra in Ucraina, intervista a Emiliano Brancaccio - Daniele Nalbone

Per noi quello che Marchi dice, e non lui solo, corrisponde alla realtà dei fatti. Credo che tutti ne siamo consapevoli. Questo però significa, ce ne rendiamo conto, in qualche modo giustificare il comportamento di Putin e noi facciamo fatica ad avallare una guerra che non sia di liberazione o rivoluzionaria. 
Alla fine sarà questo il risultato? Non crediamo, tuttalpiù sarà il risultato di una operazione aggressiva in chiave difensiva e quindi aperta ad ulteriori e imprevedibili sviluppi nel tempo.
Per questo vi proponiamo in appendice il ragionamento di Pablo Iglesias (Podemos). Al di là di chi abbia più o meno ragione, sono quelli da lui esposti i termini della discussione. Su questa base saranno fatte, credo, le prossime scelte sul campo e fuori. Per quello che ci riguarda siamo per il negoziato su tutto. (il collettivo) 
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Qualsiasi persona seria minimamente informata e dotata di onestà intellettuale sa perfettamente che la guerra in Ucraina non è iniziata nove giorni fa con l’attacco russo ma otto anni fa, quando un colpo di stato promosso e finanziato dagli USA e dalla NATO con il supporto di forze politiche e milizie locali dichiaratamente naziste rovesciò il governo filorusso di Janucovich.

Da allora è cominciata una guerra contro le popolazioni russe e russofone del Donbass e della Crimea che hanno proclamato la loro indipendenza. Una guerra feroce, come tutte le guerre civili e fratricide dove le milizie naziste ucraine si sono contraddistinte per la loro brutalità. Fra le altre, il criminale rogo di Odessa, dove la casa dei sindacati fu data alle fiamme, decine di persone che erano all’interno morirono arse vive e dall’esterno i miliziani ucraini sparavano a chi tentava di fuggire.

Ma, se dobbiamo dirla tutta, la guerra, anche se non guerreggiata, è iniziata ancor prima, quando la NATO – che a rigor di logica e coerenza in seguito al crollo del blocco sovietico avrebbe dovuto se non sciogliersi o ridimensionarsi, quanto meno restare così come era – ha cominciato ad espandersi ulteriormente, naturalmente verso est, assimilando tanti paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia e repubbliche ex sovietiche, di fatto accerchiando la Russia.

Potremmo dire che il crollo dell’URSS e la fine della cosiddetta “guerra fredda” hanno, paradossalmente, accentuato ulteriormente la tradizionale e storica aggressività occidentale nei confronti della Russia che si era accentuata, ovviamente, con la nascita dell’Unione Sovietica. E questo ci dice molto sulla reale natura dell’Alleanza Atlantica, un’organizzazione militare spacciata per difensiva ma in realtà fondamentalmente offensiva e imperialista.

sabato 5 marzo 2022

Cina: Wang Yi elabora posizione sull'Ucraina Le parole del ministro degli Esteri e consigliere di Stato -

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - https://www.ansa.it 


Tutto è sotto il medesimo cielo. La linea di condotta.  

Tanto più in questo momento tragico, avere una visione globale dei problemi e muovere da un approccio cooperativo e non a somma zero - consapevoli del fatto che viviamo tutti sotto il medesimo cielo - ci aiuta a orientarci e a trovare la via corretta, oltre che a sfuggire alla propaganda di guerra di entrambi i fronti. 

Vedo che molti si arrovellano e contorcono e azzuffano senza trovare via d'uscita. 

Non stupisce che persino in questa circostanza la sinistra italiana ed europea e gli stessi comunisti non siano stati in grado di elaborare una posizione minimamente autonoma e stiano per lo più alla coda delle parole d'ordine altrui, impegnandosi in ciò che ormai è l'unica cosa che riesce loro: la parodia del tifo calcistico trasposta in politica, che porta molti a identificarsi con le jene liberali e liberalesse di La7 e a praticare la reductio ad Hitlerum e porta altrettanti a mescolarsi alla peggiore feccia di destra appena uscita dalle fogne. 

Agli innumerevoli nipotini di Biden che infestano l'industria della manipolazione delle coscienze, e cioè all'universalismo immediato e aggressivo della liberaldemocrazia statunitense, che con il consenso spontaneo o estorto delle proprie colonie porta i missili Nato davanti alle porte della Russia, non va contrapposta però la grottesca apologia di Putin, ovvero il particolarismo nostalgico della grande potenza (oltretutto decaduta e miserabile) - che tanto eccita i lumpen e i fanatici delle caserme con bisogni di compensazione - ma la saggezza dialettica di un universalismo concreto che tiene fermo il diritto internazionale. 

Questo non è terzaforzismo, come quando c'erano solo USA e URSS. Questo non è vago umanitarismo da anime belle brioscine. Non è purismo trotzkista, né è la spiegazione un po' meccanicistica di chi parla di "imperialismo russo" o di "scontro tra imperialismi" per poi tirarsene fuori. 

È invece la forma più efficace di antimperialismo oggi possibile. 

Il nuovo mondo cresce. L'auspicio è che il nuovo mondo, nel costruire una nuova modernità, aiuti quello vecchio a passare la mano e a collaborare senza distruggere prima il pianeta. (S. G. Azzarà) 


(ANSA-XINHUA) - PECHINO, 26 FEB - Il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri Wang Yi ha elaborato ieri la posizione di base della Cina sulla questione ucraina 

... Wang ha sottolineato i seguenti cinque punti. 

In primo luogo, il Paese asiatico sostiene fermamente il rispetto e la salvaguardia della sovranità e dell'integrità territoriale di tutti gli Stati, attenendosi con serietà agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite. La posizione della Cina è coerente, chiara e si applica anche alla questione dell'Ucraina. 

In secondo luogo, la Cina sostiene il concetto di sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile, ha precisato il Ministro. 
La Cina ritiene che la sicurezza di un Paese non possa venire a scapito di quella degli altri e che la sicurezza regionale non possa essere garantita rafforzando e persino espandendo i blocchi militari. Inoltre, le ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti gli Stati dovrebbero essere rispettate.
Dopo le cinque occasioni consecutive di espansione verso est dell'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, le richieste legittime della Russia in merito alla sicurezza dovrebbero essere considerate seriamente e risolte in modo adeguato, ha aggiunto Wang. 

In terzo luogo, la Cina ha seguito l'evoluzione della questione ucraina e la situazione attuale è qualcosa che il Paese asiatico non vuole vedere.
È assolutamente indispensabile che tutte le parti esercitino la necessaria moderazione per evitare che la situazione in Ucraina possa peggiorare o addirittura finire fuori controllo.
La sicurezza delle vite e delle proprietà della gente comune dovrebbe essere efficacemente salvaguardata, e in particolare, devono essere evitate crisi umanitarie su larga scala. 

In quarto luogo, la parte cinese sostiene e incoraggia tutti gli sforzi diplomatici che portano alla soluzione pacifica della crisi ucraina e il Paese asiatico accoglie con favore i colloqui diretti e i negoziati tra la Russia e l'Ucraina, da svolgersi il più presto possibile.
La questione ucraina si è evoluta in un complesso contesto storico. L'Ucraina dovrebbe essere un ponte di comunicazione tra l'Est e l'Ovest, invece di essere il fronte di scontro tra grandi Paesi. 
La Cina sostiene anche l'Europa e la Russia nei propri sforzi per tenere un dialogo su un piano di parità sulla questione della sicurezza europea e alla fine formare un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile. 

In quinto luogo, la Cina ritiene che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione della questione ucraina e che la pace e la stabilità regionali, così come la sicurezza di tutti i Paesi, dovrebbero essere messe al primo posto. 
Le azioni intraprese dal Consiglio di Sicurezza dovrebbero ridurre la tensione piuttosto che gettare benzina sul fuoco e dovrebbero aiutare a far avanzare la soluzione della questione attraverso mezzi diplomatici, piuttosto che aggravare ulteriormente la questione. 
La Cina è sempre contraria a citare intenzionalmente il Capitolo VII nelle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza per autorizzare l'uso della forza e delle sanzioni. 

Wang ha dichiarato che la Cina, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza e come grande Paese responsabile, ha sempre adempiuto fedelmente ai propri obblighi internazionali e ha svolto un ruolo costruttivo nella salvaguardia della pace e della stabilità mondiale. 

Quando si parla di questioni di pace e sicurezza, la Cina è un grande Paese con i migliori trascorsi, ha precisato il Ministro, aggiungendo che la nazione asiatica non ha mai invaso altri Stati, non ha avviato guerre per procura, non ha cercato sfere di influenza né si è impegnata in qualsiasi confronto militare tra blocchi. 

La Cina aderisce alla via della pace, dello sviluppo ed è impegnata a costruire una comunità con un futuro condiviso per l'umanità, ha affermato Wang. 

Il Paese asiatico continuerà a respingere fermamente tutte le egemonie e i poteri forti, a salvaguardare fermamente i diritti, gli interessi legittimi e legali degli Stati in via di sviluppo, specialmente di quelli di piccole e medie dimensioni, ha concluso il Ministro. 

venerdì 4 marzo 2022

TRA PROFESSIONE E VOCAZIONE: MODI DI FARE STORIA - Sergio Bologna

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Sergio Bologna ha insegnato in varie Università, in Italia e in Germania. Si è occupato di storia del movimento operaio, ha partecipato alla fondazione di riviste quali Classe operaia e Primo Maggio. 

Vedi anche: I marxismi in Italia - Roberto Finelli 


                                               Prima lezione:

                                                                             



mercoledì 2 marzo 2022

Guerra in Ucraina, intervista a Emiliano Brancaccio - Daniele Nalbone

Da: https://www.micromega.net - Daniele Nalbone Giornalista di Micromega. Autore di Slow Journalism, chi ha ucciso il giornalismo? (ed. Fandango Libri) - 

Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012); Il discorso del potere (2019); il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020); Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, Meltemi edizioni; Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico, PIEMME edizioni; www.emilianobrancaccio.it - https://www.facebook.com/emiliano.brancaccio.3 

Leggi anche: Intervista a Sergio Romano: “L’Ucraina sia neutrale come la Svizzera” - Umberto De Giovannangeli

Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re - Alberto Negri 

Vedi anche: Sara Reginella - Come i media hanno occultato per 8 anni i massacri in Donbass e la nazificazione dell'Ucraina - https://www.youtube.com/watch?v=u81GzZsBT2Y&t=1s


Un nuovo ‘whatever it takes’ per salvare la pace in Europa è possibile. Sancire la fine dell’espansionismo NATO e UE a est. Ma vedo troppi elmetti in testa e cervelli già spenti, tra putiniani senza ritegno e atlantisti senza memoria”.


Micromega è tra le primissime testate ad aver fornito una cronaca diretta dell’attacco delle truppe russe all’Ucraina, con Valerio Nicolosi nostro inviato a Kiev [qui tutti i podcast dall’assedio di Kiev]. Ma oltre alla cronaca serve l’analisi. Per questo intervistiamo Emiliano Brancaccio, economista e oggi intellettuale di riferimento del pensiero critico in Italia, che di guerra – economica e non solo – ha ampiamente trattato nel suo ultimo libro: Democrazia sotto assedio [Qui una recensione]. Brancaccio propone una linea alternativa di gestione della crisi internazionale.


Professor Brancaccio, le forze politiche italiane sono schierate contro la Russia. Non mancano però i filo-russi che elogiano l’attacco di Putin come segno di spregiudicata realpolitik. Lei cosa pensa?

La Russia si è macchiata di un’infamia di cui noi occidentali siamo stati cattivi maestri per anni, dalla Jugoslavia all’Iraq: ossia, aggredire altri paesi per distruggere e controllare. Putin è anche ricorso alle tipiche ipocrisie che abbiamo usato noi nel recente passato per giustificare le peggiori nefandezze, quando ha definito l’assalto all’Ucraina una mera “operazione di polizia”. Elogiare l’invasore russo che imita il peggio del militarismo occidentale sarebbe dunque un atto inverecondo. Per le stesse ragioni, però, non si può dar credito a quei politici nostrani che in queste ore non riescono a far meglio che proporci linee d’azione più ispirate a Rambo che alla diplomazia. In un momento così cupo, il ceto politico italiano dovrebbe piuttosto interrogarsi sulle proprie responsabilità storiche.

Di quali responsabilità parla?

martedì 1 marzo 2022

Cosa sono le scienze sociali ? (II parte) - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Approfondimenti teorici (Unigramsci) -
Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza,

Vedi anche: Epoca, fasi storiche, Capitalismi. ("Forme" e "figure" nella teoria della Storia di Marx)*- Roberto Fineschi 

Leggi anche: LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 

Sull'accumulazione originaria di Karl Marx , Il Capitale Libro I, Capitolo 24 - Ermanno Semprebene 

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi 




Come si costituiscono le scienze sociali? La loro nascita costituisce un complesso processo di transizione legato anche alle grandi trasformazioni sociali che segnano l’avvio della modernità 


Secondo incontro 

Prosegue da Parte I - Cosa sono le scienze sociali? - Alessandra Ciattini 

Proseguendo l’esposizione, ripeto che le scienze sociali nascono, certo sulla scia delle scienze naturali, nel momento in cui le istituzioni sociali non sono più considerate un fatto naturale immodificabile e fondate sul mandato divino. Nascono quindi sulla spinta dell’Umanesimo e del Rinascimento, in un momento in cui l’uomo si attribuisce il ruolo di attivo trasformatore della natura e della società, operando per la sua stessa emancipazione e autorealizzazione. E ciò è favorito dal superamento dello Stato assolutista e dall’emersione della borghesia che crea la società civile e innesca la graduale separazione di quest’ultima dalle istituzioni ecclesiastiche dopo 150 anni di guerre di religione, che avevano insanguinato l’Europa. In conseguenza di queste trasformazioni si costituisce uno nuovo “ceto ideologico”, per usare le parole di Marx, che osserva il mondo terreno, le attività umane, i problemi della convivenza sociale e prefigura l’avanzamento complessivo dell’umanità.

Secondo Eugenio Garin e secondo la prospettiva totalizzante, da me condivisa, l’attività scientifica deve essere studiata come parte importante di una comunità sociale, come del resto si deve fare per la politica, l’arte, la letteratura, la lingua, la tecnica etc. Garin ha anche messo l’accento sull’importanza della tradizione ermetica, legata alla figura di Ermete trismegisto (personaggio ignoto, l’aggettivo vuol dire tre volte grandissimo), e costituente un insieme di temi filosofici e mistici di epoca ellenistica, divenuta nota agli europei grazie alla traduzione dei testi neoplatonici fatta da Marsilio Ficino (1433-1499), che attraverso l’interesse per la magia naturalis contro quella cerimoniale avrebbe favorito l’emergere dello spirito scientifico e non l’avrebbe ostacolato, come si era ritenuto in precedenza. In analogia alle teorie antropologiche della magia (si pensi al famoso Ramo d’oro di George James Frazer), per la magia naturalis i fenomeni della natura anche straordinari sarebbero generati da cause puramente naturali e quindi non costituirebbero miracoli; tali cause sarebbero basate sulle relazioni di simpatia e di antipatia tra le cose. Una volta che gli esseri umani vengono a conoscenza di questi specifici rapporti, acquisiscono essi stessi la capacità di produrre eventi eccezionali. Si pensi per esempio alla famosa pietra filosofale, che grazie alle sue proprietà intrinseche sarebbe stata in grado di conferire l’immortalità, la sapienza e di trasformare tutti i metalli in oro, metallo presente in diverse quantità in tutte le forme naturali. Per dirla con Frazer, nella magia naturalis appare la concezione naturalistica della causa e l’idea di azione a distanza, che scalzeranno la forza determinante della Provvidenza, intesa come causa ultima.

domenica 27 febbraio 2022

Intervista a Sergio Romano: “L’Ucraina sia neutrale come la Svizzera” - Umberto De Giovannangeli

Da: https://www.ilriformista.it - Umberto De Giovannangeli, è esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente. - Sergio Romano è uno storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano. 


Se c’è una persona che conosce come le proprie tasche la realtà russa come quella americana, questa persona è l’ambasciatore Sergio Romano. Nella sua lunga e prestigiosa carriera diplomatica, è stato, tra l’altro, ambasciatore presso la Nato e ambasciatore a Mosca (1985-1989), nell’allora Unione Sovietica. E stato visiting professor all’Università della California e a Harvard, e ha insegnato all’Università di Pavia, a quella di Sassari e alla Bocconi di Milano. Tra i suoi numerosi libri, ricordiamo Merkel. La cancelliera e i suoi tempi (con Beda Romano, Longanesi, 2021); Processo alla Russia. Un racconto (Longanesi, 2020); Atlante delle crisi mondiali (Rizzoli, 2018); Il rischio americano (Longanesi, 2003); Il declino dell’impero americano (Longanesi, 2014); Trump e la fine dell’American dream (Longanesi, 2017). E da poco è nelle librerie il suo libro Il suicido dell’Urss edito da Sandro Teti con prefazione di Luciano Canfora e introduzione di Ezio Mauro.

«Negli ultimi anni l’indipendenza della Ucraina ha un paladino nella persona di Volodymyr Oleksandrovych Zelensky, un attore, regista e comico televisivo, che è presidente dalla Repubblica dal 20 maggio 2019 e ha fatto una campagna elettorale in cui il tono dominante era quello nazionalista. In queste circostanze i Paesi dell’Ue stanno a guardare con sentimenti diversi, dalla prevedibile amicizia per l’Ucraina della Polonia, lieta di accoglierla nella Nato, alla maggiore prudenza di quelli che non vogliono pregiudicare i loro rapporti con la Russia e avevano sperato che l’Ucraina divenisse una Svizzera centroeuropea fra Paesi che hanno appartenuto per molti anni a blocchi contrapposti. È una occasione definitivamente perduta? Neutrale, l’Ucraina sarebbe molto più rispettata e autorevole di quanto sarebbe se la sua politica estera continuasse a essere un interminabile e inutile bisticcio con la sorella maggiore». È un passaggio di uno scritto dell’ambasciatore Romano sul Corriere della Sera del 19 settembre 2021. Cinque mesi dopo, la sua riflessione acquista una valenza drammatica alla luce di ciò che sta accadendo.

Con una mossa a sorpresa Vladimir Putin ha dapprima annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass. Ambasciatore Romano, cos’ha in testa lo “Zar” del Cremlino? 

mercoledì 23 febbraio 2022

L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO NEL PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE DEL CAPITALISMO ITALIANO - Franceco Spedicato

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - Questo saggio è una rielaborazione della Tesi di laurea magistrale in Labour economics (Università del Salento), svolta sotto la supervisione del prof. Guglielmo Forges Davanzati.

1. INTRODUZIONE 

Il presente lavoro ha lo scopo di indagare le modalità con cui all’interno del processo di ristrutturazione del capitalismo, il sistema produttivo abbia avuto la necessità di intervenire sul modello di istruzione e formazione, al fine di creare un nuovo tipo di forza-lavoro per garantirsi adeguati margini di profittabilità. 

Focalizzeremo la nostra attenzione principalmente su due aspetti che interessano il lavoro gratuito, con specifico riferimento al funzionamento dell’alternanza scuola-lavoro. 

Primo: il lavoro gratuito appare essere uno strumento rilevante per agevolare la riproduzione allargata del capitale in una fase di tendenziale contrazione del tasso di crescita economica globale e di desertificazione industriale del contesto italiano. 

Secondo: la modalità attraverso cui la nuova gestione della forza-lavoro approfondisce la già precaria condizione materiale dei lavoratori, compromettendo i livelli qualitativi della manodopera. 

Il punto di partenza di questa analisi risiede nell’ipotesi stando alla quale il contesto economico-sociale è composto da attori diversi portatori di interessi differenti e contrapposti, in un contesto di antagonismo distributivo e di strutturale instabilità del sistema. Adottiamo elementi della teoria post-keynesiana tra i quali il principio della moneta endogena (come formulata nella teoria monetaria della produzione) per fornire elementi esplicativi del legame che intercorre tra circuito bancario, piccole imprese e progressivo depotenziamento del sistema produttivo, e della teoria marxista. A quest’ultima attiene il rapporto fra struttura economica ed elementi sovrastrutturali di una data società, la divisione della società in classi sociali e il concetto classico dell’esercito industriale di riserva in riferimento alla precarizzazione del lavoro. 

L’esposizione è organizzata come segue. Nella sezione 2, dopo aver delineato il quadro generale, procederemo all’illustrazione del processo di ristrutturazione capitalista in Italia, per poi affrontare le specificità strutturali del sistema produttivo, la precarizzazione, la dequalificazione della manodopera e il lavoro gratuito. Nella sezione 3 illustreremo il dispositivo dell’alternanza scuola-lavoro, lo spirito che la sottende con riferimento al quadro legislativo che ha disciplinato il mutamento del modello di istruzione e formazione. Proseguiremo col trattare il legame tra l’alternanza e l’accelerazione del processo di precarizzazione del lavoro per poi terminare con una comparazione storica al fine di evidenziare lo stretto legame tra le esigenze di mercato e il sistema formativo. La sezione 4 propone alcune considerazioni conclusive. [...] 

[...] 4. CONCLUSIONE 

La presente trattazione ha rappresentato un tentativo di delineare il processo in itinere qual è la ristrutturazione del capitalismo in Italia e le ripercussioni sul piano della gestione della manodopera e sul sistema formativo. A proposito degli effetti dei recenti mutamenti del modello d’istruzione e formazione sull’occupazione e sul sistema produttivo medesimo, con l’ausilio di elementi di teoria post-keynesiana e marxista, abbiamo fornito un’analisi della fase attuale divergente da quella riconducibile alla teoria dominante nell’ambito europeo. 

Partendo dall’analisi del contesto globale sempre più finanziarizzato e connotato dalla tendenziale contrazione della crescita aggregata, ci siamo soffermati sul processo d’indebolimento del comparto industriale in Italia avallato da retoriche post-industrialiste e rafforzato da indirizzi neoliberali fortemente limitativi dell’intervento politico statale in economia. Il processo di deindustrializzazione che ne è scaturito, ha comportato la rinuncia delle conquiste sociali dal piano della produzione, della capacità di innovazione sino all’organizzazione del lavoro interessando la qualità dello stesso. In riferimento a quest’ultimo, abbiamo affrontato la pressante questione della diffusione endemica della sottoccupazione e del lavoro gratuito sia nel pubblico che nel privato a causa dalla tendenza all’automazione della produzione con l’espulsione di quote crescenti della relativa forza-lavoro eccedente

Dunque, trattando il legame fra l’alternanza scuola-lavoro e la precarizzazione dell’occupazione, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’iter legislativo in materia di istruzione e formazione mettendo il luce la logica sottesa a tali processi: ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro formando una nuova tipologia di forza-lavoro capace di adattarsi alle esigenze del mercato. Proseguendo, ci siamo soffermati sul dispositivo dell’alternanza e le modalità di funzionamento del medesimo che, legato al quadro legislativo che disciplina il lavoro, è ragionevole ritenere che possa agevolare politiche di riorganizzazione aziendale approfondendo la precarizzazione del lavoro. In conclusione, una riflessione sulla stretta connessione tra il modello d’istruzione e formazione rispetto le esigenze del sistema capitalistico.

Leggi tutto: http://www.dialetticaefilosofia.it/public/pdf/91scuola_lavoro.pdf

sabato 19 febbraio 2022

La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media - Sergio Cararo

Da: http://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.

Leggi anche: Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re - Alberto Negri


Questa mattina è addirittura il New York Times a scrivere che “Il presidente Biden e i suoi principali collaboratori riconoscono che stanno mettendo a rischio la credibilità americana mentre rinnovano costantemente l’allarme che alla Russia mancano solo ‘alcuni giorni’ per innescare una guerra non provocata in Europa, che potrebbe uccidere decine di migliaia di ucraini nella sua fase di inizio e far ripiombare il mondo in qualcosa che ricorda la Guerra Fredda”.

Nello stesso articolo il Nyt rileva che i collaboratori di Biden affermano di essere disposti a correre questo rischio. Preferirebbero essere accusati di iperbole e di spavalderia se “è quello che serve per scoraggiare il presidente russo Vladimir V. Putin dal perseguire un’invasione.

Diversamente dal quotidiano statunitense, il giornale economico Financial Times titola nuovamente “La Russia pronta a invadere l’Ucraina entro pochi giorni”. A quanto pare i britannici intendono gareggiare con gli Usa sul piano del bellicismo. Si vede che l’orologio di Londra è tornato indietro di due secoli, ai tempi della russofobia inglese e del “Grande Gioco” che per tutto l’Ottocento vide contrapporsi il Regno Unito e la Russia zarista in tutta l’Asia centrale.

Insomma, ci sono forze che spingono verso una guerra “per forza” – guerreggiata sul campo o annunciata come tale – che sembra essere diventata l’ossessione dell’amministrazione Biden e di quella di Johnson. E gran parte dei mass media, almeno in Occidente, sembra aver scelto di arruolarsi volenterosamente in questa manipolazione della realtà funzionale alla tesi che “la guerra deve esserci comunque”.

giovedì 17 febbraio 2022

La Rivolta Dei Ciompi - Alessandro Barbero

Da: Rinascimento Culturale - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.

                                                                           

Alessandro Barbero spiega la rivolta della Jacquerie: https://www.youtube.com/watch?v=EXQVnzsNOKk 
Alessandro Barbero spiega la rivolta dei Tuchini: la lotta per la libertà  - https://www.youtube.com/watch?v=VOqJXqoJlQs 

mercoledì 16 febbraio 2022

Una definizione di “politica economica” - Emiliano Brancaccio

Da: https://www.emilianobrancaccio.it/didattica - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Autore di saggi pubblicati da riviste accademiche internazionali, ha promosso il “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity e l’appello per un ”piano anti-virus”, pubblicati sul ”Financial Times”. Sua è la rubrica Eresie su RAI Radio 1. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012); Il discorso del potere (2019); il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020); Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, Meltemi edizioni; Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico, PIEMME edizioni; www.emilianobrancaccio.it - https://www.facebook.com/emiliano.brancaccio.3

Vedi anche: Catastrofe o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non sarà un pranzo di gala" 

There is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard e Emiliano Brancaccio 

Regolamentare il mercato - Daron Acemoglu, Emiliano Brancaccio 

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio 

Però c’è un problema... - Emiliano Brancaccio

L’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale ha sostenuto che per scongiurare una futura “catastrofe” serve una “rivoluzione” keynesiana della politica economica. 

La sua tesi viene qui sottoposta a esame critico sulla base di un criterio di indagine scientifica del processo storico definito “legge di riproduzione e tendenza del capitale”. Da questo metodo di ricerca scaturisce una previsione: la libertà del capitale e la sua tendenza a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per le altre libertà e per le istituzioni liberaldemocratiche del nostro tempo. 

Dinanzi a una simile prospettiva Keynes non basta, come non basta invocare un reddito. 

L’unica rivoluzione in grado di scongiurare una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la pianificazione collettiva, intesa questa volta nel senso inedito e sovversivo di fattore di sviluppo della libera individualità sociale e di un nuovo tipo umano liberato. 

Una sfida che mette in discussione un’intera architettura di credenze e impone una riflessione a tutti i movimenti di lotta e di emancipazione del nostro tempo, tuttora chiusi nell’angusto recinto di un paradigma liberale già in crisi. (E. Brancaccio, Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione. Meltemi editore, 2020.)


Una definizione di “politica economica” 

L’economista neoclassico Lionel Robbins definì la politica economica come “il corpo dei principi dell’azione o dell’inazione del governo rispetto all’attività economica” (Robbins 1935). 

Tra gli esponenti delle scuole di pensiero critico, Federicò Caffè ha proposto la seguente definizione di politica economica: “la disciplina che cerca le regole di condotta tendenti a influire sui fenomeni economici in vista di orientarli in un senso desiderato” (1978). 

Si tratta di definizioni molto generali, che in astratto possono valere per diversi tipi di sistemi economici, siano essi capitalistici oppure anche pianificati. Quali sono le differenze tra economia politica e politica economica? 

La moderna disciplina dell’economia politica sorge alla fine del Diciottesimo secolo con le riflessioni di Adam Smith sull’avvento del capitalismo concorrenziale. In questo senso, l’economia politica esamina in primo luogo il funzionamento “impersonale” del sistema capitalistico quando è lasciato alle forze del mercato e non è sottoposto a interventi delle autorità di governo. 

La politica economica, invece, può esser concepita come disciplina autonoma nel senso che indaga principalmente sulle cause e sui possibili effetti dell’intervento delle autorità di governo sul funzionamento stesso del sistema economico. 

Naturalmente questa è una partizione molto semplificata: a ben guardare, fin dalle sue origini l’economia politica non ha mai potuto fare a meno di occuparsi anche dell’azione del governo, così come la politica economica non può mai prescindere dallo studio dei meccanismi del mercato. 

Economia politica e politica economica sono quindi discipline strettamente intrecciate: le differenze tra di esse sono sfumate e rappresentano più che altro delle convenzioni. 

Un possibile criterio generale di distinzione, comunque, può consistere nel dichiarare che l’economia politica elabora soprattutto analisi di tipo positivo (o descrittivo), nel senso che suggerisce una o più interpretazioni del modo in cui il sistema economico funziona. La politica economica, invece, è orientata principalmente in senso normativo (o prescrittivo), dal momento che aiuta a individuare gli strumenti necessari a modificare il funzionamento del sistema economico per orientarlo verso obiettivi politici ben determinati, come ad esempio la piena occupazione, la riduzione delle disuguaglianze, e così via. 

Potremmo dire, in altre parole, che mentre l’economia politica tende a occuparsi di “ciò che è”, la politica economica si concentra soprattutto su “ciò che deve essere”. 

Leggi tutto: https://www.emilianobrancaccio.it/wp-content/uploads/2022/02/Appunti-di-Politica-economica-2022.pdf


martedì 15 febbraio 2022

Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)
Leggi anche: Il nuovo, pericoloso, «arco della crisi» - Alberto Negri 
Vedi anche: La Guerra tra Russia e Ucraina - Alessandro Barbero https://www.youtube.com/watch?v=VCXTT2Tg2PQ 
L'approfondimento di Dario Fabbri. Tensione al confine tra Russia e Ucraina. Perché Biden vuole l'escalation. Fin dove possono arrivare gli Stati Uniti? La guerra è possibile? https://www.youtube.com/watch?v=rh0_IjpXYL4


Usa/Russia. Biden nella telefonata con il leader del Cremlino, sembra quasi spingere Putin a entrare in Ucraina: minaccia ma non propone nulla. Una situazione per certi versi ineluttabile visto quanto accaduto negli ultimi vent’anni dopo essersi volontariamente cacciata nel cul de sac preparato dagli americani, con interventi militari dall’esito devastante che nel gergo comune si chiamano sconfitte, politiche e militari




Se l’Europa vivrà altre giornate sul filo del rasoio e delle telefonate tra i leader, come quella di ieri Putin-Biden, lo deve anche a se stessa. Biden nella telefonata con il leader del Cremlino, sembra quasi spingere Putin a entrare in Ucraina: minaccia ma non propone nulla. Una situazione per certi versi ineluttabile visto quanto accaduto negli ultimi vent’anni dopo essersi volontariamente cacciata nel cul de sac preparato dagli americani, con interventi militari dall’esito devastante che nel gergo comune si chiamano sconfitte, politiche e militari.

Sui nostri giornali campeggiano, a commento dei fatti ucraini, i cantori dell’atlantismo con frasi come queste: «Ogni Stato ha diritto di scegliersi gli alleati che vuole», «massima solidarietà agli Stati Uniti per mantenere l’ordine liberale». 

lunedì 14 febbraio 2022

MARX, IL CAPITALISMO E I COMPITI POLITICI DEL PRESENTE - Francesco Garibaldo

Da: laboratorio culturale - francesco Garibaldo è sociologo industriale, direttore della Fondazione «Claudio Sabattini» (fondazionesabattini) già direttore dell’Istituto per il lavoro (Ipl) e dell’Ires-Cgil nazionale. 

Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)
 

Leggi anche: Una recensione del libro di Bellofiore "Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica" - Giorgio Rodano 

Crisi del welfare e crisi del lavoro, dal fordismo alla Grande Recessione: un’ottica di classe e di genere. - Riccardo Bellofiore, Giovanna Vertova

Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni

Vedi anche: Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore 

Corso sul "Il Capitale" di Karl Marx (1) - Riccardo Bellofiore


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Il dibattito su Marx e le nuove problematiche del capitalismo in un recente libro di Riccardo Bellofiore. Come nasce il plusvalore? La natura monetaria del valore. I limiti di una analisi distributiva del reddito. La doppia critica: al lavorismo e alla teoria della fine del lavoro. La critica a Keynes e i compiti politici del presente



Il libro di Riccardo Bellofiore dedicato a Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica1 rilegge gli autori classici citati nel titolo seguendo due temi dominanti: la teoria del valore-lavoro e come viene rappresentato il lavoro nella riflessione economico-politica. Un pensiero centrale in tutto il libro, riprendendo un tema di Rosa Luxemburg, è la critica della centralità dell’economico e di una visione industrialista basata sulla centralità della produzione. 

In realtà, nel ripercorrere criticamente questi temi in quegli autori, Bellofiore ci consegna i risultati di un dibattito internazionale – International Symposium on Marxian Theory – iniziato da Fred Moseley nel 19902, di un lungo lavoro di rilettura di gruppo di Marx a partire dall’originale tedesco, iniziato da Bellofiore all’Università di Bergamo, e il confronto con un grande numero di interpretazioni di Marx negli ultimi decenni. In primo luogo, quindi, il libro è un utilissimo compendio critico del dibattito su Marx su scala internazionale e in Italia negli ultimi quarant’anni. 

Una seconda ragione di interesse del libro è la sua apertura problematica. Esso non vuole consegnarci un Marx ossificato in una qualche forma dogmatica, ma un Marx oltre Marx. Si tratta di tenere fermi i punti chiave delle sue scoperte teoriche aggiornandole ai nuovi contributi di ricerca, sia teorici sia derivanti dall’analisi dei nuovi problemi posti dal capitalismo attuale. 

sabato 12 febbraio 2022

Simone Weil: La condizione operaia

Da: https://www.facebook.com/vittori.oliva.9 - http://www.controappuntoblog.org - Simone Weil è stata una filosofa, innamorata del pensiero greco; una combattente per la giustizia e il rispetto della dignità umana, appassionata all’idea di Dio, cui corrispondere senza limiti confessionali.

Leggi anche: Simone Weil* - Riccardo Bellofiore

Cara Albertine,

mi ha fatto bene ricevere un rigo da te. Ci sono cose, mi pare, che comprendiamo solo tu e io. Tu vivi ancora; ecco, non puoi sapere come ne sia felice … La vita li vende cari i progressi che fa compiere. Quasi sempre a prezzo di dolori intollerabili… Quel che mi scrivi della fabbrica m’è andato dritto al cuore. E’ quel che sentivo io fin da quando ero piccola. Per questo ho dovuto finire con l’andarci e mi addolorava, prima, che tu non capissi. Ma quando si è dentro, come è diverso! Ora, è così che sento il problema sociale: una fabbrica, dev’essere quel che … ho sentito tanto spesso, un luogo dove ci si urta dolorosamente, duramente, ma tuttavia gioiosamente, con la vita vera. Non quel luogo tetro dove non si sa fare altro che ubbidire, spezzare sotto la costrizione tutto quel che c’è di umano in noi, piegarsi, lasciarsi abbassare al di sotto delle macchine. 

Una volta ho avvertito intensamente, in fabbrica, quel che avevo presentito con te, dal di fuori. Era la mia prima fabbrica. Immaginami davanti a un gran forno, che sputa fiamme e soffi brucianti che mi arroventano il viso. Il fuoco esce da cinque o sei fori situati nella parte inferiore del forno. Io mi metto proprio davanti, per infornare una trentina di grosse bobine di rame che un’operaia italiana, una faccia coraggiosa e aperta, fabbrica accanto a me; quelle bobine sono per il tram e per il metrò. Devo fare ben attenzione che nessuna delle bobine cada in uno dei buchi, perché vi si fonderebbe; e, per questo, bisogna che mi metta proprio di fronte al fuoco senza che il dolore dei soffi roventi sul viso e del fuoco sulle braccia (ne porto ancora i segni) mi facciano mai fare un movimento sbagliato. Abbasso lo sportello del forno, aspetto qualche minuto, rialzo lo sportello a mezzo di tenaglie, tolgo le bobine ormai rosse, tirandole verso di me con grande sveltezza (altrimenti le ultime comincerebbero a fondere) e facendo anche più attenzione di prima perché un movimento errato non ne faccia cadere mai una dentro uno dei fori. E poi si ricomincia. Di fronte a me un saldatore, seduto, con gli occhiali blu e la faccia severa, lavora minuziosamente; ogni volta che il dolore mi contrae il viso, mi rivolge un sorriso triste, pieno di simpatia fraterna, che mi fa un bene indicibile. 

Dall’altra parte, lavora una squadra di battilastra, intorno a grandi tavoli; lavoro di squadra, compiuto fraternamente, con cura e senza fretta. Lavoro molto qualificato, dove bisogna saper calcolare, leggere disegni complicatissimi, applicare nozioni di geometria descrittiva. Più lontano, un robusto giovanotto picchia con un maglio su certe sbarre di ferro, facendo un fracasso da fendere il cranio. Tutto ciò avviene in un cantuccio in fondo all’officina, dove ci si sente a casa propria, dove il caposquadra e il capo officine, si può dire, non vengono mai. Ho passato là 2 o 3 ore a quattro riprese (ci rimediavo da 7 a 8 franchi all’ora; e questo conta, sai!). 

La prima volta, dopo un’ora e mezzo, il caldo, la stanchezza, il dolore, m’han fatto perdere il controllo dei movimenti: non riuscivo più ad abbassare lo sportello del forno. Uno dei battilastra (tutti tipi in gamba) appena se n’è accorto si è precipitato a farlo in vece mia. Ci ritornerei subito in quel angolo d’officina se potessi (o almeno appena avessi riacquistato un po’ di forze). Quelle sere, sentivo la gioia di mangiare un pane dolorosamente guadagnato. 

Ma questo è stato unico, nella mia esperienza di vita di fabbrica. Per me, personalmente, lavorare in fabbrica ha voluto dire, che tutte le ragioni esterne sulle quali si fondavano la coscienza della mia dignità e il rispetto di me stessa, sono state radicalmente spezzate, in due o tre settimane, sotto i colpi di una costrizione brutale e quotidiana. E non credere che ne sia conseguito in me qualche moto di rivolta. No; anzi, al contrario, quel che meno mi aspettavo da me stessa: la docilità. Una docilità di rassegnata bestia da soma. mi pareva d’essere nata per aspettare, per ricevere, per eseguire ordini – di non aver mai fatto altro che questo – di non dover mai far altro che questo. Non sono fiera di confessarlo.
E’ quel genere di sofferenza di cui nessun operaio parla; fa troppo male solo a pensarci. 

Quando la malattia mi ha costretto a smettere, ho assunto piena coscienza dell’abbassamento nel quale stavo cadendo e mi sono giurata di subire questa esistenza fino al giorno in cui fossi giunta, mio malgrado, a riprendermi. Ho mantenuto la promessa. Lentamente, soffrendo, ho riconquistato, attraverso la schiavitù, il senso della mia dignità di essere umano, un senso che questa volta non si fondava su nulla di esterno, sempre accompagnato dalla coscienza di non aver diritto a nulla e che in ogni istante libero dalle sofferenze e dalle umiliazioni doveva essere ricevuto come una grazia, come unico risultato di favorevoli circostanze casuali. 

Due fattori essenziali entrano in questa schiavitù: la rapidità e gli ordini.
La rapidità: per “farcela” bisogna ripetere un movimento dopo l’altro a una cadenza che è più rapida del pensiero e quindi vieta non solo la riflessione, ma persino la fantasticheria. Mettendosi dinnanzi alla macchina, bisogna uccidere la propria anima, i propri pensieri, i sentimenti, tutto per otto ore al giorno. Irritati, tristi o disgustati che si sia, bisogna inghiottire, respingere in fondo a se stessi irritazione, tristezza o disgusto: rallenterebbero la cadenza. Per la gioia, è lo stesso.
Gli ordini: dal momento in cui si timbra per l’uscita, si può ricevere qualsiasi ordine in qualunque momento. E bisogna sempre tacere e obbedire. L’ordine può essere penoso o pericolosa da eseguire, o anche ineseguibile; oppure due capi possono dare ordini contradditori; non fa nulla: tacere e piegarsi. Rivolgere la parola a un capo, anche per una cosa indispensabile, anche se è una brava persona (le brave persone hanno pure i loro momenti di cattivo umore) vuol dire rischiare di farsi strapazzare. E quando capita, bisogna ancora tacere. Per quanto riguarda i propri impulsi di nervi o di malumore, bisogna tenerseli; non possono tradursi né in parole né in gesti, perché i gesti sono, in ogni momento, determinati dal lavoro. Questa situazione fa sì che il pensiero si accartocci, si ritragga, come la carne si contrae dinnanzi al bisturi. 

Non si può essere “coscienti”. Tutto questo, beninteso, riguarda il lavoro non qualificato, soprattutto quello delle donne. E attraverso tutto ciò, un sorriso, una parola di bontà, un istante di contatto umano hanno più valore delle più devote amicizie fra i privilegiati grandi e piccoli. Solo là si conosce che cos’è la fraternità umana. Ma ce n’è poca, pochissima. 

Quasi sempre le relazioni, anche fra i compagni, riflettono la durezza che, là dentro, domina su tutto. .. Volevo dirti anche questo: il passaggio da quella vita così dura alla mia vita attuale, sento mi corrompe. Capisco ora cosa succeda ad un operaio che diventa funzionario sindacale. Reagisco quanto posso. Se mi lasciassi andare, dimenticherei tutto, m’installerei nei miei privilegi senza voler pensare che sono privilegi. Sta tranquilla, non mi lascio andare. A parte questo, in quella esistenza ci ho lasciato la mia allegria, ne serbo in cuore un’amarezza incancellabile. E tuttavia, sono felice di averla vissuta…